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Autore: _myhappyending    05/03/2013    3 recensioni
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt, Nick/Jeff, Santana/Sebastian
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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chapter VI.

 
Erano passati due giorni da quando Santana era andata a parlare con il papà di Sebastian. Non sapeva cosa fare. Si era sempre detta “Che importa di cosa pensano quei tipi? Che importa di cosa pensano gli altri? Sebastian mi ama, io amo lui, ed è questo quello che conta”. Poi, invece, ci pensava meglio, e l’unica parola che riuscisse a tirar fuori era: egoista.
Non riusciva a capire cosa fare per prendere la decisione giusta, per far star bene entrambi. Il punto era che lasciarsi non avrebbe fatto bene a nessuno dei due, ma era inevitabile per un bene prossimo. Forse, un giorno, se fosse stato davvero destino si sarebbero rincontrati. Per quel che ne sapeva Santana, non avrebbe mai smesso di amarlo.
“Pocahontas, sei a casa?”. La voce di Sebastian arrivò fino alla stanza superiore, nella loro camera da letto. Santana aveva appena finito di fare le valige.
Santana non parlò, ma il suo cuore cominciò a battere più velocemente nel momento in cui sentì i passi di Sebastian sulle scale. Come gli avrebbe detto che se ne sarebbe andata? E lei? Come avrebbe vissuto senza vederlo ogni fottuto giorno della sua vita? Perché alla fine, l’unico vero problema era questo. Non poter abbracciarlo, toccarlo, scherzarci. Però, sperava che ne avrebbe giovato. Le parole del signor Smythe continuavano a frullarle in testa. “Nessuno verrà al matrimonio, o al battesimo, o a qualsiasi cerimonia, perché nessuna persona del nostro rango verrebbe a vedere te, che sei di una classe sociale più bassa”. Era quello, in poche parole, che aveva detto il papà di Sebastian, e in fondo al cuore Santana sapeva che era tutto fottutamente vero.
“Che stai facendo?” domandò Sebastian, non appena entrò nella stanza. Osservò le valige, e poi la ragazza, senza il minimo sospetto. Di una cosa, in tutta la sua vita, era sicuro: che Santana lo amasse. Perciò non si preoccupava che un giorno lo lasciasse, era uno strano tipo d’amore, il loro… uno di quelli palpabili, di cui senti le vibrazioni nell’aria, uno di quelli magnetici, che ti catturano.
“Vado via”. Rispose lei, fredda, mentre sbatteva i vestiti così, a casaccio, dentro la valigia.
“Davvero, e dove vai?” Sebastian alzò un sopracciglio, mettendosi a braccia conserte.
“A vivere sotto i ponti, tutto pur di non rimanere in questa casa”. Santana si morse un labbro. Tra di loro si prendevano in giro, si dicevano di tutto e di più, ma mai seriamente. Finiva sempre tutto con un bacio. Quella serata non sarebbe finita con un bacio, sarebbe finita con lo sbattere pesante della porta, col frastuono di un urlo e della solita sedia che Sebastian prendeva a calci.
Ma soprattutto, Santana sapeva che rispondere male a Sebastian era come andare incontro alla morte. Infatti, il ragazzo aggrottò la fronte e sciolse le braccia. Piegò il viso di lato, in un’espressione che Santana non poteva vedere di spalle. “Quindi di colpo la tua vita qui ti fa schifo?”. Santana deglutì. Non poté far altro che alzare le spalle, infilare un’altra maglietta nella valigia e annuire. Ma a Sebastian non bastò: velocemente, si avvicinò alla ragazza e la afferrò dal braccio, costringendola a girarsi. “Mi devi una spiegazione, dammi un motivo. Ora”. Il respiro di Sebastian era così vicino da esser sentito sul viso di Santana, e questa si spaventò appena.
Subito, però, riacquistò il buonsenso e tirò su il collo, a mo’ di orgoglio. “Che spiegazione dovrei darti? Che questo buco di loft è troppo da ‘te’ e poco da ‘me’, che non mi trovo bene con una cameriera che mi lava il piatto in cui ho mangiato? Che non sopporto quando lasci quella cravatta in giro per casa? Che mi da suoi nervi quando ti ingelli i capelli in quel modo, o il rumore che fai di notte quando vai in bagno? Perché ce ne sono davvero, davvero tante di spiegazioni, ma forse la più spontanea e veritiera è che semplicemente mi sono stancata di starti dietro, Smythe. È stato bello finché è durato, ma non penso si sarebbe mai trasformato in qualcosa più di puro sesso. Almeno quello sai farlo bene”. Lama affilata, quella lingua. L’aveva limata in tutti quegli anni di liceo, di stronzaggine, ed era parecchio che non la tirava fuori.
Gli occhi di Sebastian cominciarono a socchiudersi. La scintilla di rabbia che luccicava fino a pochi minuti prima era svanita e aveva lasciato posto ad un’amara delusione.
Un anno… di menzogne? Un anno in cui Santana aveva mentito e aveva preferito nascondere tutto solo per.. del sesso? Stavano così le cose?
Perché per Sebastian non era così. Quando era con Santana, capiva perché le persone si ostinassero così tanto a inseguire quella cosa chiamata amore. Capiva cosa significava rabbrividire ad un semplice sorriso, abbraccio, bacio. Capiva l’ansia di tornare a casa dalla persona che ami. Perché, alla fine, era quello. Sebastian si era innamorato, e il fatto che non sapeva dimostrarlo non significava che non fosse così. Il francese aveva trovato un equilibrio, aveva trovato se stesso, e tutto l’anno che aveva passato con Santana gli era sembrato perfetto. Come poteva, per lei, essere così sbagliato?
Non disse nulla.
Dopo tanti anni in cui si era allenato a tenerlo basso, lo scudo di Sebastian si rialzò violentemente, e anche l’espressione del suo viso cambiò. Santana sapeva benissimo di averlo ferito abbastanza per continuare ad insistere, e sapeva anche che, dopo quelle parole, Sebastian non l’avrebbe più trattenuta.
Santana si girò, chiuse la valigia e la poggiò per terra. Era tutto pronto, poteva andarsene. Stava morendo dentro, non riusciva a smettere di pensarci. Lo sguardo di Sebastian se lo sarebbe portato con sé per sempre, il modo in cui l’aveva ferito non l’avrebbe lasciata dormire la notte.
“Buona fortuna, Smythe” concluse, avvicinandosi alla porta della camera per uscire.
Sebastian non rispose, era rimasto immobile nella stessa posizione. Era congelato da circa… due o tre minuti? Non sembrava nemmeno respirasse.
E poi Santana uscì, scese le scale e, infine, richiuse alle sue spalle anche l’ultima porta, quella principale.
Quel rumore sembrò lo stesso del cuore di Sebastian che faceva “crack”, non era uscita solo dalla porta, era uscita anche dal suo cuore. Ed era diventato vuoto. Freddo e vuoto.
   
 
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