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Autore: micRobs    06/03/2013    7 recensioni
Nick/Jeff | Long Fic | AU, Fluff, Angst lieve, Lime | Romantico
"Rescue me è la storia di un salvataggio. È la storia di un viaggio inaspettato e di due vite che si intrecciano.
Rescue me è la storia di due storie ma, soprattutto, Rescue me è la storia di chi ha compreso che esistono molteplici modi per trarre in salvo qualcuno e che, spesso, la meta prefissata non è così lontana come sembrava alla partenza."
Dal capitolo 1: "Per essere giugno inoltrato, la temperatura non era esattamente delle più estive. L’aria di quella sera era fresca e frizzante e il cielo minacciava pioggia da un momento all’altro. Nick premette il piede sull’acceleratore, desideroso di mettere quante più miglia possibili tra se stesso e quella strada desolata. Era partito da circa sei ore e quel viaggio, già di per sé infinito, stava prendendo una piega ancora peggiore a causa di quella deviazione che lo aveva costretto ad abbandonare la sicurezza della statale in favore di quel tratto sterrato e ignoto. Il suo navigatore sembrava conoscere la direzione, però, quindi Nick si era ciecamente affidato a lui nella speranza che lo avesse condotto sano e salvo a Chicago."
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval | Coppie: Nick/Jeff
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pairing: Nick/Jeff
Genere: Sentimentale/Romantico/Commedia/Fluff/Angst accennato.
Avvertimenti: Slash, AU, Lime.
Rating: Arancione.
Capitoli: 1/10 (più o meno, la storia non è ancora conclusa, quindi non saprei)
Introduzione: Rescue me è la storia di un salvataggio. È la storia di un viaggio inaspettato e di due vite che si intrecciano.
Rescue me è la storia di due storie ma, soprattutto, Rescue me è la storia di chi ha compreso che esistono molteplici modi per trarre in salvo qualcuno e che, spesso, la meta prefissata non è così lontana come sembrava alla partenza.
Note d’autore: As usual, tante e alla fine.
Note di Betaggio: Un nome, una garanzia. Un milione di volte, grazie. Vals.
 

From my messes.

 
 
 
Per essere giugno inoltrato, la temperatura non era esattamente delle più estive. L’aria di quella sera era fresca e frizzante e il cielo minacciava pioggia da un momento all’altro. Nick premette il piede sull’acceleratore, desideroso di mettere quante più miglia possibili tra se stesso e quella strada desolata. Era partito da circa sei ore e quel viaggio, già di per sé infinito, stava prendendo una piega ancora peggiore a causa di quella deviazione che lo aveva costretto ad abbandonare la sicurezza della statale in favore di quel tratto sterrato e ignoto. Il suo navigatore sembrava conoscere la direzione, però, quindi Nick si era ciecamente affidato a lui nella speranza che lo avesse condotto sano e salvo a Chicago.

Con il senno di poi, non si era rivelata un’idea granché furba decidere di raggiungere Chicago in auto. Partendo da New York. Nick aveva considerato che, pur di non dare soddisfazioni a suo padre, avrebbe sopportato quelle dodici ore di auto e poi preso l’aereo da lì per raggiungere Los Angeles, la sua destinazione finale.

Sua madre la chiamava “ribellione adolescenziale”, sebbene Nick fosse ben oltre l’età adolescenziale. Era frustrante, però, avere ventiquattro anni ed essere costretti a sottostare alle decisioni dei propri genitori. Aveva perso il conto delle scelte che aveva fatto, influenzato dal volere di suo padre – non per l’ultima, l’università: Nick aveva sempre desiderato studiare economia e, segretamente, seguire le sue orme ma, quando suo padre gli aveva rivelato che era quello il futuro che aveva già pianificato per lui, prima ancora che lui decidesse di intraprendere quella strada, era stato tutto dolorosamente nauseante. Se non altro, aveva avuto libero arbitrio sulla scelta del luogo in cui studiare e non ci aveva messo molto a scegliere quello più lontano da casa: New York University, esattamente dalla parte opposta dello Stato.

Dalla scelta dell’Università, però, di tempo ne era passato parecchio e Nick si era convinto che suo padre avesse imparato a stare fuori da questioni non di sua competenza e deciso di lasciare a lui il controllo delle sue decisioni.

Quell’ultima nuova trovata, però, era stata parecchio di cattivo gusto; lui aveva provato a ribattere in ogni modo, per fare capire ai suoi genitori che non aveva la benché minima voglia di prestarsi anche a quello, ma suo padre era stato irremovibile e così lui si era ritrovato a fare i bagagli senza neanche avere il tempo di sistemare la sua vita, prima di abbracciare quella che i suoi genitori avevano in serbo per lui.

“È solo per quest’estate”gli avevano assicurato, ma lui sapeva che quando Patrick Duval si poneva un obiettivo non c’era niente che non fosse disposto a fare per raggiungerlo. Nick sapeva – e temeva – che alla fine avrebbe acconsentito anche a quell’ennesimo capriccio. Aveva lasciato l’appartamento che aveva in affitto – rassicurando la sua vicina che sarebbe tornato entro l’inizio di settembre e pregandola di ritirare la posta per lui, ma in realtà non ci credeva davvero e in cuor suo era profondamente dispiaciuto per quella bugia – e si era dimesso dal lavoro che aveva trovato dopo la laurea. Di nuovo, aveva permesso ai suoi di prendere le redini della sua vita e farne ciò che volevano.

Gettò uno sguardo al navigatore, spazientito dalla durata di quel tragitto che si stava rivelando più noioso che altro. Il panorama intorno a sé era monotono e banale: se non avesse saputo di star attraversando l’Ohio, avrebbe giurato di essere in Texas, per la quantità di giallo e arancione che coloravano il paesaggio circostante.

Canticchiò distrattamente il motivetto di una canzone che passava alla radio in quel momento e, senza rendersene conto, iniziò a tamburellare le dita sul volante come a voler scandire il tempo di quell’odissea. I nuvoloni neri che lo sovrastavano non promettevano nulla di buono e Nick considerò che avrebbe dovuto cercare una stazione di servizio in cui fermarsi perché, in caso di pioggia, sarebbe stato impossibile concentrarsi sulla guida.

Neanche a dirlo, che le prima gocce iniziarono a venir giù, pesanti e rumorose: in poco più di qualche minuto, il ragazzo fu costretto ad attivare i tergicristalli per riuscire a proseguire.

«Okay, papà» quasi imprecò, «stai mandando giù il cielo per punirmi, sì?»

Doveva essere quello, altrimenti non si spiegava la concomitanza di tutti quegli imprevisti. Suo padre aveva deciso di punirlo per avergli rimandato indietro il biglietto aereo che gli lui aveva gentilmente spedito – New York - Los Angeles, prima classe – e aver deciso invece di viaggiare secondo le modalità che riteneva più comode, anche se significava farsi dodici ore di macchina per raggiungere Chicago e prendere lì l’aereo: scomodo e oltremodo inutile, vero, ma almeno lo aveva stabilito lui.
Si sporse in avanti, strizzando gli occhi per mettere a fuoco più dettagli possibili del paesaggio ma, nel bel mezzo di una delle sue imprecazioni più colorite, la macchina sobbalzò e lui si ritrovò a sbattere contro il finestrino molto poco gentilmente. Un attimo dopo, il motore si spense, insieme alla voglia di vivere di Nick.

«No, no, no» piagnucolò, girando più volte la chiave nel quadro. «No, piccola, non abbandonarmi adesso, ti prego

Ma la macchina non ne voleva sapere di rimettersi in moto e Nick, gettato uno sguardo al temporale che imperversava, sospirò nel rendersi conto che l’unica cosa da fare era scendere e vedere quale fosse il problema. Sospirò, sbloccò l’apertura del cofano anteriore e si tirò su il cappuccio della giacca, dopodiché aprì lo sportello e affrontò la pioggia. Il tempo di raggiungere la parte anteriore dell’auto ed era già completamente zuppo. Non ne capiva granché di meccanica e motori, ma non vi era nulla che sembrasse fuori posto e l’assenza di fumo sospetto gli fece supporre che forse il problema non era lì. E davvero non aveva idea di cos’altro potesse essere. Mentre però ritornava all’interno dell’abitacolo, il suo sguardo – appannato a causa della pioggia – cadde su due dettagli di importanza vitale. Il primo, il sasso di dimensioni non esattamente modeste, che giaceva qualche metro dietro la sua auto, gli fece attorcigliare lo stomaco e temere il peggio; il secondo, la macchia scura che si allargava sotto le sue suole, lo fece piagnucolare di frustrazione e calciare violentemente una ruota. 

«Cazzo» si passò una mano tra i capelli che gli si erano incollati alla fronte e si guardò intorno, alla ricerca di un qualsiasi segno di vita. Maledetti sassi in mezzo alla strada e maledette le auto con l’assetto basso.

Okay, niente panico. Si trovava in mezzo al nulla, con la macchina in panne e il temporale estivo peggiore degli ultimi decenni: in un modo o nell’altro ne sarebbe venuto fuori.

Inveì contro il tempo, contro i suoi genitori, contro il suo desiderio di dimostrare che poteva cavarsela da solo e poi di nuovo contro suo padre. Tutto ciò, mentre spingeva l’auto verso il lato della strada e rimpiangeva il biglietto aereo che gli avrebbe risparmiato un numero notevole di quelle tragedie. Ovviamente, Nick non era l’Incredibile Hulk e, con i suoi sessanta chili di pelle e ossa, non riuscì a spostarla neanche di mezzo metro.

«Oh, ma andiamo!» Urlò contro il cielo. «Cosa altro deve ancora accadermi, uh?»

La risposta a quella domanda relativamente ironica, gli si presentò quando il suo cellulare lo informò che, in quella landa desolata, non c’era segnale.
Stava quasi per abbandonare le speranze e lasciarsi andare ad un lungo ringhio di frustrazione, quando una luce improvvisa alla sua destra lo fece sobbalzare. Strizzò gli occhi per mettere a fuoco e quasi baciò il suolo, nell’individuare il contorno sfuocato di un’auto. Forse non tutto era perduto.

Si piazzò in mezzo alla strada, agitando le braccia per attirare l’attenzione e, quando la macchina rallentò e gli si affiancò, tirò un sospiro di sollievo.
Attese che il nuovo venuto abbassasse il finestrino e poi si sporse appena, incontrando la figura di un ragazzo dai capelli biondi, i tratti gentili e l’espressione preoccupata.

«Problemi?» Esordì quello.

Nick annuì. «Sì, ho urtato un sasso e la coppa dell’olio è andata» spiegò con praticità. «Non ho idea di dove io mi trovi e il cellulare non ha campo.»

L’altro fece una smorfia e inarcò entrambe le sopracciglia, poi si guardò un attimo intorno e, infine, gettò uno sguardo alla cartina che giaceva abbandonata sul sedile del passeggero.

«Dovrebbe esserci una stazione di servizio a circa due miglia» lo informò, studiando la mappa che aveva preso tra le mani. «Magari hanno un carro attrezzi.»

Nick si passò una mano sulla fronte, guardando verso la strada quasi a voler capire quanti passi fossero due miglia. Miagolò frustato perché la risposta era solo una: tanti.

«Vuoi un passaggio?» Domandò il ragazzo. «Mi sembri piuttosto disperato.»

L’altro riportò lo sguardo su di lui e sbuffò. «Sono disperato perché sono lontano centinaia di chilometri da casa, devo arrivare alla benedetta Chicago e non ho idea di quanto ci vorrà con la macchina, né di cosa fare mentre questa non viene riparata.»

L’espressione dubbiosa del ragazzo, lo fece sospirare afflitto. «Scusa» riprese, un po’ più calmo rispetto a poco prima. «Non avrei do- è che… è andato tutto storto e questo viaggio è stato un susseguirsi di catastrofi che-»

«Posso darti un passaggio fino a Chicago, se vuoi» lo interruppe l’altro.

Nick lo fissò sconcertato. Di solito, non si stava alla larga dagli sconosciuti?

«Mi sembri animato dalle migliori intenzioni» diede voce ai suoi pensieri quello, «e ho uno spray al peperoncino sempre con me: saprei come difendermi» accompagnò quelle parole con un enorme sorriso sincero.

Lui non credeva nei miracoli o nelle botte di fortuna, ma qualcuno aveva messo quel ragazzo sulla sua strada e lui non aveva alcuna intenzione di rimanere lì – sotto la pioggia e in mezzo al nulla –quando finalmente qualcosa sembrava girare per il verso giusto.

«Mi faresti veramente una cortesia enorme» lo ringraziò, non riuscendo a trattenere un sorriso riconoscente.

Il ragazzo fece una smorfia e gli allungò una mano. «Io sono Jeff» si presentò. «E se posso aiutare, lo faccio volentieri.»

Nick la strinse, sebbene la sua fosse bagnata e scivolosa. «Io sono Nick e ti sarò eternamente debitore» assicurò.

«Perfetto» decise l’altro, animato da un entusiasmo genuino che Nick non aveva mai visto su nessuno. «Sistemiamo la tua auto e poi possiamo partire.»

Forse non tutto era perduto, forse sarebbe andato tutto bene. Forse, nella sfortuna, era stato fin troppo fortunato.
 
 




 


Ave atque vale (L’avevo detto che l’avrei fatto *coff*)

Dunque, ovvi deliri a parte, salve e bentrovati. Ormai ci avevo preso il vizio a infestarvi i mercoledì e quindi, considerato che oggi è non solo mercoledì ma anche 06/03, ho decido che era il giorno perfetto per iniziare a postare questa mia nuova cosina. Happy Niff Day to everyone <3

L’idea di scrivere una long dedicata solo a Nick e Jeff mi ronzava in testa da qualche tempo, ma non ho mai trovato un plot che mi soddisfacesse del tutto. Questo mi si è letteralmente materializzato davanti qualche mese fa e da allora è sempre stato un progetto satellite che ho tenuto da parte e su cui mi concentravo quando volevo rilassarmi o staccare la spina.

Per adesso ho pronto un altro capitolo e mezzo e sì, la cosa mi mette abbastanza ansia perché quando io inizio a postare qualcosa senza averla terminata, la suddetta cosa finisce nel dimenticatoio intorno al quarto aggiornamento, più o meno: giuro sull’Angelo *coff* che stavolta concluderò questa long. Non sparirò nel nulla, vedrete.

Un grazie immenso a Vals – che è sempre il mio meraviglioso tutto e senza la quale Rescue Me non sarebbe qui – e a Chiara – che ha letto questo capitolo in anteprima e mi è stata utilissima per definire alcuni dettagli di contorno. Siete speciali <3

Dovrei dire effettivamente qualcosa riguardo ciò che avete letto, quindi adesso cerco di mettere insieme due informazioni utili da fornirvi. Dunque, tanto per iniziare, Rescue Me sarà completamente Niff, nel senso che non ci saranno altre coppie che compariranno fisicamente nel durante. Volevo che i miei Niff avessero il loro spazio e sapevo che, se avessi inserito altri pairing in sottofondo, mi sarei allontanata da questa idea. Solo Niff, quindi, con qualche possibile accenno (cioè *solo nominati*) alla Thadastian che è comunque la mia ship.

Il rating per adesso è arancione e credo si manterrà tale: non si abbasserà di tonalità, questo è certo, ma potrebbe salire al rosso. Non lo so, dipende da come mi verrà da scrivere la scena che ho in mente.

Per essere il primo capitolo è breve, lo so, ma il prossimo è tre volte questo, quindi vi prometto che mi faccio perdonare adeguatamente. Non ho mai scritto così tanto su Nick e Jeff, ma ho deciso di approfittare di questa long per dipingere le loro personalità a mio piacimento – sempre nei limiti di quanto è previsto dagli *head canon* – e quindi spero che vi piacerà la caratterizzazione che ho deciso di dargli. Jeff compare poco qui, ma già dal prossimo si saprà molto di più su di lui.

A proposito del prossimo capitolo, poi: arriverà martedì e, da quel momento, ogni aggiornamento cadrà di martedì. Questo perché il mercoledì – per quanto mi faccia piacere infestarvi e tutto il resto – torno troppo tardi dall’università e rischio di postare o a notte fonda o di non avere neanche la forza per accendere il pc.

Altre notizie non credo ci siano; nel caso, comunicherò eventuali informazioni random sui social network su cui è più probabile trovarmi: FacebookTwitterAsk.fm

A martedì e grazie a chi è giunto fino a qui e a chi, eventualmente, si prenderà due minuti per farmi sapere cosa ne pensa,
 
Robs.

Tutti i *coff* erano per il mio parabatai che se li è meritati di diritto.
 
 
 
   
 
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