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Autore: Valerie Clark    10/03/2013    0 recensioni
''Il letto disfatto, con le coperte stropicciate, arrotolate, vissute, e i vestiti per terra, lasciati uno dopo l’altro. Come una traccia indelebile del fatto che fossero state lì, che non fossero solo di passaggio. I loro vestiti per terra come una traccia indelebile del fatto che fossero diverse, che sapessero sorprendere.
Il mascara colato per le lacrime che avevano pianto – lacrime ingiuste, perché si sentivano sbagliate – e il rossetto sbavato per i baci che le avevano asciugate.
Batticuore.
I capelli disfatti dalle carezze violente, la pelle provata dai graffi.
Le parole bloccate nel petto, perché volevano uscire ma il tempo di uscire non l’hanno avuto.
Caldo.
Confusione.''
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Quinn/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chissà come due persone, ragazze, amiche, come loro si erano ritrovate, in quel caldo giorno di marzo, a fissare le loro immagini riflesse l’una negli occhi dell’altra.
Chissà com’era possibile che ora fossero in quella stanza.
 
Il letto disfatto, con le coperte stropicciate, arrotolate, vissute, e i vestiti per terra, lasciati uno dopo l’altro. Come una traccia indelebile del fatto che fossero state lì, che non fossero solo di passaggio. I loro vestiti per terra come una traccia indelebile del fatto che fossero diverse, che sapessero sorprendere.
Il mascara colato per le lacrime che avevano pianto – lacrime ingiuste, perché si sentivano sbagliate – e il rossetto sbavato per i baci che le avevano asciugate.
Batticuore.
I capelli disfatti dalle carezze violente, la pelle provata dai graffi.
Le parole bloccate nel petto, perché volevano uscire ma il tempo di uscire non l’hanno avuto.
Caldo.
Confusione.
 
Perché l’avevano fatto? Tristezza, noia, forse la voglia di sfidare se stessa e l’altra; forse le ragioni non le sapevano prima che succedesse e non le sapranno mai, forse sono diverse, forse sono le stesse per entrambe.
Forse dopo che hai fatto per tutta la vita una cosa ti viene naturale continuare a farla … o fare il contrario? Il contrario, decisamente. Forse volevano solo apparire più complicate di quanto non fossero in realtà, forse volevano evadere per un attimo dalla loro vita, forse si erano amate, anche se solo per qualche ora.
Forse non si erano mai conosciute; forse Quinn non aveva mai veramente conosciuto Santana e viceversa, e forse non conoscevano nemmeno loro stesse. Forse non si erano mai guardate veramente dentro. Forse non sapevano cosa stava succedendo.
Forse avevano solo diciassette anni.
 
Si erano incontrate quella mattina, come facevano da anni, come gli sembrava che facessero da tutta la vita, e le cose gli erano semplicemente sfuggite di mano. Volontariamente o no, chi lo sa.
Non si erano salutate, con il vento di marzo che gli arruffava i capelli, quella mattina; si erano solo scambiate un sorriso. Un sorriso comprensivo, come a dire ‘sono sempre stata qua’ perché effettivamente, nonostante i dispetti, erano sempre qua.
 
Si erano sedute sul prato a bere il caffè caldo e guardare gli uccelli spostarsi da un ramo all’altro, a raccontarsi una vita di cui non volevano più sentir parlare tanto le annoiava.
Avevano parlato del più e del meno, non avevano parlato veramente.
Poi si erano alzate in silenzio per fare una passeggiata e si erano ritrovate fuori dal prato, fuori dal parco, per strada, sotto un vecchio motel con un’insegna luminosa. Fuori dal mondo.
E poi erano di nuovo dentro, erano entrate quasi catturate da quella luce a neon che cambiava colore ogni secondo anche alla luce del sole.
Due parole scambiate con un uomo, qualche sorriso, soldi in contanti, ed avevano una chiave in mano.
Si muovevano piano nel piccolo e polveroso atrio del motel. Con passi pesanti, senza dire una parola, come se sapessero già tutto.
In un certo senso era così. Quinn era stata male tutta la notte e il pensiero di vedere l’amica il giorno dopo era l’unica cosa che le aveva impedito di compiere atti estremi – Quinn era famosa per gli ‘atti estremi’ con cui provava puntualmente a salvarsi da se stessa. Santana invece aveva litigato con il suo ultimo uomo, o forse sarebbe meglio dire amante dal momento che lei era impegnata e lui sposato, e aveva passato le ultime ore ad urlargli contro parole che sembrava avessero ferito più lei che lui; nulla feriva lui.
Eppure quella mattina, davanti allo specchio con la trousse in mano per coprire il dolore della notte precedente, entrambe sapevano che avrebbero trovato conforto nell’amica.
Sentivano che sarebbe stato in un modo diverso, solo non immaginavano ancora come.
 
Non erano riuscite a dirsi una parola da quando avevano lasciato la quotidianità di quel parco ed ora, mentre si fissavano nell’ascensore del motel, potevano vedere chiaramente ogni dettaglio: il fondotinta di Quinn sembrava poco a poco scivolarle via dal viso e scoprire le occhiaie scure a causa delle lacrime, la brillante collana di Santana perdeva lentamente la sua importanza, mentre i suoi occhi, scuri e profondi, sembravano brillare più di quei diamanti sul suo collo.
Potevano vedere ogni cicatrice, da quelle sui polsi di Quinn, di quando aveva provato a togliersi la vita settimane prima, a quella sul sopracciglio destro di Santana, che si era fatta da bambina, cadendo dall’altalena, e provava sempre a coprire con chili di correttore perché le sembrava di doverlo nascondere, il suo passato.
Vedevano ogni capello fuori posto, ogni piega dei vestiti.
Sentivano ogni odore, ogni sussulto, ogni battito del cuore, ogni respiro.
E l’ascensore sembrava non arrivare mai a destinazione.
 
E poi è successo tutto così lentamente e velocemente allo stesso tempo; si sono avvicinate l’una all’altra, sempre più vicino, prendendosi le mani, stringendosi le mani.
Le loro labbra si sono ritrovate a pochi millimetri e, mentre entrambe volevano accorciare le distanze, l’ascensore si è fermato e le porte si sono aperte rumorosamente.
Un respiro profondo, quasi scocciate.
‘ti va di..’
‘sì.’
Ed erano uscite di soppiatto, guardandosi intorno furtive come due ladri, fino a trovare la stanza numero duecentoventitre e girare la chiave nella serratura.
 
La stanza era piccola, accogliente, quasi familiare con quei fiori colorati che spiccavano nello scenario grigio del letto e della parete monocromi.
C’era una sola finestra, da cui non si vedevano altro che rami, e Quinn chiuse un attimo gli occhi e si immaginò il cinguettio degli uccelli, come se fossero ancora in quel solito parco.
 
Entrambe ad occhi chiusi, nel segreto di una stanza grigia di un motel dimenticato, appoggiarono le fronti l’una contro l’altra, come per farsi forza, e sospirarono piano. E le loro labbra si unirono, per riprendere da dove le porte dell’ascensore le avevano costrette ad interrompere.
Le cose dopo andarono quasi da sole, inutile dirlo.
Si spogliarono a vicenda di quei vestiti troppo stretti e fecero qualcosa che non avrebbero mai pensato di fare. Erano belle, illuminate solo dalla luce fioca che proveniva dalla finestra.
Risero, piansero, si abbracciarono, si amarono, si graffiarono, si ferirono e poi si addormentarono.
Quando si svegliarono, qualche ora dopo, sapevano di non essere più le stesse.
Si fissavano negli occhi senza sapere cosa dire o cosa fare.
 
Volevano rivestirsi e scappare dall’imbarazzo di quel momento, ma sapevano che, se l’avessero fatto, avrebbero perso l’altra per sempre ed era un’idea che in questo momento le terrorizzava.
Milioni di piccoli pensieri si accendevano e spegnevano improvvisamente nelle menti di entrambe; tutti gli uomini con cui erano state, tutti gli uomini con cui era stata l’altra, ‘gay io?quando mai’, la vita a cui si erano abituate.
L’abitudine di Santana, per esempio, era aspettare le ore davanti al telefono che l’uomo che stava tradendo sua moglie per lei la chiamasse, le mostrasse una gentilezza, le regalasse un fiore.
Quella di Quinn era semplicemente sbattersi nel letto a piangere, piangere finché non ne era stremata, e pensare a quanto fosse stato sbagliato allontanarsi da sua figlia.
Era a sua figlia che stavano pensando tutt’e due in quel momento; quella gravidanza indesiderata a quindici anni che si era rivelata la cosa che invece Quinn aveva più voluto al mondo, la cosa per cui aveva più lottato. Quella figlia che aveva dato via.
Una figlia.
Come si fa ad avere una figlia di due anni ed andare a letto con la tua migliore amica?
Come si fa a tradire l’uomo che tradisce sua moglie con te con la tua migliore amica?
 
‘basta’ ha sussurrato, quasi implorato, Santana, quasi sapesse che quello che le passava per la testa stava torturando anche l’amica.
Le si è avvicinata, l’ha abbracciata e l’ha cullata come Quinn avrebbe voluto fare con quella bambina che invece ha dato via.
È stato in quel momento che l’hanno sentito; non erano tristi o diverse, non importava a nessuno. È stato in quel momento che hanno avuto finalmente il coraggio di piangere, di ammettere di non farcela più, di parlare e parlare, e raccontare tutto all’altra, come non facevano da tempo.
‘lui non mi rende felice’ diceva Santana, coperta dalle lenzuola mentre si portava una sigaretta alle labbra.
‘io non voglio uccidermi’ ha detto ridendo Quinn, guardando l’altra dritta negli occhi, attraversandola quasi con lo sguardo, ringraziandola quasi.
 





Qusta è la ff a cui tengo di più;
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1328428&i=1
   
 
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