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Autore: Lelusc    07/03/2013    0 recensioni
Valery è una ragazza di quindici anni, quando un giorno ritornando a casa dal liceo troverà una scena orribile e crudele, prenderà una decisione per se stessa e per gli altri e scoprirà il mistero.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mia zia parcheggia come sempre davanti alla squallida struttura dal muro scrostato a cui servirebbe una mano di vernice. Quello, purtroppo, è lo studio dello psicologo. Non ci volevo andare, così quando mia zia comincia a camminare verso l’entrata, me la prendo comoda.

Come sempre intorno all’edificio è deserto e la cosa m’infastidisce come sempre, è come se tutti stessero alla larga da quel posto o meglio dalla gente che ci va. Entriamo e subito sento profumo di lavanda e incenso e subito mi viene la nausea, odio l’odore di questi bastoncini aromatizzati per l’ambiente che servono solo a far rilassare i pazienti.

“Ciao Silvì” mi saluta la segretaria. Una bella donna alta, dai capelli ricci biondo paglia e occhi azzurro cielo,credo sia americana doc, visto quanta confidenza si prende con le persone in un solo minuto, io non capisco cosa le ha fatto credere che potesse  rimbambirmi con le sue chiacchiere e domande ogni volta che ci vediamo,solo perché il primo giorno che venni a parlare con lo psicologo, le chiesi dov’era il bagno,non lo so, veramente, questo ancora mi sfugge.

“Come stai oggi Silvì, cara” alzo d’istinto un sopracciglio e mi siedo su una di quelle scomode sedie di plastica.

 “Silvì per quanto tempo intendi ignorarla, è scortese”mi rimprovera zia.

 “Per tutto il tempo che voglio zia, non sono costretta a risponderle”.

“ Sì, ma si fa lo stesso per educazione”

(me ne sbatto dell’educazione)penso irritata.

All’improvviso la porta della stanzina degli interrogatori, come la chiamo io, si apre e ne esce un ragazzo della mia età.

Ha il viso pallido e delle occhiaie profonde, si vede che non dorme da molti giorni, il che lo rende sicuramente isterico, andrà dal signor coccia pelata sicuramente per questo motivo, perché non dorme, forse per qualche mania o semplicemente perché ha paura del buio,possibile, molti hanno questa paura irrazionale.

“Oh, ciao Silvì, vieni”mi dice lo psicologo.

Mi alzo di malavoglia ed entro nello studio. Lì l’odore di lavanda, incenso e non so cos’altro è più forte e fastidioso, subito mi sdraio sul lettino, ormai ci ho fatto l’abitudine e prima li assecondo prima esco da lì dentro. Mister coccia pelata si siede su una sedia accanto a me con un taccuino che ha visto giorni migliori e una bella penna d’argento.

“Come va oggi Silvì?”

“Meravigliosamente, grazie”dico scocciata.

“Ne sono felice”.

 (I casi sono due, o ha un’infinita pazienza, oppure è un idiota)

“Bene Silvì cara, è passata una settimana, è di nuovo Venerdì, hai sentito ancora la voce dei tuoi genitori?”

Perché ogni santissimo venerdì mi fa sempre la stessa stramaledetta domanda.

 “No, dovrei andare nella vecchia casa per sentirle e non è l‘azione principale della mia vita, andarci”rispondo calma.  Lo avrei ripetuto ogni volta, fino a che non gli sarebbe entrato in quella testaccia dura, parola mia.

“Capisco, quindi ieri non sei andata in quella casa e quindi non li hai sentiti”.

“Esatto”

“Per caso fai ancora incubi dove c’è tua madre?”

 “sì, molto spesso e molte volte mi parla”

“E che ti dice?”

“Di diventare brava nella scuola che sto facendo e di scoprire chi è il suo assassino”.

 “Altro?”

 “No, però alla fine mi saluta con un bacio sulla fronte e va via”.

 “Capisco e fa e dice sempre questo tutte le volte che la sogni?”

 “No, un'altra volta prima mi ha chiesto come stavo, poi quando gli ho risposto che stavo bene, mi ha chiesto di scoprire chi è il suo
assassino, con espressione triste in volto”.

“E la terza volta?”

 “La terza volta mi ha chiesto di scovare il suo assassino, semplicemente, ma questo già lo sa, no?”

annuisce.

(E allora che cavolo, fammi andare a scuola)penso irritata.

 “Hai altri hobby nella tua lista, ora che fai un’altra scuola?”

“beh, oltre agli hobby che già ho, quello di leggere, disegnare e e cucinare, sì,quello d’allenarmi, mi piace molto”

 “Capisco e che leggi”

Non te l’ho già detto la prima volta che sono venuta? È una prova per vedere se sono cambiata? Immagino di sì, beh, ne rimarrà deluso.

 “Libri gialli e harmony”

Perché le piacciono le cose senza senso vero?”

“Esatto”

“e cosa intende per cose senza senzo? L’amore o i rapporti sessuali?”

“glie l’ho già detto, nessuno dei due, ma il fatto che negli harmony sono sempre tutti super belli e ricchi, non ci sono mai persone
normali e mi creda, leggere questi libri non mi influenza in nessun modo la mente, se è questo che la preoccupa”.

“Oh, no, non è questo e che gialli ti piace leggere?”

 Ancora, odio ripetermi. “Quelli di Arthur Conan Doyle e Agatha Christie, sa mi piacciono i personaggi principali”

 “Capisco e come mi ha già detto non ha mai provato a leggere libri di psicologia”

“Esatto, sa come la penso”dico giocherellando con il laccetto della tuta che indosso, senza neanche più guadarlo negli occhi, mi sono
stancata.

 “Sì, che non le piacciono e non li capisce e soprattutto non gli’interessano e quelli di filosofia ne ha un paio e ne capisce qualcosa,  giusto?”

“Sì, se sta facendo un riepilogo, è giusto”.

“Ha aggiunto qual’cos’altro nel menu di cosa le piace cucinare?”

 “no, sempre le solite cose”

 “capisco, quindi dei nuovi hobby, le piace solo allenarsi?”

“Hm, hm”dico solo, facendo un fiocco con il laccetto della tuta per poi disfarlo”

“è sicura che non le piace fare altro?”

“Sì, sicura, ma così finiremo di parlare domani sera e abbiamo solo un’ora”gli faccio notare.

 “Hai ragione, il tempo è scaduto, continueremo il prossimo venerdì allora, sa è bello voler fare molte cose”

“Lo penso anch’io”.

(Ehi, siamo d’accordo su qualcosa, che è successo?)

Guarda l’orologio al polso e poi mi sorride, sarebbe stato meglio non l’avesse fatto, inquietante, aggiungere sulla mia lista di difetti, denti gialli.

 “Va bene per oggi è tutto, ci vediamo Silvì”mi dice alzandosi dalla poltroncina che ora può fare un sospiro di sollievo, un giorno di
questi gli chiedo quanto pesa.

Appena lo psicologo apre la porta per lasciarmi uscire, mia zia si mette subito sull’attenti, però si è dimenticata manca il saluto.

 “Fatto signora, a venerdì”

 (purtroppo)penso.

“A venerdì dottore”

“Ciao Silvì” mi dice la segretaria e la ignoro un'altra volta, altrimenti la prossima volta potrebbe salutarmi con un bacio sulla guancia.
In macchina guardo fuori dal finestrino, in silenzio. Il parco intorno all’ufficio ha i cespugli tagliati all’inglese, aiuole di fiori colorati e qualche panchina di marmo e che noia!

 “Che cosa hai detto oggi al dottore?”

“Preferirei non parlarne zia”.

 “Come preferisci tesoro, ma perchè stasera a cena non mangiamo insieme? Ho sempre tanto lavoro da fare, ma oggi sono libera, che ne dici?”.

“Va bene, cosa si mangia?”

 “della pizza? Da Romeo?”

“Sì tanto sta sotto casa”

“perfetto, allora prenoto un tavolo”

“a che serve, se ci andiamo anche senza preavviso, c’e lo dà lo stesso, siamo amici”.

 “Sì, ma è sempre meglio avvisare” (accidente la zia si attacca all’educazione in una maniera impressionante, come una gomma americana sotto la scarpa, che rottura) pensai infastidita.

“Ora che vuoi fare, andare a scuola?”

 “sì, vorrei fare le poche ore che mi sono rimaste e credo che arriverò proprio per ora di cena a casa, giusto il tempo di una doccia veloce e di cambiarmi, tanto se facciamo un po’ tardi Romeo non ci sgriderà. Mi conosce”

Davanti al cancello della scuola, scendo dalla macchina e attendo che mia zia parta, poi entro.

 Di fuori la scuola sembra molto severa oltre che molto grande, invece dentro è molto più accogliente, ma vige un regolamento duro e inflessibile.

Lancio uno sguardo alla segreteria e m’incammino lungo il corridoio, fino a fermarmi davanti alla porta della palestra. Ho perso un'altra volta delle ore di lezione, devo sbrigarmi ed esercitarmi, così con lo zaino in spalla entro.

Subito Persy si gira verso di me, mentre tutti gli altri non si distraggono da quello che stanno facendo, ed è meglio così. Lo ignoro e mi dirigo verso gli spogliatoi e prendo dallo zaino tutto l’occorrente per cambiarmi. Avevo già deciso di lasciare lo zaino con il cambio in macchina, così che poi ogni venerdì potessi prenderlo e andare a scuola ad esercitarmi.

Mi cambio con una semplice maglietta bianca di una taglia più grande della mia, dei pantaloni neri della tuta e naturalmente le Nike. Questo è tutto ciò che mi serve.
Ritorno in palestra, mi metto per conto mio da una parte e inizio a fare stretching per poi esercitarmi al sacco, voglio evitare di accavallarmi qual cosa o che mi venisse un crampo e qual è il miglior modo se non quello.

Lo faccio per una trentina di minuti, poi mi avvicino al sacco.

 Prendo la rincorsa e con la gamba mollo un calcio. Si sente un bel colpo sulla plastica, poi comincio a prenderlo a pugni e a difendermi quando mi viene incontro e continuo a prenderlo a pugni e a calci concentrata solo sul sacco, facendo finta che sia un avversario, ma non uno normale, uno pericoloso.

“Silvì! Silvì!” Mi volto verso lo scocciatore.

 “Che vuoi Persival?”Chiesi scocciata.

 “Il sacco perde sabbia”

Lo guardo.

 “Ah, forse ho esagerato un pochino”

 “Però, eri così concentrata da non accorgerti che l’hai squarciato”.

 “Già, sono spiacente, informerò dopo il professore” dico fredda.

“Sì, va bene, comunque da come tiravi calci e pugni sembrava che c’e l’avessi a morte con qualcuno” gli lancio un occhiataccia, ma a
quanto pare il mio sguardo non gli fa effetto, come invece fa agli altri,infatti lui è l’unico della mia classe che mi parla e si ferma volentieri a parlare con me,non che m’interessi, naturalmente.

“Più o meno” gli rispondo,  poi di dirigo verso la cavallina,lasciandolo li a guardarmi mentre mi allontano, lui capisce al volo non non mi segue.

La cavallina cerco di non vederla come un nemico, per non farla diventare qualcosa di prossimo alla rottamazione e comincio a saltare prima da una parte, poi dall’altra, cento volte, non mi da fastidio e non mi stanco poi molto, anzi mi diverto, oltre a farmi i muscoli delle braccia.

Non è solo per dovere che mi esercito, certo all’inizio era soprattutto per il mistero che girava intorno alla mia famiglia, anzi era solo per quello, ma da quando sono entrata in questa scuola, ho scoperto che mi piace e che mi diverto, soprattutto con gli allenamenti fisici per quanto duri possano essere.

Dopo un po’ decido di tenere tutto il mio peso sulle braccia e portare le gambe al cielo, voglio vedere quanto tempo riesco a resistere con le braccia e con l’equilibrio e nel farlo chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi.
L’equilibrio ne ho sempre avuto molto, giocavo a stare in equilibrio anche da bambina e poi non avevo mai avuto problemi ad andare in bicicletta.

Rimango per un po’ in testa in giù a reggo con le braccia tutto il mio peso e intanto penso, quando sento che le braccai stanno per addormentarsi e dolermi, spalanco gli occhi, scendo e passo a un altro esercizio.

Imposto sul macchinario la velocità e aziono la macchina,mi chiudo dentro la zona appropriata e il macchinario comincia a sparare palline di gomma piuma. Quest’esercizio serve per i movimenti, per schivare in una zona ristretta proiettili e per velocizzare i movimenti.

Guardo ogni pallina come se fosse la faccia di un nemico e la schivo, poi comincio a schivarle sempre di più e cerco di non farmi colpire.

La prima volta mi colpiscono dieci palline, poi nove, poi cinque e arrivata a tre mi fermo. Sono sudata e ho la fronte imperlata di sudore, oltre alla maglietta che mi si è appiccicata addosso come una seconda pelle e una sete tremenda.

Prendo una pausa e vado al bagno a rinfrescarmi. Il bagno delle donne è piccolo, anche perché siamo sempre state poche e quelle che avevano voluto iscriversi, dopo nemmeno una settimana, erano già scappate e quelle che ancora resistono sono poche, infatti io sono l’unica donna nella mia classe e la cosa non mi disturba affatto.

Mi sciacquo il viso, mi asciugo al corpo, per quanto mi è possibile e mi faccio di nuovo la coda, un sorso d’acqua e ho fatto. Esco dal bagno e trovo Persival guardare il display del macchinario che avevo fatto pochi minuti prima.
 Quel ragazzo è sempre fra i piedi.

 “Allora, com’è?  Bello quel macchinario?” Gli chiedo prendendolo in giro.

 “Ma davvero sei riuscita a schivare sempre più palline con questa velocità?” Ok, o non ha capito il tono con cui ho fatto la domanda, o la domanda stessa, oppure l’ha del tutto ignorata.

“Sì, perché?”

“Perché è strabiliante, è molto difficile a questa velocità”

 “ma, più o meno,vuoi provare?”

“No, grazie, passo per adesso”.

 Quindi ci vuole provare più aventi, forse non è un sempliciotto dopo tutto.

“Senti voglio esercitarmi nelle arti marziali prima che finisca il tempo, ti va?” Mi sorride, forse ho sbagliato a chiederglielo, mi dico, visto il suo sorriso.

“Karate” faccio un inchino e mi metto in posizione base e gli mollo qualche calcio che para e qualche pugno,poi lui fa altrettanto, andiamo avanti così per un po’, poi per metterlo alla prova comincio con l’Akido e a quanto pare non ci casca e cambia tranquillamente arte marziale,poi cambia lui con il jujitsu e anch’io non mi lascio sorprendere.

“Ah, questo è jujitsu, qui il nostro bell’iceberg avrà dei problemi, lui è il migliore in questa disciplina” dice uno e purtroppo per ascoltarlo mi distraggo e Persival mi butta a terra.

“Appunto, che dicevo, non sei eccelsa in tutto a quanto pare” avrei voluto dirgli che mi ero distratta, ma sarebbe stata una patetica scusa, mi ero distratta, è vero, ma non avrei dovuto, è stato un mio errore e sarei sembrata patetica a dirlo.

 Continuo l’allenamento e in due secondi atterro Persy, trattenendolo a terra con il mio peso, mi volto verso il tizio con la lingua lunga e gli facci un sorriso ironico, poi mi alzo.

Il tizio tace e contrariato continua a fare l’esercizio che stava svolgendo.

“Sei stata brava a fargli vedere che si sbagliava, visto che hai sbagliato perché ti ha distratto lui con le sue chiacchiere”.

 “Sì, ma non avrei comunque dovuto distrarmi, è stato un mio errore”.

“ Sei troppo esigente con te stessa”lo guardo male.

 “No, è così che deve essere, altrimenti si muore, comunque grazie per l’allenamento, è ora di andare a casa” e proprio in quel
momento la campanella suona.

 “Già, vedo che anche tu in qualche modo hai lanciato un’occhiata all’orologio”

“mh”rispondo.

“Scusate ragazzi, un attimo d’attenzione, prima che andiate a lavarvi o a casa, devo parlarvi di  una cosa importante,ogni settimana, come ben sapete, è passato un capo di diversi centri di polizia, per vedere se c’e qualcuno all’altezza di andare da loro per l’imminente stage e per il futuro. Oggi è passato il capo della Stazione di polizia Atagora”.

 Non appena la professoressa dice quel nome si alza un fastidiosissimo chiacchiericcio.

“Silenzio! Ricordate le regole, non ho terminato di parlare” e tutti tacquero all’istante.

“Bene, stavo dicendo, è con immenso piacere che vi informo che hanno scelto due della vostra classe per andare da loro per lo stage e chissà forse anche per il futuro. Questi due sono, Persival Duetti e Silvì Perioski, questo è tutto, a domani ragazzi” dice e se ne va.

Sento molti lamentarsi per la scelta e mi dispiace, ma non hanno il diritto di criticare, quindi.

 “Fate silenzio, invece di lamentarvi o parlare male delle altre persone, perché non pensate a voi stessi e vi esercitate,invece di perdere tempo in questa maniera”e dicendo questo m’incammino lungo il corridoio che porta al bagno femminile centrale.

Forse sarebbe stato meglio non dire niente, così mi farò solo odiare, non che m’interessi avere amici, ma poi cominciano a non ragionare e a fare cose che potrebbero creare problemi, crearmi problemi e non è il caso, ma forse è troppo tardi.

“Silvì! Aspetta! Fermati!” Mi giro, sospirando, stanca, so chi è.

 “Che c’è?”

“Questi sono gli appunti della lezione di oggi, mi sono permesso di prenderteli”.

 Guardo i fogli che ha in mano e alzo un sopracciglio, perplessa.

Perché? Non riesco a capire perché si crea tutto questo disturbo per me, perché mi parla? Perché mi perseguita? Devo essere
chiara con lui.

Così lo guardo in faccia e per la prima volta mi manca il coraggio di fare quello che voglio e di dire quello che vorrei.

Mi guarda con uno sguardo dolce e amichevole, come nessun’altro, a parte il professor Weein, ha mai fatto da quando sono entrata in questa scuola, così gli strappo i fogli di mano e gli do le spalle.

 “Grazie”gli dico in tono duro, come sempre, è il mio tono, da allora.

“Prego, ci penserò io a prenderti gli appunti ogni venerdì”.

“Non serve”.

“Tranquilla, non mi pesa, ora devo andare immagino che tu rimarrai per fare delle lezioni in più con il professore, allora a domani”e
sento i suoi passi mentre si allontana.

Non lo capisco, neanche mi conosce e poi dovrei stargli sulle palle come a tutti, ma non è così. Contrariata dai pensieri che sto avendo e da lui, m’incammino verso il bagno.

Sotto il caldo getto della doccia penso al prossimo stage, a quella stazione di polizia che può essermi utile per scoprire chi è l’individuo che ha ucciso mia madre e perché l’ha fatto, ci deve pur essere un motivo, uno non va in giro ad ammazzare qualcuno così, sempre che non sia pazzo, ma non mi è parso, altrimenti l’avrebbe massacrata. Sicuramente la voleva, o volevano, solo toglierla di mezzo, ma perchè? Che cosa mai può aver fatto una semplice professoressa di liceo,a meno che non ci sia qualcosa che non so e che per ora non posso sapere,ma che mi aiuterebbe a scoprire tutto.

Allora meglio aspettare di andare in quella stazione di polizia, poi avrei scoperto tutto, me lo sento, ne sono sicurissima, per ora devo solo esercitarmi per diventare la migliore per non trovarmi in pericolo.

Dopo aver pensato a tutto questo, mi rilasso e finisco di lavarmi, poi vestita normalmente, visto che la tuta è incredibilmente bagnata, mi dirigo in sala professori per incontrare la mia maledizione e cominciare gli esercizi.

Come sempre trovo il professor Weein, Fabian Weein, seduto al tavolo di plastica bianca, con i piedi appoggiati sopra il tavolo, che fuma una sigaretta, mentre con l’altra mano regge un caffè.

Invece accanto ai suoi piedi, c’è un portacenere stracolmo di mozziconi, con accanto tre lattine di birra analcolica.
 Comunque, anche se sembra un tipo sciatto e insignificante, se non patetico, non è affatto così.

Anzi prima faceva parte dell’antimafia, poi ha scelto, per non so quale motivo, di lasciare il lavoro di poliziotto e addestrare i futuri agenti, ma stranamente da più rotture a me che agli altri. Dice che è perché gli piaccio, ho più resistenza e più carattere,ma secondo me vuole solo farmi irritare.

“Professore lei non cambia mai vero?”

 “ma ciao Silvì, ci hai messo troppo” dice bevendo un sorso di caffè,glaciale come sempre.

“Ci ho messo quanto serve per fare una doccia” .

“Sempre quel tono eh? Quando cambierai? Quando diventerai più dolce?”

 “Quando l’inferno ghiaccerà”

 “Vedo che hai le idee chiare eh? E quelli che sono?”

“Persival ha preso appunti per me”

 “Però, vedo che stiamo nella strada giusta per diventare più dolci, mi sarebbe stato più facile immaginarti mentre glieli prendevi di
mano e poi li stappavi davanti ai suoi occhi, caso mai dicendo anche una frase ad effetto che lo avrebbe allontanato da te per sempre,ma come al solito mi sorprendi sempre, sai credo che tu sia più gentile di quanto voglia far sembrare e credere”

“Ha finito? Sa, già ci vado dallo psicologo”dico posando violentemente i fogli sul tavolo e stringendo le mani a pugno. Certe volte non lo sopporto.

  “Su, su, non ti arrabbiare, la verità fa male”.

 Sicuramente qualcosa farà male a lui, fra poco, penso arrabbiata.

“Bene eccoci. Ora preparo i bersagli, intanto scegli la pistola che preferisci”. Sul tavolo ce ne sono due, sicuramente le aveva già preparate in precedenza.

 Una 44 Magnum e una beretta 92 FS ,l’arma della polizia. Prendo la beretta e mi preparo. Appena entrata nella scuola, già mi
avevano messo in mano una pistola per esercitarmi e subito mi ero sorpresa di quanto pesasse, senza naturalmente darlo a vedere e ora, dopo solo qualche mese, la sento come se fosse una parte del mio corpo, non mi pesa più,peso felice.

“Pronta! L’ho messi, vai!”

 Rimango immobile a fissare il bersaglio a forma d’uomo davanti a me e lo immagino come qualcosa da abbattere assolutamente e sparo.

La precisione fu impressionante un perfetto foro in fronte.

“Però, sei migliorata,continua così ,mi piaci,ancora!”

E continuo a sparare, faccio diventare il foglio di carta un colabrodo e poi tutti quelli dopo.

“Va bene, ora vai pure a casa, è tardi, sono le sette, no, forse le otto”.

 “Va bene, allora a domani. Prendo la borsa, i fogli che mi servono tanto e corro via. Raggiungo in due minuti la fermata dell’autobus e attendo.

 Dopo alcuni minuti, l’autobus non è ancora passato e mi sto innervosendo, la pazienza non è mai stata una mia virtù, sempre che non debba averla per forza.

Dopo altri minuti comincio a sbattere il piede a terra per la frustrazione e l’impazienza, fino a che una macchia mi si ferma davanti e mi suona. Sono furibonda e pronta a rispondere a tono allo scocciatore e per quanto può importarmi, anche volgarmente, ma mi trattengo e lancio solo un’occhiata truce a chi guida la macchina e vedo il professor Fabian che mi guarda confuso.

 “Ma come? Sei ancora qui?”

“già, non si vede?”

“e mi sembri anche molto felice”dice ironico.

 “già che allegria eh?”Rispondo irritata.

“Dai salta su, ti accompagno a casa”

 “le devo un favore”dico prontamente e salgo al suo fianco.

“Se non sbaglio abiti verso…”

 “non importa, devo andare in una pizzeria vicino casa mia, ho un tavolo prenotato e un appuntamento con mia zia,può portarmi lì?”

 “Certo, che via è?”

“Via dei quattro ciliegi”

 “ma la conosco, la pizzeria è, Da Romeo le migliori pizze del Colosseo, vero?”

“sì, il proprietario, Romeo è un amico di mia zia e anche mio, soprattutto mio”

 “ah ah,sento odore di vecchia relazione”

 “già, stavamo insieme prima, ma questo non le deve uscire dalla bocca nella maniera più assoluta”.

“Certo, altrimenti il povero Persy ci rimarrebbe male”

“Persival?”

 “Sì, il tuo caro amico Persival”

 “ma per favore”

“ma allora sei davvero tarda o meglio ottusa”

“grazie per i complimenti”

 “ma dai, si vede lontano un miglio che gli interessi e forse è anche innamorato di te”

“Ohi! Frena”.

“Perché, è verde”

“no la strada, nel senso, non insinuare queste cose, non ci credo proprio, forse gli interesso per il via del mio carattere, l’attiro,ma da qui a innamorarsi di me ce ne vuole ”

 “ma, se ne sei convinta tu”

 
“Arrivati”

 “grazie del passaggio”

 “prego, miss Iceberg, sulle nuvole”

“a domani” dissi scocciata chiudendo un po’ troppo forte la portiera, poi entro in pizzeria e vedo Romeo. Fare su e giù, con una pizza
in mano, poi con dei soldi e poi lo strofinaccio e ancora l’impasto, ma fa tutto lui?

“Romeo, sei da solo, sono tutti malati forse?”

“Oh ciao, sei in ritardo”

 “sì, come se te ne accorgessi davvero”

 “che vuoi dire?” “

Niente, zia?”

“Non lo so, starà al tavolo, è il quinto, quello vicino alla lanterna”.

 “Sì, ho capito qual è” dico andando a sedermi, peccato che al tavolo non c’e, così mi siedo e attendo, intanto dall’unico cameriere
che vedo, mi faccio portare una birra per ammazzare il tempo.

Alla fine, mi sono fatta fuori una birra intera, quando sento suonare il cellulare.

 “Pronto, zia finalmente, dove sei?”

 “Mi dispiace cara, sto al lavoro, mi hanno incastrato e non posso venire a cena”.

“Capisco zia, non ti preoccupare, ci vediamo domani mattina, forse”penso e attacco, infilo il cellulare nella tasca dei Jeans e chiamo
nuovamente il cameriere, cha arriva all’istante.

“Vorrei una pizza al salame piccante, un'altra birra e degli antipasti misti, fritti e un dolce finale, quello che preferisce, non ho problemi
per i dolci” e attendo un altro po’,guardandomi intorno.

 Le strade sono trafficate anche all’ora di cena, se si può chiamare ora di cena le nove. Vedo la gente, le luci, i negozi e mi faccio due scatole.

“La sua ordinazione” però che razzo penso e comincio a mangiare di gusto, è incredibile come capisco di avere una fame terribile.

 Due minuti e la pizza è già finita, come gli antipasti, ed è già andata mezza bottiglia di birra, ne rimaneva l’altra metà e il dolce e lo spazio lo avrei trovato.

Gusto per bene dolce, finisco la birra finita e chiamo il cameriere per pagare, poi mi alzo barcollando.

 Possibile che riesco a tenere solo una bottiglia di birra? Deprimente e a passo malfermo, ma per fortuna non troppo da rimanerci imbarazzata e con la mia solita faccia impassibile, mi dirigo verso il portone, esattamente accanto alla pizzeria.

 L’ho detto che abito proprio accanto a loro, non scherzavo affatto, io non scherzo mai.

A casa chiudo la porta alle mie spalle e salgo le scale con fatica. Sono accaldata e mi sento leggera, un po’ brilla. Arrivo nella mia semplice camera, in qualche modo attivo la sveglia e mi cambio con la mia camicia pesante e senza pensare a dove metto i vestiti m’infilo a letto e crollo.

 
  
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