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Autore: Mary_Sue    21/09/2007    5 recensioni
Ci sono cose di me che non saprai mai. Non ti ho mai detto che ti preferivo con i tuoi soliti corti capelli rosa, né che adoravo sentire il tuo respiro su di me, la notte, quando dormivi al mio fianco, né che spesso i tuoi baci sapevano di menta e caramelle al limone. Non ti ho mai detto veramente che ti amo, ed è un rimpianto che mi logorerà in eterno, ma sono felice che tu l’abbia sempre saputo comunque. [RemusTonks] NO SPOILER
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono cose di me che non saprai mai. Credo di non averti mai detto cos’ho pensato di te la prima volta che ci siamo conosciuti, di non averti mai confessato che quasi mi è venuto da sorridere nel vederti, così giovane e trasgressiva, entrare a far parte di un’organizzazione seria ed importante come l’Ordine della Fenice. Un po’ ne avrei avuto il diritto, del resto.

Eri una ragazzina appena diventata Auror, ma ai miei occhi apparivi come una bambina un po’ sfrontata ed ansiosa di crescere, con quei tuoi vestiti neri e quei lunghissimi capelli viola che continuavi a ravviarti con fare distratto. Mi chiedevo cosa ci facesse una come te, con tutta la vita davanti e mille prospettive luminose, in un gruppo di persone che annoverava un'impressionante lista di caduti tra i suoi membri passati. Mi sembravi un agnello sacrificale, pallida ed innocente com’eri, ma c’era una determinazione adulta nel tuo sguardo, nei tuoi occhi neri riuscivo a scorgere un coraggio che molti maghi più anziani ed esperti di te non avrebbero mai avuto.

Eri bella, sotto tutti i tuoi strati di ribellione, ancora acerba, certo, ma indubbiamente attraente nei tuoi giovanissimi ventun anni appena sfiorati.

“Ninfadora Tonks. Ma, ti prego, chiamami Tonks.”

L’avversione che hai sempre avuto per il tuo nome, al momento, mi parve deliziosamente capricciosa, quasi infantile, come se un simile appellativo rischiasse di farti passare per una ninfetta vezzosa, e non per la fiera guerriera che eri. Un nome un po’ troppo altisonante e lezioso, in effetti, per una come te; non mi ci volle un grande sforzo per capire perché preferivi essere chiamata per cognome. Un suono ruvido e secco, che senz’altro rispecchiava meglio i tuoi modi di fare, i tuoi movimenti un po’ impacciati, ma che non trovava riflesso nella dolcezza del tuo volto.

Ai miei occhi, eri e sempre sarai la piccola Ninfadora.

E so che potrebbe suonare banale a dirsi, ma credo di essere stato fin da subito soggiogato dalla tua spontaneità frizzante e dalla tenerezza dei tuoi modi un po’ goffi.

Non ho mai avuto il fegato di confessartelo, sai, ma c’era qualcosa di magico nel tuo sorriso sbarazzino, che aveva il potere di farmi arrossire. E forse tu non te ne sei mai resa conto, ma dal tuo ingresso nell’Ordine partecipavo più volentieri alle lunghe ore di riunione, e penso che qualcuno lo avesse notato, perché presto i nostri turni di pattuglia cominciarono misteriosamente a coincidere sempre più spesso. Il tuo brio mi faceva sentire vivo e giovane, toglieva dalle mie spalle un po’ di quel peso pressante che da sempre mi porto addosso, e tu eri straordinaria con me, in tutte quelle lunghe nottate passate insieme a sorvegliare la casa di Harry, chiacchieravi con me come se fossi stato un amico di vecchia data, del tutto incurante delle mie cicatrici, dei miei silenzi, del mio essere diverso, in ogni possibile senso.

Mi guardavi negli occhi e sorridevi, ed io sapevo che non era con un lupo mannaro che stavi parlando, né con Remus Lupin. Parlavi con me, come se non ci fossero barriere materiali tra noi due; non una donna che parlava ad un uomo, ma un’anima che parlava ad un’altra anima.

E fu così, in quel nostro piccolo angolo di comunione segreto, guardandoti ridere mentre ti raccontavo di qualche stupidaggine combinata da Sirius a scuola, che mi innamorai di te.

Col senno di poi, non seppi spiegarmi come fosse possibile che non me ne fossi accorto prima, in tempo.
Probabilmente era colpa dei miei anni di solitudine, o forse semplicemente del fatto che mi ero seriamente convinto che tu fossi una bambina e nulla più, un errore di valutazione che mi avrebbe successivamente aperto le porte su un mondo che non avevo mai veramente conosciuto prima. La Felicità.

Pensandoci, adesso, mi sembra solo il ricordo di un sogno, l’ombra di qualcosa che non sono certo di aver vissuto davvero. Non so se questo groppo che ora ho alla gola sia sintomo di nostalgia o rimorso, o entrambe le cose. Vorrei averti potuto dare di più, vorrei averti detto tutte quelle cose che ora potrò solo sussurrare al vento. Quante notti ancora passerò insonne ad aspettare invano il tuo ritorno?

Le notti di luna piena sono diventate solo un breve momento di beata irrazionalità, ore di effimera pace in cui l’uomo può dimenticare per poco il passato ed il lupo ulula alla luna, piangendo un dolore devastante che non comprende.

Una volta, sotto questa stessa luna, tu ed io ci giurammo l’un l’altra che dopo questa guerra avremmo trovato il tempo di considerare più seriamente quel folle, meraviglioso legame che era sorto tra noi dalle ceneri di un lutto improvviso. Giurammo che una volta sconfitto Voldemort una volta per tutte, ci sarebbe stato un posto per noi due nel mondo nuovo, ed allora tutto sarebbe stato più semplice.

Ma stare con te, godere della tua compagnia, essere così incondizionatamente felice, mi aveva fatto dimenticare quanto pericoloso sia confidare nelle speranze. E i nostri progetti, i nostri sogni, le aspettative che avevamo costruito insieme… Ora non posso fare a meno di chiedermi come io abbia potuto lasciarmi trasportare tanto dai miei sentimenti fino a perdere di vista la crudezza della realtà.

Eri tutta la mia vita, il mio universo, e con te accanto avevo quasi scordato gli orrori e le ingiustizie che abitano il mondo.

Era destino che io non potessi mai essere felice fino in fondo, lo stabilì Greyback il giorno che lasciò questo sigillo maledetto sul mio braccio. Ero segnato, fin dal principio, ed avrei dovuto sapere che una cosa bella come te non avrebbe mai potuto essermi accanto per sempre.
Sei stata strappata da me una gelida notte d’autunno senza luna né stelle, la cui unica luce eri tu, bella e serena come sempre, anche se nei tuoi occhi quella scintilla di vita che avevo tanto amato ormai si era spenta per sempre.

Non riesco a pentirmi di aver permesso a me stesso di amarti, perché quello che mi hai regalato è un tesoro immenso che nessuno potrà mai portarmi via, ma queste lacrime che sto versando gridano al posto mio tutto quello che le mie labbra non hanno mai detto, mentre, in silenzio, poso un mazzo di rose bianche e rosse davanti al sepolcro dove, con te, ora riposa il mio cuore.

Non c’è la tua immagine su questa giovane tomba, né il tuo nome. C’è solo una croce candida ed una frase incisa a lettere d’argento nella pietra, una promessa che non morirà mai.

Per sempre Cielo e Terra piangano la caduta del loro angelo più bello.

Ci sono cose di me che non saprai mai.
Non ti ho mai detto che ti preferivo con i tuoi soliti corti capelli rosa, né che adoravo sentire il tuo respiro su di me, la notte, quando dormivi al mio fianco, né che spesso i tuoi baci sapevano di menta e caramelle al limone. Non ti ho mai detto veramente che ti amo, ed è un rimpianto che mi logorerà in eterno, ma sono felice che tu l’abbia sempre saputo comunque.
  
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