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Autore: KH4    04/03/2013    3 recensioni
Estratto dal prologo:
"Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente. Non è nel tuo stile. Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai, essere la svolta di una situazione prossima al fallimento. Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo, e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore. La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile. Soltanto allora, ne saresti soddisfatto." 
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Marian Cross, Nuovo personaggio | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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00- Requiem









Hell's Road.

00 /  Requiem.

Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente.
Non è nel tuo stile.
Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai,
essere la svolta di una situazione prossima al fallimento.
Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo,
e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore.
La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile.
Soltanto allora, ne saresti soddisfatto.

Amèlie Chevalier sapeva che sarebbe morta giovane.
Convivere con quel sentore sin dal primo vagito le aveva risparmiato l’inutile crogiolarsi nell’illusione che sarebbe sopravvissuta quanto bastava da vedere il corpo decadere preda del tempo. Una cosa ripugnante, oltretutto. Il suo non era il genere di vita che concedeva grazia, longevità o la prospettiva di un futuro stabile abbastanza da tendergli una mano con la speranza di poterlo afferrare, nonostante la sua mente avesse sempre teso al domani con fare puntigliosamente organizzato. Ciò avrebbe dato un volto a quell’eccessiva scrupolosità, il cieco affidarsi ai propri presentimenti anziché rischiare ed elargire fiducia agli estranei, ma perché negare la propria arroganza, se nemmeno possedeva un motivo per cui vergognarsene?
Tum…
Non aveva mai dato una valida ragione per far credere agli altri che, dietro al suo viso, ci fosse una persona diversa dalla donna cinica ed egocentrica che prediligeva se stessa a chi condivideva il medesimo destino; una simile motivazione non esisteva soltanto per il fatto che mai ne sarebbe esistita una sufficientemente forte dall’impedirle di essere sprezzante, crudelmente disillusa e avvezza alle manie di grandezza. Il rimbombo degli alberi crepitanti sotto le lingue di fuoco e la terra impazzita sembrò dar ragione ai suoi pensieri, con i loro scoppi improvvisi. L’ardere delle sue fiamme baciava l’oscurità e i suoi veli di fumo tossico, colori densi che ne miscelavano gli intenti con ombre sicure, senza intaccarne il carattere di futile vulnerabilità, cupi come la tintura che insanguinava il cielo nero e offuscava il brillare diamantino delle stelle.
Tum…
E’ soffocante, la calura, l’aroma della devastazione e del sangue che infanga il suo orgoglio. E’ l’impotenza che pesa sull’imperfezione umana, nascosta e incancellabile come il peso della pressione esercitata dai gelidi abissi marini. Vorrebbe non dover sentire l’annullarsi del suo corpo, l’affievolirsi di ogni controllo conquistato con la pelle madida di sudore, ora reciso con taglio netto mentre l’opacità avanzava al ritmo cadenzante del sangue gocciolante sul terreno e lo spirito si dibatte ingabbiato; una parte non lo accetta, risoluta, nel rimanere aggrappata all’ultimo filo di coscienza con solo un occhio affacciato sul mondo offuscato da chiazze pallide. Quel suono di indefinita posizione duole a ogni ansito rantolato, combatte con sordità debole eppure ostinata nel dare contro a una forza superiore alla sua.
Tum-Tum…
- Vedo che respirate ancora, Madmoiselle. –
Una luce. La sua intensità, scolpita nel più vivido dei ricordi, riaccese la spaventosa sensazione provata nell’istante in cui quella mano le aveva perforato da parte a parte l’addome, il denso sapore vermiglio del suo sangue mescolato allo smeraldo di agghiacciante familiarità fusosi con un volto altrettanto paralizzante. Non era riuscita neppure a realizzare che la sua coscienza  avesse vagato in un limbo onirico, prima che quella voce inespressiva ne aizzasse i pochi residui di rabbia velenosa ancora circolanti. Il dimenticato le si addossò tutto sulla stessa onda del bruciore che ne punzecchiava il viso selenico, un arcobaleno di flash epilettici e dolori che rievocarono perfino l’agonia provata da quel tocco di indescrivibile insopportabilità presosi l’occhio sinistro. Non reagì al contrapporsi della sua sagoma oscura alle fiamme accecanti, che facevano da sfondo insieme ad alte colonne di fumo e cenere; per la prima volta da quando aveva imparato a sfruttarle, le sue labbra, morbide e dolci, dannatamente invitanti e arroganti quando soleva piegarle in sorrisi maliziosi, giacquero inermi. Scorse solo il tondo scintillio di un piccolo paio di occhiali fissarla intensamente, la calma nei movimenti mentre le si inginocchiava di fianco con il guscio umano appena rindossato.
- Siete una donna testarda. Avrei davvero gradito poter sistemare questa faccenda in un’altra maniera. Suppongo che fosse impossibile sin dal principio. –
 L’accondiscendenza di quella voce le fece voltare la testa dalla parte opposta. Ovunque era un danzare incessante di lingue bollenti, scheletri d’onice che si assottigliavano man mano che i veli di fuoco ne carezzavano i rivestimenti esterni. La figura minuscola, distante, della Rosa Nera, ne rapì il respiro, la visuale traboccante di sentimenti contrastanti dove la rabbia sgorgava a intermittenza ogni qualvolta il pensiero le faceva tendere le dita ustionate verso l’orizzonte.
- In…Inno…ce… -
Cocci di metallo svettavano conficcati nel terreno a una manciata di metri da lei, con il riflesso del fuoco a tremolare sulle superfici taglienti. Basterebbe un attimo, il palmo infilzato in uno solo di quei pezzi, bagnato della sua essenza, per riallacciare il contatto reciso dall’impossibile. L’aroma della sconfitta ne sporcava l’animo, ma la mente ascoltava l’alterigia a discapito di quell’essere che le sospirava gli errori commessi, disquisendo su un desiderio di comprensione che volentieri gli avrebbe sputato in faccia.
Tum-Tum…Tum-Tum…
Era come l’eco sordo di una campana capricciosa che pretendeva di essere udita.
Un ricordo che tenta di svicolare le nebbie dell’incertezza per trascendere l’universo.
Tum-Tum…Tum-Tum…
Un sospiro ne carezzò le labbra impolverate di cenere.
Il suo cuore, ecco di cosa si trattava.
Batti di più, gli chiese, Più forte, ancora. Ti prego.
- Inno…Innocence… -

Komui non aveva idea di come dirmelo.

Ha solo pronunciato il mio nome e lasciato che intuissi il resto.
Dio, non sai quanto avrei voluto ucciderti.

- Ho sempre ritenuto la devozione una delle armi umane più affascinanti e pericolose. – La sagoma chinata di fronte a lei si concesse un secondo per sfilarsi gli occhiali e pulirli meticolosamente – Non dovete pensare che io non capisca la tenacia insita nelle vostre motivazioni: anch’io, come voi, sono rapito da una cieca obbedienza che muove ogni fibra del mio cuore senza che tutte le ragioni mi siano chiare. Eppure, come sono consapevole di non potervi sfuggire, so altrettanto bene che se provassi a oppormi, di per certo finirei col morire per la sua assenza. –
Non starlo a sentire. La mente di Amèlie si focalizzò su quel ritornello, disposta a concedergli tutto lo spazio di cui disponeva fino a traboccare fuori pur di coprire il suono della falsità rifilatale. Le falangi bramavano il potere disperso a pochi metri da lei, una distanza abissalmente minima che pareva non volersi accorciare nonostante l’intento di slogarsi la spalla fosse più che accettabile.  

Le persone che più amavo a questo mondo mi aspettano in un posto dove non mi è ancora concesso raggiungerle.
Un giorno andrò da loro, ma quando lo deciderò io.
Fino ad allora, non lotterò che per me stessa, vivrò per me stessa.
Per non morire vergognosamente e così andare da loro senza rimpianti.

- Inno…Cence! –
Vieni da me, adesso. Non senti che ti sto chiamando?!?
- Non avete idea di quanto ciò mi rammarichi, miss Chevalier, seriamente -, sospirò sconsolato, deponendo il fazzoletto di lino nel taschino e muovendo la testa in segno di negazione – E’ evidente che il vostro attaccamento al Generale Cross vi abbia assoggettato troppo perché io possa dissuadervi: la sua presenza in questa faccenda richiedeva un intervento inevitabile, ma uccidere una così talentuosa Esorcista in tempi tanto fragili…Quale spreco. –
Il braccio destro si levò appena, con il palmo della mano in vista d’innanzi al viso di Amèlie, le iridi tremolanti per l’inondare della lingue arancioni i cui bagliori erano culminati in un’unica e immensa luce.
Tum-tum…Tum-Tum…
- I…Innocen…Innoc… -
Tendeva ancora il braccio ostinatamente quando si ritrovò a grattare con le unghie una pelle dura come il granito, glaciale e appuntita che ne aveva stretto la gola sollevandola da terra. I fuochi tratteggiarono i contorni del suo aguzzino cogliendone l’accartocciarsi del viso deforme, la nuca rada della chioma umana e la pelle rosea che si apprestava a rasentare l’alabastro puro. Il bastardo soffriva. La smorfia era pressoché impercettibile, tuttavia l’odore della carne che sfrigolava vivacemente lasciava intendere un dolore costante – non abbastanza intenso da costringerlo a esalare un solo alito angoscioso, ma ugualmente fastidioso da indirizzare una spiccata disapprovazione verso l’oggetto incastrato fra il suo arto e il collo dell’Esorcista. –
La catenina dorata gli si era attagliata attorno al polso immediatamente, le estremità conficcate nei nervi stringevano con l’intento di voler tranciare l’osso nascosto fra strati di epidermide cristallizzata o qualunque cosa che si avvicinasse a un organo vitale. L’effimero luccicare della pietra si dibatteva quasi al suo interno fosse stato deposto un minuscolo frammento di anima estranea a quella della corvina, inspiegabilmente devoto alla sua incolumità e programmato perché rimanesse integra – un’impressione non poi tanto lontana dalla verità -; la semplicità del gioiello racchiudeva l’ombra di un uomo che si era sempre divertito a catturare i pensieri e i sentimenti di Amèlie, la sua essenza nei rarissimi - se non unici - momenti di debolezza, quando all’alcol si aggiungeva la determinazione di perdere il senno o lei stessa si concedeva un sospiro liberatorio. Non esisteva persona al mondo che ne fosse più consapevole, pericolosamente simile da sapere quanto il fascino avversario potesse trarre un significativo vantaggio da qualunque fenditura incautamente scoperta, ma inquadrare Marian Cross con un solo aggettivo era impossibile anche per Amèlie Chevalier.
E ora che quell’ombra tanto odiata, amata e segretamente rincorsa con il solo intento di sfiorarne l’ampia schiena era divenuta polvere fra le sue mani, anche lei si apprestava a scomparire.
- Non abbiate paura. – Gli occhi carmini mimarono una dolcezza infida nel rivolgerle quella rassicurazione  - Finirà tutto in un attimo. -




Note di fine capitolo:
Prologo risistemato! Il primo passo è compiuto! Non avete idea di quanto volessi farlo, praticamente dall’inizio della pubblicazione della storia stessa. Il primo, nel suo essere conciso, era voluto per esprimere sensazioni istantanee, ma a forza di rileggerlo mi sono auto convinta, per lo stesso sviluppo del mio personaggio, che doveva sistemarlo, come il resto della storia, con piccoli accorgimenti. Per un motivo che ancora devo comprendere, nell’ultimo capitolo le immagini non si vedono (spero di risolvere presto!). Un bacione a tutti quanti!
  
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