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Autore: kannuki    09/03/2013    3 recensioni
Ogni cura ha la sua controindicazione.
“Lo resusciti per litigarci meglio? Voi donne siete geniali.”
“Tu mi aiuti a fare questa cosa ed io ti faccio tornare vampiro."
Klaus socchiuse le palpebre e il viso si compose in uno di quei sorrisetti irritanti e accondiscendi che Bonnie detestava tanto. “Mi piacciono le streghe mercenarie. Hanno sempre un prezzo che non puoi permetterti.”
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bonnie, Bennett, Caroline, Forbes, Elena, Gilbert
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Uno, due, tre... quattro... cinque... sei... sette... set-te... se... sette...

Caroline si immobilizzò sulla vittima. Il suo corpo esile ebbe un rapido scattino e la vista si ottenebrò di colpo. Inghiottì più aria che poté e d'istinto puntò le mani contro il torace, abbassando leggermente la testa. Quando finì, sospirò tirando indietro una ciocca di capelli. Le ginocchia, nude sul terreno brullo del bosco, mostrarono piccole lacerazioni che si chiusero appena Caroline si rialzò dal corpo della vittima. La testa ondeggiò, la vampira chiuse gli occhi e si sforzò di ritrovare l'equilibrio. Tirò giù il vestito e indietreggiò di un passo.

Almeno slegami...”

Poteva farlo. O poteva lasciarlo legato alla base dell'albero con i jeans calati poco oltre le natiche. Caroline lo guardò - non in viso, mai in viso – girò attorno al tronco e strappò via la corda che lo immobilizzava.

Le braccia di Klaus ricaddero formicolando ai lati della testa. Era la seconda volta che succedeva. La seconda volta che Caroline lo 'usava' a quel modo e lo lasciava agonizzante in una pozza di desiderio. Klaus si mise a sedere, tirando i jeans verso l'alto. La notte era fredda e umida e gli ghiacciava il ventre dolorante per l'eccitazione inespressa. Non essere più un vampiro aveva i suoi svantaggi, ora. Katherine gli aveva cacciato di forza la cura in gola.

Prima di morire.

E sì, ci aveva messo un po' a fare effetto.

Klaus si inginocchiò sul terreno, premendo su se stesso per calmare le fitte lancinanti che risalivano lo stomaco e correvano giù nelle gambe. Non era facile, il suo corpo non rispondeva più come prima. Di fronte alla novità, reagiva come quello di un adolescente che si risveglia bagnato dopo una polluzione notturna.

Non che gli fosse mai successo, se ci ripensava a mente fredda.

Klaus si rialzò lentamente quando credette di aver raggiunto un buon grado di controllo. Il cuore sembrava sempre volergli uscire dal petto e un'ansia sorda gli stringeva la gola. Risistemò i vestiti e inghiottì. La corda giaceva alla base dell'albero. Caroline si preoccupava sempre di immobilizzarlo in modo che non potesse toccarla. Si assicurava che non potesse muovere liberamente il bacino. Prendeva quel che voleva, incurante dei suoi bisogni e appena finito scompariva all'orizzonte. Non diceva una parola, non lo guardava mai negli occhi, si preoccupava solo di se stessa. Che era più o meno quello che aveva fatto lui, fino ad una settimana prima. Il pugno di Damon lo sentiva ancora nello stomaco. Non era sembrato vero, al vecchio Salvatore, di giocare ad armi pari. Un paio di ematomi non volevano andarsene e i segni di unghie, sotto l'ombelico, gli ricordavano la prima volta che Caroline l'aveva braccato e immobilizzato. Le tremavano le mani mentre gli slacciava la cintura. L'aveva graffiato. Aveva chiesto scusa. Per il graffio, non per altro.

Klaus si ritrovò di fronte la propria abitazione. Infilò le chiavi nella toppa e aprì la porta. Il salotto era vuoto, un'unica luce accesa in un angolo della stanza a rischiarare l'oscurità della notte che penetrava dalla finestra chiusa.

Bekah?”

Klaus si mise in ascolto ma non sentì alcun rumore provenire dalle stanze al piano superiore. Girò attorno al divano e vi si buttò sopra, fissando il soffitto e poi il caminetto spento. L'eccitazione, soppressa a fatica, perdurava, lo torturava ma non fece nulla per porre fine al supplizio. Chiuse gli occhi e lanciò a terra un cuscino che lo infastidiva. Poi lo riprese e lo strinse contro lo stomaco, girando su un fianco.

Ma era sempre stato così difficile?

***

Caroline uscì dalla doccia e si asciugò i capelli, ricordando di tamponarli, invece di strofinarli.

Caroline teneva molto al suo aspetto. Fin da quando aveva avuto memoria, aveva chiesto il meglio a se stessa e anche quando Liz la incitava a 'prendersi una pausa', Caroline andava dritta per la sua strada come un soldato in battaglia. Forse esagerava e, da una settimana a quella parte, poteva dire con certezza che stava camminando su una china pericolosa. Ma il passo era saldo e le braccia ben allargate per mantenere l'equilibrio.

Ora era lei, la più forte.

Caroline aveva rifiutato di prendere la cura. Non si poteva dire che la tenessero a distanza, ma di certo non capivano la sua scelta. Elena e Bonnie erano trasecolate, Damon se n'era infischiato e Stefan aveva assicurato che ci sarebbe stata sempre una dose per lei, in caso avesse cambiato idea.

Caroline non avrebbe cambiato idea.

Solo una persona fra tutte aveva capito.

L'unico che non poteva avere, ma poteva prendere tutte le volte che voleva. Ora poteva farlo, era lei la più forte. Ora non ne aveva più paura, ma si assicurava che non arrivasse a sfiorarla.

Caroline si morse il labbro inferiore. Tecnicamente, era uno stupro. La Reginetta di Mystic Falls, la direttrice delle feste, la queen bee del liceo in piena sessione finale di studi, si dilettava a stuprare uomini nel bosco per smaltire la tensione.

Uomini!, sbuffò. Un uomo. Sempre lo stesso. Tyler stava tornando a casa e presto tutto quello sarebbe cessato. Avrebbero ripreso le loro vite e Caroline l'avrebbe rivisto vagare per le vie di Mystic Falls con lo sguardo perso e la frustrazione che gli faceva stringere i pugni, le nocche sanguinanti sotto la benda elastica. Era stata quel medicamento a farla scattare. La dimostrazione che Klaus Mickealson era umano a tutti gli effetti. La certezza di non correre alcun pericolo.

***

Rebekah era rincasata facendo un gran fracasso, stordita dall'alcool che ora saliva alla testa ben più velocemente di prima. Si era unita ai silenziosi festeggiamenti dei Salvatore, persi come lei dalla novità, e poi si era costretta a camminare in linea retta per tornare a casa. Era stato un vero spasso, comportarsi come una ragazza normale. Damon le aveva fatto notare che il suo bel visino non sarebbe rimasto inalterato nel tempo, presto avrebbe avuto i capelli bianchi e le rughe, e Rebekah aveva sentito il cuore esploderle nel petto e d'istinto l'aveva abbracciato. Lei aveva abbracciato quel verme di Damon Salvatore che si era approfittato della sua ingenuità e del suo bisogno di amore.

Potevano seppellirla l'ascia di guerra, ora?

Rebekah aveva annuito, lasciandolo con una cameratesca pacca sulla spalla. Aveva pagato la sua parte, baciato Stefan su una guancia – ehi, si facevano grandi concessioni, quella sera! - e aveva ciondolato sulla via di ritorno guardandosi attorno. Il cielo era terso e pieno di stelle. Rebekah si era sentita piccola piccola e aveva sorriso, girando su se stessa come una trottola.

Che sbaglio!

L'alcool era salito tutto insieme, annebbiandola. Rientrando, era inciampata nel mobiletto – gli aveva fatto notare più di una volta che era una sciocchezza metterlo lì, ma Nik non aveva voluto ascoltarla - aveva battuto il ginocchio soffocando un gridolino, era saltellata fino al divano e l'aveva trovato occupato.

Perché dormiva lì quando aveva un comodo letto quasi king size nella sua stanza? Rebekah scivolò lo sguardo lungo il polso, fino alla fasciatura. Per la rabbia di essere stato giocato da Kat, aveva tirato un pugno al muro e si era quasi rotto le ossa.

Becky...”

Il tuo fottuto mobiletto domani lo brucio” lo avvertì massaggiando il ginocchio e sedendo sul bracciolo del divano per sfilare gli stivali. Rebekah gli lanciò un'occhiata quando si alzò facendole spazio e stropicciando gli occhi.

Fa pure...”

Che hai?”

Niente...”

Non è niente.”

Klaus scosse la testa, posando i gomiti sulle ginocchia. “Dove sei stata?”

A festeggiare.”

Klaus annuì e si mosse in avanti per accendere il camino. “Elijah vuole prendere la cura.”

Ne abbiamo ancora?”

L'ex vampiro scosse la testa, tormentando i ciocchi di legno con le molle. “E' nelle mani dei tuoi amici... chiedi a loro.”

Che brutto tono! Rebekah si umettò le labbra, preoccupata. “Nik, che succede?”

Se gliel'avesse detto, ci avrebbe creduto? Ma poteva dire una cosa del genere a sua sorella? E da quando parlava di se?

La ragazza calpestò il tappeto a piedi nudi e si inginocchiò alle sue spalle. Il fuoco prese forma nel camino, illuminando il viso assente di Klaus.

Lo sai che puoi appoggiarti a me, se hai un problema.”

Non ho alcun...”

La voce del ragazzo si esaurì e un brutto sospiro esalò dalla gola contratta. Rebekah se lo ritrovò addosso di colpo, perse un po' l'equilibrio e, attonita, gli strinse le braccia attorno alle spalle, sfiorandogli i capelli. Poteva sentire i loro cuori battere ritmi diversi, ma entrambi erano accelerati e...

Lasciami!”

Rebekah ricadde a sedere, quando Klaus la spinse via. Era abituata ai suoi scoppi d'ira improvvisi ma quello era diverso dagli altri. Conteneva tutta la sua disperazione.

Non commiserarmi!” esclamò con voce contorta, strofinando la benda elastica su una guancia bagnata di lacrime.

Rebekah lo guardò allontanarsi e, quando si punse le mani con le crine del tappeto, si accorse del terriccio e delle foglie secche sul divano. Era stato di nuovo nella cripta?



  
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