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Autore: AleCarrots    15/03/2013    11 recensioni
La società fa schifo: pronta ad additarti senza che tu abbia fatto nulla, a giudicarti senza che tu abbia detto niente, a sfotterti senza colpa.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sing A Song.'
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Cammino per i corridoi, incrociando quelli più 'cool' della scuola, come direbbero gli americani, e abbassando lo sguardo. Mi avvicino al mio armadietto ascoltando musica con le mie cuffiette. Lo faccio sempre, per isolarmi da quel mondo viscido. Apro il rifugio dei miei sogni, con dentro alcuni poster dei miei cantanti preferiti, i One Direction, le Little Mix. 
Carlo, quello più prepotente, mi chiude l'armadietto in faccia, prende il mio iPod dalla tasca "Nuovo iPod vedo, che ascolti? Sempre quei froci dei Uan Direscion?" così facendo, lo prende, e lo scaraventa a terra, calpestandolo e frantumandolo.
Ovviamente, Carlo attirò intorno a se molta gente, che mi guardava ridendo. 
Si avvicina un ragazzo, per raccogliere i libri che caddero a terra. E sempre davanti a tutti aggiunge "Dovresti proprio cambiarti, fai ancora schifo", mi passa i libri, e se ne va ridendo abbracciando la sua ragazza, la sua bellissima ragazza.
Io per quel ragazzo avevo un debole da quando avevo dodici anni, e al liceo era diventato.. lui, insomma.
E per cambiarmi, non intendeva solo i vestiti, intendeva diete, palestra, e un pizzico di dignità.
Nessuno era lì, per me, nessuno.
Era il quinto mp3 che cambiavo in un mese. 
Mi sentivo sola, sola più che mai. Continuavo a camminare per la strada ascoltando musica, la sola che mi avrebbe aiutata in quel momento. 
Pure i drogati stavano alla larga da me. 
Nessuno voleva avermi come amica, sicuramente avrei rovinato la reputazione di qualcuno. 
Mi guardavano, tutti, e ridevano, per come ero vestita. Mi prendevano in giro perchè indossavo sempre dei jeans, anziché un vestitino. Mi rinfacciavano le feste e i balli. 
La società ti conta i rotoli della pancia, e per ognuno di essi, devi pagare.
Chi ha la pancia piatta, chi alle sei del mattino si fa la piastra, o chi si mette chili e chiili di trucco in faccia, e ovviamente chi va alle feste mezza nuda, è una ragazza. 
Le altre, che sono più rotonde, che non si curano molto, o che semplicemente alle sei del mattino dormono, sono maschiacci, e chi vuole un maschiaccio? 
Occhi azzurri di qua, capelli biondi di là. 
Bellissime ragazze ovunque.
E poi ci sono io.
Io dormo fino alle sette e mezzo, poi mi sveglio, e di fretta e furia faccio colazione, mi lavo i denti e possibilmente anche la faccia, metto i primi vestiti che trovo, mi pettino i capelli, metto gli occhiali, ed eccomi pronta per affrontare un altro giorno. 
Ho i denti storti, infatti preferisco mettere la mano davanti quando rido, il che non capita spesso. Rido solo quando sono me stessa, e sono me stessa solo con dei ragazzi che sono molto distanti da me, e che vedo solo un mese in estate. 
Ci vorrebbe un pulsante per mettere pausa, e andare avanti velocemente nel tempo, arrivare ad un'età adulta, nel quale si può 'ricominciare'.
Conoscere persone, ragazzi. Dimenticare lui. 
Tornata da scuola, di solito pranzo, e mi chiudo in camera e studiare, ovviamente continuando ad ascoltare musica. 
Io studio, non sono una secchiona, ma studio, perchè lo studio serve ad inseguire i nostri sogni, il mio è di andare a vivere all'estero. Ma non posso farlo se non studio. 
Intanto tutti mi prendono in giro perchè prendo i voti più alti nelle verifiche. 
Il pomeriggio, dopo che sento e assorbo tutte le lamentele di mia madre, c'è un momento di pausa anche dalla musica: sotto la doccia. 
Lì rifletto in silenzio, sentendo l'acqua che scende sul mio corpo, il mio orribile e tanto odiato corpo. 
Chiudo gli occhi, sono una goccia d'acqua nell'oceano. Una delle tante piccole gocce tutte uguali. Tutte uguali eppure così diverse paragonate alle persone. 
E mi ritrovo a piangere, dove nessuno può sentirmi, piango, e le lacrime si confondono con le gocce, diventano un tutt'uno. 
Voglio sentirmi libera, voglio sentimi accettata.
Esco dalla doccia e dopo essermi asciugata e vestita, vado in camera mia, mi butto sul letto, e ascolto quelle parole, quei testi che riservo sempre a fine giornata, come premio. 'Sono arrivata a questo punto, posso iniziare un altro giorno'. 
 
«And when you're fifteen, feeling like there's nothing to figure out, well count to ten, take it in, this is life before you know who you're gonna be, you're fifteen»
 
«Someday I'll be livin' in a big old city, and all you're ever gonna be is mean. Someday I'll be big enough so you can't hit me, and all you're ever gonna be is mean. 
Why you gotta be so mean?»
 
«It's miserable and magical, tonight's the night when we forget about the deadlines, it's time»
 
E piango, perchè i miei idoli, mi confortano come fratelli, mi proteggono, ma nel frattempo mi fanno soffrire, anche loro sono distanti. 
Mi chiedo perchè? Perchè mi trattano così? Perchè mi tratto così? 
Piango, piango, e affogo le mie urla nel cuscino, per poi girarlo, e iniziare a dormire.



Questo è quello che penso, questo è quello che provo. 
Per quanto riguara l'impostatura del testo.. beh, è la prima OS che scrivo, e scusatemi, se non vi è piaciuta.
Sono invisibile.

 
  
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