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Autore: Eryca    06/03/2013    10 recensioni
Succede ancora, a volte, che esco in balcone, nelle notti in cui il caldo sembra voler sciogliere ogni cosa, e osservo l’orizzonte sopra il mare blu.
Ed è in quelle notti – le notti infinite, le chiamavamo – che chiudo gli occhi.
Chiudo gli occhi e le sue mani sono su di me.
Chiudo gli occhi e bevo una birra insieme a Tom.
Chiudo gli occhi e sfreccio, sfreccio per le strade asfaltate.
Chiudo gli occhi e sono senza limiti.
Chiudo gli occhi e vivo.

***
1969.
Adam non è altro che un neo diplomato, quando La Dea Danzante gli appare davanti agli occhi come un'allucinazione. Il giovane ragazzo viene velocemente trascinato in un mondo stupefacente, fatto di poesie, musica e libertà, dove tutto è lecito e nulla è legge.
Mentre entra a far parte di un gruppo di strampalati ribelli, Adam si farà insegnare dalla sua Dea il significato delle parole vivere e amare.
Ed imparerà ad andare oltre.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Storico
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Prologo –

 

 





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Ricordo che riuscivamo a vagare per notti intere, il tasso alcolico esageratamente sopra la media, la sigaretta girata sempre in bocca, senza una meta, senza una destinazione se non quella dell’infinito. E anche il tempo sembrava non avere alcuna importanza: scorreva veloce, eppure pareva scivolare lentamente, con la grazia tipica di uno di quei felini africani. Nulla aveva una particolare importanza, ma nello stesso tempo ogni cosa era essenziale e niente poteva essere trascurato. Vivevamo in un perenne stato di allerta dei sensi, ricettivi come non mai grazie agli stupefacenti. Sentivamo, toccavamo, osservavamo, assaporavamo, inalavamo. Era tutto un tocca e fuggi senza fine, che sembrava averci del tutto estraniati da quella che sembrava essere la società. Società che ci ripudiava, ma che, segretamente, ci idolatrava e ci invidiava. Perché noi eravamo folli, totalmente ed incondizionatamente folli. Ma eravamo liberi, liberi come solo i pazzi riescono ad esserlo, perché essi non si pongono alcun limite, non hanno restrizioni morali o legislative.

Eravamo dei veri animali allo stato brado, alla conquista del mondo con le borse in mano e i soldi per comprare un pacco di tabacco.

Eravamo il sogno proibito che ogni persona avrebbe voluto esaudire; gli uomini sposati che passavano le giornate tra lavoro e famiglia ci rivolgevano occhiate invidiose, ma noi non ci fermavamo. Mai. Sfrecciavamo sulla strade selvagge, trattando la città come una giungla, cercando di sconfiggerla e sopravvivere tra il serpente di asfalto.

Non avevamo alcuna meta, alcuna destinazione. Il nostro unico scopo era oltrepassare ogni limite, divenire gli eroi ripudiati, buttare giù tutti i muri dei pregiudizi.

Eravamo folli.

Folli senza limiti.

Passavamo le giornate tenendo nella mano sinistra Baudelaire e in quella destra una canna, mentre la mente iniziava a vagare per posti ignoti, inseguendo creature inesistenti eppure così estremamente reali da essere riviste il giorno dopo.

Ma il nostro reame era la notte, la notte e tutte le sue sfaccettature, perché era in quel lasso di tempo oscuro che la nostra luce esplodeva e abbagliava ogni cosa che venisse a contatto con noi. Danzavamo nel mare, mentre i suoi capelli dorati galleggiavano sull’acqua, formando un tappeto. Danzavamo e lei cantava, con quella sua voce surreale, che toccava note inesistenti e ti trascinava in universi paralleli… e allora io non esistevo più, no, ero solo suo, suo, suo. Suo e della sua voce irreale. Suo e del suo profumo di erba.

E ancora una volta venivamo accolti nei castelli dell’infinito, mentre il mondo ci ruotava intorno e la luna ci sorrideva silenziosa.

Mia madre mi guardava con disprezzo ma a me non importava, perché il tempo scorreva veloce e lento e lei non vedeva. Lei non capiva.

Non capiva che i limiti non erano nulla, se non barriere inventate dalle consuetudini.

E a noi, le consuetudini, non piacevano affatto.

Eravamo piccole lucciole e potevamo apparire innocui, ma in realtà risplendevamo di luce propria, senza aver bisogno di elettricità.

Liberi, così liberi…

Il mondo era nostro, pronto per essere conquistato da un gruppo di giovani anticonformisti, che cavalcavano un’utilitaria malconcia, dotata di una piccola radio sfruttata fino alla fine.

E noi urlavamo nella notte, mentre la voce di Jim Morrison faceva da sottofondo alla nostra pazzia, al nostro essere così dannatamente in vita.

Vivi erano i suoi occhi profondi quando ti guardava, quando ti scavava dentro l’anima e tu non potevi fare nulla se non lasciarti sondare, se non farti toccare da quelle piccole mani.

Darei qualsiasi cosa pur di sentire ancora una volta la sensazione dei suoi occhi nei miei.

Anche se il gruppo era fatto pressoché di ragazzi, lei era il nocciolo di esso, era la ciliegina sulla torta per la quale tutti smaniavamo. E anche quando la possedevo sapevo che era lei a possedere me.

Sto ancora cercando, dopo tutti questi anni, un termine che possa descriverla, ma non esiste, perché lei era… lei era oltre. Era il sale che dava condimento alla mia vita, era il mio essere vivo.

Come dimenticare le giornate trascorse a fare niente e a fare tutto? Guardavamo il cielo e ci rispecchiavamo nella sua ambiguità, nel suo non avere una fine, nel suo essere profondamente senza confini.

Lei si sedeva a cavalcioni sulle mie gambe, fissava i suoi occhi nei miei, e mormorava con la sua voce vellutata che non c’era niente che non avremmo potuto fare, che la vita era solo l’inizio, che bisognava imparare il significato del verbo vivere per poter dire di averlo fatto.

E noi lo abbiamo fatto.

Noi abbiamo vissuto.

 

 

Succede ancora, a volte, che esco in balcone, nelle notti in cui il caldo sembra voler sciogliere ogni cosa, e osservo l’orizzonte sopra il mare blu.

Ed è in quelle notti – le notti infinite, le chiamavamo – che chiudo gli occhi.

Chiudo gli occhi e le sue mani sono su di me.

Chiudo gli occhi e bevo una birra insieme a Tom.

Chiudo gli occhi e sfreccio, sfreccio per le strade asfaltate.

Chiudo gli occhi e sono senza limiti.

Chiudo gli occhi e vivo.

 

 

*

 

Angolo di Eryca

 

Grazie a per aver betato.

Sono tornata nella sezione Originali Romantiche per triturarvi i cosiddetti con una nuova storia, concepita dopo aver passato un’intera giornata a bombardarmi il cervello con i Doors.

Si tratterà di una storia ambientata durante i Sixties – i famosi e ribelli anni Sessanta – narrata dal protagonista, che ripercorrerà gli eventi della sua gioventù e della sua mistica relazione con la donna di cui si parla in questo prologo; la loro sarà una storia d’amore passionale, intesa e ricca di colpi di scena, ma anche di follie (perché è di questo che si parla).

Ci saranno pazzie, anticonformismi, spiritualità, droga e rock n’ roll. :D

La vicenda si svolgerà per le strade, durante un loro viaggio particolarissimo verso... un posto che scoprirete se andrete avanti a leggere! (Il sadismo di una fanwriter non ha limiti u.u)

 

Per dubbi, informazioni o per inutili chiacchiere, ecco il mio facebook: Eryca Efp

 

Fatevi sentire in tanti e datemi i vostri pareri, ragazzi :)

Vostra,
Eryca.

   
 
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