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Autore: SeaLight    04/03/2013    4 recensioni
«Davvero non ti ricordi di me?» continuò, quasi carezzevole. «Che cosa triste. Io mi ricordo benissimo di te. Forse è perché...» fece una pausa, sospirando melodrammatica. «Chissà, forse è perché sei stato tu a spedirmi all’altro mondo... non è così, treocchi
Un uomo che non riesce a liberarsi del suo passato. E qualcuno a cui di quel passato non importa.
One-shot di circa 1240 parole classificatasi terza al contest "Datemi un sogno in cui vivere, perché la realtà mi sta uccidendo" di Edelvais.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunch, Tenshinhan | Coppie: Lunch/Tenshinhan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Brandelli
Autore: SeaLight
Pairing: Tenshinhan/Lunch
Genere: Angst, introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: Tematiche delicate (si accenna alla morte)
Introduzione:
«Davvero non ti ricordi di me?» continuò, quasi carezzevole. «Che cosa triste. Io mi ricordo benissimo di te. Forse è perché...» fece una pausa, sospirando melodrammatica. «Chissà, forse è perché sei stato tu a spedirmi all’altro mondo... non è così, treocchi?» 
Un uomo che non riesce a liberarsi del suo passato. E qualcuno a cui di quel passato non importa.
Orbene, finalmente riesco a pubblicarla, dopo averla consegnata circa un'ora prima della scadenza del contest Datemi un sogno in cui vivere, perché la realtà mi sta uccidendo di Edelvais! Ehm. Lo so. Lo so che oggi avrei dovuto aggiornare la mia raccolta, però avevo voglia di pubblicare questa, anche se a dire il vero sarebbe stato meglio aspettare le valutazioni MA VABBEH. Anyway, è un lavoro decisamente diverso dal solito, che mi frulla in testa da un po' di tempo; e dato che non avevo quasi mai parlato di questo aspetto di Ten-chan, perché non farlo? Anche se è uscita una schifezza lol Chi lo conosce potrà trovare molti riferimenti a Fullmetal Alchemist, mi sta influenzando tantissimo C': Il titolo... chiedo venia in anticipo, non avevo idee.
Bon, io qui ho finito, vi lascio alla storia, sono più o meno 1240 parole, spero vi piaccia. Pareri di qualsiasi tipo mi farebbero molto felice; ma grazie comunque a chi leggerà c:
SeaLight

 




 

Brandelli



 

Non era il buio, denso e impenetrabile, a spaventarlo. Né quel freddo innaturale attorno a sé, scuro e stagnante sulla sua pelle, umido e spossante come centinaia di sanguisughe. Quanto quella voce spettrale e quasi canzonatoria, vibrante di un astio antico eppure ancora acceso di rancore, che pareva nascere direttamente dalle sue viscere, terrorizzandolo col bruciare del suo odio.

«Pessima cosa non vedere nulla, huh?»

Sbatté le palpebre, voltandosi di scatto. Eppure nemmeno una lama di luce trafiggeva quella coltre nera come il petrolio: quella voce maligna era tutto ciò che riuscisse a percepire.

«Non sei abituato a non vedere, non è vero? Che effetto ti fa essere privato di tutto ciò che avevi dato per certo?»

«Chi sei?» gridò al nulla, serrando invano i pugni. Girò su sé stesso, in posizione d’attacco, intrappolato in quel buio umido che sembrava non avere fine.

«Oh, è inutile che ti metta in posa» lo canzonò, come se fosse un bambino. «Non serve la forza, contro quello che c’è nella tua stessa testa.»

«Io non ho paura di te!» ribatté, cercando freneticamente un punto d’appoggio – qualsiasi cosa, un’ombra, un suono che non fosse quella voce maledetta. «Chi sei? Cosa vuoi da me?»

«Davvero non ti ricordi di me?» continuò, quasi carezzevole. «Che cosa triste. Io mi ricordo benissimo di te. Forse è perché...» fece una pausa, sospirando melodrammatica. «Chissà, forse è perché sei stato tu a spedirmi all’altro mondo... non è così, treocchi

Il battito cardiaco di Tenshinhan s’arrestò di colpo. Brandelli di un passato che aveva creduto di poter dimenticare riaffiorarono alla sua mente, stringendo il suo animo confuso in una morsa d’angoscia.

 

Il ragazzo s’afferrò la mano destra con la sinistra, nel vano tentativo di placarne il tremore, e serrò le palpebre quasi con disperazione, cercando di scacciare da sé le immagini che non avevano smesso un istante di tormentarlo. E osservando le proprie dita chiare, si odiò nel pensare a quanto in realtà fossero macchiate di un peccato che, nonostante il disprezzo e l’odio in mezzo a cui era cresciuto, ancora percepiva come tale, e che sporcava indelebilmente la sua anima.

 

«E com’è stato contento quel vecchiaccio dopo, o sbaglio? Dovevo essere scomodo a qualcuno, oh sì...» ghignò ancora.

 

«Ottimo lavoro, Tenshinhan. Ci porterà un bel gruzzolo. Conterò sempre più spesso su di te, in futuro.»

«Ne sono... onorato, Sensei.»

 

«Adesso ti ricordi, huh?»

Irrigidì le membra, scosse ormai da brividi di rabbia e rimorso. L’oscurità parve avvilupparlo ancora di più nei suoi freddi tentacoli, opprimendogli i polmoni, sottraendogli gradualmente il respiro.

«Oh, non trovavi che fosse... eccitante, sentire la vita scorrere attraverso le tue mani? Sentirla defluire dai corpi inerti con un tuo solo tocco? Non ti sentivi vivo?» e la voce era ormai quasi un urlo d’accusa che rimbombava nel suo cranio, vibrava nella sua cassa toracica, soffocando ogni suo altro pensiero.

«STA’ ZITTO!» gridò, stringendosi la testa fra le mani. E cadde sulle ginocchia, incapace di reggere al peso di quel passato da dannato, piegato dal fardello di vite che si portava sulle spalle tremanti.

Vite non sue. E che in lui avevano trovato la loro fine.

«Zitto? E perché dovrei?» chiese col suo tono falsamente bonario.

«Io... io non sono più quella persona» ansimò. «Ho abbandonato quella via... da anni. Vattene! Va’ via!»

«Via?» Tenshinhan percepì un alito freddo sul suo viso, una gelida carezza che sapeva di morte. «Ma non posso andare via. Non finché non sarò stato ripagato.»

«Non posso ripagarti! Cosa vuoi da me? Cosa posso fare, ormai?»

Il fiato gli morì in gola quando una nuvola di fumo si condensò davanti a lui in un orribile volto pallido e vuoto, come una brutale maschera senza identità. E quel volto allargò una fessura rivelando file e file di bianchissimi denti aguzzi, inarcati in un sorriso sfigurato dall’odio.

«Cosa può ripagare una vita umana? Ma è semplicissimo. L’unica cosa che abbia lo stesso valore di una vita umana...» si dissolse nel nulla, salvo riapparire esattamente dietro alla sua nuca, soffiandogli gelo sul collo. «È un’altra vita umana

Una risata che di umano non aveva più nulla riecheggiò nel nulla, risuonandogli persino nelle ossa, penetrandogli in ogni centimetro di pelle, privandolo della sua stessa volontà.

«No, non ti illudere che sia così semplice» continuò, apparentemente compiaciuto del proprio monologo. «Non mi basta che tu muoia. Oh, no, troppo facile. Quello prima o poi lo devono fare tutti. Ma vedere i propri cari andarsene, sentire la loro mancanza corrodere le viscere... ah, così sì che capiresti!» e la sua voce era come un terribile tuono, che scosse perfino quel denso nulla.

E infine, quel ghigno incorporeo si materializzò di fronte ai suoi tre occhi. Il suo fumo gli penetrò nelle narici, mentre la sua voce ancora gli sussurrava:

«Cosa faresti, se ti prendessi lei



*



Le lenzuola s’agitarono spasmodiche e giacquero infine sul fondo del letto, spinte dalla foga del loro occupante. L’uomo si rizzò a sedere di scatto, ansimante, stringendole con foga fra le dita, tirando la pelle sulle nocche fino a farla sbiancare. Si afferrò il petto con una mano, tentando di quietare il rimbombo irregolare e frenetico del suo cuore nella cassa toracica. E quasi saltò sul materasso quando uno spiffero della fredda aria notturna penetrò dalle finestre, sollevando in ampie e placide onde le tende rosa confetto ricamate all’uncinetto, rese blu dalla luce del cielo stellato.

Solo il vedere quelle tende riuscì a placare l’animo di Tenshinhan, ancora immerso nel buio terribile e senza fine dei suoi incubi. Si alzò a chiudere la finestra, le membra ancora tremanti di un terrore antico eppure quella notte così vivido. Si massaggiò le tempie quando scene passate tornarono a palesarsi davanti ai suoi occhi, gettandolo nuovamente in una spirale di rimorso. E nella certezza che nulla avrebbe mai potuto smacchiare la sua anima da quella colpa.

Il lieve respiro proveniente dall’altra metà del letto lo distolse da tali pensieri. Il braccio candido di Lunch, profondamente addormentata, si stagliava sulla sagoma scura del cuscino, lasciando intravedere i capelli blu sparsi scompostamente qua e là sul suo viso.

Tenshinhan sospirò e si voltò verso la finestra, scrutando la Luna splendere immutata accanto ai punti luminosi delle stelle; e non poté fare a meno di pensare a come lui, invece, non trovasse alcuna luce, consapevole che, da quella sera, il passato che aveva creduto dimenticato gli si sarebbe rivoltato costantemente contro. Era stato ingenuo a credere che avrebbe potuto perdonarsi per i suoi errori; ancora di più a credere di potersi lasciare tutto alle spalle. E coinvolgere qualcun altro, quella era stata una follia.

Ma quel qualcun altro parve percepire i suoi pensieri, poiché dal letto provenne una sorta di mugolio confuso. L’uomo adocchiò un movimento scomposto di Lunch, che si agitava fra le coperte inquieta, apparentemente in cerca di qualcosa, ma ancora immersa nel suo sonno. Le si avvicinò con cautela, sfiorando appena con un dito la pelle del suo avambraccio; si ritrasse all’istante, disgustato da sé stesso. Lei non avrebbe dovuto essere lì; lui avrebbe dovuto allontanarlesi prima di sporcarla, prima di macchiare la sua anima candida con la propria. Amarlo era stato il suo unico sbaglio: lui non avrebbe mai dovuto fare lo stesso.

Eppure lei parve non curarsi minimamente di qualunque cosa stesse pensando, perché non appena lo sentì sfiorarla allungò il braccio verso il suo, stringendolo a sé come se fosse l’unico scudo che potesse proteggerla dal buio della notte.





 



 

   
 
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