Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |      
Autore: Kornblume Cavalier    05/03/2013    1 recensioni
Everybody knows where we’re going.
Yeah, we’re going down.

Non se lo sarebbero mai aspettato, che le loro vite si sarebbero intrecciate in questo modo, intralciandosi l'una con l'altra, irrimediabilmente.
Julchen non si aspettava l'arrivo di una nuova donna nella vita di suo padre.
Arthur non si aspettava la presenza di due cugini in casa sua.
Antonio non si aspettava che desiderare qualcuno potesse essere così doloroso.
Françis non si aspettava di avvicinarsi a colui che più detestava.
Inge non si aspettava di rischiare di perdere una scommessa.
Roderich non si aspettava l'arrivo di una studentessa straniera a casa propria.
Nessuno di loro se l'aspettava, ma è successo.
E ora nella scuola internazionale berlinese qualcosa è destinato a cambiare irrimediabilmente.
{ Julchen Beilschmidt, Arthur Kirkland, Antonio Carriedo, Françis Bonnefoy, Inge Køhler, Roderich Edelstein. }
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bad Friends Trio, Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender, Triangolo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ALL THE RIGHT MOVES.

CAPITOLO 1

Hello, cold World.

 

5.47 am

Berlin.
Oktober 17, Mittwoch.

La stanza è immersa nel buio: le persiane sono tirate, e non un singolo spiraglio di luce penetra all'interno. Si intravede appena la sagoma di un televisore su una cassettiera alta e stretta, accanto ad un armadio che copre tutta una parete; in un angolo, una scrivania su cui sono ammonticchiati libri, quaderni, smalti e oggetti di ogni sorta in totale disordine; di fronte contro la parete, un letto di legno scuro.
Raggomitolata, una figura si staglia tra le coperte blu scuro; sul cuscino una corona di lunghi fili bianco-argentei si confondono col tessuto chiaro. Il corpo nascosto si muove appena al ritmo del suo respiro pesante e regolare. L'orologio elettronico del registratore della tivù segna le cinque e quarantasette. E' tutto assolutamente tranquillo.
O, almeno, lo è finché chi giace nel letto non inizia ad ansimare rumorosamente. Si gira sulla schiena, tirando il lenzuolo, così da lasciare un piede al di fuori di quella calda protezione. Un altro strattone, e anche il viso si scopre, la pelle pallida arrossata da chissà quali pensieri angoscianti; una guancia è segnata da un vecchio taglio. A contatto col fresco dell'aria, quella che si è rivelata una ragazza pare rasserenarsi.

Liebes Tagebuch,

I minuti scivolano via sul registratore, susseguendosi l'uno dopo l'altro, lenti quanto inesorabili. 
Le sei e trentanove. La ragazza rotola su se stessa, il volto premuto contro il bordo del materasso, spingendosi sempre più oltre, lasciando nel vuoto prima la fronte, poi gli zigomi appena pronunciati e il naso, fino alla punta del labbro superiore. E' un volto di un'adolescente non ancora cresciuta, di una ragazzina che si appresta a diventare donna, che mantiene ancora qualche tratto infantile su un viso più adulto.  Nel sonno, batte le palpebre chiuse, aperte su mondi preclusi a chiunque tranne che lei, sempre più veloci, mentre un gemito strozzato le ferisce le labbra. Un calcio nel vuoto, e anche l'altra gamba si libera delle coltri, che si ammonticchiano contro la parete. Lungo la parte di coscia rimasta scoperti dalla camicia da notte troppo corta, una cicatrice rosea percorre la cute immacolata fino al ginocchio.
Rumore di passi ovattati, e in un attimo la porta si spalanca, mentre la luce del corridoio inonda la camera. La ragazza apre gli occhi di scatto, bruscamente strappata al sonno, rivelando due iridi rosse come il sangue.

Stanotte è stato... strano. 
Credo di aver avuto un incubo, e sono piuttosto certa che centrasse anche il piccolo West, anche se non ho la minima idea di cosa possa aver sognato. Mi sentivo inquieta, però.

« Julchen, farai tardi. »
Una voce maschile le raggiunge le orecchie, mentre il suo sguardo scatta in direzione del televisore davanti a lei. Sono le sette meno un quarto. 
Un uomo dai lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle entra nella stanza a passo di marcia. diretto alle finestre dei balconi, aprendo le persiane e spalancando le finestre, mentre l'aria gelida dell'ottobre berlinese penetra nel tiepido ambiente. La ragazza rabbrividisce, la pelle nuda ha un guizzo.
« Ma, Vati, è prestissimo! », squittisce, rituffandosi nel letto, rannicchiata contro il muro.
L'uomo, vestito di tutto punto, sospira, avvicinandosi alla figlia tremante sotto le coperte, prima di sollevare lenzuola e trapunta e scuotere la testa di fronte al grido offeso per quella prevaricazione. La prende per la caviglia, tirandola giù a sedere e uscendo.
« Ti odio. », fa lei, con aria piccata e innervosita.
« La colazione è sul tavolo.» è l'unica risposta proveniente dal corridoio.

Il risveglio, invece, è stato il solito. 
Perché Vati non capisce che la Magnifica me ha dei ritmi diversi e che queste sveglie violente fanno male alla mia salute -e al mio umore? NE MORIRO', LO SO.
Oh, ma allora sarà tutta colpa sua, glielo lascerò scritto, e si sentirà COSI' in colpa. 
Così impara, ah! Non si tratta in questo modo una tale meravigliosa creatura.
Parlo di me, eh!
... 
No, scherzo. Non potrei mai, non dopo... beh, dopo il piccolo West.

Muove i  piedi, con una smorfia sul viso, quasi fosse una grandissima fatica; poi sospira -con la stessa aria rassegnata del padre- e si decide ad alzarsi. Le dita scattano ai bordi della camicia da notte, nel tentativo disperato di abbassarla e coprirsi di più, ma presto le mani abbandonano l'impresa, optando per infilarsi nelle maniche della vestaglia giallo limone abbandonata ai piedi del letto.

In ogni caso, più passano i giorni, più mi rendo conto che l'orribile vestaglia che mi ha regalato Antonio - ma dimmi se è normale regalare una vestaglia per il compleanno della tua migliore amica, nonché anche sorella del tuo migliore amico - è utile. Almeno mi evita la dipartita per assideramento; assideramento causato dal baby doll che avevo preso per far contento Roddie, ma che lui non vuole proprio vedere - razza di idiota ingrato! -, e che ora uso come pigiama. Detesto spendere soldi inutilmente, mein Gott!

Infila le pantofole e si alza, mentre alza le braccia sopra la testa e si stiracchia con un sonoro mugugno.
Quasi inciampa nel tappeto persiano che ricopre quasi tutto il parquet della stanza, ma riesce a tenersi in piedi con precario equilibrio, appoggiandosi alla cassettiera.  Si stropiccia gli occhi, prima di prendere un respiro profondo e camminare  con passo traballante in cucina.
« 'Chen.»
Julchen alza gli occhi sentendosi chiamare, poggiandoli sulla figura di un ragazzo pressoché identico a lei: è seduto scompostamente al tavolo, a gambe larghe e le braccia abbandonate sulla superficie di plastica bianca, vestito solamente di una canottiera nera e delle mutande grigie.
« Gil, copriti, 'ché fai schifo. », commenta acidamente sedendosi di fronte a lui. Non lo guarda in faccia, fissando invece la fetta di dolce alle noci con una smorfia.

Poi, non sai! Vati si ostina a comprare quell'orribile coso muffoso alle noci che odio.
Ma l'assurdo è che lo odiano anche Gilbert e lo stesso Vati -però a Mutti piaceva e quindi...
Però, dai, sono passati quattro anni, non si può andare avanti così.

« Sei bella tu, ah! », la rimbecca l'altro meccanicamente, masticando il suo pezzo di torta col naso arricciato.
Ingoia a fatica il boccone, e squadra il suo abbigliamento, con un sorrisetto malizioso. « Che c'è? Il damerino ha finalmente accettato la sua vera sessualità e rifiutato il tuo completino da t-», si interrompe quando Julchen gli tira una pera appena pescata dalla ciotola affianco a lei addosso.  « Ahio! »
« Da cosa, scusa? »
Lei assottiglia lo sguardo, feroce, la mano pericolosamente vicina alla prossima pera. 
Il ragazzo la guarda massaggiandosi la fronte con aria indecisa, probabilmente alla ricerca delle parole giuste per non peggiorare la situazione.  « ... da tanto seria ragazza, Schwe'. »
« Farò finta di crederti. », sbotta, mordicchiandosi il labbro, all'improvviso sovrappensiero. La sua mano gira il latte nella sua tazza rosa a pois bianchi meccanicamente.
« Dubiti forse delle mie Magnifiche parole, 'Chen?», fa lui, scuotendo la testa, affranto. « Mi ferisci nel profondo! »
E scoppia a ridere, un lungo verso aspro, tanto forte da costringerlo a tenersi la pancia; si alza, ancora sghignazzando e facendo stridere la sedia sul pavimento. « Pulisci tu, eh- »
« TE LO SCORDI, OH! », gli grida dietro Julchen,  mentre quello sparisce nel bagno.
Le risponde il rumore di una porta che sbatte.

Gilbert, invece, è insopportabile come al solito.
E' sempre così arrogante e maleducato! 
Dovrebbe prendere un po' il buon esempio dalla sua straordinaria gemella.

Alza gli occhi al cielo, evidentemente esasperata. Davanti a lei, l'orologio a forma di gufo segna le sette. 
« Scheiße. », mugola, con palese disappunto. Si affretta a trangugiare il latte e, dopo aver fissato per alcuni secondi con sguardo imperscrutabile la fetta di dolce abbandonata sul tavolo, la butta senza rimpianti.
Si appresta verso il bagno accanto alla cucina, ma dopo i primi colpi furiosi e i seguenti « Vattene, Schwe'! » ricorda la presenza del fratello e si incammina verso quello comunicante con la camera del padre.
Chiude la serratura dorata con la chiave, per poi appoggiarsi al lavello di marmo e scrutare la propria immagine allo specchio. Arriccia il naso, e mostra la lingua alla figura pallida che le sta innanzi.

Una creatura semplicemente magnifica.

 

7:29 am

Berlin.
17th of October, Wednesday.

Un ragazzo scende i gradini a passo svelto, la borsa scura che sbatte ritmicamente contro i suoi fianchi stretti. La cravatta a righe blu e verdi è allentata e i primi bottoni della camicia candida sono sbottonati, lasciando intravedere la pelle smunta del petto. La giacca blu notte è appoggiata sbadatamente al suo braccio, con il bordo che struscia sul marmo chiaro delle scale. Il ragazzo accellera l'andatura,  aggrottando le sopracciglia folte. Un sottile rivolo di sudore gli ricopre la fronte solcata da una profonda ruga.  Forse il ragazzo dimentica gli unici due gradi sopra lo zero della mattina berlinese? Il gelo non sembra nemmeno sfiorarlo, mentre si arrotola le maniche fin sopra i gomiti; qualcos'altro pare assorbire del tutto la sua mente, e persino il suo corpo. Gli occhi verdi sono concentrati su un punto imprecisato alla fine delle scale, fissi.

Dear Aunt,

La mano destra scatta nella tasca, probabilmente a controllare una qualche vibrazione frutto della sua immaginazione; ma il cellulare rimane irrimediabilmente inerte tra le sue dita irrigidite. Il ragazzo impreca, senza nemmeno troppa convinzione. Si arresta ai piedi della scalinata, ora esitante davanti ai pochi metri che lo separano dai binari della metropolitana.

Come hai potuto? Come hai potuto fare questo?
Proprio ora che Gwineth non c'è.
Proprio ora che l'unico su cui buttare questo peso sulle spalle sono io.
Proprio ora che sono solo.

Un rumore in lontananza e il solito spiffero di vento prima dell'arrivo del treno annunciano che non può più perdere tempo ad indugiare prima ancora che il tabellone con gli orari di ogni fermata si aggiorni. Il ragazzo si gira verso la galleria che chiude la piattaforma deserta. In tutta la fermata, c'è solo lui: nessun altro nemmeno sulla banchina opposta.
Qualche altro secondo, il rumore che si avvicina e finalmente le luci del convoglio fanno capolino dal tunnel fiocamente illuminato. Il ragazzo stringe un'ultima volta il telefono, sul volto dipinta un'espressione implorante destinata ad essere delusa. Il treno si ferma di fronte ai suoi occhi. Le porte si aprono e lui entra, andando a sedersi in uno dei tanti posti liberi; ecco l'unico elemento piacevole di abitare fuori dalle zone trafficate della città.

Come hai potuto lasciarli soli? 
Come hai potuto lasciare me e Gwineth?
Come hai potuto andartene anche tu?

Alza lo sguardo di fronte al cartello con le fermate, contando sulle dita quante gliene mancano prima di scendere. Quindici. 
Quindici prima che il telefono torni a prendere la linea. Quindici prima che possa ricevere la sua telefonata. Chiude gli occhi.

Non so che fare, Auntie.

 

7:56 am

Berlìn.
Octubre 17, Miércoles.

Una figura alta e piuttosto dinoccolata cammina avanti e indietro davanti al cancello dell'istituto internazionale. Ha un giaccone pesante chiuso fino al collo, con qualche inserto di pelliccia che spunta dal cappuccio mezzo staccato dalla giacca. Qualche ciuffetto di capelli castano scuro fuoriesce dal capello di lana, sfiorandogli le tempie dalla pelle olivastra.

Querida portapapeles de historia,

Si sfrega le mani e vi alita sopra, un mezzo sorriso dipinto sulle labbra; niente pare poter spegnere l'entusiasmo sul suo volto, nemmeno quel freddo che minaccia di staccagli le appendici del suo corpo una dopo l'altra, inesorabile. Si infila le mani nelle tasche della giacca, continuando a marciare come un soldato, scrutando tutti gli studenti che si apprestano ad entrare in attesa di qualcuno in particolare.

Lo so che non ha senso, ma... 
Gil e Chen mi hanno tanto descritto i miracolosi effetti dell'avere un diario che, ecco, magari potrei iniziare anche io. Sul quaderno degli appunti di storia. 
Beh, tanto non li uso comunque, quindi non si spreca nulla.

I suoi occhi verdi saettano su i visi di tutti fino a posarsi su due teste candide come la neve che sta iniziando a scendere lentamente. Piccoli fiocchi si posano a terra, mentre il ragazzo inizia a correre verso i due, incurante degli spintoni che si ritrova a rifilare per passare e delle occhiatacce che gli vengono rivolte.
« Tonio! », squittisce Julchen quando lui l'abbraccia con foga assieme al fratello.
« Julchen! Gilbert! »
Antonio sorride, e l'allegria gli riempie il viso. Pare che vedere i due amici sia la cosa più bella che possa succedergli.

E forse hanno ragione.
Mi sento già meglio rispetto a prima.
Perché sì, incredibilmente, poco fa mi sono sentito un po' giù. 
Già, anche Antonio Fernandez Carriedo ha i suoi brutti momenti. 
Di rado, certo, ma ci sono.

« Andiamo? », aggiunge qualche secondo dopo, passando le braccia intorno alle spalle dei due, che sovrasta di buoni dieci centimetri. Senza attendere risposta alcuna, inizia ad avviarsi verso la scuola, e la tracolla, anche, che ha lasciato abbandonata sul muretto accanto al cancello.
Si stacca appena dai due per recuperare le sue cose. Storce il naso, divertito e esasperato allo stesso tempo: la neve ha ricoperto la sua borsa di un sottile strato bianco, abbastanza spesso, però, da bagnare tutto il tessuto, e probabilmente anche l'interno. 
« Ehi! »
Antonio si gira al suono della voce di Julchen. Vede i suoi occhi rossi brillare eccitati nella sua direzione. La guarda lanciarsi verso il suo corpo, e senza nemmeno pensarci allarga le braccia per stringerla forte. Lui sente un fremito percorrergli la schiena, impaziente del contatto. Mezzo passo, manca solo mezzo passo, e... lei lo supera, diretta verso qualcuno alle sue spalle.
Gelato sul posto, le mani ancora sospese in aria, Antonio segue con lo sguardo i movimenti della ragazza.  Che si getta addosso ad un altro. Che sorride felice. Che si stringe con tutta la sua energia a quel ragazzo dall'aria quasi infastidita. Antonio abbassa gli occhi, stringendo il bordo della borsa bagnato, la bocca contratta.
Gilbert gli si affianca. 
« Quell'idiota di Roderich. Quanto mi sta sul cazzo, ah! E Julchen è ancora più idiota a non mandarlo a fanculo alla prima occasione, Gott. », lo sente borbottare mentre gli dà una pacca sulla spalla. Il moro non dice una parola, gli occhi fissi a terra. 
La mano sul suo omero lo picchietta leggermente.
« Tutto bene, To'? »
« Alla perfezione. »

Per esempio, quando tutto ciò che vorrei non mi vuole.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Kornblume Cavalier