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Autore: broken wings    05/03/2013    3 recensioni
Sappiamo già il finale della storia. Ma cerchiamo di concentrarci sulla storia stessa, adesso.
Se c'era stata una donna distruttiva, una Courtney Love nella sua vita; da un'altra parte, umilmente nascosta, ma sempre accanto a lui, c'era una donna guaritrice, Amanda.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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5 aprile 1976.

La campanella suonò, Amanda continuò a guardarsi intorno in cerca dei suoi occhi, si affacciò alla finestra, si alzò per avere una visuale più ampia, si sedette nuovamente, sbuffò, tamburellò velocemente le dita sul banco, si alzò di nuovo, si sedette, si guardò intorno, guardò in basso, controllò l'orologio, sbuffò ancora, ancora, ancora e ancora. Dov'era finito?
La maestra la osservò intenerita, e solo quando la bambina ricambiò il suo sguardo cominciò l'appello:
- Anderson?
- Presente.
- Baker?
- Presente!
- Brown?
- Presente.
- Carter?
Amanda si alzò lentamente dalla sedia e sussurrò un "presente" che svanì in fretta nella stanza, mentre ancora in piedi attendeva il cognome nell'appello seguente al suo.
- Cobain?
- Assente...
Mormorò lei, posandosi sulla sedia silenziosamente. Si mise a guardare fuori dalla finestra tutte quelle persone che svelte camminavano su e giù la strada, il sole che batteva forte mentre il vento muoveva i rami dei pochi alberi che coprivano il cemento. Come mai non era venuto? Lui, che si presentava a scuola anche con 38 di febbre e con le maestre che lo costringevano a tornare a casa interrompendo la lezione. Lui, che il giorno dopo si presentava nuovamente sotto casa sua noncurante delle suppliche delle docenti, ad aspettarla per andare insieme a scuola come avevano sempre fatto. Come mai oggi non era venuto? Cosa era successo?
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce squillante di Allie che si rivolse alla signorina Parker:
- Siccome neanche Jeremy oggi è a scuola, potrei sedermi vicino ad Amanda che non ha il compagno di banco?
- Va bene, ma soltanto per oggi.
Lei si voltò verso la sua amica che, sorridente, già aveva preso il suo pesante zaino e lo stava trascinando verso la parte opposta della classe, dove Amy era seduta.
- Sei stata bene ieri a casa mia, non è così?
Le domandò dunque, dopo essersi seduta e aver sistemato i suoi quaderni.
- Sì, certo!
- Beh, mi fa piacere. E poi hai visto? Casa mia è proprio qui dietro l'angolo, quindi facciamo subito per venire a scuola.
- Già. Io abito più lontano, ci metto un po' di più per arrivare qui, ma alla fine se c'è Kurt non ci faccio nemmeno tanto caso.
La bambina la guardò di sottecchi e borbottò:
- Non capisco come fai ad essere amica di quel tipo. È così... strano.
Amanda si voltò indispettita e rispose prontamente:
- Non è strano.
- Oh, sì che lo è. Non è amico di nessuno e nessuno è amico suo. E lui si scansa da tutti, e tutti si scansano da lui. Anche le maestre lo guardano male quando lui non se ne accorge. E mamma mi dice sempre di lasciarlo stare. Lo dice anche la mamma di Penny, di Kayla e quella di Jane.
- Smettila.
- E poi hai sentito dei genitori, no? È diventato così strano da quando si sono lasciati. Lo sa tutta la classe, forse anche i bidelli, e le insegnanti di sicuro. Papà dice che i matrimoni che finiscono fanno diventare i bambini malati, dovresti stare più attenta. Lui è cambiato così tanto, e un po' per volta stai cambiando anche tu.
- Falla finita, non è vero.
Ma la loro discussione fu interrotta dalla porta scricchiolante che lentamente si stava aprendo, e un caschetto biondo si era affacciato con un foglietto che stava sventolando dalla mano sinistra. Accanto a lui c'era la bidella dal viso paffutello che invitò la maestra ad avvicinarsi a loro. Mentre le due signore parlavano a bassa voce, Amanda allungò il collo per incontrare lo sguardo del suo amico, che invece prima si posò su Allie e poi su di lei. Dopodiché guardò altrove, privo di alcuna espressione sul volto, e non le dedicò più un'occhiata per il resto della lezione. Si sedette sul banco dalla quale Allie era andata via, da solo, nella parte opposta dell'aula.
- Non ti ha neppure salutata. Che sgarbato.


L'insegnante annunciò la fine della lezione e invitò i suoi alunni a tirar fuori le merende e ad uscire per prendere una boccata d'aria durante l'intervallo. La sua compagna di banco si alzò rapidamente dal banco e si allontanò da lei, avvicinandosi a un gruppetto di bambine raggruppato all'uscio della porta.
Amanda prese il suo piccolo panino e si diresse verso il suo amico che, a differenza del resto della classe, non si era mosso dalla sua sedia. Lei lo guardò lungo il tragitto mentre lui continuava con la matita a premere forte su un foglio che teneva tra le ginocchia.
- Rischi di bucarlo se continui a calcare così tanto.
Osservò lei sedendosi sul banco vuoto di fronte a lui. Quest'ultimo alzò lo sguardo, fece spallucce e poi tornò al suo lavoro.
- Usciamo di fuori?
Propose lei sorridente, fingendo di non accorgersi dell'espressione che Kurt aveva in viso.
- Va bene.
Prese il suo disegno e la sua matita che portò con se, e vicini si accovacciarono in fondo cortile accanto al muretto di pietre. L'amico ricominciò a disegnare e così lei gli chiese:
- Come mai sei venuto tardi, oggi?
- Prova ad indovinare.
- Non lo so, dimmelo tu. E per piacere, guardami quando ti parlo.
Lui gettò bruscamente la matita e accartocciò il foglio di carta a terra, lei sconvolta si alzò, lo prese e lo riaprì tentando invano di farlo tornare pulito come prima.
- È un bel disegno, perché lo butti via?
Rappresentava una lunga strada, lunga e dritta ma piena di fogliame ed erbaccia. Il cielo era scuro, coperto da nubi, ma la piccola luce del sole lo rendeva in qualche modo piacevole.
- Dov'eri questa mattina? Io ti ho aspettata...
Finalmente la guardava negli occhi.
- Oh, Kurt, scusa! Allie mi ha invitata a casa, e verso l'ora di cena mi ha invitata a dormire, e alla fine sono venuta a scuola con lei. Non sapevo come avvertirti. Io... mi dispiace!
- Allie? Non è un problema. È uguale. Sei stata bene, non è così?
- Sì, era da tanto che non stavo un po' con lei.
- L'ho notato anche io, in classe.
- Dai, Kurt! Non cominciare! Pensavo non venissi.
- Mi fa piacere sapere che nel caso non ci fossi non soffriresti della patologia-del-banco-vuoto.
- Ma che storia è mai questa?!
- Ci sono rimasto male, ecco tutto.
- Mi dispiace, non l'ho fatto di proposito.
- Ci sono rimasto male, ma per me. Non per te. Tu fai bene, fai benissimo.
- Non ti sto seguendo...
- Fai bene a riallacciare i tuoi rapporti con Allie. È colpa mia se non sei più amica con tutta quella gente, io non dovevo allontanarti da loro.
- Sono loro che si sono allontanati da me...
- ...Per causa mia! Amy, vai da loro. Vai. Lasciami stare.
- Kurt non fare così.
- Non devo fare cosa? Vai Amy, vai. Mi sono chiesto spesso per quanto tempo saresti riuscita ad essermi amica. Un anno è già abbastanza.
- Ma te la fai finita?! "Un anno è già abbastanza"? Non vuoi essere più mio amico?
- Sei tu che non lo vuoi! Credi che io non lo sappia? Credi che io viva in un mondo a parte? Pensi che non sappia delle voci che girano, di ciò che gli altri pensano? Solo perchè non lo dico non vuol dire che non lo so.
I suoi occhi azzurri si erano infiammati, ora la guardava con un'aria di sfida, in attesa di una mossa alla quale era già pronto a rispondere.
Ma il tono di Amanda si abbassò, lei si sedette di nuovo accanto a lui e voltandosi lo guardò di profilo:
- A me non importa di quello che i compagni mi dicono.
- Neanche se è la verità?
- Non è la verità.
- E se lo fosse?
- Se lo fosse, sarebbe una verità che mi va bene. Sei mio amico, il più grande di tutti, che mi importa se i tuoi genitori non stanno insieme? Che mi importa se invece di giocare a pallone mi canti una canzone? Che mi importa? Io ti voglio bene.
Ne seguì un attimo di silenzio, lui si voltò verso di lei e abbassando lo sguardo sussurrò:
- Ieri sera papà mi ha chiesto di nuovo se voglio andare a vivere da lui.
- E tu?
- Io ho la mia amica qui, e non posso lasciarla.
Adesso sorridevano entrambi.
   
 
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