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Autore: weitwegvonhier    14/03/2013    3 recensioni
Continuava a sfoggiare quel sorrisino a mezze labbra che, per qualche strano, stupido, irragionevole motivo, mi faceva andare fuori di testa, guardandomi divertito, in attesa della mia prossima stupida, imbarazzante mossa.
- In un caldo giorno d'agosto del 1998 una normale ragazza si scontra con uno sconosciuto per strada e....
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: David Desrosiers, Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(dal titolo)... but what a shame cause everyone's heart doesn't beat the same...we're beating out of time! -Jesus of Suburbia, green day.

A.s. Oddio! Beh, se non vi ricordate di me, giuro che vi capisco. Mi sta battendo il cuore a scrivere qui, su EFP dopo tanto tempo. Mamma mia, non mi sembra vero.
Mi rendo conto che è passata un'eternità e l'unica mia scusa è che sto passando un periodo un po' schifoso, abbastanza schifoso, e la scuola non aiuta affatto. Non ho praticamente mai un momento libero e...ma a voi non importa. Sono mancata per tanto e vi chiedo immensamente scusa per questa "mancanza di rispetto" nei vostri confronti, che avete sempre letto e aspettato questa storia con infinita pazienza. Vi giuro che sono affezionata a questa storia e che ho tutte le intenzioni di mantenere la mia promessa, quella di finirla, e non siamo poi tanto lontani da questa fine, e io...non so veramente cosa dire. 'Dio è passato così tanto tempo che...va bene, ricominciamo, ok?! Ciao a tuttii! Come state? Spero bene! Siete pronti ad un altro capitolo di questa storia?
Ma soprattutto, vi ricordate com'è andato a finire l'altro capitolo? Beh, se non ve lo ricordate (cosa per cui ovviamente vi capisco) riprendiamoci un po', ok? L'ultima volta che ci siamo lasciati Maya ha trascorso una bellissima settimana con David e Seb e...ha visto Pierre e Michelle a Londra, INSIEME! Come sarà andata a finire poi la storia? Behhh...non ci resta che scoprirlo!
Ma a parte gli scherzi: se ci sarà una sola persona che leggerà o commenterà o aprirà questa storia e che avrà avuto la pazienza di leggere tutto questo: GRAZIE, perchè non me lo meriterei assolutamente. GRAZIE comunque, a tutti quelli che ci sono sempre stati, siete stati molto importanti per me. GRAZIE infinite, per tutto.


"Alla fine cosa rimane? Solo il banale orrore di due persone che si trovano per caso, si piacciono, si amano…magari pensano perfino che l’amore sia qualcosa di eterno, finché una delle due abbandona l’altra e scompare, così come scompaiono mille e mille estranei che nella vita incontriamo per un attimo e non vedremo mai più."
- Dylan Dog

London, April 3rd, 1999
1:34

Avevo paura persino di andare a fare la spesa.
Non andavo al supermercato, in banca, al parco.
Poi mi sono guardata negl’occhi, ed io, insieme a me, abbiano deciso di smetterla: Io ho lasciato Pierre, io me ne sono andata, io ho mollato. Io devo avere la forza e la dignità di uscire, senza la paura di poterlo vedere ad ogni angolo. E’ arrivato il momento di smetterla di fare la bambina e iniziare a crescere.
 

Ci sono persone il cui destino è incrociarsi. Dovunque siano, ovunque vadano, un giorno s’incontreranno.
- Claudie Gallay

London, April 3rd, 1999
10:45

Mi chiusi la porta di casa dietro le spalle, misi le chiavi nella borsa, inspirai profondamente e mi incamminai verso il centro.
Per quanto il tempo passasse, per quanto io stessa passassi infinite volte da queste strade, da queste vie, niente mi era familiare. Nonostante fosse passato un certo lasso di tempo dalla prima volta che misi piede qui, mai, neanche una volta, mi ero sentita a casa.
Montreal era sempre stata casa mia, ero affezionata ed attaccata a quella città come a nessun’altra, e per quanto io amassi viaggiare e scoprire, amavo ancora di più tornare a Montreal, dove tutto mi parlava di casa.
Passavo davanti alle vetrine e mi capitava di osservare il mio riflesso, scoprendomi a chiedere a me stessa chi fosse quella persona, quella che mi guardava con quegl’occhi spenti e che mi somigliava tanto. Io non ero io, non più.
Guardando il mio riflesso nella vetrina di quell’agenzia mi sorpresi a chiedermi se non fosse meglio entrare, dire buongiorno con quel tono che si usa sempre quando si entra in un’agenzia di viaggi, chiedere un biglietto aereo per Montreal, e partire.
Un passo, un passo ancora, ed un altro e poi un altro ed ecco che già quell’agenzia, insieme a quel pensiero, rimasero dietro di me, come ormai tante cose e tante persone.
Incredibile come il prendere una scelta, una di quelle veloci, che ti costano al massimo un giorno, poi ti condizioni tutta la vita a venire.
Il primo passo per  cambiare era smetterla di camminare così, come facevo sempre io, con la mia aria da bambina sognatrice: nell’istante in cui, dopo qualche secondo di silenzio, ripartì la canzone che mi inondava il corpo, alzai la testa. E’ ora Maya, che tu impari a camminare a testa alta. Basta inciampare nelle persone, alza la testa!
E mentre lo dicevo eccolo lì, seduto su quella panchina. Ed eccomi lì, ferma, immobile, in mezzo al marciapiede, con le persone che mi scorrevano intorno, mentre la mia vita era in pausa.
Non mi muovevo da lì, in attesa, forse, di veder apparire Michelle, di vederla sbucare da una parte o dall’altra, bella come sempre, a sbattermi in faccia i suoi capelli biondi, le sue gambe chilometriche. A ripetermi ancora una volta che lei era sua, e lui era suo. A sorridermi, con quel sorriso crudele, mentre insinuava nella mia testa che lei era semplicemente tutto quello che io non sarei mai potuta essere, e mentre sanguinava il cuore, vedere lui, vedere lei, e vederli insieme e capire che lei poteva dargli tutto quello che io non sarei mai stata in grado di dargli, avessi anche vissuto 100 anni.
Ma lei non arrivava, e il tempo scorreva; o almeno, credevo che scorresse.
Come a voler dimostrare a me stessa che non potevo decidere da un giorno ad un altro di diventare un’altra persona, con occhi fissi sulle mie converse, tornai a camminare. Volto coperto dai capelli, passo dopo passo, decisi di allontanarmi da lui e dal suo pensiero così come avevo fatto con quella vetrina, qualche minuto prima.
Ma il destino è l’essere più subdolo che possa esistere, e non ti lascerà andare via indenne, non ti lascerà continuare a fuggire da tutto. Arriverà e ti metterà di fronte a tutto quello che ti sei lasciata dietro, e a quel punto tu non potrai fare altro che tenerti con tutte le tue forze e lottare.
-Lasciami immediatamente- strinsi il pugno libero, senza voltarmi, conoscevo le sue mani. –Non voglio sentirti, non voglio vederti, lasciami. Lasciami!-
-Se lo faccio te ne andrai, quindi no, non ti lascio finché non ti ho detto quello che devo dirti, e finché non mi avrai ascoltato. Solo allora sarai libera di andartene. Lasciati il privilegio della scelta per una volta, smettila di scappare, guardami e abbi il coraggio di affrontare le conseguenze delle tue scelte!-
Cercai di calmarmi e mi voltai pregando me stessa di non piangere per nessun motivo. Al di là di Michelle, al di là di Londra, aveva ragione. Dovevo prendermi le mie responsabilità. Io l’avevo lasciato, io me ne ero andata, e non avevo nessun diritto di condannarlo per quello che aveva fatto. La prendevo come una faccenda personale, rifiutandomi di accettare che, dal momento in cui avevo deciso di andarmene, io, con lui, non avevo più niente a che fare.
Strana faccenda, i sentimenti, però.
-Non sono venuto qui con l’intento di farti del male, né con l’intento di ostentare davanti ai tuoi occhi la mia storia con Michelle.- Continuava a tenermi la mano per paura che scappassi. Forse faceva bene, perché al momento in cui disse la mia storia con Michelle sentii un fremito lungo le gambe, che avrebbero voluto correre via, lontano da tutto, anche da Londra.
-Non sono qui neanche per rimproverarti di qualcosa. E’ passato più di un mese da quando te ne sei andata e…ho fatto tante di quelle cazzate in questo tempo che non riesco neanche a…- un piccolo sorriso timido si disegnò sulle sue labbra, mentre la sua mano si stringeva alla mia. Che cosa hai fatto? Che vuoi dirmi?
Sentivo di amarlo, se non come quando l’ho lasciato, molto di più. E ricordandomi di quella sera, in cui leggendo Orgoglio e Pregiudizio pensavo a me, e a lui, senza rendermene neanche conto pronunciai quelle parole, che mi uscirono dalla bocca da sole, come a protesta di qualcosa che doveva essere detto, come quel primo giorno su quel marciapiede in cui certe cose le pensavo così intensamente che non mi rendevo conto di dirle.
-Divenne gelosa della sua stima, ora che non poteva più sperare di esserne la beneficiaria.- e anche –Era convinta che avrebbe potuto essere felice con lui, mentre era improbabile che s’incontrassero ancora-.
-Ma ci siamo incontrati…Elizabeth!- Sorrisi, sentendomi chiamare come la protagonista del mio romanzo preferito. –Sono qui e ci sei anche tu! Mettiamo da parte tutte le nostre stupide cavolate, smettiamola entrambi di fare i bambini! Guardami, guardami negl’occhi e dimmi che non provi niente per me. Dimmelo adesso ed io sparirò, senza cercarti mai più.-
Ma non potevo, non potevo, non potevo! Come avrei potuto dire una cosa del genere? Come?
Non avevo mai smesso di pensarlo o di vederlo, ovunque andassi, ovunque fossi.
-Michelle?-
-Vedi, è una delle cose stupide di cui ti parlavo prima. L’ho lasciata, il giorno dopo averti visto. Se n’è andata, da qui e da Montreal. I suoi genitori si sono trasferiti a San Francisco.-
-Perché proprio lei, Pierre?-
-Dio Maya, mi avevi lasciato solo! Te ne rendi conto che da un giorno ad un altro hai fatto la valigia, mi hai lasciato una lettera e te ne sei andata dalla parte opposta del mondo? Ti rendi conto che nel momento in cui avevo più bisogno di te tu hai preso un aereo e sei scappata? Sei stata egoista Maya, te ne sei andata non pensando minimante a nessuno di noi!-
Era diventato rosso, rosso dalla rabbia. Mi stringeva la mano tanto da farmi male.
E la cosa che faceva più male era che aveva ragione.
Riuscii solo a sussurrare un –mi dispiace- e, mentre le strade di Londra si svuotavano perché tutte le persone andavano a preparare il pranzo, io mi arresi e tutte le mi forze con me.
Caddi sulle ginocchia e chiusi gli occhi.
In tre secondi tutte le giornate passate con Pierre mi passarono davanti agli occhi.
Niente più lacrime, niente più occhi rossi.
Mi alzò il viso con una mano, mi infilzò con il suo sguardo e mi fece arrendere con un sorriso.
-Dimmi solo che tornerai a Montreal, dimmi solo che non mi lascerai più così, e che mi ami ancora e ti giuro, dimentico tutto quello che è successo e ti porto via con me!-
Alzai lo sguardo e mi riscoprii felice a perdermi in quegl’occhi che mi erano mancati tanto quanto ad un albero mancano le sue foglie nei gelidi giorni invernali.
-Si, si, si!-
Mi prese in braccio, mi sollevò da terra, mi baciò, mi abbracciò. Mai, come in quel momento, sentii le strade Londra starmi così strette.
-C’è solo un problema però.-
Pierre si fermò, quasi timoroso di chiedermi –Quale?-
-Devo rimanere a Londra fino alla fine dell’anno scolastico.-
-Ok, ma intanto vieni con me. Le vacanze durano ancora una settimana.- e così dicendo mi posò sulla mano una busta con su scritto “Montreal is here”, contenente un biglietto.
Sorrisi e lo baciai. Sarà bello tornare a casa.

   
 
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