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Autore: Alys93    15/03/2013    1 recensioni
Il destino... Non si mai cosa ci riserva. E' qualcosa di oscuro, insondabile, eppure c'è gente che non smette mai di provare a prevedere cos'ha in serbo per noi. Non sappiamo mai come andrà la nostra vita, se riusciremo a realizzare i nostri sogni. E lo sa bene Richard, che, a diciassette anni, non sa ancora cosa fare, se troverà qualcuno disposto ad andare oltre le apparenze.
Se vi ho incuriosito, spero che leggerete la storia. Ve ne prego, siate clementi. E' la prima storia "decente" ke ho mai scritto. [Dopo molto tempo ed alcuni cambiamenti, più o meno lievi, ho deciso di continuare a postare questa storia. Spero che apprezzerete i miei sforzi]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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35-La verità

Richard sentì le lacrime, che aveva trattenuto fino a quel momento, inondargli il viso e sperò che sua madre non entrasse per vedere come stava.
Aveva bisogno di stare solo con se stesso.
Si sentiva un verme per quello che aveva fatto, eppure non era logico che stesse così male.
Era Megan ad aver voluto la fine della loro storia, non lui.
Allora, perché si sentiva come se avesse fatto la più grossa idiozia della sua vita?
Sentì la porta aprirsi appena e suo padre accese il piccolo stereo che gli aveva portato, infilando un Cd all'interno.
"Te lo manda nonno Riccardo" disse avviando il Cd "Secondo lui, questa musica potrebbe piacerti".
Il ragazzo non rispose e si limitò a concentrare i suoi pensieri sulla musica, napoletana come suo nonno.
Era uno dei primi successi di Gigi D'Alessio, il cantante preferito dalla famiglia materna.
Anche a lui piacevano quelle canzoni, anche se spesso parlavano di storie d'amore infrante.
Forse erano quelle più adatte in quel momento, ma non sapeva fino a che punto sarebbe riuscito ad sopportarle.
Ascoltò le prime due senza battere ciglio, ma quando la terza iniziò, si sentì mancare il fiato.
Quel ritornello… Non era stata una buona idea ascoltare quella canzone.
Era troppo, sembrava che fosse stata scritta per lui, anche se solo per quelle parole; la storia che descriveva era appena un po' diversa.
Perché il cantante aveva usato proprio quelle parole? Perché?
Suo padre non avrebbe dovuto fargli ascoltare quel Cd; era troppo per lui…
Era come se gli stessero infilando una lama seghettata nel cuore. Una sofferenza insopportabile.
Però stu core corr semp addo' stai tu
m'braccia a te se vo' fermà
e addevent scustumat quando nun m'astring tu
si o' core mio nun foss cumanat a te
nu capricci tuoi non m'essa chiù trattenere
Comme se fa
a sapé se senza e te continuo a vivere
Pe te scurdà
dimmel tu quala strada ce sta…
Ah, ma addo' me port o' core
nun esist ca ce trovo
n'at ammore a fore e te
E mai nessciun tutt chest po' cagnà
forse pecché pur Dio
mo' è cuntent accussì…
Quella canzone gli faceva provare un dolore indescrivibile, ma sapeva il perché di quella tremenda sofferenza.
Perché lui l'amava ancora e la ferita che aveva aperto era così dolorosa che non sapeva come avrebbe potuto sopportarla.
Era un'agonia atroce… qualcosa di sconvolgente. Ignorando il dolore al braccio, si girò su un lato, in modo che qualcuno fosse entrato, non lo avrebbe visto subito in volto.
Perché? Perché gli era successo di nuovo?
Quello che aveva già sofferto non bastava?
Sentì il dolore aumentare sempre più e non riuscì a contenerlo dentro di sé.
Affondò il volto nel cuscino e diede libero sfogo a tutta la sua sofferenza.
 
Megan arrivò a casa, fradicia ed esausta, ma soprattutto sconvolta per le parole dette da Richard.
Possibile che non le avesse creduto? Quell'e-mail era stata mandata dal suo contatto, ma non era stata lei a scriverla.
Non aveva alcun motivo per fare una cosa del genere.
Quando entrò nel cortile, la pioggia era così fitta che non riusciva quasi a scorgere la veranda.
Non voleva che la sua famiglia la vedesse in quello stato e si diresse verso la grande quercia.
Rimase per un attimo sotto le sue maestose fronde, cercando di riprendere fiato, poi afferrò la corda e lasciò che la scala scendesse fino a lei.
Nonostante il legno scivoloso e l'acqua che continuava a cadere, si arrampicò sulla scaletta, aggrappandosi alle corde che la sostenevano, e si trascinò sul piccolo ballatoio.
Aprì la porta ed entrò barcollando, reggendosi alla parete, ma quasi cadde a terra, quando le energie l'abbandonarono di colpo.
Le lacrime le bagnarono il viso, mentre si trascinava verso i sacchi a pelo disposti sul pavimento.
Ringraziò mentalmente Miguel per aver rivestito l'intera struttura con una vernice impermeabile.
Almeno, l'acqua non sarebbe potuta penetrare tra le tegole del tetto.
Il calore del rifugio l'aiutò a riprendersi appena, permettendole di avvolgersi in una delle coperte.
Si sentiva male, distrutta.
Era come se le avessero fatto a pezzi il cuore.
Quella sofferenza che aveva dentro era così intensa che temette di scoppiare da un momento all'altro.
Affondò il viso nella morbida imbottitura del sacco a pelo che le faceva da materasso e lasciò che le lacrime sgorgassero senza freni.
Non riusciva più a controllarsi.
Il corpo le tremava in maniera convulsa, mentre tentava di soffocare i singhiozzi nella coperta.
Non voleva che gli altri la sentissero. Voleva soltanto rimanere sola.
Perché Richard non le aveva creduto?
Com'era possibile che la sua fiducia in lei potesse essere crollata così di colpo?
Non riusciva a spiegarselo.
Il cuore le diede una fitta così dolorosa che la ragazza temette di morire lì, sotto il rumore della pioggia battente.
Sentiva le voci di Miguel e suo padre parlare concitatamente nel salotto; sembravano preoccupati.
Nonostante la distanza, riusciva a capire tutte le parole che dicevano, ma non le importava.
Voleva solo restare lì e non muoversi più.
 
Nel salotto, Miguel guardava preoccupato la pioggia battente che bagnava il cortile.
Perché Megan non era ancora tornata? Ci stava mettendo troppo.
Perdipiù, non aveva neanche un'impermeabile per coprirsi.
Il telefono iniziò a vibrare di colpo sul tavolino ed il ragazzo si affrettò a rispondere.
Sentì la voce del padre di Richard e si sentì appena più sollevato.
"Buonasera, signor McKallister. Mi fa piacere che abbia chiamato. Volevo farlo io per avere notizie di Richard, ma Megan è corsa a vederlo e la stiamo ancora aspettando" disse nel ricevitore.
Josh rimase interdetto "Non è ancora tornata a casa?", "Perché? È andata via da molto?" chiese il ragazzo allarmato.
"Da almeno mezz'ora. È uscita di corsa dalla camera di Richard e l'ho vista andarsene verso casa" spiegò l'uomo "Volevo sapere se era arrivata. Sembrava sconvolta quando se n'è andata".
"Non è ancora tornata" bisbigliò Miguel, ormai nel panico "Eppure, l'ospedale non è troppo distante".
Dove diamine sarà finita? si chiese preoccupato, poi si sforzò di chiedere di Richard.
"Sta bene, per fortuna" sospirò Josh "Tra un paio di giorni dovrebbe essere già fuori", "Meno male. Mi fa davvero piacere. Fortuna che ha la pelle dura…".
Il giovane lasciò andare un sospiro, poi passò il telefono al padre ed uscì sotto la veranda.
Non riusciva a vedere niente a causa della pioggia, che cadeva sempre più fitta e pesante.
Ma non poteva restare lì, mentre sua sorella era chissà dove, sotto quel diluvio.
Prese un ombrello dal vaso accanto all'ingresso e si diresse verso il cancello, ma fu distratto dal forte abbaiare di Thunder, che tirava la catena a cui era attaccato.
"Che ti prende, bello?" chiese Miguel, liberandolo ed accarezzandogli la testa "C'è qualcosa che non va?".
Il cane gli afferrò un lembo dei jeans, facendogli capire che doveva seguirlo, e corse verso la quercia, abbaiando più forte.
Lui lo seguì di corsa, fermandosi sotto i maestosi rami dell'albero, e notò che la scala era stata fatta scendere.
La cosa gli parve strana e decise di salire. Si arrampicò sui piccoli pezzi di legno e salì sul ballatoio, accorgendosi che la porta del rifugio era socchiusa.
Avanzò cauto e l'aprì lentamente, ma rimase stupito, quando vide Megan singhiozzare, rannicchiata sotto una coperta.
Chissà da quanto era lì e loro non se ne erano accorti!
Le andò vicino e sollevò la coperta, vedendo che aveva il viso rigato dalle lacrime.
"Meg" sussurrò "Che diamine ci fai quassù, si può sapere? Ci stavamo preoccupando a morte, lo sai?".
La ragazza non rispose, ma lui si accorse che era totalmente bagnata.
In più, i singhiozzi la scuotevano senza sosta, facendola sussultare con forza.
"Cosa ti è successo, Meg?" chiese ancora il giovane "Sei in uno stato tremendo! Richard sta bene, perché piangi così?".
Non appena pronunciò il nome del ragazzo, lei lasciò andare un gemito di dolore e si rannicchiò su se stessa.
Si sentiva come se il cuore le si stesse lacerando e si strinse istintivamente le braccia attorno al petto.
Non riusciva a sentire altro che dolore dentro di sé ed era appena consapevole della presenza del fratello alle sue spalle.
Miguel capì che era successo qualcosa, ma non ebbe il coraggio di chiederle cosa.
Era fin troppo evidente che stava soffrendo troppo per parlare e decise di tenere per sé le domande che gli affollavano la mente.
L'aiutò ad alzarsi e la portò fuori, facendola sedere sul piccolo montacarichi che usavano per Ines.
La fece scendere lentamente, per evitare che cadesse, e la seguì usando la scala.
Quando rimise i piedi per terra, vide i suoi genitori guardarli da sotto la veranda "Megan era nel rifugio".
Si caricò la sorella sulle spalle e la portò dentro, al caldo.
Sembrava quasi un sacco di vestiti bagnati, tanto era fradicia. In più, non diceva una sola parola e tremava in maniera incontrollabile.
Grecia aiutò il figlio a portarla di sopra, ma, non appena aprì la bocca per chiederle cosa le fosse successo, Miguel la fece tacere con uno sguardo.
Megan non disse una parola, neanche quando la madre le sfilò i vestiti bagnati, facendole indossare qualcosa di asciutto.
Sembrava che non fosse lì, non mentalmente almeno.
Continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé e non diceva una parola, come se non fosse più capace di parlare.
Dalla sua bocca non uscì nemmeno un lieve lamento, quando la madre le disinfettò i graffi profondi che aveva sulle mani e sulle ginocchia.
Alan salì in camera della figlia e le si sedette accanto, "Meg, ma cosa ti è successo? Perché non dici niente? Tesoro, vuoi rispondermi?".
La ragazza non rispose e continuò a guardare la parete di fronte a sé, lontana da tutto e tutti, rinchiusa nella sua bolla di dolore.
Il padre l'afferrò per le spalle e la scosse, tentando di farla reagire, ma lei rimase inerme come una bambola tra le sue mani.
Grecia gli fece allentare la presa ed uscirono dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Scesero nel salotto, aspettando che Miguel spiegasse loro cosa fosse successo a Megan.
Il ragazzo diede un pugno alla parete e sussurrò "Neanch'io so cosa le sia successo. So solo che l'ho trovata nel rifugio, tremante e…".
Lasciò andare un sospiro, ma non disse quello che pensava Credo sia successo qualcosa tra lei e Richard, ma non so cosa.
Scosse la testa, mormorando "Credo che dovremmo lasciarla in pace per un po'. Nello stato in cui è adesso, non le caveremo una parola di bocca".
"Forse, dopo, sarà lei stessa a dirci cos'è successo" disse, prima di chiudersi nella propria camera.
Si stese sul letto e ripensò alle condizioni della sorella quando l'aveva trovata, cercando di capire cosa fosse successo.
Le parole di Josh McKallister gli rimbombavano nella testa come un ritornello ossessivo, "Volevo sapere se era arrivata. Sembrava sconvolta quando se n'è andata".
Sferrò un pugno al cuscino, mentre la rabbia e frustrazione si facevano bruscamente largo dentro di lui.
Se Richard l'aveva fatta soffrire, in qualunque modo, gliel'avrebbe pagata cara.
 
Richard si appoggiò al ripiano della finestra, osservando il paesaggio che gli si presentava davanti.
Erano già passati due giorni dall'incidente, eppure, il dolore che provava ogni volta che il viso di Megan gli si affacciava nella mente non tendeva a scemare.
Strinse i pugni e si voltò verso la giovane infermiera che stava cambiando le lenzuola del letto.
Lei gli sorrise, mentre raccoglieva le lenzuola "Come va la testa? Ti fa ancora male?".
Il ragazzo rise, poggiandosi una mano sulla fronte "No, sto bene. Per mia fortuna, è dura come la pietra".
"Già" disse la donna "Però non credo tu sia stato molto carino con la ragazza che è venuta a trovarti due giorni fa. È corsa via in lacrime".
Richard strinse i pugni al ricordo, mentre il dolore lo invadeva di nuovo. Con forza.
L'infermiera capì che non voleva parlarne e si sbrigò ad appallottolare le lenzuola per portarla alla lavanderia.
Forse era meglio lasciarlo solo con i suoi pensieri…
Qualcosa cadde a terra con un lieve tintinnio, attirando la sua attenzione.
"Oh" sussurrò sorpresa "È caduto un anello dalle tue lenzuola".
Si chinò per raccoglierlo e lesse la frase incisa all'interno.
"Quella ragazza era la tua fidanzata?" chiese "Perché, se è così, ti ha restituito l'anello".
Il ragazzo spalancò gli occhi sorpreso e prese l'anello dalle mani dell'infermiera, che lo guardava incuriosita.
Sentì un doloroso groppo chiudergli la gola, mentre capiva che ogni legame tra loro si era definitivamente spezzato.
Doveva aspettarselo che gliel'avrebbe ridato, dato che tra loro era finita, ma, infondo, sperava che lo conservasse come un ricordo.
Ma che razza di ricordo sarebbe potuto essere?
Lo strinse nella mano e si voltò nuovamente verso la finestra, ignorando l'infermiera che era precipitosamente uscita.
Evidentemente, si era accorta che quell'argomento lo faceva stare davvero male.
Non riusciva a pensare ad altro che al dolore che lo attanagliava.
Ormai, la sofferenza faceva parte di lui.
Non si accorse che qualcun altro era entrato, finché non sentì la voce di Walter alle proprie spalle.
"Ciao, Richard. Ho saputo del tuo incidente. Come stai, ora? Mi sembri ancora tutto intero" disse il ragazzo, appoggiandosi alla parete.
"Posso sapere che ci fai qui, Walter?" chiese l'altro, voltandosi "Non credevo di farti tanta pietà".
"Infatti non mi fai alcuna pena" ribatté Walter "Volevo solo vedere in che condizioni eri. Se eri sopravvissuto".
"Oh, ma che gentile!" commentò Richard sarcastico "Ti ringrazio per tutta questa tua premura, non ce n'era bisogno".
Il compagno ignorò tranquillamente la frecciatina, sapeva bene come vendicarsi. "Ho saputo che tu e Megan non vi parlate da giorni" disse in tono volutamente leggero.
Sorrise divertito nel vedere che aveva stretto i pugni con più forza ed aggiunse "Anzi, mi è giunta voce che vi siete lasciati".
Il ragazzo serrò la mascella, cercando di non reagire alle frecciatine di Walter, ma era tremendamente difficile.
Non bastava il dolore che già provava… doveva mettercisi anche lui, ora!
Lo sentì avvicinarsi, ma non si voltò e continuò a guardare fuori dalla finestra, cercando qualcosa su cui concentrarsi.
Purtroppo, il riflesso del suo ghigno freddo e crudele nel vetro gli rendeva tutto più difficile.
Ma come poteva essere così cinico?
Perché non se ne andava al diavolo e lo lasciava in pace, una buona volta?!
"Sai, a mio parere, sei stato un vero idiota" rise Walter con un ghigno perfido sulle labbra "Dove la troverai più una ragazza come lei? Ti sei fatti sfuggire una grande occasione!".
Gli batté una mano sulla spalla e sussurrò "Ma non temere. Non rimarrà sola a lungo. Mi occuperò io di lei".
Poi se ne andò, dicendo "Ci si vede, Ric. Vedi di non fare altre cazzate, o finirai con il metterti nei guai".
Lui si voltò di scatto, accecato dalla rabbia, e gli lanciò contro la prima cosa che si ritrovò sotto mano.
Un pacco di garza volò attraverso la stanza, colpendo la porta a pochi centimetri dalla testa di Walter.
Quello si girò appena, ghignando maligno "Oh, vedo che la cosa ti brucia ancora. Meglio così. Almeno potrò divertirmi più del previsto".
Gli fece un lieve cenno di saluto e si chiuse la porta alle spalle, ridendo della sua espressione sofferente.
Richard si accasciò sulla sedia e si prese la testa fra le mani, chiedendosi perché fosse venuto a tormentarlo.
Ma, soprattutto, che voleva dire che si sarebbe occupato lui di Megan?
Perché gli dava una tale sofferenza?
Lanciò un'imprecazione, quando sentì la porta aprirsi ancora e si voltò, pronto a fronteggiare di nuovo Walter.
Rimase allibito quando si ritrovò davanti Robert, che si chiuse la porta alle spalle con la massima cautela.
"Sei solo, non è vero?" sussurrò, "Ovvio" ribatté l'altro "Chi altro ci dovrebbe essere, qui dentro?".
L'amico lasciò andare un sospiro di sollievo "Meno male. Se Walter mi becca a parlarti, mi uccide, ma proprio non ce la facevo a restare a casa".
"Se n'è appena andato" disse Richard, "Meno male. Non ero sicuro di averlo visto uscire" mormorò il compagno.
Si sedette sul bordo del letto, dicendo "Prima di tutto, volevo sapere come stavi. La notizia ci ha lasciati tutti sconvolti".
"Sono ancora vivo" si limitò a rispondere il giovane "Grazie dell'interessamento, ma dovresti andartene. Se Walter ritorna e ti becca qui, tuo padre passerà dei brutti momenti".
"Mio padre non è più un problema" disse Robert, lasciando andare una strana risata "Ric, c'è una cosa che devo dirti. È di fondamentale importanza".
Lui lo guardò incuriosito "Come sarrebbe, tuo padre non è più un problema?", "Semplice, gli ho parlato" rispose l'amico.
"Quando gli ho spiegato quello che stava accadendo con Walter e gli ho raccontato perché fossi andato con lui, è rimasto fermo per qualche attimo" mormorò "Sembrava indeciso se abbracciarmi, o prendermi a pugni…".
Si passò una mano sulla guancia e continuò "Alla fine mi ha dato uno schiaffo e mi ha abbracciato. Era commosso che avessi sacrificato l'amicizia per evitare di fargli perdere il lavoro, ma si è incavolato di brutto perché mi sarei dovuto opporre alla decisione di Walter".
Scosse appena la testa, dicendo "Mi ha detto che dovevo correre da te e dirti tutto. Cosa che avevo già intenzione di fare da un po' di tempo, ad essere sincero".
"Peccato che mi abbiano tenuto sotto stretta sorveglianza per un sacco di tempo, altrimenti sarei venuto ad avvisarvi subito e non sarebbe scoppiato tutto questo casino" aggiunse con una smorfia.
L'altro lo guardò stranito, ma che cavolo gli stava dicendo?
"Primo: tuo padre cosa farà, quando Walter ti beccherà ad aiutarmi?" chiese con un'espressione sbalordita "Secondo: cos'è che devi dirmi di tanto urgente?".
Robert sorrise appena "Si è licenziato ieri mattina. Walter non lo sa ancora. Nella fabbrica del padre di Megan avevano bisogno di un buon meccanico e mio padre è stato assunto un paio d'ore fa".
Vide l'espressione dell'amico nel sentire quel nome e sussurrò "Il che ci porta alla seconda domanda: cosa ti devo dire".
Gli poggiò una mano sulla spalla, dicendo "Ric, tieniti forte, perché non ti piacerà affatto. Forse, per te, sarà una specie di shock".
"Mi è già successo qualcosa che non mi piace per niente, Robert. Non capisco cosa potrei aspettarmi di peggio" mormorò Richard, fissando il pavimento.
Le lucide mattonelle bianche gli rimandarono una specie di riflesso sbiadito, che però lasciava trasparire il suo dolore.
L'immagine che vedeva era quella di qualcuno che aveva perso la cosa più bella di tutta la sua vita e stava soffrendo in modo atroce.
"Lo so, ma puoi ancora rimediare" ribatté l'altro con decisione "Perciò, ascoltami bene. Non è stata Megan a scriverti quell'e-mail".

   
 
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