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Autore: TooLateForU    10/03/2013    5 recensioni
Da quando sono a questo mondo la vita si è divertita a giocare a Mazzate Chiodate Sugli Stinchi di Melanie™, e io zitta ad incassare colpi. Ma adesso basta, voglio la mia lunga giornata di sole, e giuro sugli ultimi quattro dollari e cinquanta che mi sono rimasti per campare che l'avrò.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ossignur
okay, la storia è questa. io sono una '''''''scrittrice''''''' egoista. non mi va di aggiornare solo perchè devo farlo, non mi va di scrivere a comando e così via. lo so, lo so sono davvero pessima, e in giro ci sono autrici molto ma MOLTO più brave di me che sono puntuali e precise e via dicendo. ma io non sono una di loro. scrivo quando ne ho voglia, quando sento l'ispirazione, a seconda del mio umore..quindi o mi prendete per come sono, cioè un'incostante psicolabile, o chiudete questa pagina e andate a leggere la storia di qualche diligente autrice.
ENIUEI, questa storia è la mia prima originale. madò, che feelinggggg! non vi anticipo niente, vi dico solo che sarà diversa da tutto, ma proprio tutto, ciò che ho scritto.
boh, se fa cagare ditemelo, al solito.
vi amuzzo.
tutte quante.
PROPRIO TUTTE.
anche le più stronze tra voi.

e rachele sa che parlo di lei.

p.s. ringraziamo (o tiriamo mandaranci) mary, perchè mi ha spinto indirettamente a pubblicare anche se mi ero ripromessa di non farlo finchè non l'avrei finita. oh what a badass






Drin. Drin. DRIIIIN.
Mugugnai qualcosa, allungando una mano da sotto il piumone per spegnere quella..quella roba di merda che suonava sul comodino.
Mossi un po’ la mano alla cieca, urtando una bottiglietta d’acqua aperta che si rovesciò per terra.
DRIN. DRIIIN. DRIIIIIIN.
“Vaffanculo!” gridai, solo per il piacere di farlo. Trovai finalmente il telefono e spensi la sveglia, prima di lanciarlo oltre il letto.
Ricaddi pesantemente sul materasso duro come cemento murato morbidissimo, e richiusi gli occhi.
Io non ce la faccio a cominciare un’altra giornata. Giuro su tutti i soldi che non ho che un giorno, quando avrò una vita favolosa e una villa favolosa e vivrò solo lunghe giornate di sole e diventerò presidente, abolirò i lunedì mattina.
Sospirai, e mi alzai. Evitai di guardarmi allo specchio, cosa che mi venne molto facile dato che non avevo uno specchio. Non da quando Cheryl l’aveva venduto per pagare il conto del negozio di liquori.
Attraversai il corridoio a piedi nudi, nonostante la moquette fosse un vero schifo. Mi appuntai mentalmente di passare l’aspirapolvere.
Bussai secca alla sua porta, e senza aspettare risposta la spalancai “Svegliati, devi andare a lavoro.” dissi incolore a mia madre.
Borbottò qualcosa, e vidi la sua testa bionda sparire sotto alle coperte
“Cheryl, è tardi.” insistetti
“Nnn-on ci dvandr..”
Mi avvicinai, e le tolsi bruscamente la coperta di dosso. Ovviamente aveva ancora indosso i vestiti da strappona della sera prima, e considerate le macchie nere sul cuscino non si ne era neanche struccata.
“Piantala mamma, e alza il culo.”
“Stai ferma, stupida ragazzina!” gracchiò, dandomi una spintarella e riprendendo la coperta. Mise uno stupido broncio, dopo aver sbadigliato “Non ci devo andare al lavoro, ho detto.”
Mi paralizzai, mentre lei completamente disinvolta si sdraiava di nuovo
“Che vuol dire che non devi andarci?” chiesi, stridula.
Altro sbadiglio.
Le afferrai un polso esile (riuscivo a circondarlo con sole due dita) e la strattonai “Cheryl, ti sei fatta licenziare? Eh? Ti sei fatta licenziare di nuovo?”
“Mollami, cretina, mollami!” urlò “E fatti i cazzi tuoi!”
“I cazzi miei? I cazzi miei sono questi, perché se non tieni il tuo culo a lavoro chi le paga le bollette? Chi la fa la spesa? EH?”
Si liberò dalla mia presa, e mi guardò con odio “Trovatelo tu un lavoro allora, invece di lamentarti. Anzi vattene proprio, così la smetti di assillarmi.”
“Io ce l’ho già un lavoro, idiota!”
Strinsi le labbra, per evitare di continuare ad urlare o peggio, a piangere come una lattante. Dio, la odio la odio la odio.
Girai i tacchi, e tornai in camera mia come una furia. Aprii l’anta dell’armadio bruscamente e afferrai le prime due cose che trovai, che poi erano quasi tutti i vestiti che avevo, e me li infilai frettolosamente. Sentivo le lacrime pungere come degli aghi, e stringevo i denti.
Quando scesi in cucina mi sembrò che la pila di lettere dalla banca, dei reclami per mancati pagamenti, delle bollette, delle multe fosse cresciuta a dismisura là sul tavolo di legno scheggiato. Ma era impossibile, perché Cheryl non ritirava mai la posta.
Aprii il frigo, sperando di trovare qualcosa da mangiare o da bere, e vidi che era rimasto del latte. Presi a berlo dal cartone, ma appena mi arrivò il sapore sulla lingua lo sputai a terra.
“Che schifo, cristo.” mormorai, gettando il cartone nel lavandino. Era acido, scaduto chissà da quanti giorni.
Il frigo era vuoto, di nuovo.
E Cheryl era senza lavoro, di nuovo.
Guardai il cielo grigio del Massachusetts dalla finestra, e la mia lunga giornata di sole sembrava più lontana che mai.
 
Buttai fuori del fumo, e fissai insistentemente quelle due ragazzine che non facevano altro che lanciarmi strane occhiate. Appena si accorsero del mio sguardo si voltarono, arrossendo.
“Mi stavano fissando.” dissi, incolore
“Eh?”
“Le due nuove arrivate, quelle..” le indicai con la sigaretta “Mi stavano fissando.”
Suze socchiuse gli occhi scuri, per metterle a fuoco, poi tornò ad arrotolarsi la canna con un’alzata di spalle “E sticazzi, lasciale guardare. Avranno tredici anni.”
“Sono arrivate a Dennis da una settimana, e già questa cittadina di merda ha provveduto ad informarle su mia madre.” continuai, a denti stretti.
Suze smise di arrotolare, e mi guardò a lungo “Spettegolano tutti qui, Mel, lo sai. Tutti i vecchietti che non hanno niente di meglio da fare che farsi le seghe guardando la signora in giallo e parlando male delle..”
“Delle alcoliste puttanelle come mia madre?” completai per lei, buttando la cicca sul suolo del cortile.
Sembrò rifletterci per un attimo “Bhè sì, di loro.”
Feci una risatina, ma non c’era proprio niente da ridere. Suonò la campanella, ma né io né Suze ci muovemmo di un passo dal nostro muretto.
“Comunque, Chad mi ha detto che vuole invitarti ad uscire.”
Alzai un sopracciglio, mentre una folata di vento spostava un ricciolo nero sulla mia fronte “Chad? Chad Tyson?”
“No, Chad prosciutto di parma.”
“Ah ecco, mi sembrava strano che uno come Chad Tyson sapesse della mia esistenza.”
O meglio, tutti sapevano della mia esistenza a Dennis. La sedicenne figlia scellerata di quella poco di buono di Cheryl Miller, una trentaduenne poco raccomandabile che bazzicava per tutti i bar della città ubriacandosi e dandola via come se fosse pane. Ma questo di notte, durante il giorno faceva le pulizie in ospedale, almeno fino a ieri.
Fino a ieri.
Comunque Chad Tyson era il figlio del sindaco. Decisamente ricco, decisamente per bene, decisamente carino, decisamente fuori dalla mia portata.
“E invece ti conosce. Sta sempre al B&B, no?”
Il B&B. Originale nome da Ben e Barton Walles, i proprietari, per la paninoteca in cui lavoravo.
“E come mai Chad Tyson detto anche Santa maria vergine avrebbe dovuto parlarti?” chiesi, scettica
“Primo, perché sono gnocca.” cominciò, assolutamente seria “Secondo, è stato un caso. Io stavo attraversando la strada e lui per poco non mi investiva con il suo fottuto Range Rover, allora gli ho detto ‘Guarda dove vai, coglione!’
“Che principessa.”
“E lui tutto a scusarsi come un piccolo lord, e poi mi fa ‘Ma tu conosci Melanie Miller?’ e io ‘Cazzo se la conosco, è la mia migliore amica’ e lui ha sorriso.”
Restai in silenzio, aspettando che continuasse.
Ma non lo fece.
“E poi?”
“E poi niente, sono tornata a casa. Ma mi pare ovvio che voglia invitarti ad uscire. I ragazzi sorridono così solo per due cose: tette e football.”
 
 
“Sono a casa!” urlai, chiudendomi alle spalle la porta. Sapevo che non ci sarebbe stato nessuno, ma mi piaceva urlare che ero a casa ogni volta che tornavo.
Mi immaginavo di fare come quella serie, quella che mandavano un secolo fa sulla TV via cavo..non che io avessi la TV via cavo, ma se mi mettevo vicino la porta sul retro potevo vedere il salone dei vicini di casa, e lì c’era una televisione enorme.
Bhe insomma, era la serie di quella ragazzina bionda..Lizzie McGuire, ecco. Ogni volta che l’attrice entrava in casa urlava ‘sono a casa!’ e allora magicamente appariva la madre sorridente che stava preparando il pollo al curry e le chiedeva come era andata la giornata.
Da piccola a volte fingevo che ci fosse davvero. Non mia madre, che ogni volta che tornava era sempre di malumore e mi urlava contro, o nel migliore dei casi dormiva. Immaginavo ci fosse una mamma come quella di Lizzie McGuire e raccontavo la mia giornata, e mi lasciavo così prendere dall’immaginazione che quasi mi sembrava di sentire l’odore del pollo.
“Sei matta come un cavallo, Melanie.” borbottai a me stessa, lanciandomi sul divano che cigolò pericolosamente.
Stavo contando i buchi nella stoffa, quando mi ricordai che c’erano dei compiti di..qualcosa.
Per fortuna quel mio pensiero malsano venne stroncato sul nascere, perché mi addormentai.
E se avessi saputo ciò che mi aspettava il giorno dopo, avrei continuato a dormire per sempre.

   
 
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