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Autore: Signora Zayn    14/03/2013    5 recensioni
Lei tornò a completare l’equazione algebrica di secondo grado sul suo quaderno e d’improvviso il cellulare prese a vibrarle nella tasca dei jeans.
Schermandosi con l’astuccio, recuperò il telefono e aprì la notifica dell’SMS:
“Indovina chi sono?”, c’era scritto nel messaggio, speditole da un numero che non conosceva.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*If Only*





 



In sella al suo Scarabeo 50 tuning nero tirato a lucido, Eve stava attraversando il Brooklyn Bridge.
Il cielo che scorgeva fra i cavi d’acciaio non prometteva nulla di buono e casa sua distava ancora tanto: si sarebbe presa tutto il temporale e una brutta influenza con i fiocchi.


New York, la città più famosa al mondo, adesso si stendeva sotto una cappa di piombo e i primi lampi catturavano l’attenzione di Eve che si maledì per non essere rimasta dalla sua migliore amica Isabel come le aveva proposto quest’ultima.


Uscita dal ponte, sulla riva sinistra, l’aria era diventata più fredda e i primi piovaschi iniziavano a frustarle il viso.
Non ce l’avrebbe fatta ad arrivare a casa in fretta e il traffico che si stagliava davanti a lei le occluse l’unica strada che portava ad una scorciatoia usata spesso per andare a scuola.
Suo padre Peter era impegnato nel suo lavoro nella casa discografica che lo assorbiva completamente e non avrebbe avuto il tempo materiale per andare a prenderla, quindi se la doveva cavare da sola, come sempre d’altronde.


Eve ricordò che, a qualche isolato di distanza –dalla parte opposta in cui doveva andare lei-, vi era un loft con tanto di sala d’incisione di proprietà di suo padre, che veniva usato spesso dalle grandi celebrità che alloggiavano momentaneamente a New York, mentre registravano nuove canzoni. Una doppia chiave era nascosta sotto il vaso di una pianta accanto alla porta d’ingresso.
Avrebbe potuto attendere lì, mentre l’acquazzone dava il peggio di se.


Cambiò direzione del suo Scarabeo e si avviò in fretta, con il vento che si alzava e rendeva instabile la sua andatura e le prime gocce pesanti battere sul casco. Sorpassò sconsideratamente alcune macchine da destra e, accompagnata da clacson di protesta, riuscì a venire fuori dall’ingorgo senza fine, per dirigersi nel loft.
Ormai il cielo era diventato quasi nero come se fosse arrivata d’improvviso la notte ad ottenebrare il giorno, solo i lampi rompevano l’oscurità, mentre il temporale impazzava.
Ci impiegò dieci minuti per arrivare a destinazione… dieci minuti d’inferno che Eve avrebbe ricordato per molto tempo. Parcheggiò la moto in uno spiazzale al coperto e di corsa entrò nel loft, ringraziando la sua buona stella che la chiave era dove rammentava.


La casa era immersa nel buio e il silenzio veniva spezzato dal rumore dei tuoni. I riscaldamenti erano accesi però e lei trovò strano questo particolare.  
Eva tolse via il casco e lo poggiò, insieme alla borsa, sul tavolino all’entrata, proseguendo a spogliarsi dai vestiti zuppi per posizionarli accanto al termosifone della sala da pranzo.
Rimasta in intimo, cercò un accappatoio in bagno e lo indossò, passando poi ad asciugarsi i lunghi capelli castani con il phon ed evitare così il raffreddore.


Il riflesso nello specchio sopra il lavandino, ritraeva l’immagine pallida e stanca di Eve, gli occhi azzurro ghiaccio erano arrossati e le bruciavano e le labbra screpolate le davano un’aria malaticcia. Si vedeva subito che non dormiva come si deve da troppo tempo e con l’esame di maturità che incombeva sulle sue spalle come un macigno, l’insonnia era peggiorata e i suoi demoni erano tornati a tormentarla.


A diciotto anni, Eve, era tra le ragazze più problematiche che un genitore potesse volere.
Sua madre se ne era andata quando era ancora piccola e suo padre Peter passava relativamente poco tempo con lei, lasciando che si sbrigasse da sola ogni tipo di problema, anche il più grave.
A malapena si vedevano la sera, quando lei tornava a casa dopo un faticoso pomeriggio di studio o dal lavoro al negozio di abbigliamento della madre della sua migliore amica Isabel.
In realtà non aveva bisogno di soldi, perché suo padre occupava una buona posizione nella casa discografica, ma Eve aveva sempre cercato la sua indipendenza e ciò implicava anche il settore denaro.
Per questo il suo carattere era così chiuso e schivo e lasciava poco spazio a quelli che erano i divertimenti che le offriva la vita.  


Quella burrasca pareva aver fermato il tempo e cambiato impercettibilmente la routine di Eve, come se adesso potesse permettersi di fermarsi e provare a riposare, abbandonando momentaneamente i suoi impegni e il fragore quotidiano al di fuori di quella casa.
Per un pomeriggio si sarebbe permessa di poltrire sul divano, con una bella tazza fumante di cioccolata calda e un film. La mensola era colma di dvd diversi tra di loro per rendere gradevole il soggiorno alle star famose e il frigorifero riempito da leccornie.


Prima di attuare il suo piano di “coccole” andò in una delle camere da letto per cercare qualcos’altro da indossare e mentre rovistava in un cassettone con delle t-shirt profumate e ripiegate ordinatamente, un fruscio sospetto la spaventò.
Si voltò immantinente e si trovò a fissare un paio di occhi color miele assonnati e sgomenti quanto i suoi.


<< Oh mio Dio! >>, strepitò Eve, indietreggiando di un passo e sbattendo il fianco allo spigolo del cassettone. << E tu chi sei? >>.


Il ragazzo nel capiente letto a due piazze si sedette e la trapunta bianca scivolò sul torso nudo dalla pelle ambrata e tatuata. Aveva lo sguardo assonnato, si stropicciò le palpebre, sbadigliò con calma e si passò una mano tra i capelli arruffati e neri.
<< Potrei farti la stessa identica domanda, non credi? E poi, come hai fatto ad entrare qui? >>, chiese e la sua voce era strana, come se fosse raffreddato o avesse l’influenza.


<< Questo loft è di mio padre, Peter Scott e io sono sua figlia Eve: fuori piove a dirotto e sono stata costretta a fermarmi qui. Tu, piuttosto, come hai fatto ad entrare? Chi sei? >>.
Eve cercò un oggetto contundente da afferrare per proteggersi da quello sconosciuto le cui intenzioni erano ignote, ma le uniche cose a portata di mano erano articoli da toilette che al massimo, avrebbero dato profumo a quell’estraneo.


Il ragazzo scrollò le spalle, come se fosse stupito che lei non lo avesse riconosciuto.
<< Sono Zayn. >>, si presentò confuso. << Zayn Malik. >>, aggiunse poi il cognome, come se ciò fosse abbastanza per farsi identificare da Eve.


Lei attese un’ulteriore chiarimento e lui ruotò gli occhi al cielo, imbarazzato a dover spiegare chi fosse.


<< Faccio parte dei One Direction, hai presente? >>. Non lo disse con aria di superiorità o arroganza, ma solo gli scocciava dover dire “faccio parte di”, perché lui per prima cosa era Zayn e gli sarebbe piaciuto essere conosciuto solo per chi fosse lui dentro e non per quel che faceva. Amava gli One Direction,  su questo non vi erano dubbi, ma tutti, presto o tardi, hanno bisogno dei proprio spazi e di essere compresi per come sono.


Eve ricordò a malapena di suo padre che parlava di questa band con altri colleghi di lavoro al telefono, ma intuì subito chi fossero, visto che la sua migliore amica Isabel era una loro fan sfegatata.


<< Ah. >>, rispose solamente, per nulla elettrizzata di trovarsi al cospetto di una star mondiale. << Ciao. >>, lo salutò incolore. Chiedendosi per quale motivo, per una volta, non poteva incontrare uno dei suoi gruppi preferiti e ripetere la stessa analoga situazione. La sua fantasia correva a briglia sciolta solo al pensiero.


<< Ciao. >>, fece eco l’altro, stupito da così tanta calma da parte di un’adolescente: era abituato a tutt’altri atteggiamenti.


Lei gli diede le spalle e ricominciò a cercare un cambio da mettere in attesa che i suoi vestiti si asciugassero.
<< Come mai tutto solo? >>, lo interrogò, mentre confrontava due magliette nere davanti lo specchio, scegliendo la seconda di taglia extralarge per sentirsi a suo agio.
Avvertiva gli occhi di Zayn sulla sua schiena, scrutarla in ogni sua mossa. Più volte lei controllò se c’erano parti scoperte del suo corpo che si intravedevano dall’accappatoio, coprendosi nervosamente con la stoffa spugnosa.
Non era di certo lui a renderla inquieta, solo che era segretamente troppo timida e non le piaceva l’idea che uno sconosciuto la vedesse in deshabillé.  


<< Durante il viaggio per venire a New York, ho preso l’influenza e hanno preferito farmi rimanere qui, anziché uscire per andare a divertirmi con gli altri. >>.


Eve frugò nel secondo cassetto, recuperando dei morbidi pantaloni di tuta felpati e un paio di calzettoni di lana blu.
Solo dopo aver rimesso a posto tutti i vestiti e richiuso i cassetti, notò le valige sotto la finestra.
<< Sto per fare della cioccolata calda, ne vuoi? >>.


<< Magari. >>, confermò entusiasta, appena prima di starnutire e poi tirare su con il naso.


Lei inarcò un sopracciglio, scettica.
<< Basta che non m’immischi l’influenza… non posso permettermi di ammalarmi proprio adesso, visto che quest’anno ho la maturità e in questo periodo sono sommersa di compiti in classe e interrogazioni. >>.


Uscì dalla stanza, senza ascoltare la risposta del ragazzo, quindi si chiuse in bagno per vestire dei capi più comodi e caldi.
Una volta che scese in cucina, trovò Zayn spaparanzato a gambe incrociate sul morbido e capiente divano a fare zapping veloce alla televisione e perciò Eve diede il suo addio silenzioso all’intento di visionare uno dei suoi film preferiti.
Si era messo la trapunta bianca del letto addosso, rintanandocisi dentro come un riccio e lasciando scoperto solo il viso.


<< Pensavo che la befana fosse passata il sei Gennaio. >>, ridacchiò lei, dirigendosi verso la cucina e trovando sorprendente quella spigliatezza nel parlare con un ragazzo che conosceva da appena venti minuti.


Zayn spostò la coperta che gli avvolgeva la testa e scherzosamente cacciò fuori la lingua, rompendo il ghiaccio e istaurando una sorta di iniziale complicità che li divertiva entrambe.


Dieci minuti più tardi, erano tutti e due seduti comodamente sul divano a gustarsi la cioccolata calda con una montagna di panna preparata da Eve, guardando un film strappalacrime che aveva già dato il via ai lucciconi di lei e alle battutine umoristiche di lui.


<< Lo sai che alla fine è lui quello che muore? >>, dichiarò Zayn, con l’ombra di un sorriso canzonatorio pronto ad affiorare sulla bocca morbida, per avergli rovinato il finale del film.


<< Sì. >>, mugugnò Eve, asciugandosi gli occhi umidi con il dorso della mano e sprecando un pacchetto intero di fazzoletti.


Il tavolino davanti a loro era colmo di ogni sorta di ghiottoneria trovata negli scaffali, che partivano dalle patatine alla paprika per finire a delle pesche dolce all’alchermes.
Avevano divorato tutto.  


<< Lo sapevi? >>, domandò sorpreso. << E allora perché piangi? >>.


Lei annuì e poggiò la tazza vuota della cioccolata accanto alla carta dei biscotti alla nocciola, finiti poc’anzi.
<< Per il sacrificio di lui: per salvare la vita della sua amata. È qualcosa che va ben oltre il semplice sentimento che può legare due persone innamorate, non lo capisci? Lui ha di nuovo un’occasione e la usa per farle capire quanto è importante e sale su quel taxi, sapendo che non ne uscirà vivo… ma lo fa comunque. >>.


<< Sei molto romantica. >>, sentenziò Zayn, con un’occhiata strana.


<< Per nulla. >>, lo smentì lei. << Sono più fredda di quanto posso sembrare… ho solo un concetto di amore vecchio stile, sai? Tutta questa modernità dove è la ragazza a fare il primo passo non mi piace per niente. A l’uomo spetta la prima mossa… la galanteria ormai non è più di moda a quanto pare. >>, chiarì, continuando a seguire concentrata le immagini sullo schermo al plasma e prendendo dei popcorn dalla ciotola rossa.


<< Da che secolo vieni? >>.


Eve scrollò le spalle e ingoiò il boccone.
<< Dall’ottocento forse… in realtà sono un vampiro. >>. Scoppiarono a ridere insieme e in quel momento, mentre lo osservava in quella risata sincera e splendente, si ricordò che quel ragazzo era un cantante famoso, solo che lei faticava a vederlo sotto quella luce.
Per Eve, lui era semplicemente Zayn e basta.  


Il pomeriggio proseguì veloce, tra risate, battutine, domande sulla vita privata dell’altro e occhiate complici.
Era così facile conversare e lei non si mostrava introversa o scostante come lo era solitamente, anzi, Zayn spronava il lato più dolce e brioso di Eve, spingendola a comportarsi come una normale ragazza di diciotto anni.


Quando il film terminò, Eve si accorse che il temporale era finalmente cessato e così poteva tornare a casa sua per fare i compiti e continuare la sua ricerca per gli esami di fine anno.
<< Beh, è tempo di andare. >>, affermò, alzandosi in piedi e scuotendosi dalle briciole.


Zayn cercò l’orologio sopra il televisore che segnava appena le diciassette.
<< Vai di già? >>, chiese, senza nascondere il dispiacere. Si stava divertendo davvero molto dopo settimane di duro lavoro. Per la prima volta incontrava una ragazza che non si strappava i capelli, urlava o sveniva in sua presenza da quando era diventato famoso e le ore con quella ragazza erano trascorse in un baleno. Adesso si sentiva perfino meglio e probabilmente la febbre era scesa.


<< Purtroppo sì: ho un mucchio di cose da fare, comunque è stato un piacere conoscerti Zayn. >>.


Gli occhi di lui divennero oro liquido e gli sorrise apertamente, abbagliandola.
<< Anche per me. >>, rispose, trattenendosi dal chiedergli se era possibile rivedersi ancora. Se era riuscita a farlo stare bene per tutto quel tempo, Zayn si domandava cosa avrebbe provato se si fossero frequentati giornalmente. La trovava molto carina, spigliata e intelligente e speciale nella sua semplicità.


La scrutò raccogliere i vestiti stesi sul termosifone, salire le scale e chiudersi in bagno.
Sbuffò, liberandosi dalla trapunta e mentre metteva insieme delle parole per generare un discorso e risultare simpatico, convincendola ad uscire con lui una volta o l’altra, lo sguardo gli cadde sulla borsa accanto al casco, posti all’ingresso.


Lanciò un’occhiata furtiva al piano di sopra e pensò che aveva ancora un po’ di tempo prima che Eve fosse pronta.


Sgattaiolò giù dal divano e rovistò nella tracolla nera, trovando il suo cellulare, quindi compose in fretta il suo numero di telefono e si fece uno squillo. Alla fine cancellò ogni traccia del suo passaggio, rimise tutto al suo posto e tornò a sedersi come se nulla fosse.
Quando Eve tornò, si salutarono ancora e in maniera impacciata si abbracciarono come due vecchi amici e Zayn la lasciò andare, conscio che non sarebbe passato molto, prima che le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo. 







Note dell'autrice: Beneeeeeeeeeeeeeeeeee, questa è la mia prima storia in questa sezione, anzi, è la mia prima storia in assoluto, quindi cercate di essere clementi.

Questa è una storia scritta a 4 mani, solamente che la mia socia ha voluto restare anonima, quindi rispetto il suo volere.

Non ho avuto una Beta, quindi è molto probabile che ci siano errori ortografici. Vi avverto prima, giusto per non essere presa in giro o ritrovarmi nei commenti persone che me lo fanno notare in continuazione, visto che gia lo so.

Poi, accetto tutti i commenti, anche le critiche, che siano però costruttive. Le critiche non costruttive, con offese, parolacce e commenti denigratori saranno segnalati al sito e in seguito cancellati. 

Purtroppo ho molti impegni nella vita, tra cui lavoro e università, perciò non potrò aggiornare frequentemente, ma cercherò di impegnarmi per pubblicare almeno una volta a settimana.

Il titolo del film che Eve e Zayn stanno guardando, è 
If Only, film che adoro molto. 


Detto questo, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e che recensirete in tante.

Grazie mille. 
  
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