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Autore: Carmen Black    04/03/2013    12 recensioni
Bella è una ragazza di quindici anni che si ritrova a dover traslocare in un altro paese a causa del lavoro del padre. L'ultimo saluto e le ultime lacrime le riserva al suo ragazzo Edward e a malincuore va via, lasciandolo alla sua vita.
Ma il destino non sempre è crudele e anche a distanza di tanti anni, quando sono diventati ormai un uomo e una donna adulti, li farà ritrovare...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Jasper Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Bianco
 
Bianco come la luce brillante di quel giorno soleggiato.
Bianco come il nostro amore appena sbocciato.
E bianco come la speranza nel mio cuore
che un giorno avrei potuto riabbracciare il mio piccolo amore.

 

 
 
 

L’ampio portico della casa di Edward mi era sempre piaciuto. Era stato costruito in legno di quercia ed era interamente vetrato.
Al suo interno c’era un dondolo con la stoffa floreale, tre sedie di vimini con tavolino annesso e diverse piante ornavano gli angoli o penzolavano dal soffitto con delle eleganti catenine dorate.
Ci avevamo trascorso l’estate intera a mangiare gelato su quel dondolo o a fare i compiti per le vacanze seduti su quelle sedie e il pensiero che non l’avrei più fatto, mi faceva salire un magone in gola. Ma ciò di cui non riuscivo proprio a farmi una ragione era non vedere più lui, Edward.
Quella mattina il cielo era terso e il sole era più luminoso che mai. I colori erano attenuati dalla troppa luce, era tutto candido, morbido e bianco.
Avevo chiesto a mio fratello Emmett di accompagnarmi a fare un saluto a un amico, in realtà il mio ragazzo e lui mi aveva accontentato con riluttanza e adesso la sua impazienza si manifestava schiacciando il piede sull’acceleratore e facendo fuoriuscire dei grossi sbuffi neri dal tubo di scarico dell’auto.

Non riuscivo a concentrarmi su altro che allo stupido rumore fastidioso del suo motore; avevo qualcosa di molto più importante da fare per perdere la concentrazione. Dovevo dare un addio. E non dovevo piangere.
«Stai per andare via, vero?».
La voce di Edward mi arrivò con un sussurro triste che mi fece tremare le mani.
Eravamo sulle scale di casa sua, lui poggiato contro la ringhiera di ferro battuto, stringeva tra le mani il suo skate. Aveva una t-shirt bianca con un jeans logoro e un capellino di traverso.
«Sì», ammisi evitando il suo sguardo.
«Pensavo che saresti rimasta almeno fino alla fine del trimestre», mormorò grattandosi una guancia.
«Lo pensavo anche io, ma a quanto pare mio padre non può più rimandare il trasferimento».
La sua mano si posò sulla mia testa e mi accarezzò come se fossi un cucciolo spaventato. Aveva capito bene il mio stato d’animo e non mi meravigliai, lui mi capiva come nessun altro.
Il suo viso era tranquillo, non mostrava emozioni negative come facevo io. Solo che i suoi occhi tradivano un po’ di turbamento.
Notai che iniziava a crescergli della peluria sulle guancie e la sua mascella si stava allargando, il mento si evidenziava.
Aveva quindici anni e si preparava a crescere per diventare un uomo. Un uomo che io non avrei visto, purtroppo.
«Voglio darti questo», soffiò Edward d’un tratto, togliendosi una catenina dal collo alla quale era appeso un ciondolo.
Il suo riflesso brillò sotto i raggi del sole colpendo il suo petto e poi il mio. «Così non ti dimenticherai di me», aggiunse.
Continuava a sussurrare e non ne capivo il motivo. La sua assenza di voce mi faceva venire ancora più voglia di piangere.
Abbassai lo sguardo in terra a osservare le spirali nel legno delle scale e dopo essermi fatta forza guardai il ciondolo, era a forma di foglia.
Ridacchiai mascherando un singhiozzo. «Una foglia?».
Edward fece un sorriso di lato e si strinse nelle spalle. «Non ho altro, ti devi accontentare».
«Mi piace tanto».
Mio fratello suonò il clacson facendomi sussultare. Consapevole di essere arrivata alla fine del percorso più bello della mia vita da quindicenne, gli buttai le braccia al collo.
«Ti prometto…».
«Non promettere cose che non puoi mantenere, Bella».
Le sue braccia mi strinsero forte, sentii lo schianto del suo skate sulle scale e mi accorsi di vedere offuscato. Sbattei velocemente le palpebre per far asciugare i miei occhi, ma sembrava che quella tecnica non funzionasse.
Edward odorava di muschio, di biancheria pulita e di pelle scaldata al sole. Mi sarebbe mancato da morire.
Mi allontanò da lui lentamente e mi accarezzò le braccia. Una lacrima mi scivolò sulla guancia riscendendo sino al mento.
«Non piangere», bisbigliò avvicinandomi di nuovo a sé e dandomi un bacio a metà bocca. «Sarai sempre il mio piccolo amore».
Anche tu sarai sempre il mio piccolo amore.
Avrei tanto voluto dirle quelle poche e significative parole, ma non ci riuscii. Fui in grado solo di girarmi e correre verso l’auto rombante di mio fratello. Sprofondai nei sedili di pelle nascondendomi il viso all’interno del braccio… e piansi. Piansi finché le mie lacrime non si esaurirono.


Angolino Autrice

Credo di non essere molto originale, mi sono accorta che nel titolo di quasi tutte le mie storie c'è la parola 'amore'. Vabbè detto questo, spero che questo prologo vi incuriosisca e continuate a seguire la mia nuova storia. Avevo bisogno di qualcosa di nuovo visto che ho quasi terminato tutte le storie in corso. Grazie a Martina per l'immagine e il supporto e a Sara per le famose scalette.
Ringrazio tutti voi che leggerete e che mi darete il vostro parere. Grazie e a presto :)
-Carmen 



  
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