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Autore: _Des    15/03/2013    41 recensioni
- “ Se lo credi, scommettiamo. Ti piace giocare? “ – sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora.
M’imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai, qualità che mi avrebbe fatto perdere qualsiasi scommessa già in partenza.
- “ Si? “ –
- “ Allora facciamo un gioco: parliamo al telefono, usciamo insieme, ridiamo e scherziamo..” – si fermò proprio sul più bello, lo guardai ancora perplessa per poi chiedergli:
- “ E poi? “ – lui sorrise quasi con dolcezza, una dolcezza differente dalle altre. Posò una mano sopra una delle mie guancie e rispose, quasi fosse la risposta più logica al mondo:
- “ E poi niente, il primo che s’innamora perde. “ – sbarrai gli occhi, fissandolo.
Era serio. 

**
- “ Prepara le cento sterline. “ – il moro batté una mano sul petto del riccio che lo osservava, convinto che il piano del suo amico sarebbe andato a puttane.
- “ Tu prepara a rimanerci scottato. “ – 
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scommettiamo. Ti piace giocare? '
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*Comunicazione di servizio: ultimo capitolo di questa prima storia. Sarà lungo e la canzone “scritta” da Sam, è in realtà di Giorgia, intitolatasi Dove Sei.  Are you ready to hell?

Giugno, fine dei corsi. 

Osservavo la squadra di football della scuola gareggiare nell’ultimo importante incontro della stagione, quello che avrebbe decretato il vincitore di un susseguirsi infinito di partite che Liam e la squadra avevano vinto una ad una.
Esultavo ad ogni punto guadagnato e sfottevo di tanto in tanto i miei amici, divertendomi in modo assurdo quando la gente che mi circondava godeva delle mie battute, tornando poi a prestare attenzione ai loro beniamini.
Al mio fianco sedevano Hayley e Francesca, mentre Juliette era intenta a mettere in pratica tutti quei tifi ideati appositamente per la partita, insieme alla squadra delle cheerleader.
Erano buffi.
Niall grondava di sudore e di tanto in tanto dava di matto, quando qualcuno osava spintonarlo. Gli avversari lo temevano in modo sconsiderato. Al loro posto non avrei potuto che fare altrettanto. Il biondo era un angelo con chiunque, ma in campo la sua personalità evolveva.
Harry riusciva a presentarsi in modo provocante persino con una divisa da giocatore, ed era facilmente distinguibile, nonostante vestissero tutti allo stesso medesimo modo. C’era chi, tra il pubblico, emetteva urli e coretti a lui indirizzati ed i miei sfottò miravano proprio quel genere di ragazze, uno dei più diffusi in quel particolare evento, ed il diretto interessato.
Louis rappresentava la scheggia della squadra. Volava a destra e a manca in aiuto dei suoi compagni o in difesa del territorio. Vedevo di tanto in tanto sbucargli qualche capello castano sulla fronte e lo immaginavo sbraitare, al pensiero che i suoi capelli fossero orrendi da dover guardare, cosa più che certa dopo una partita tanto impegnativa e a quelle temperature.
Liam era il mio orgoglio. Nonché a lui venisse riservato un trattamento preferenziale, rispetto agli altri tre, mettiamolo in chiaro, ma lo incoraggiavo maggiormente perché aveva svolto e stava svolgendo un lavoro eccellente. Ogni tifoso della squadra non faceva che ripetere a voce quel pensiero che rimaneva intatto, racchiuso nella mia mente dall’inizio della stagione.
Ed infine Juliette, con la gonna bianca e blu ed il top che copriva solo la parte superiore del busto, era da considerarsi tremendamente bella. I capelli biondi le ricadevano dolcemente lungo le spalle e gli occhi color miele brillavano alla vista di ogni nuovo goal.
Mancava una sola persona, la stessa che non avevo avuto modo d’incontrare da metà aprile. Mi mancava, certo, ed il mio amore nei suoi confronti cresceva a dismisura, ma avevo concesso del tempo a lui e ne avevo preteso persino per me.
Era bastato impormi il pensiero costante che mi amava, che mi avrebbe attesa e che, per finire, non restava che far chiarezza in me e tornare alle origini, salvare i ricordi di un anno funesto, intenso, ma che mai avrei voluto dimenticare e, semplicemente, non dar loro peso, poiché ne avevano già avuto fin troppo.
Non più una lacrima aveva solcato il mio viso, la notte avevo sviluppato una particolare tecnica che permetteva al mio instancabile sonno di avvicinarsi alla costa senza alcun ostacolo, smettendo di sognare Zayn, la sua partenza o un probabile ritorno.
Lo amavo con il cuore, componevo e cantavo grazie a lui, era la mia musa, la mia fonte d’ispirazione, ma mi limitavo ad esprimere ogni genere di sentimento per mezzo della musica, senza causarmi necessariamente del male.
Ne stavo dando prova anche in quel momento. L’intera scuola stava assistendo alla partita e ad ogni altra attività promossa dalla scuola per chiudere in bellezza l’anno. Ed io avrei partecipato al concerto finale, nel pomeriggio, in cui si esibivano tutti i corsi musicali presenti nel college.
Avremo portato cover, arrangiamenti vari e, per chi era compositore, persino canzoni originali. Io sarei stata tra questi.
 
Eravamo tutti attratti dal campo da minuti: Anthony, uno dei giocatori della nostra squadra, era caduto a terra e sembrava non riuscire a rialzarsi. Rimasi con il fiato sospeso, proprio come il resto del pubblico. Il mister era entrato più volte in campo, mentre tutti attendevano l’arrivo della sostituzione che, sembrava, non fosse prevista.
- “ Sam.”  - la voce di un ragazzo poco più in là che, a quanto pare, infastidiva parecchie persone con i suoi lunghi dred, attirò la mia attenzione.
- “ Simon. “ – lo salutai. – “ Che succede? “ – domandai.
- “ Ti stanno cercando tutti da un’infinità di tempo! Dobbiamo prepararci per il concerto, ormai manca poco. “ – battei con forza una mano sulla fronte, trascinandola poi lungo il viso che aveva assunto un’espressione mista tra il dolorante e lo scocciato: avevo dimenticato l’appuntamento per le prove, con l’effimero intento di assistere all’intero svolgersi della partita di cui avrei conosciuto il risultato non prima di mezz’ora.
Accennai un saluto alle mie amiche. Esplicare quanto queste fossero divertite dalla mia reazione, credo sia piuttosto futile, trattandosi di un’ovvietà.
Scendendo le scalinate degli spalti e comparendo magicamente all’esterno dello stadio del college, posi qualche quesito al ragazzo:  
- “ Come hai fatto a trovarmi? “ –
- “ Immaginavo ti trovassi qui. Non fai che parlare di questa partita da settimane, ormai. “ – scrollai le spalle, sospirando. Ero talmente prevedibile.
- “ E’ una partita importante questa. “ – tentai di difendermi.
- “ Non lo metto in dubbio. Ma anche il concerto lo è. “ – ammisi tra me e me che il tipo aveva ragione e, riflettendo su quanto detto, rimasi completamente in silenzio fin quando non fummo giunti dinanzi l’enorme parco allestito per l’occasione.
 
Narratore Esterno.
Camminava con fierezza nel cortile, guardandosi ben attorno. Sentiva lo sguardo di molti puntato su di sé, ma prestava ben poca importanza a questi. Esisteva un particolare nel suo portamento, un non so cosa di stravagante nel suo passo, che permetteva di notare la sicurezza con la quale si dirigeva nuovamente su quello stesso prato, verso quello stesso campo in cui aveva subito ogni genere di allenamento e di cui percepiva una strana mancanza.
Vide un gruppetto di ragazze adocchiarlo, ridacchiare e parlottare a riguardo, prima di mettersi in pose a loro dire provocanti.
Il ragazzo sorrise, divertito, scuotendo lievemente la testa, prima di rivolgere uno sguardo incoraggiante alle tipe. Giusto per non scoraggiarle troppo.
Quelle ragazze avrebbero potuto adottare gli atteggiamenti più invitanti e sexy del pianeta, non avrebbe, in qualsiasi caso, offerto loro false speranze, nemmeno la più banale opportunità a cui tenersi strette. Non perché fosse spietate, ma per non illuderle, non lo meritavano.
E, dopotutto, nella sua testa girovagava un solo ed unico pensiero. Samantha, ancora. Sperava d’intravederla alla partita, verso il quale si stava dirigendo.
Sperava di poter essere ipnotizzato dal suo sorriso e stregato dalla sua risata, anche se si sentiva deluso, scoraggiato, a tratti arrabbiato. Non aveva più avuto sue notizie, non l’aveva più vista. Non sapeva se l’aveva dimenticato, se si era presa del tempo per riflettere e fosse giunta ad una decisione. Non sapeva assolutamente nulla di lei.
Aveva vissuto gli ultimi due mesi nella continua angoscia e speranza di vederla varcare le porte della clinica, uno dei tanti venerdì del mese, per fargli visita, accompagnata da buone notizie. Invece ciò non era accaduto, né quel venerdì, né quello dopo, nell’altro ancora.
Il dettaglio più rilevante era che, nonostante le avesse detto che prima o poi l’avrebbe dovuta dimenticare, se lei non si fosse fatta viva, provava ancora gli stessi sentimenti nei suoi confronti, semplicemente più amplificati.
Si ritrovò vicino il campo. Sospirò, nervoso, passando poi una mano nel ciuffo in cui erano ancora riscontrabili tracce di biondo. Entrò senza troppe cerimonie e si affrettò ad avvicinarsi alla panchina dove sedevano l’allenatore, gli assistenti e alcuni suoi compagni di squadra che, per quella giornata avrebbero scaldato le sedute, tranne che in caso di necessità.
Chiunque lo lasciava passare, riconoscendolo. C’era chi, incontrando la sua figura con lo sguardo, rimaneva dapprima stupito, poi gioiva indicandolo.
Era tornato.
Quando si ritrovò abbastanza vicino al mister, sorridendo, sussurrò poche parole sedendosi al fianco di quello che sarebbe potuto essere suo padre:
- “ La squadra è in forma. “ –
- “ Oh sì che lo è.”  - mormorò il mister che non smetteva mai d’osservare ogni movimento dei giocatori. Sorrise, l’uomo non s’era ancora accorto di lui. Lo osservò, senza farsi cogliere in flagrante: il coach non era invecchiato poi tanto in quei mesi, sebbene i suoi capelli fossero ancor più brizzolati e qualche ruga in più solcasse il suo viso.
Sentiva di volergli bene, dopotutto.
- “ Anthony sembra un po’ fiacco. “ – osservò, guardando l’amico.
- “ Deve resistere. “ – borbottò all’allenatore.
- “ E perché? “ – chiese ancora, sistemandosi al meglio sulla panchina. A quel punto, il mister s’innervosì. Forse perché il ragazzo lo distraeva, forse perché avrebbe dovuto ammettere che, per l’intera durata della stagione, aveva dovuto rinunciare ad uno dei suoi giocatori migliori e che, in quella circostanza, l’avrebbero portati a vittoria sicura.
- “ Perché Zayn non c’è! “ – sbottò, voltandosi ad osservare il suo interlocutore.
L’uomo si ritrovò ad osservarne un altro che aveva smesso d’essere un ragazzo, seppure possedeva ancora i tratti di un giovane. Si ritrovò a sorridere, sebbene poco prima avrebbe volentieri gridato contro quello stesso ragazzo. Si ritrovò ad ammirare Zayn in tutto il suo splendore, percependo infine che quella giornata sarebbe stata epocale.
- “ Zayn. “ – esclamò, commosso. Senza che questo potesse aggiungere alcunché, il mister lo abbracciò, ripetendogli quanto fosse mancato a lui, alla squadra, al macht. – “ Non giocarmi mai più brutti scherzi, ragazzo. “ – a Zayn fu permesso soltanto di annuire, sorridendo, prima che un fischio, seguito da alcune urla catturasse l’attenzione dell’intero stadio. Anthony era caduto a terra, spinto da uno degli avversari e stentava a tenersi in piedi, sia per la botta subita che per la stanchezza.
Zayn vide appena in tempo Niall precipitarsi contro il tipo che aveva colpito l’amico con l’intenzione d’intimidirlo ulteriormente, prima che venisse fermato da Liam, il loro capitano.
Il mister corse verso il ragazzo che giaceva ancora a terra, seguito dagli assistenti. Zayn rimase in attesa, osservando il tutto scrupolosamente. I tecnici si assicurarono riguardo le condizioni di salute di Anthony che non era ridotto tanto male, ma non era certamente in grado di terminare la partita. E mentre rifletteva su chi sarebbe entrato in campo al posto dell’unico valido attaccante in partita, Zayn si sentì picchiettare sulla spalla, prima di vedere uno degli assistenti al suo fianco e l’allenatore avvicinarsi per affiancarli.
- “ Zayn.. ho bisogno del tuo aiuto. “ – il mister impresse i suoi occhi scuri in quelli nel medesimo colore dell’unica ancora di salvezza a sua disposizione, gesto che bastò perché Zayn comprendesse.
- “ Non posso. “ – mormorò, impaurito.
- “ Sei la nostra unica speranza e lo sai. “ – lo riprese l’uomo, posandogli una mano sulla spalla con fare incoraggiante.
Prese a ripetersi quelle parole con fare estenuante, sospirando di continuo, prestando poi poca attenzione a quanto succedeva in quegli istanti. Ed era talmente coinvolto da quel pensiero che in breve si ritrovò ad accettare, poco consapevole di quanto stesse per fare.
- “ La divisa. “ – disse soltanto ed un sorriso pieno di gratitudine gli venisse rivolto dal mister e dall’assistente.
Non si sarebbe lasciato sopraffare dalla paura di sbagliare ancora.
 
Arrivò a bordo campo e si guardò attorno.
Osservò gli spalti alla ricerca di uno sguardo in particolare. Non lo scorgeva.
Fu spinto con forza verso il campo dal mister che, temendo un suo ripensamento, lo incitava a dare il massimo per la squadra.
Zayn sospirò, incamminandosi verso il centro dello stadio.
Allungò per un attimo l’occhio verso gli spalti e boom, la vide. Se ne stava andando in compagnia di un svitato con strani capelli. Lo aveva sicuramente già beccato in sua compagnia, eppure era infastidito. Scomparvero dalla sua visuale immediatamente.
Lei non s’era accorta di lui.
Arrivato a centro campo, si concentrò sui suoi amici: sembravano esser tutti cresciuti. Questi lo scrutavano sbalorditi, senza parole. Poi all’improvviso, si precipitarono tutti nello stesso istante verso di lui, stritolandolo in un abbraccio comune.
Avvertì il loro affetto.
- “ Cosa diamine ci fai qui? “ – sbottò Niall che non intendeva distaccarsi dal moro.
- “ Sono venuto a farvi visita. “ – asserì, convinto.
- “ Quindi basta? Hai finito con quella clinica? “ – domandò il riccio. Zayn annuì sicuro.
- “ E con quella roba? “- chiese Louis.
- “ Anche. “ – rispose serio.
Liam s’avvicinò all’amico, tendendogli una mano perché quando ce n’era bisogno, gli amici erano sempre presenti.
- “ Bentornato, amico. “ – disse soltanto, stringendolo in un abraccio che divenne sonoro, dal momento che il pubblico lo acclamò con grida e cori d’immensa felicità.
La normalità aveva fatto ritorno.
 
-Sam.
Il sole d’inizio giugno risplendeva con i suoi potenti raggi estivi ed io, per l’evento, avevo puntato per un outfits originale, ma che non risultasse troppo appariscente: pantaloncini di jeans a vita alta, anfibi, camicia e canottiera. Semplice, ma efficace, avrebbe detto un mio amico.
Nel backstage, scaldavo la voce per mezzo di vocalizzi, mentre percepivo brusii dalla parte opposta, segno che il pubblico aumentava di minuto in minuto.
Lo spettacolo avrebbe avuto inizio a breve e nel frattempo. C’era tensione in giro e questa era visibile e ben palpabile: tecnici audio, che altro non erano se non dei semplici alunni del college che, come noi cantanti, stavano facendo del loro meglio per chiudere l’anno in bellezza, balzavano dovunque urlando nomi di congegni, apparecchiature e codici del tutto incomprensibili per noi comuni mortali.
Ballerini, che sembravano possedere degli animi inarrestabili, mettevano in atto mosse e gesti che li rendevano snodabili ad occhi non competenti.
Ed infine c’eravamo noi cantanti che, tremando per l’agitazione, attendevamo impazienti che tutto avesse inizio.
Ciò che accomunava ognuno di noi, in quel momento, erano le emozioni, le scariche di adrenalina che si accalcavano per dare il via al concerto. Avremo voluto semplicemente esprimerci, cosa che, chi in un modo, chi nell’altro, ci riusciva piuttosto discretamente.
 
Mi venne porto un microfono, qualcuno si catapultò su di me per trascinarmi nei pressi del palco, sentii un conto alla rovescia, avvertii uno spintone poi.. mi ritrovai a calpestare una moquette nera dinanzi a migliaia di occhi.
Il concerto stava avendo inizio.
Sin da subito venni acclamata, probabilmente perché la folla non ne poteva più dell’attesa. Mi sentii intimorita da tutta quella varietà di sguardi puntati sulla mia persona, quasi giudicata. Evitai quindi di poggiare il mio su questi. Chiusi semplicemente gli occhi e lasciai che le prime note di Heart Attack di Demi Lovato m’ispirassero.
Avevo scelto quella canzone per la potenza evolutiva dell’estensione vocale, perché ne amavo il sound e perché la Lovato era la mia fonte d’energia primaria. L’adoravo poiché mi aveva del tutto rapita, cosa che pochi artisti erano stati in grado di compiere nei miei riguardi.
 
‘I think I'd have a heart atta-a-a-a-ck’
 
Spalancai gli occhi improvvisamente e mi ritrovai ad osservare la platea che si dimostrò apprezzante. Sorrisi d’istinto. Fu l’emozione a farmelo fare, fu quello scovarmi descritta in così poche parole. Come al solito, fu il suo pensiero che m’ispirò ed io glielo permisi, nuovamente.
 
 
Simon pronunciò il mio nome dal palco, invitandomi a raggiungerlo. Fui munita di microfono ed in un baleno lo affiancai, sorridente. Il pubblico ovvero amici, compagni, conoscenti, mi applaudirono, intendendo che a breve li avrei deliziati ancora con qualcuna delle mie esibizioni.
- “ Heart Attack è tornata. “ – mi annunciò il tipo con i dred.
- “ Hey! Non sfottere. “ – ebbe così inizio un divertente siparietto in cui non facevamo altro che prenderci alla leggera, divertendo la folla che partecipava attivamente. Era abitudine che qualcuno di noi si ritrovasse a farne di tanto in tanto, giusto per permettere a tecnici, ballerini e cantanti di preparare le attrezzature e riprendere fiato dopo una miriade di estenuanti esibizioni.
- “ ..insomma, abbiamo preparato un duetto. “ –
- “ Già. “ – lo appoggiai, quando rivelò il perché della nostra presenza su quel palco.
- “ Più che altro, lei ha preparato il duetto. Io le faccio da spalla. “ – scherzò. Gli rifilai un bel colpo sulla spalla, ridendo di quei suoi bizzarri tentativi di mettermi in imbarazzo.
- “ La classe non è acqua. “ – feci notare, ricevendo parecchi consensi.
Un piano prese a riprodurre dolci e flebili note appartenenti a A Thousand Years di Christina Perri. Indovinare quale perché mi avesse indotto a scegliere proprio quel testo, a renderlo un duetto e ad interpretarlo per il pubblico, non era estremamente difficile.
Esisteva un solo e puro motivo: lui.
 
I have died everyday waiting for you.’
 
Un ennesimo sorrisetto si posò sulle mie labbra. Nessuno ne era informato, nessuno comprendeva, nessuno avvertiva la sensazione di benessere che nell’immediato istante in cui cantai quel breve verso, m’invase.
Ed il mio pensiero rivolto ad un soggetto in particolare, fece battere il mio cuore stanco d’amore.
 
- “ Sono tornata. “ – urlai a squarciagola, mettendo nuovamente piede sul palco. Afferrai velocemente lo sgabello posizionato in un angolo del palco per artisti che, come me, preferivano di gran lunga sentirsi a proprio agio, pur di comunicare con chi spendeva buona parte del suo tempo per prestare loro attenzione.
- “ Vai a casa. “ – si udì. Storsi la bocca in un’espressione corrucciata, ma per niente sorpresa. Cercai dapprima lo sguardo del mio interlocutore, passando in rassegna ogni ragazzo dai capelli biondi che entrava nel mio campo visivo, ma non trovandolo mi decisi a rispondere:
- “ Horan non sentirtela matta solo perché oggi eri il più figo in campo. “ – schiamazzi di ragazze che la pensavano esattamente come me, furono la risposta che andavo cercando. Quando poi Juliette urlò infastidita che il ragazzo era, sfortunatamente, impegnato, mi concessi una risata, tentando ancora di scorgerli tra il pubblico.
- “ A proposito abbiamo vinto, gente? “ – mi bastò sentire il corpo studentesco intonare le note del motto che le cheerleader avevano ideato per spronare la squadra, per intendere che non avevamo semplicemente vinto. Ce l’avevamo fatta in tutti i sensi.
Scoppiò un putiferio. C’era chi ripeteva il cognome di Liam, chi quelli di Louis ed Harry, chi di Niall, chi di altri compagni di squadra, persino chi, senza alcun apparente motivo, dal mio punto di vista, ricordava Zayn.
Ed uno strano calore si manifestò in me.
- “ Payne..” – mormorai, premendo il microfono sulle labbra, pur di diffondere quel cognome il più possibile. – “ Payne..” – ripetei, notando gli scarsi risultati precedentemente ottenuti. A quel punto la folla s’ammutolì ed i due fratelli gridarono a chi, tra loro, mi riferissi. – “ Liam..” – dissi soltanto, individuandolo. Era seduto su alcune panche, affiancato da Hayley, da Juliette e dagli altri. Visibilmente stanco, appariva talmente perfetto e felice del successo riscosso che nulla l’avrebbe arrestato. Mi adoperai di non so quale immane quantità di coraggio e pronunciai in un sussurro poche fatali parole in pubblico: - “..sono fiera di te. “ – restò a guardarmi ad occhi spalancati. L’avevo stupito? Per così poco?
Chinò appena il capo prima di mettersi in piedi e gridare:
- “ Anch’io di te, Sam. “ – ero al corrente del fatto che lui non si riferisse solo e soltanto alle esibizioni di cui ero stata protagonista quel giorno. Lui era fiero di me, del mio essere riuscita a superare un periodo nero. Lui era fiero della mia forza. Fiero di esserne stato parte. Lui era fiero e anche questo mi scaldava il cuore.
 
-Narratore Esterno.
“Sono fiera di te.” “Anch’io di te, Sam.” La sua voce era stata capace di perforargli l’anima, poi di attraversarla, di renderla vulnerabile, d’immobilizzarla. Lo aveva messo k.o. ancora. E la dolcezza che traspariva nelle parole, nel tono da lei adottati, lo mandavano definitivamente in tilt. L’amava.
Zayn avrebbe voluto rivelarle quanto anche lui fosse fiero di lei e della donna che, nel giro di qualche mese, era divenuta. Ma aveva preferito nascondersi, dissolversi ai suoi occhi profondi.
- “ Per quanto hai intenzione di rimanere in questo modo? “ – lo derise Louis, ridacchiando. Zayn era sdraiato lungo le panche sulle quali lui ed i suoi amici erano accomodati, nascosto dalle schiene dei ragazzi, nel disperato tentativo di non farsi vedere da Sam che, con i lunghi capelli scuri e gli occhi profondi, l’aveva tratto in estasi.
- “ Solo fin quando non scenderà dal palco. “ – sussurrò. E avrebbe mantenuto la promessa, proprio come aveva continuato a fare fino a quel momento, ogni qual volta Samantha era annunciata sul palco o ci si catapultava a sua insaputa, urlando qualcosa d’incomprensibile che coinvolgeva la folla e che provocava qualche capriola per il suo povero cuore.
- “ Verrà a sapere comunque che sei qui, demente. “ – lo riprese Harry.
- “ Non deve accadere ora. Rovinerei tutto e questo è il suo momento. “ – mormorò il ragazzo, sospirando.
Nessuno tentò di persuaderlo del contrario, poiché ognuno di loro capiva quanta verità celasse il suo pensiero.
 
-Sam
- “ Bando alle ciance. “ – iniziai ridendo. – “ Sono qui per farvi perdere tempo. No, scherzavo. “ – mi schernì autonomamente. – “ Seriamente, quando i direttori di scena di questo concerto hanno ascoltato la canzone che sto per presentarvi, mi hanno chiesto d’introdurla con un discorso che raccontasse la storia del testo che le appartiene. “ – Sospirai, sistemandomi al meglio sullo sgabello. La tensione cresceva man mano. A quale canzone mi riferivo? A che storia mi ero ispirata?
- “ Questa non è una canzone d’amore o almeno non è una di quelle canzoni d’amore banali in cui si dice che tale sentimento sia tutto fiori e colori, sappiamo che non è così, affatto. Nella maggior parte dei casi l’amore distrugge, poi fortifica. L’amore è vario e sa cogliere più all’improvviso di un compito a sorpresa della Brown il lunedì mattina. “ – qualche risata, compresa la mia che invano trattenni, placò per un breve istante il mio discorso. – “ L’amore che ha colto me è stato capace di trasformare un apparente odio in un fottuto e perdutissimo sentimento che credo possa essere definito solo con la parola amore. Questo sentimento ha abbattuto ogni mia difesa, ogni certezza, mi ha resa fragile, mi ha illusa, mi ha fatta soffrire, sperare in un’imminente fine.. in tutti i sensi..” – trattenni il respiro per un attimo, indugiando. Il ricordo non provocava dolore, caso mai angoscia e mestizia. – “ Lo stesso amore mi ha aiutata a rialzarmi, mi ha teso una mano e mi ha spronata ad andare avanti, nonostante mi avesse fatto del male. Lo stesso amore ha dimostrato di sapermi amare senza un fine. Sono stata sciocca e probabilmente l’ho perso, ma se ora fosse qui, griderei fino all’estremo delle forze a quell’amore, capace di farmi impazzire, che lo amo ancora. “ – il mio sguardo calò prontamente sul bracciale in oro bianco che Zayn mi aveva regalato mesi a precedere ed un sorriso spuntò sulle mie labbra. Lui personificava quell’amore.
- “ Ed il pezzo che sto per presentarvi racconta questa storia, la mia storia. “ – degli applausi e degli incitamenti precedettero l’arrivo di Edwyn, un ragazzo dai capelli neri ed il ciuffo imponente, che sedette al piano per poi iniziare a suonarlo, mentre passavo il microfono tra le mani attendendo l’attacco.
 
“Me ne andrò guardandoti
e lascio andare un’altra parte di me.
Ripenso alle cose che ho detto,
alle frasi che ho spento
e non ho saputo difendere.
Ti ascolterò pensandoti
e bruciano i silenzi intorno a me.
Rivedo le cose che ho fatto
e i momenti che ho pianto e
non ho saputo comprendere.
Non ho saputo ascoltare me..”
 
Avevo impugnato quanto più saldamente il microfono tra le mani e continuavo a stringerlo ad occhi serrati, per il timore che le mie paure, le mie incertezze, i miei sentimenti trapelassero e venissero scoperti tramite questi.
 
“Sento le parole che non so più cancellare,
i ricordi che rivivono non so più lasciarli andare.
Come sei?
Cerco nelle cose il sorriso che tentavi di nascondere
a me e agli altri, manca quando mi stringevi
come sei?
dove sei?
dove sei?”
 
La voce tremò. Mi affrettai a inspirare perché riuscissi a mantenere il controllo e a continuare la performance senza alcun intoppo. Sapevo cosa sarebbe successo. Avevo scritto di mio pugno testo e accompagnamento, qualche modifica era avvenuta ad opera di Edwyn ed il risultato era quel genere di atmosfera che si viene a creare quando il pubblico è totalmente rapito da ciò a cui assiste.
 
“Ti cercherò, spogliandoti
di tutte quelle ferite che ho per te.
Rivivo le notti che ho perso,
gli errori che ho fatto,
i momenti che ho infranto le regole.
Sparirò tra gli altri, ma tutto mi
riporta da te,
nelle cose che vivo, mi chiedo
com’è che è accaduto?
E non ho saputo comprendere,
non ho saputo ascoltare me.”
 
Invano, cercai di rimanere pacata. Alla fine cedetti alle lacrime che scorrevano sulle mie guance, sebbene non ci fosse alcuna traccia di un ipotetico tradimento nella voce, poiché era tanta la concentrazione acquisita, che non m’accorsi nemmeno di star piangendo come mai.
 
“Sento le parole che non so più cancellare,
i ricordi che rivivono non so più lasciarli andare.
Come sei?
Cerco nelle cose il sorriso che tentavi di nascondere
a me e agli altri, manca quando mi stringevi
come sei?
dove sei?
dove sei?”
 
Mi sollevai dallo sgabello sul quale sedevo e cominciai ad intrecciarmi su me stessa, tant’ero coinvolta. Non osavo mai aprire gli occhi, però. Non sentivo un’anima fiatare, reazione che non riuscivo a collocare tra le buone o le cattive.
 
“Penso alle volte che mi hai detto
che mi amavi, i ricordi che rivivono
non so lasciarli andare.
come sei?
dove sei?
dove sei?”
 
L’ultimo decisivo acuto e aprii gli occhi, singhiozzando.
Non sfogavo le emozioni con il pianto da tempo ormai e offrire loro un banale modo per esprimersi proprio in quella circostanza, mi aveva del tutto liberata.
Il sole mi accecò sin da subito, riuscii poi a riprendere il controllo della vista, battendo per un po’ le palpebre.
Fu allora che, guardandomi attorno, individuai una serie di sguardi amici che mi osservavano esterrefatti, stupiti, sorpresi. Fu allora che strinsi al petto il suo bracciale. Fu allora che capii di avergli gridato, proprio come avrei voluto, anche se senza volere, di amarlo alla follia.
 
-Narratore Esterno.
Aveva iniziato con “Questa non è una canzone d’amore..” per finire con “ma se ora fosse qui, griderei fino all’estremo delle forze a quell’amore, capace di farmi impazzire, che lo amo ancora.”
E Zayn aveva sentito il corpo sussultare, disteso sulla panchina, all’idea d’essere lui quell’amore o per la speranza di esserlo. Il cuore aveva preso a palpitargli in modo disumano, quasi andava in iperventilazione. Per calmarsi, strinse forte le mani, desiderando di potersi rialzare quanto prima per trovare conforto.
Un pianoforte riprodusse alcune note, poi una voce, che riconobbe essere la sua, lo lasciò definitivamente senza fiato.
 
“Sparirò tra gli altri, ma tutto mi riporta da te.”
 
L’immagine di lei ed André quel giorno di parecchi mesi prima, nel negozio di musica, abbracciati, generò una morsa in lui che strinse in malo modo il suo stomaco, rovesciandolo. Provava dolore, nuovamente.
 
“Cerco nelle cose il sorriso che tentavi di nascondere a me e agli altri.”
 
Era stata capace di paragonare ogni gesto che aveva compiuto per lei, ad insaputa del mondo, e che le avevano causato malessere, ad un sorriso. Ecco che il dolore s’intensificò.
 
“I ricordi che rivivono non so lasciarli andare.”
 
Non riuscì a fermarsi. Si sedette al fianco del riccio che lo guardò sorpreso, seguito dagli altri. Quando, poco dopo, Samantha emise l’acuto finale, schiuse appena le labbra giudicandosi un vero idiota. Si trattava della più bella dichiarazione d’amore che avesse mai visto fare e di cui mai fosse stato parte.
Centrò i suoi occhi, fissando le sue iridi scure che, persino a distanza, erano visibilmente arrossate, poi le sue guance colme di lacrime, per finire le labbra contorte per conformarsi ad un espressione sfinita.
Si avvistarono, riconobbero, poi contemplarono e per finire stupirono.
 
-Sam.
Il concerto era terminato.
La folla stava prendendo il largo, ma il cortile del college era ancora invaso dalla sua presenza. Non badai minimamente ai miei effetti personali, riflettei soltanto sul piano d’attuare per rintracciare e raggiungere quel tale.
Necessitavo di vederlo.
Corsi tra la massa, ricevendo spallate, di tanto in tanto insulti, forse qualcuno mi maledisse, ma in quegli istanti cercavo solo d’individuare anche un solo indizio tra la moltitudine che m’indicasse quale strada intraprendere per riabbracciarlo.
E se lui non avesse voluto riabbracciarmi? Scacciai immediatamente il pensiero. Non dovevo tirarmi indietro ancora, non quella volta.
Mi addentravo all’interno, poi cercavo verso l’esterno dell’enorme gruppo creatosi, ma nulla, era come.. scomparso?! Possibile?
A seguire, sospirai di sollievo: Juliette e Niall erano a pochi metri di distanza. Mi catapultai su di loro, domandando di Zayn con fare esplicito. Non esigevo indugi.
- “ E’ con Hayley e Liam al parcheggio per prendere l’auto e andare a pranzo. “ – rispose Niall, senza capirci un granché. Borbottai un grazie stizzito, prima di riprendere la corsa.
Sarei dovuta arrivare in tempo, avrei dovuto avere la mia possibilità. Noi meritavamo una chance.
Il parcheggio distava davvero poco dal punto in cui mi trovavo, ma dopo una giornata simile, non potevo che essere adirata dal pensiero di dover correre ancora ed ancora. Arrivai al parcheggio in breve. Girai più volte su me stessa fin quando intravidi una testa rossa entrare in auto seguita da una capigliatura bionda. Ce n’era poi una nera con qualche riflesso aureo che, esitante, si apprestava ad entrare.
- “ Zayn. “ – gridai con tutto il fiato contenuto nei polmoni. Mi vide.
Gli sorrisi, fece altrettanto. Lo ammirai, fece altrettanto. Quando poi provai a riferirgli qualcosa, a distanza, lui venne richiamato da Liam seduto nel lato guidatore, perché li raggiungesse in auto. Zayn mi rifilò un’occhiata veloce, prima di fare come richiesto, senza mai voltarsi indietro.
Non aveva pensato minimamente di tornare sui suoi passi, di ascoltare almeno ciò che avevo da dire, che forse necessitavo d’essere compresa e non maltrattata, come invece ritenevo stesse facendo. Non meritavo un simile trattamento. L’aver sofferto e poi cercato in ogni modo di sopravvivere con la costante sofferenza nell’animo, non era un atteggiamento da dover essere incriminato.
Ma, a quanto pareva, Zayn ed io non la pensavamo allo stesso modo.  
L’auto venne messa in moto ed io, immobile, la vedevo estrarsi dal posto parcheggio, prima d’iniziare ad allontanarsi.
Una furia si scatenò in me, all’idea di averlo perso per sempre. Questa m’indusse ad urlare, persino in quella particolare circostanza, verso l’auto che non era ancora poi tanto discosta.
- “ Zayn, aspetta.. “ – strinsi forte gli occhi e, consapevole di quanto stavo per rivelare, trattenni il respiro. – “Ti amo. “ – un concreto senso di libertà e di leggerezza m’invase. L’avevo ammesso, finalmente. Avevo esposto ciò che provavo al mondo, il mio mondo. Sperai in un’inversione, in un ritorno dell’auto, in un suo aprire la portiera per precipitarsi all’esterno, in mia direzione.
Ma non fu così perché l’auto, guidata da mio cugino, non arrestò la sua corsa, prese sempre più le distanze, fin quando non svoltò per abbandonare la via, lasciandomi quindi modo di pentirmi, di riflettere sugli errori commessi.
L’avevo perso, proprio quando avevo compreso quanto amore dimorava in me.
Mi chinai su me stessa, sedendo sull’asfalto cocente.
Le lacrime bagnarono il mio volto e, con rapidità, fui persuasa dall’idea di non farmi vedere per un po’ nei dintorni, di lasciare che l’estate facesse il proprio corso e, nel frattempo, trasferirmi per i tre mesi feriali da qualche lontano parente, ma questi miei ragionamenti non ebbero lunga vita.
La tasca posteriore dei miei pantaloni vibrò, sfilai il cellulare e la mia attenzione fu catturata dal messaggio appena ricevuto.
Quella dannata commiserazione mutò in improvvisa gioia ed un inatteso desiderio di amare senza alcun fine mi pervase.
Poche parole risuonarono nella mia mente, quasi fossero le uniche di cui sentissi un estremo bisogno, mentre le leggevo impresse sullo schermo del cellulare:
 
‘Ti amo anch’io, più che mai. –Zayn”
 

my space:
E bene, cari lettori e care lettrici,
siamo giunti al termine del primo
grande capitolo di questa storia.
Sto tremando, perciò se trovate
qualche errore di battitura, non ce
l’abbiate con me, pls. lol
 
Scusate anche gli eventuali errori
del capitolo,
sono stata tormentata dalla scuola e,
lo ammetto,
non sono tanto soddisfatta del finale.
Ma fa niente.
 
Sono così emozionata, spero tanto
che questo genere di finale sia di
vostro gradimento. :’)
Tra l’altro, non potevate aspettarvi
nulla di differente.. davvero
credevate che avrei iniziato una nuova
storia con la coppietta già bella che fatta?
NEI VOSTRI SOGNI, GIA’.
AHAHAHAHAHAHAHAHA
 
Ora avrete un estenuante dubbio
sul quale riflettere: staranno o non
staranno mai insieme?
E chi può dirlo! lol
Sicuramente si amano, ma io non
ho mai accennato al fatto che la
loro sarà una bellissima love story.
Okay, sì.
Potete avercela con me.
AHAHAHAHAHAHAHAHA
Ma non più di tanto, perché potrei
invece sorprendervi tanto nel
sequel di questa storia. ;)
 
E ora, niente.. anzi sì.
Ho qualcosa da dire: Grazie.
Grazie,per aver letto ogni singolo
capitolo.
Grazie, per aver recensito molti di
questi capitoli.
Grazie, per avermi fatta sorridere.
Grazie, per avermi sommersa di
complimenti e critiche, quando
ne avete sentito il bisogno.
Grazie, per avermi sempre supportata.
Grazie, per avermi incoraggiata
quando credevo di non potercela
fare.
Grazie, per esservi commosse.
Grazie, per esservi fatte scappare
qualche lacrimuccia.
Grazie, per aver pianto seriamente
ed esservi poi ritenute delle matte
perché questa è “solo una storia”.
Grazie, per aver riso a crepapelle.
Grazie, per esservi arrabbiate a causa
delle scelte e delle azioni che Sam,
Zayn e gli altri hanno intrapreso o
compiuto, nel bene e nel male.
Grazie, per essere state in pensiero
quando non riuscivo ad aggiornare.
Grazie, per aver atteso.
 
Grazie, per aver creduto in me.
Grazie, per non avermi mai abbandonata.
Grazie.. perché tu, sì tu, sei rimasta e mi
hai resa forte, inconsapevolmente.
Semplicemente, Grazie.
 
Vostra..
Tua, Desi. xx

 
 
P.S. Tornerò a breve con le tre One-Shot estive tra Harry e Sam. Vi divertirete.
HEEEEEEEY, NON DIMENTICATEVI DI ME. Per favore.  
 

  
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