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Autore: Carmen Black    04/03/2013    13 recensioni
Alex è una ragazza italiana che per motivi di lavoro di sua madre, si trasferisce a La Push. Sembra che il villaggio in cui è capitata sia desolato, a parte... un lupo che diventa il suo primo vero amico. Quando la scuola inizia si accorge che il villaggio è molto più popolato di quello che sembra e la sua attenzione sarà subito catturata da un ragazzo al quanto antipatico...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul Lahote, Seth Clearwater
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Mi piaceva il colore lilla.
Eppure ero andata a finire in una località tutta verde. E bagnata. Sembrava un po’ viscida in realtà, proprio come i rettili che tanto odiavo.
E un’altra cosa che voglio dire è che amavo il brutto tempo, le temperature fredde, la neve… ma a La Push era davvero tutto troppo esagerato.
Io e mia madre eravamo arrivate in quel posto strepitoso da quattro giorni e mentre lei si divertiva a far nascere qualche bambino, io me ne stavo sotto il portico a fissare le pozzanghere traboccanti d’acqua e la pioggia che scendeva imperterrita dal cielo.
Avrei potuto iniziare a farmi un giro di amici o per lo meno chiacchierare con qualcuno, ma quel simpatico villaggio sembrava desolato.
Non era successo come accadeva nei film, nessuno si era presentato alla nostra porta con una gustosa torta di mele di benvenuto. A me piacevano le mele.
Ogni tanto sentivo solo il motore di qualche vecchio pick-up che si aggirava fra le case e nient’altro né risate di bambini né qualcuno che discuteva.
Quando decisi di aver guardato sin troppo di quel panorama da cartolina, capii che era arrivato il momento di fare qualcosa per evitare di cadere irrimediabilmente in un sonno eterno. Oppure, peggio ancora, decidere di iscrivermi a un corso d’uncinetto.
Rientrai in casa e sul mio esile corpicino da quasi diciassettenne, infilai un impermeabile giallo, vecchio ricordo di una gita a Gardaland. Dal mio armadio presi uno zainetto mettendoci dentro la mia amata fotocamera, due barrette di cioccolato e il libro Istant Inglish – nel caso avessi trovato un posticino tranquillo e non bagnato per ripassare ancora una volta il mio inglese.
Ritornata vicino all’uscio, decisi che era il caso di lasciare un bigliettino a mia madre, giusto per evitare che le prendesse un colpo se fosse rientrata dal lavoro troppo presto. Da quando ci eravamo trasferite era diventata molto apprensiva, manco potesse rapirmi l’uomo di Neanderthal.
Mi allacciai gli scarponcini da trekking – mai avuti in vita mia – e poi mi diedi un’occhiata allo specchio.
Beh, i miei lunghi capelli rossi si abbinavano perfettamente all’impermeabile, come anche i miei occhi verdi. Forse avrei preferito un colorito di pelle più scuro, ma il mio bianco carta andava benissimo.
Scrollai le spalle e uscii dal retro donando un’occhiataccia alla piccola piscina gonfiabile che avevo comprato con tanto amore, credendo di poterla adoperare e che invece si stava riempiendo di acqua piovana, proprio come il mio cervello.
Il villaggio era interamente circondato da una fitta boscaglia e doveva esserci anche un fiume nascosto da qualche parte. Non ci impiegai molto a inoltrarmi nella foresta e ragionai che nonostante avessi paura dei serpenti, delle lucertole e di tutti quegli essere infernali, non ci avevo pensato due volte ad avviarmi nel loro mondo. Tuttavia ero sicura di trovare tantissime cose belle da fotografare.
Una volta in mezzo alla vegetazione, abbassai il cappuccio del mio impermeabile e mi guardai intorno.
I rami degli alberi erano così fitti che impedivano alla pioggia di oltrepassarli, ogni tanto venivo colpita soltanto da qualche gocciolina fredda.
Estrassi dallo zaino la mia fotocamera e iniziai a immortalare la natura: qualche cespuglio di bacche, un uccellino che scrollava le ali, un bruco che zampettava su un rametto. Che bel bottino! Sicuramente qualcuna delle mie amiche italiane mi avrebbe invidiato vedendo quelle foto su Facebook.
Ah certo, l’importante è crederci.
Se avessi fatto in tempo, sarei andata anche in spiaggia, ma sinceramente avevo un po’ di paura. Quello non era mare, era oceano. E già solo la parola, mi terrorizzava. Immaginavo che da quelle acque scure uscisse un calamaro gigante.
Toccai lo schermo della mia fotocamera e con il review, andai a vedere le immagini scattate, ritrovandomi a corrugare la fronte quando nell’ultima foto, notai qualcosa di strano… e non aveva il colore verde… era argentato. Un argento scuro e aveva anche due occhi luccicanti e due orecchie…
«Ah!», esclamai facendo un salto all’indietro. Inciampai in una radice e mi ritrovai col sedere per terra e col cuore che a momenti mi sarebbe scoppiato dalla paura.
Rimasi immobile, guardando il cespuglio di bacche che avevo fotografato poco prima. E lei era ancora lì… o forse era un lui.
Mi stropicciai le labbra con le dita e rimasi immobile mentre il lupo veniva allo scoperto con le orecchie appiattite sulla testa e gli occhi… gli occhi rotondi.
Amavo gli animali e avendo avuto già un cagnolino, sapevo a priori che quando gli occhi erano rotondi e le orecchie appiattite, conseguiva un bello scodinzolare.
Però quello non era un cagnolino era un lupo e pure bello grosso!
Mi alzai lentamente, cercando una pietra o un bastone per potermi difendere se non sia mai avesse voluto attaccarmi. E non ho ancora ben capito perché non svenni irrimediabilmente quando notai che la faccia del lupo arrivava sopra la mia testa.
Non che fossi alta, ma dannazione!
Forse era una razza speciale di lupo che viveva a La Push. O si nutriva di rifiuti tossici, tipo le tartarughe ninja che erano diventate giganti dopo aver fatto il bagno nelle scorie radioattive.
Per un attimo pensai di fuggire via, ma ero certa che a quel punto avrei innescato il suo gusto per la caccia e mi avrebbe inseguito e amabilmente ucciso come una gazzella. Anzi no, quelli erano i leoni, i lupi rincorrevano le volpi, i conigli.
«Ciao lupo», sussurrai salutandolo con una mano. «Ti prego non uccidermi non ho nemmeno compiuto diciassette anni ancora».
Il lupo si acquattò sul terreno, poggiando la testa sulle zampe anteriori e continuò a guardarmi con quei suoi occhi neri e luminosi.
Forse era addomesticato…
A ogni modo, visto che non sembrava malintenzionato, avrei potuto tentare di sgattaiolare via e tornare sul sentiero che mi avrebbe riportato al villaggio, scampando così ogni pericolo. Del resto non avrei dovuto impiegarci molto, avevo camminato per pochi minuti, al massimo potevo aver percorso un chilometro e mezzo.
Un miglio Alex, qui si dice un miglio.
Però, adesso che ci pensavo, quel lupo mi piaceva. Ed era così mansueto…
Ero certa che quella sarebbe stata l’esperienza più elettrizzante che avrei fatto in tutti gli anni che sarei stata costretta a vivere lì, quindi perché rinunciarci?
A limite tornavo a casa senza una mano…
Avanzai di un passo e lui non si mosse. Due passi e lui rimase ancora immobile. Tre passi.
«Allora sei un bravo lupo», dissi accarezzandogli la schiena con la punta della mia scarpa. Il lupetto continuò a non dare segni di squilibrio così mi chinai appena e allungai una mano verso la sua testa.
Feci scivolare le dita sul suo folto pelo, beandomi di quella morbidezza. «Sei bellissimo», mormorai mentre continuavo ad accarezzarlo e a prendere più confidenza con lui. D’altronde perché avrei dovuto avere paura? Era molto simile a un cane e anche loro potevano essere addomesticati. Uccidevano solo per cibarsi e se avesse avuto fame, mi avrebbe già attaccato.
«Se ti lasci scattare qualche foto, prometto di regalarti una barretta di cioccolato».
Pensai che fosse meglio riempirgli la pancia, giusto per mettermi sul sicuro.
Alle mie parole il lupo piegò la testa di lato, come se non mi capisse. Beh, che cosa pretendeva? Era pur sempre un animale. Oppure non capiva l’italiano?
Si mise seduto e mi guardò con la lingua che gli penzolava da un lato. I suoi occhi erano strani ed io che avevo un grosso spirito di osservazione, non potevo non notarlo. I lupi che avevo visto nei documentari in televisione, avevano uno sguardo selvatico, e anche se cacciavano, uccidevano e avevano delle gerarchie, il loro sguardo era innocente. Come se ogni loro azione fosse dettata da qualcosa che neppure loro capivano e cioè l’istinto.
Quel lupo era diverso.
Colsi l’occasione per scattargli qualche foto. Avrei fatto dei bei poster e anche dei collage se fossero venute bene.
In quel momento decisi che una volta all’università avrei preso veterinaria, sì era sicuro.
Si chiama college in America, non università.
Come promesso, dopo che il lupo aveva posato per me senza fare i capricci, estrassi una barretta di cioccolato e gli girai intorno mentre lui si lasciava osservare in tutta la sua bellezza.
«Credo che dovrò darti un nome, sai lupo?».
Il lupo mugolò e piegò ancora una volta la testa di lato, così decisi di parlare in inglese, tanto…
«Fuffy! Ti piace come nome?».
L’animale si accasciò improvvisamente a terra con la lingua fuori dalla bocca e gli occhi sgranati.
«Oh mio Dio! Ti senti male?».
Mi chinai vicino a lui e lo scossi dalle scapole e lui colse l’occasione per rubarmi la cioccolata dalla mano e per poco non mi fece fuori anche due dita.
«Furbo!», ridacchiai sentendo la barretta scricchiolare fra le sue fauci. Forse era scappato da un circo o aveva un padrone che l’aveva cresciuto mansueto come un agnellino.
Quando ebbe finito, mi leccò il viso più volte e poi trotterellò via, lontano da me. Mi sembrava felice. Che strana sensazione.
«Posso chiamarti Fuffy?».
Lui si voltò dalla cima di una piccola collinetta e…scosse la testa. Sbarrai gli occhi. Mi aveva detto no? Anzi… stavo parlando davvero con un animale?
Abbassai le spalle e lo salutai con una mano guardando il suo corpo immenso e argentato che spariva fra i cespugli.
«Ehi, domani, dopo la scuola ti porto altra cioccolata!», urlai nel vuoto.
Beh, per lo meno avevo racimolato un amico. Il mio primo amico.
 
 

Angolino Autrice

Ciao a tutti! Ecco l'ennesima storia e ne sono felicissima. E' dedicata ad Alessandra, è lei la protagonista di questa storia :* 
Sono già avanti di parecchi capitoli e spero che vi piaccia allo stesso modo in cui piace a noi. Ringrazio Martina per la splendida immagina e per il supporto e Alessandra perchè senza la sua idea e il suo immancabile supporto, non avrei fatto un bel niente.
Grazie a tutti in anticipo e alla prossima! <3
-Carmen

 
 
 
 
 

  
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