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Autore: imperfectjosie    16/03/2013    2 recensioni
"Voglio farti sentire una canzone."
"Non conosco l'italiano, Jack." ribatte, osservandomi da sopra la custodia.

|Jack/Ava|
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: blink-182
Rating: Verde.
Pairing: Jack/Ava
Note: Mi sembravano carini insieme, così ci ho provato! ahaha Sulle note di una canzone dei Gemelli Diversi (davvero molto carina!) si stende questa FF. Un po' azzardata, ma spero vi piaccia.
Attention please! Jack - 16 y/o | Ava - 16 y/o.
Traduzione canzone GDV: Io (con l'aiuto del mio ragazzo :3)
Vi state chiedendo quale sia la canzone? Potete ascoltarla qui!
 
If you were just a song, you'd be the anthem of a revolution.




Il rumore della pioggia che si infrange contro le tapparelle della mia camera mi ha sempre conciliato il sonno. Dicono che è un fattore psicologico, ma almeno mi consola il fatto di non essere anomalo. Fin da piccolo ho sempre combatutto per essere accettato dagli altri. Paradossalmente parlando, il mio cognome non mi ha mai aiutato ad avere grandi amici, grandi conoscenze. Non ho mai ricevuto rispetto per la mia persona. All'età di undici anni, durante una vacanza in Italia con la mia famiglia, conobbi una bambina. Era molto simpatica, ma non parlava la mia lingua. Così ci limitavamo a ridere, facendoci dispetti che mio padre, dall'alto dei suoi quarant'anni, trovava addirittura divertenti. Girava intorno all'Hotel dove alloggiavamo. E veniva lì esclusivamente per me. Passavamo i pomeriggi a scherzare, ridere e giocare alla Play Station, cercando il modo migliore per comunicare e farci capire. Era difficile, ma una cosa mi balenò nella mente. L'idea di aver trovato una persona, al di là del mio mondo e di quello dei miei genitori e dei loro amici, che mi capisse. Era assurdo. Una bambina che nemmeno parlava la mia stessa lingua, aveva la facoltà di capirmi meglio di quanto in realtà non facessero i miei genitori. Mia madre, però, era preoccupata. Sempre troppo apprensiva, non riusciva a trovare le parole adatte per dirmi che non sarebbe durata. Che da lì a qualche giorno saremmo dovuti partire, tornare a Los Angeles per il lavoro di mio padre. Io detestavo ogni aspetto della mia vita, volevo solo essere libero, avere degli amici che non godessero della mia compagnia solo per avvicinarsi a lui. E in un Agosto del 2012, trovai quella fortuna. Come mia madre aveva preannunciato, non durò. Ma non me ne curavo, non mi importava. Sull'aereo diretto a casa, riuscivo comunque a sorridere. Quell'esperienza mi aveva dato speranza. Speranza che non sarei stato più solo. Che nessuno si sarebbe finto mio amico per stupidi secondi fini. Era questo che pensavo, mentre mi rigiravo tra le mani il peluche di Woody che mi aveva regalato. Sono passati cinque anni da allora. Diciamo che ho un po' abbandonato tutte le idee che mi ero fatto nel mio passato, ora riesco a percepire con più chiarezza chi sono. "Jack Hoppus non ha bisogno di presentazioni", come direbbe Landon. Sorrido al ricordo del mio amico durante la festa del mio sedicesimo compleanno. A lui piaceva essere il figlio di un membro dei blink-182. Ci sguazzava letteralmente! Rubava le bacchette a zio Travis, girava per il palco durante i live... si divertiva un mondo, facendo ridere di gusto mio padre! Io proprio no. Da dietro lo stage, fissavo il gruppo sbadigliando e chiedendomi quando sarebbe finita quella tortura. Mia madre mi stringeva per le spalle, cercando di farmi capire quanto papà amasse il suo lavoro, provando a rendermi partecipe di quel mondo che non sentivo mio. Mi andava stretto. Un colpo secco alla finestra chiusa mi fa trasalire. Mi alzo di scatto e senza premunirmi di indossare un paio di pantaloni, avanzo verso il vetro della mia stanza. Sollevo un sopracciglio, poi dopo il terzo battito deciso, tiro su la tapparella. Una figura incappucciata mi fa trasalire, quasi inciampo sullo skateboard, ma riesco a mantenere comunque l'equilibrio, tornando dritto. Sento uno sghignazzare deciso da sotto quel cappuccio e non posso fare a meno di sorridere.
"Ciao! Aiutami che mi sono incastrata! Questa dannata finestra, la detesto!"
Arriccio il naso divertito e mi appresto a tirarla per un braccio, portandola dentro.
"Che diavolo ci fai qui? Se ti becca tuo padre stai fresca!"
Poggia un piede sul pavimento in marmo della mia camera - idea di mia madre, decide tutto lei per quanto riguarda l'arredamento di casa -, scrollandosi di dosso la pioggia. Si toglie il cappuccio e io resto affascinato dal suo modo di muovere i capelli. Poi, spostandosi qualche ciocca bagnata dalla fronte, avanza verso di me. Continua a sorridere e io mi perdo. Per qualche secondo lascio quella camera. E' lei a riportarmi a Terra.
"Jack? Ehi, Jack? Tutto bene?"
Mi do mentalmente dello stupido.
"Eh?"
Sbuffa esasperata, poi si leva la mantella di dosso, poggiandola distrattamente sul pavimento. 
"Ho detto che non ti devi preoccupare per mio padre, sa che sono a dormire da Jane."
conclude, sorridendomi complice. 
"Oh. Speriamo non gli venga la brillante idea di chiamarla, allora!"
ribatto, tirandola a me per il braccio. Sono cinque mesi che andiamo avanti così. Nè mio padre, ne zio Tom sospettano nulla. Non credo la prenderebbero poi così bene! Nonostante siano grandi amici, praticamente fratelli, l'idea dei loro figli che si abbracciano sotto alle lenzuola non deve piacergli particolarmente, ne sono sicuro, scoppierebbe un casino. Ava non è d'accordo, più volte mi ha proposto di uscire allo scoperto, ma al momento l'unico che sa della nostra relazione è Landon. E già mi fido poco. Quel ragazzo è buono come il pane, ma ha la bocca troppo larga per i miei gusti.
"Mi sei mancato."
La guardo attentamente. Della ragazzina undicenne pronta ad emulare la madre in qualsiasi cosa facesse, è rimasto ben poco. Sguardo deciso, figura slanciata, occhi pericolosamente azzurri. Di un chiaro quasi grigio. Sembra che un pittore si sia divertito a mischiare le iridi di zio Tom con quelle della zia Jennifer. E le assomiglia anche molto. Ok, sì, questo mi inquieta un po', ad essere onesti! La abbraccio forte, sfiorandole la schiena con la mano. 
"Anche tu, Ava. Anche tu mi sei mancata!"
Un rumore in soggiorno ci fa sobbalzare. I nostri sguardi spaventati si scrutano per un po', poi i passi sulle scale del piano di sotto ci costringono a separarci.
"Svelta, nell'armadio!" 
Si libera della tracolla, poi tira su dal pavimento la sua roba e si dirige a passi spediti verso l'enorme guardaroba bianco e verde posto di fronte alla mia scrivania. In quel preciso istante ringrazio mentalmente mia madre per il suo assurdo regalo di un qualche Natale passato. Sposta i capelli all'indietro e si infila dietro alle mie felpe, chiudendo lentamente le ante, ma facendo attenzione a tenere una fessura aperta, dovesse l'ospite decidere di fermarsi nella mia camera più del dovuto. - L'aria è importante - mi dico ironico, osservando la scena. La porta della mia camera si apre con un tonfo, permettendo a mio padre di avanzarvi. Lo vedo rivolgermi un'occhiata sospetta.
"Cosa combini, Jack?"
"Niente!" ribatto, quasi immediatamente. 
Subito dopo mi do dell'imbecille. Devo cercare di ostentare sicurezza. Essere più calmo, rispondere secondo i piani. Sposto con il piede i pantaloni da acqua di Ava sotto al letto e lo raggiungo, impedendogli così di fare il giro della stanza. Lo vedo inarcare un sopracciglio.
"Tuo zio Tom è in piena crisi isterica. Hai mica sentito Ava questa sera?"
Scuoto con forza la testa. Fa vagare lo sguardo per tutta la cameretta, soffermandosi un po' sull'armadio e arricciando il naso in una smorfia abbastanza disgustata. Sopprimo la voglia di ridere.
"Quell'affare è inguardabile. Inguardaroba. Ecco come dovrebbe chiamarsi!"
Mi porto la mano alla bocca, tossicchiando. So che Ava vorrebbe ridere. E' il mio segno per dirle di contenersi. Per qualche strano motivo trova le battute di mio padre davvero esilaranti. Che Mark Hoppus abbia carisma, è assodato. Sarà forse mio il problema di fondo? Magari non lo valorizzo abbastanza? Adoro mio padre, è che a volte è come se non riuscissi a raggiungerlo. Con il cognome che porto, mi sento in dovere di essere sempre migliore, per venire accettato. Ma Ava no. Lei mi ama così come sono.
"D'accordo soldato, riposo." sentenzia, sorridendomi. Ricambio in fretta il sorriso, mostrandogli il pollice della mano destra alzato. Spero così di fargli lasciare camera mia il più in fretta possibile. Fa dietro front, diretto verso la porta. Prima di varcarla si volta un'ultima volta a guardarmi.
"Se dovessi avere notizie, chiamami, così avverto Jennifer!"
"Senza dubbio pa'!" rispondo, annuendo.
"E metti a posto questo porcile, o sentirai domani tua madre che sinfonia!"
"Sì." ribatto, senza smettere di annuire nemmeno per un secondo. 
Mi guarda attentamente, poi lo vedo sparire oltre l'uscio, tirandosi dietro la porta, che si chiude con un tonfo. Sospiro di sollievo. Piano l'anta dell'armadio si apre, rivelando il volto di un'Ava decisamente euforica.
"Tuo padre è uno spasso!" conclude, togliendosi dalla testa un calzino.
"Già, come no!" rispondo, divertito. Poi la raggiungo. Nonostante sia alta per essere una ragazza, la sovrasto di qualche centimetro. Il suo corpo è esile, il seno appena percettibile. E' bellissima, imperfezioni comprese. Il suo sorriso mi raggiunge prima che le venga l'idea di abbracciarmi nuovamente.
"Puoi salutarmi adesso, Hoppus?"
Arriccio il naso al suono del mio cognome e mi appresto a schioccarle un bacio sulle labbra, che piano diventa qualcosa di più. Dopo qualche secondo ci stacchiamo. Giusto in tempo, prima che un'imbarazzante sporgenza faccia bella mostra di se oltre il tessuto dei miei boxer. 
"Jack?"
"Mhm?" sollevo lo sguardo verso di lei. Mi guarda decisa. 
"Io penso che sia ora di dire le cose come stanno, non credi?"
Almeno una volta al mese riparte con lo stesso discorso. A nulla serve dirle che non mi sento pronto e che, a mio avviso, sarebbe una stronzata colossale. 
"Oh beh, se vuoi vedermi impalato a qualche Gibson, fai pure!" ribatto, buttandola sull'ironia. Ride per un po', poi mi tira la maglia, stropicciandone il fianco. Rispondo al sorriso.
"Dai, sono seria!"
"Ma anche io!" rispondo annuendo convinto. "Tuo padre mi scuoierebbe vivo se solo immaginasse che ci possa essere qualcosa tra di noi, pensa se gli levassimo ogni dubbio!" 
Sbuffa indispettita. Una parte di lei sa che ho ragione, ma l'altra, come d'altronde anche il sottoscritto, è stanca di nascondersi. La tiro verso il letto, facendola sedere lentamente. Voglio provare a farla sentire bene. Vorrei che mi facesse un bel sorriso felice. Quell'espressione di sofferenza non le si addice affatto. 
"Conosci un po' di italiano?" mi guarda confusa.
"Perchè?" ribatte, osservandomi con un sopracciglio alzato. "Jack, che diav-?"
"Sì o no?" rispondo troncando la sua domanda sul nascere. Sto trafficando sotto la scrivania, cerco quel dannato cd che mi aveva regalato la bambina in Toscana. Mi aveva insegnato mamma a tradurlo. Lei adorava l'Italia. Quando ero più piccolo aveva preso la canzone che la mia amichetta mi canticchiava e vedendomi felice nel momento in cui la ascoltavo, pur non capendone il significato, si era offerta di tradurmela. - E' per una femmina, tesoro -, aveva aggiunto, poi. Immagino che Sara - questo il suo nome -, la cantasse al maschile. Arrossisco un pelo a quel ricordo lontano.
"Jack?"
"Sì?" sono ancora immerso tra i cd e il casino della mia stanza, la mia voce deve giungerle molto lontana. La sento ridere.
"E' stimolante conversare con il tuo sedere, dico davvero!" 
Inizio a ridere, lei mi imita. Poi vittorioso esco da quel buco, stringendo tra le mani un album.
"Eccolo!" sentenzio, sventolandoglielo davanti agli occhi. Mi guarda accigliata.
"Che roba è?" lo prende tra le mani, esaminandolo con cura.
"Ge-me-lli Divversi."
Ridacchio divertito. "Diversi. Gemelli Diversi." la riprendo teneramente. Il suo sguardo sembra quello di un cucciolo che si trova davanti al mare per la prima volta. Incuriosito, spaesato. La raggiungo, baciandole il naso e sedendomi accanto a lei, non prima di aver inserito il cd nello stereo.
"Voglio farti sentire una canzone."
"Non conosco l'italiano, Jack." ribatte, osservandomi da sopra la custodia. E' come se se ne vergognasse, come se dovessi lasciarla da un momento all'altro per questo. La stringo a me.
"Non importa, vorrà dire che te la tradurrò io, strofa per strofa."
Arrossisce, rivolgendo poi la sua attenzione nuovamente all'album. Non sa cosa aspettarsi, conto di stupirla. Faccio partire Play, direttamente alla traccia n° 12. Per i primi secondi ascolta il pezzo confusa, ma quando la mia voce inizia a tradurre quelle parole, la vedo diventare rossa come un pomodoro. Si stringe l'oggetto di plastica dietro al viso, immagino nel vano tentativo di nascondersi ai miei occhi. 
 
Quando ti guardo vedo un'anima che brilla / When i look at you i see a shining soul
perché ogni volta tu riaccendi la scintilla / 'cause everytime you strike my heart
e a giudicare dalle foto di famiglia / and considering your family albums
è la stessa luce nello sguardo di quando eri bimba / that's the same light that shone on your eyes when you were a child
Se fossi nata sottoforma di una stella, saresti quella che mi indica la rotta / If you were a star, you'd show my way
e se fossi nata anche solo una caramella, saresti una di quelle che mi frizzano in bocca / and if you were just a candy, you'd be a sparklin' one
Se fossi un colore non saresti il nero, ma saresti l’arcobaleno / If you were a colour you'd not be just black, you'd be the whole rainbow
con un tocco magico, il cielo resterebbe sempre sereno / with your magical touch, the sky would never be gray
E se tu fossi solamente una canzone, saresti l’inno di una rivoluzione / And if you were just a song, you'd be the anthem of a revolution
doneresti buon umore alle persone, il resto della musica sarebbe una cover / you'd give people their smiles back, any other melody would be a cover.

 
Mi osserva meravigliata, ma io non smetto di parlare, seguendo la voce del mio stereo. Ho imparato a memoria questa canzone. Mi è sempre piaciuta, contavo che l'avrei cantata a mia volta alla persona giusta, un domani che l'avessi conosciuta. E infatti eccola accanto a me. Ogni tanto apre bocca, suppongo per dire qualcosa, ma sembra non riuscirle tanto bene. Al termine della prima strofa il suo sguardo si fa docile, il rossore abbandona le sue guance per qualche attimo, quel tanto che basta perchè io possa leggere nella sua espressione gratitudine. Non credo che qualcuno le abbia mai detto nulla del genere. Speravo infatti di essere il primo. Il suo sguardo non lascia il mio viso, continua a scrutarmi parola per parola. 
 
Questo universo si muove intorno a te, qualsiasi cosa / The whole universe moves around you, any little thing
Tu che nemmeno ti accorgi di come sei meravigliosa / You don't even realize how marvellous you are
Perché sei come sei, tu sei come sei / 'Cause you are as you are, you are just as you are
Lo sai, meravigliosa / You know, my marvellous.
 
 
Mi sorride. Ogni tanto si lascia andare sulla mia spalla, tamburellando il piede contro il pavimento. Le piace. Adesso canto ridendo imbarazzato. Se lei sta bene, sto bene anche io. Le stringo la spalla, tenendola salda a me. Abbasso la testa per osservarla, ha gli occhi chiusi, distrattamente mi domando se le piaccia o meno la mia voce. Non sono nato cantante, me ne rendo conto. Ma in quel momento non importa, decido di non fermarmi.
 
Invece io ho qualche rotella fuori posto / On the other hand i'm kinda crazy
e sopportarmi è dura, me ne rendo conto / and standing me is a hard business, i know
perfino quando mi ritrovo tutti contro / even when i fight against everybody
testardo fino in fondo, non te lo nascondo / stubborn as hell, that's it
Io che ogni giorno corro in una strada nuova / Running everyday through a new way
mi sono accorto che tu sei la mia fortuna / i realized that you're my good luck
e se tu fossi solo un abito alla moda / and if you were just a glamour dress
so che per me saresti stata fatta su misura / you'd fit perfectly to me
E se non fossi mai piovuta qui, sarebbe stato tutto inutile / And if you never fell out of the sky, everything'd have been meaningless
io che ero nelle sabbie mobili, ora passeggio tra le nuvole / i was in the quicksands, now i walk on the clouds
Tu non ci credi se ti dico "Sei perfetta." / You don't trust me when i say "You're perfect."
Ascolta con il cuore, non più con la testa / Keep listening with your heart, no more with your head
Tu vuoi la verità, la verità è questa: mi piaci perché sei semplicemente te stessa / You need the truth and truth is that: i like you, 'cause you're just yourself.
 
Arrossisce fino alla punta dei capelli, ridacchiando contro il mio braccio. Sghignazzo divertito, ma l'ultima strofa va cantata. Le prendo il viso con le mani, osservandola attentamente. Muove le labbra come per dirmi qualcosa, forse parole di ringraziamento, forse frasi d'amore. Magari un misto di entrambe, ma non la lascio parlare. Nella pausa della penultima parte, la bacio. Approfittando della musica di sottofondo priva di parole da tradurre. Si rilassa sotto al mio tocco, ricambiando con sentimento il mio gesto. Mi stacco poco dopo, per prendere aria. Intanto la canzone volge quasi al termine.
 
Questo universo si muove intorno a te, qualsiasi cosa / The whole universe moves around you, any little thing
Tu che nemmeno ti accorgi di come sei meravigliosa / You don't even realize how marvellous you are
Perché sei come sei, tu sei come sei / 'Cause you are as you are, you are just as you are
Lo sai, meravigliosa / You know, my marvellous.
 
Soffio al suo orecchio. La musica si spegne, nella stanza cala il silenzio. Restiamo così per qualche secondo che a me sembra infinito, poi la sua voce rotta dall'emozione mi raggiunge da sotto il mio viso.
"E' bellissima Jack. Davvero.  Mi hai fatto venire voglia di imparare l'italiano!" sentenzia, stringendosi più forte al mio petto. La sento irrigidirsi di colpo, mi domando cosa può essere successo. Il mio sguardo vaga alla ricerca di risposte e seguendo i suoi occhi, le trovo. Non me ne ero accorto. 
"Scusami." rispondo, imbarazzato. Quasi balbetto, ma lei non sembra preoccuparsene. Si rilassa, sollevando la testa alla ricerca dei miei occhi azzurri.
"Non scusarti. Penso di essere pronta."
Sto per ribattere, quando la porta della stanza si apre, rivelando il volto di un Thomas DeLonge trasfigurato dall'ansia.
"AVA!"
Si stacca dal mio abbraccio, alzandosi in piedi.
"Papà!"
Vedo il signor DeLonge rilassarsi un pelo. Si porta la mano sul cuore, poi spostandosi una ciocca di capelli bagnata sulla fronte, fa vagare lo sguardo da sua figlia a me. E viceversa. Sta sgocciolando sul pavimento, ma la cosa non sembra interessargli. Dietro di lui, mio padre osserva la scena incredulo.
"Che significa?"
"Papà, posso spiegarti."
La mia ragazza avanza verso il genitore, mentre io mi alzo di scatto, come se il letto bruciasse. Il volto dello zio Tom passa dallo sconcerto, all'ira in pochi secondi. Lo vedo voltarsi verso mio padre.
"Tu lo sapevi!"
"Eh?" ribatte, osservandolo come per la prima volta. "Ti assicuro di no, Tom! Te ne avrei parlato. Sapevo che era qui, perchè non sono nato ieri. Così ti ho chiamato subito. Ma questa è nuova anche per me! Io- sono scioccato tanto quanto te! Credimi."
Deglutisco, poi mi avvicino a mio padre, che nel frattempo si è portato nella stanza. Ava è ferma e impassibile sostiene lo sguardo nocciola furioso del chitarrista.
"Io e Jack ci amiamo, papà." sentenzia convinta. Decisa, fiera. La sua personalità cozza contro il rossore delle mie guance. Vorrei sprofondare, ma decido di darle man forte. Mi avvicino a lei, prendendole la mano. La tengo stretta, non sarà sola ad affrontare tutto questo.
"Cosa?" la voce stridula di mio padre riempie la stanza, mentre il corpo di Tom DeLonge tocca il pavimento, provocando un tonfo sordo. Ava si libera dalla mia presa, raggiungendolo.
"PAPA'!" si inginocchia a terra. Mark la segue, prendendo il volto del suo migliore amico tra le mani. Io resto fermo a fissare la scena - che in altre circostanze avrebbe del comico - per qualche secondo. Poi avanzo deciso verso mio zio.
"Zio Tom!" 
"Avanti Hot Pants, che cazzo-" sentenzia mio padre, tentando di tirarlo su! Lo posiamo il più delicatamente possibile sul letto, poi mi decido a prendere parola. Non volevo davvero andasse a finire così. Io lo dicevo, sarebbe stato un disastro!
"Ava, vai a prendere un panno imbevuto d'acqua fredda!" 
La vedo lasciare la mano dello zio Tom e annuire decisa. Poco dopo lascia la stanza. Rivolgo la mia attenzione a mio papà.
"Complimenti, figliolo! Non sono riuscito a farlo svenire nemmeno dopo avergli riferito del suo rendez-vous alcolico con la vicina di tua nonna!" sentenzia ironico.
Abbozzo un leggero sorriso. Questo aspetto di mio padre mi è sempre piaciuto. A differenza di mia mamma ha il potere di trasformare qualcosa di tragico, in qualcosa di comico, quasi demenziale. Smorza la tensione. Il basso grugnito dello zio Tom mi riporta alla realtà.
"Tom! Coraggio amico, piano..."
"Mark." si porta la mano alla testa, massaggiandosela con forza. Poco dopo Ava fa la sua entrata in stanza. Mi porge il panno, ma le faccio segno di tenerselo. Ormai è passata. O almeno, quasi.
"Piano, coraggio..."
"Mark, ma che succede? Oddio. Ava, Jack."
Si tira a sedere, osservando la figlia quasi fosse un'allucinazione. Lei sostiene il suo sguardo, mentre io mi avvicino a spalleggiarla. 
"Zio Tom, io e Ava ci amiamo davvero. Prima che decidi di scuoiarmi, sappi che mi prenderò cura di lei. E poi-"
Mio padre alza un sopracciglio ironico. Conoscendolo, deve trovare la situazione davvero molto divertente. La voce del padre della mia ragazza stronca il discorso che mi ero preparato.
"Jack, io non so che dire. Immagino che svenire sia stata eccessiva come reazione."
"No, ma che vai dicendo?" 
La voce ironica di mio padre lo fa voltare. Rivolge all'amico di una vita uno sguardo che è un misto tra lo stizzito e il divertito. Si intendono sempre meravigliosamente. Un po' li invidio. Io non ho mai avuto un'amicizia così.
"Ammetto di aver esagerato." conclude, portando le mani avanti. "Ma bisognerà spiegarlo anche a tua madre, poi c'è la zia Skye-"
"A lei ci penso io!"
La mia voce li fa voltare tutti e tre. Mi porto le mani dietro alla nuca, con evidente imbarazzo.
"Voglio dire... ecco, alla mamma ci penso io, zio!"
Mio padre sghignazza, mentre la mano di Ava raggiunge la mia, stringendola con forza.
"Wow. Che ne dici, Fish Guts?"
Si porta le mani sotto al mento, con fare pensieroso. 
"Se devo essere sincero quando entrambi avevano poco più di 6 anni ci ho pensato."
Lo guardiamo scioccati. Zio Tom sembra aver visto un alieno, mentre io e Ava prendiamo il colore delle prugne mature. 
"Beh?" sentenzia, sollevando le braccia in una posa molto "Hoppus". "Che ho detto? Oh andiamo, è normale! Non mi dire che l'idea non ti ha sfiorato neppure, DeLonge!"
"Cercavo di sopprimerla." ribatte a denti stretti.
Sorrido. Dopotutto mi aspettavo di peggio. Osservo Ava attentamente. La sua risata riempirebbe una casa intera. E non sarebbe mai abbastanza. Poi preso alla sprovvista, vengo baciato proprio dalle sue labbra. L'idea che possa aver deciso di fare una cosa simile davanti ai nostri genitori, mi fa arrossire non poco. Ma dopo qualche secondo, mi dimentico completamente della loro presenza. E' la voce indignata di suo padre a riportarmi alla realtà.
"Ma-" alza il braccio, indicando la scena a mio padre, il quale non sembra affatto turbato da ciò che sta osservando. "-Mark!"
"Che c'è?" ribatte, osservando il volto paonazzo del suo amico.
"Come - che c'è?-!" 
Spazientito, lo solleva dal letto a fatica, spingendolo poi verso la porta. Prima di chiudersela alle spalle, si rivolge a quella che ormai è a tutti gli effetti la mia fidanzata.
"Ti fermi a mangiare da noi, Ava?"
Si scioglie dal mio abbraccio quel tanto che basta per voltarsi a rispondere.
"Sì zio Mark, grazie!"
La voce del signor DeLonge non fa in tempo a raggiungerci, che mio padre aveva già sbattuto il legno comprato da mia madre anni prima. Sospiro, facendo vagare tutto lo stress dell'ultima ora verso il pavimento.
"E' andata bene." 
Alzo la testa per osservarla meglio. La sua voce semi-ironica mi fa sorridere.
"Come no, potevo morire! Ti rendi conto?" sentenzio, fingendomi offeso. Mi abbraccia di slancio, sfregando il viso contro la mia maglietta dei Ramones.
"Ti amo, lo sai?"
Ricambio l'abbraccio, lasciando che il profumo dei suoi capelli mi riempi i polmoni. Sembrano un oceano di Anguria. 
"Anche io, piccola."
Si stacca un po' dalla mia presa, alla ricerca dei miei occhi.
"E grazie."
"Ma ti pare." soffio ironico. Poi le sue braccia mi raggiungono nuovamente. Non so come riuscirò ad affrontare domani mia madre e zia Jennifer, sempre ammesso che zio Tom non decida di dirle tutto questa sera. Onestamente nemmeno mi pongo il problema. La pelle morbida del suo braccio sfiora i peli biondicci del mio. Il pensiero che non ci possa essere nulla di più perfetto mi raggiunge, facendomi sorridere.



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