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Autore: Rosheen    09/03/2013    4 recensioni
Non c'è spazio per la pietà quando sei un Ragno. Ma se stai per diventarlo, tutto cambia.
Hai ancora la possibilità di tornare indietro, di voltare le spalle a un mondo che ti condurrà su una strada dalla quale non potrai più fare ritorno.
E forse saranno proprio un paio di occhi scarlatti a farti cambiare idea.
Sempre che tu lo voglia.
Lo vuoi?
***
Questa storia funge da prequel per "La tela del Ragno".
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kurapika, Kuroro Lucifer, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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IL RAGNO E IL KURUTA

 
 
 
 
 
«Fallo» mi ordina Kuroro con voce atona.
Eseguo l’ordine senza fiatare. Mi posiziono di fronte alla ragazza che piange in ginocchio, il viso nascosto fra le mani, e affondo la lama nel suo stomaco. Quella emette un rantolo soffocato e si accascia a terra, morta, gli occhi cremisi completamente sbarrati da un’ombra di dolore.
Rimango in piedi di fronte al corpo della giovane reggendo la lama sporca di sangue finché non sento Kuroro avvicinarsi. Mi posa le mani sulle spalle e mi sussurra all’orecchio: «Sei stata brava, sorellina. Questa qui era l’ultima, la numero cento.»
«Vuoi dire che non ne è rimasto nessuno in vita?» domando speranzosa.
Kuroro ride. «No, Vex. Hai ucciso già ucciso tutti quelli che ti spettavano.»
Mi volto per osservare meglio mio fratello. «Non è giusto, agli altri non hai posto limiti di questo tipo. Perché a me ne sono toccati solo cento mentre loro ne hanno potuto uccidere quanti volevano?»
«Non è tanto il numero di persone uccise ad essere importante, ma il modo in cui lo fai; e tu lo hai fatto in modo eccellente, attenendoti agli ordini. Sono fiero di te, sorellina» risponde lui.
Ci guardiamo negli occhi, due paia di pozzi neri che trasudano gli uni brama di sangue, gli altri di potere, ma che alla vista degli altri sembreranno sempre freddi e vuoti.
Ad un suo cenno cominciamo a incamminarci verso il centro del villaggio. Tutt’intorno a noi divampavano le fiamme calde, soffocanti, un fuoco ruggente che lambisce le case in legno; il terreno è cosparso di sangue e di cadaveri, tutti dagli occhi di un rosso brillante.
È per quello che abbiamo attaccato il villaggio: la tribù degli occhi scarlatti questa notte ha trovato la morte per mano della Brigata dell’Illusione, e tutto per la cospicua somma che ricaveremo vendendo quelle rare meraviglie cremisi. È strano pensare a come quella tribù di formidabili guerrieri sia perita così facilmente per mano di sole tredici persone. Questo dimostra quanto la Brigata sia micidiale, un nemico che non va sottovalutato.
Quando arriviamo al centro del villaggio, notiamo che gli altri membri della Brigata sono già arrivati. Ci disponiamo in un ampio cerchio con Kuroro al centro, in attesa di prendere parola. «Siete stati bravi, tutti quanti. Gli occhi scarlatti dei Kuruta ci frutteranno molti soldi.»
«Al diavolo i soldi, è stato divertente uccidere tutti quei codardi. Ma avete sentito quell’uomo che mi implorava? “Non uccidermi, ti prego! Ho una moglie e un figlio.” Ah! Come se potesse invogliarmi a lasciarlo andare: gli ho spaccato il cranio a mani nude!» interviene euforico Ubo, i grossi muscoli risaltati dalle lingue di fuoco che danzano alle sue spalle.
«Sì, Ubo, lo sappiamo. Lo avrai ripetuto almeno dieci volte» gli fa notare tranquillamente Shalnark.
«Ma la piccola Vex non lo sapeva ancora. A proposito, dove sei stata? Ti sei persa tutto il divertimento» mi domanda lui.
Undici paia di occhi si posano su di me, ma prima che possa aprire bocca, Kuroro risponde al posto mio: «Vex aveva un compito da svolgere, e io l’ho accompagnata. Anzi, sono lieto di annunciare che a partire da questa notte mia sorella è entrata a fare parte ufficialmente della Brigata dell’Illusione. Ora lei è una di noi.»
Come mi ero immaginata, i Ragni si complimentano pacatamente, alcuni senza nemmeno esprimere gioia o disappunto che sia; tutti tranne Ubo, che si lascia andare a un ruggito di esultanza. Rispondo con un semplice cenno del capo, senza lasciare trapelare alcuna emozione, come mi ha insegnato il fratello: “Mai mostrare i tuoi sentimenti. Sono la tua debolezza.” Questo mi aveva sempre detto e ripetuto.
Kuroro alza le mani davanti al viso per richiamare l’attenzione su di sé. «In quanto capo della Brigata, è mio compito marchiarti con il nostro simbolo. Vex, vieni avanti.»
Avanzo e vado a posizionarmi di spalle davanti a mio fratello. Kuroro mi fa segno di lasciare scoperta la schiena, così mi levo felpa e canottiera, rimanendo vestita dei soli pantaloni e liberando il mio corpo magro e spigoloso da bambina.
Mi poggia una mano sulla schiena. «Vexilia Lucifer, questa notte hai ucciso da sola cento membri della tribù dei Kuruta. Hai dimostrato il carattere e la forza che si addicono a un Ragno, pertanto io ti nomino, davanti a questi undici testimoni, membro ufficiale della Brigata dell’Illusione.»
Il punto dove la gelida mano di Kuroro incontra la mia schiena inizia a sfrigolare, e dopo pochi secondi sento la pelle andarmi in fiamme. Il dolore è agghiacciante, come se mi stessero scorticando con una lama incandescente, ma non un lamento sfugge dalle mie labbra, non una lacrima mi appanna la vista, e sul viso mantengo un’espressione rilassata e, sì, compiaciuta.
Perché ce l'ho fatta. Finalmente, dopo anni e anni di preparazione, sono diventata a tutti gli effetti un membro della Brigata, e lo dimostra il tatuaggio di un grosso ragno nero con il numero 13 disegnato sul dorso che mi ricopre metà schiena.
Ed è tutto ciò che ho sempre desiderato.
Kuroro avvicina le labbra al mio orecchio e sussurra: «Benvenuta fra noi, sorellina.»
Ragno a soli undici anni: un record. Sarei potuta diventarlo anche molto prima, a mio parere, ma Kuroro aveva preferito allenarmi personalmente finché non mi aveva ritenuta pronta. Sono felice che questo momento sia finalmente giunto.
«E ora è tempo di andarcene. Voi tutti, raccogliete gli occhi da quei cadaveri.»
Ci sparpagliamo per il villaggio, ognuno in direzioni diverse. Io me ne vado verso un punto in cui il fuoco ha smesso di divampare, dove il fumo e il calore aleggiano come nebbia, risalendo in grigie spirali verso il cielo punteggiato di stelle. Fa talmente caldo che posso addirittura permettermi di andare in giro svestita. Le case sono completamente bruciate, e ormai sono poche quelle a non essere crollate del tutto. Il puzzo di morte e di carne bruciata satura l’aria, rendendola quasi irrespirabile.
Sto armeggiando con il cadavere di una bambina che deve avere solo un paio di anni in meno di me quando sento un debole rumore provenire alla mia destra, da dentro una casa crollata per metà. Potrebbe trattarsi semplicemente di una tavola di legno che ha ceduto ed è caduta, ma c’è solo un modo per esserne sicuri. Espando l'En per un raggio di almeno dieci metri e mi concentro. È proprio come avevo immaginato: c’è qualcuno ancora vivo in quella casa.
Lentamente, senza fare alcun rumore, mi avvicino alla fonte del rumore. Fra le travi di legno annerite trovo ciò che sto cercando: un ragazzino che deve avere circa la mia età piange silenziosamente, aggrappato al corpo di una donna. Il biondo mi guarda con i suoi grandi occhi azzurri: rimaniamo fermi a lungo, intenti a studiarci a indovinare l'uno le intenzioni dell'altra.
Dovrei ucciderlo?
Certo che sì: sono pur sempre un paio di occhi in più da vendere. Peccato solo che, per ora, i suoi siano rimasti di un vivido color cielo, e non del cremisi che mi frutterebbe una buona somma.
Come posso essere certa che si tratti di un Kuruta? Solo perché vive con loro, non significa che faccia parte della loro tribù; e poi, con tutto quello che deve aver visto stanotte, i suoi occhi avrebbero dovuto cambiare colore già da un bel pezzo, e invece…
«Vex, dove sei? Sbrigati, stiamo andando via.» La voce di Pakunoda giunge come un gong alle mie orecchie, riportandomi alla realtà. Dedico un ultimo, penetrante sguardo al biondino, poi mi volto per tornare dal resto della Brigata.
Lo lascerò vivere: dopotutto è soltanto un ragazzino senza occhi scarlatti. Cosa guadagnerei dall’ucciderlo?
 
 
 

*   *   *

 
 
 
La osservo allontanarsi, mentre la luce degli ultimi fuochi illumina sinistramente la sua figura.  
Deve essere una mia coetanea, forse è persino più giovane a giudicare dalla bassa statura e la corporatura minuta. Ma su una cosa non ho dubbi: è una di loro.
Non può essere altrimenti.
Se si trova qui questa notte è perché appartiene a loro, a coloro che hanno bruciato, distrutto e sterminato senza pietà la mia gente. Ricordo ancora quando sono arrivati: le urla che si diffondono per il villaggio, il crepitio dei fuochi appiccati alle fiamme, mio padre che afferra la sua katana e ci ordina di non uscire per poi varcare la porta di casa, senza più rientrarvi, la voce di mia madre che mi dice: "Kurapika, nasconditi!"
Feci come mi aveva ordinato; mi nascosi dentro a un armadio, lasciando libera solo una fessura per poter osservare ciò che accadeva fuori. Fu così che vidi un ragazzo, il volto nascosto da una bandana, entrare in casa nostra, e con un semplice gesto afferrare il collo di mia madre, spezzandoglielo. Lo vidi estrarre un pugnale dalle ampie maniche, con il quale cominciò a scavare nei suoi occhi, infilzando la carne, schizzando sangue dappertutto…
Uscii dall'armadio solo quando se ne fu andato. Uscii e osservai il corpo di mia madre, il collo che aveva preso una strana angolatura, le orbite vuote, due buchi sanguinanti…
La abbracciai, perché lei per me era la persona più importante al mondo, e ora era morta.
E non ne capivo il motivo.
Quando alzai lo sguardo, dopo un tempo che mi parve infinito, trovai una bambina intenta a fissarmi, nuda fatta eccezione per un paio di pantaloni, gli occhi neri e vuoti che vagavano sul mio viso. In quel momento fui convinto che mi avrebbe ucciso.  
Eppure lei mi ha risparmiato, e tutt'ora non ne comprendo il motivo. Può forse essere che sia stata mossa dalla pietà? O è stata la voce della donna che, richiamando la sua attenzione, le ha impedito di uccidermi?
L’unica cosa che so è che mai e poi mai scorderò quegli occhi neri, freddi e spietati, e di quel tatuaggio che le ricopre metà schiena, quello di un enorme ragno nero sul cui dorso spicca un 13 rosso sangue.
E mentre la guardo sparire dietro le case bruciate in direzione del centro del villaggio, i miei occhi si colorano del sangue.

   
 
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