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Autore: RLandH    07/03/2013    2 recensioni
E lei non temé questo, il suo destino non le era d’angoscia, quasi pensava alla morte come una pace. Ricordava la folle Cassandra, trascinata via di forza dille che nel sonno eterno avrebbero trovato la pace. Sapeva che era così, non aveva mai creduto alle parole di sua sorella, ma quella aveva sempre avuto ragione.
Un po' di Polissena/Troilo & Polissena/Achille ed un Neottolemo alquanto furioso.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Be, odio Polissena, ma ammettiamolo non potevo non scriverci.

Spero possiate gradire e farmi sapere cosa ne pensate (particolarmente se è un disastro)

Buon Lettura

RL&H

 

 

 

Non storno il pianto alla vita mia,
che più che sozzura e rovina non è:
ventura migliore la morte, per me

(Polissena, rivolta alla madre. Euripide, Ecuba, versi 213-215)

 

 

 

 

 

 

 

Ekthyo (*)

 

 

 

 

 

 

 

Non dimenticò mai la presa ferrea dell’argivo, ne le mani sfuggenti di sua madre.

Figlia mia! No! Figlia mia no!” piangeva la regina di Ilio.

Una città che era stata grandiosa e che ora non era altro che cenere ed ossa.

Il lamento di sua madre era eco nelle sue orecchie, la vedeva lontana graffiarsi il viso dal dolore, Ecuba aveva perso in quella sanguinosa decade la maggior parte dei suoi figli in modo cruento.

Per uno di essi che Polissena si dirigeva nelle terre dell’orco.

Ma una rovinosa morte, sarebbe stata più gratificante della vita di una schiava.

 

Pensò a Troilo la giovinetta e alla loro fanciullezza, mai realmente pura e candida, erano cresciuti assieme, ancora troppo infanti per ricordare qualunque’altra cosa se non la guerra, l’avevano sempre vista dalle alte mura della città.

Ma ancora ingenui, spontanei e incantanti. Cassandra, l’invasata, diceva sempre che era animata dal candore di una bimba, che la maturità non le apparteneva e che probabilmente non avrebbe mai sfiorato la sua fresca mente di giovane.

Dolce e spregiudicata infanzia, quanto Polissenna la rimpiangeva.

Ma l’innocenza era decaduta assieme al suo amato fratello.

Il Pelide, mai la sua mente l’avrebbe dimenticato quell’atroce spettacolo, l’aveva sgozzato lì nell’altare del dio Apollo. Mai i suoi occhi avevano veduto qualcosa di così feroce . Achille pie veloce non era un uomo era una belva sotto le spoglie mortali.

Un semidio era stato detto, ma dovevano averle mentito, Troilo era il figlio del sole e come tale splendeva della sua stessa luce divina e calorosa, sotto le mura di Troia lo chiamavano Belva della Guerra, ma non lo era, non aveva neanche vent’anni e nessuno al mondo era stato più genuino di lui.

Oh dolce fratello, lì dove il sole non arriva, sotto il dominio di Ade illacrimato, si sarebbero ritrovati.

 

Neottolemo se la tolse dalle spalle e posò le sue esili gambe sulla terra arida, dinanzi una tomba, che tanto la face impallidire. “Illiaca, tu sai chi giace in questo tumolo?” domandò lui, occhi incandescenti dalla rabbia, una giovanile furia che non trovava pace, tanto da divorarlo dentro.

Si” bisbigliò, la voce era stata esile, fuggite alle sue piccole labbra di perle.

Sapeva chi riposava lì, sapeva anche di averlo ucciso lei.

Il Pelide Achille si era invaghito di lei, quando l’aveva vista fuggire in lacrime e pavida come una colomba del tempio di Apollo, impotente in tutta la sua femminile incapacità, senza poter salvare l’amato fratello dalla morte o almeno poter mantenere onore al suo corpo inerte. Neanche quello. Nulla le era stato possibile.

 

Ma Paride, incosciente e stupido, animato dallo stesso furore di vendetta che in quel momento ardeva negli occhi di Neottolemo dalla fulva chioma, che tanto assomiglia a suo padre, nella stessa furente e bestiale espressione. Suo fratello, il disgraziato, di Alessandro le propose il piano, avrebbero organizzato un incontro perché il Pie Veloce si unisse a lei in nozze, ma su quello stesso talamo con la stessa segretezza del rito nuziale, un esecuzione sarebbe avvenuta.

Rancorosa ed arrabbiata, una Polissena non più bambina aveva scelto di immolarsi per Troia.

E così era stato.

Aveva incontrato l’odiato amante nel tempio  e stretto forte al suo petto l’aveva sentito spirare. Un avvelenata freccia nel tallone,  l’unico punto debole del più forte dei guerriere che stupidamente aveva confidato a lei, la donna che pensava avrebbe passato con lui il resto della sua vita.

Ed anche se per la durata di quella di una farfalla il Pelide aveva speso la vita tra le braccia della sua amata.

 

L’argivo serrò la sua mano sull’esile collo, “Tanto mio padre ti ha desiderata, principessa” aveva detto, la sua voce era tagliente, ma nulla riusciva a controllare il suo furore. L’aria le venne a mancare, così come la terra sotto i piedi.

Il sole che cominciava ed essere inghiottito in un offuscata oscurità, penso di morire così. Ma Neottolemo lasciò la presa, facendola ruzzolare sulla terra arida, sopra l’ossario del figlio di Teti. Si chinò al suo fianco,  estraendo dalla cintola una lama lucente.

Polissena vide in quel metallo la sua morte. Un sorriso verticale ed accattivante. “Se ti ha tanto voluta, l’onorerò donandoti a lui” enunciò l’argivo, un sorriso sardonico sulle sue labbra.

E lei non temé questo, il suo destino non le era d’angoscia, quasi pensava alla morte come una pace. Ricordava la folle Cassandra, trascinata via di forza dille che nel sonno eterno avrebbero trovato la pace. Sapeva che era così, non aveva mai creduto alle parole di sua sorella, ma quella aveva sempre avuto ragione.

E sia” pronunciò solenne.

La lama scese su di lei.

E poi fu la pace.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*(fare un sacrificio espiatorio)

 

 

 

   
 
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