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Autore: N e v e r l a n d 91    17/03/2013    3 recensioni
Non avevo mai avuto così paura nemmeno in battaglia, mai, come in quel momento. Ero paralizzato, dimenticavo di respirare mentre i miei occhi non si scostavano per un momento dai suoi. Bloccato in quello che era un sogno senza uscita si, ma in realtà, nonostante odiassi quel sogno. Ero grato alla mia mente per ripropormelo ogni notte. Almeno potevo rivederlo, ancora una volta, ogni volta che i miei occhi si chiudevano.
“Addio John”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Era buio quella notte. Tremendamente buoi, e il ticchettio dell’orologio risuonava come il rumore di mille goccie d’acqua dopo la tempesta. Lento, ed inesorabilmente frustrante. Come se si fosse portato via l’ultimo brandello di luce che la giornata concedeva.
Le gocce mi portarono lontano, lontano dal silenzio stantio della mia camera. Oramai così vuota e spoglia di tutto ciò che prima la riempiva. Le mie orecchie si concentrarono sui ticchettii , che aumentavano sempre il loro battito.
Tic tac, tic tac.
Un flash mi riporta sotto il palazzo bianco. Le immagini sono in movimento e mi scombussolano lo stomaco perché impotente rivivo la scena che mi distrugge il cuore ogni notte. So di trovarmi in un sogno. Ma non so mai come uscirne.
Rivivo le parole di Sherlock. Le riascolto ogni notte, ed ogni notte mi convinco che qualcosa è nascosto in esse. Ma mai riesco a venirne a capo. Un altro Flash. Sherlock mi sta dicendo che è colpa sua, che è stato lui ad organizzare il tutto. “Devi dirlo alla signora Hudson. E a Molly” La sua voce è spezzata, e risuona così delicata dalla trasformazione che traspare dal telefono. “Devi dirlo a chiunque voglia ascoltarti.” Mi accorgo che non è normale, Sherlock non è mai stato interessato dell’opinione della gente, e, sebbene voglia farmi credere che è stato lui a creare tutto, che tutto è una messa in scena io non ci casco. Non è da Sherlock, io lo conosco, chiunque può credere alla sua colpevolezza, perfino lui stesso ma io no. Io non ci crederei nemmeno se le prove mi fossero mostrate davanti agli occhi. Ed è stato fatto.
Sospiro.  Sto per assistere ancora a ciò che non posso sopportare di vedere, E non posso far a meno di continuare a rivivere la scena, a vedere il suo sguardo. I suoi occhi spaventati che cercano i miei. Che mi implorano di non muovermi, di aspettare, di ascoltare le sue parole ma io so. Io so che lui non vuole davvero che io ci creda, perché lui crede in me, ha sempre creduto che io lo apprezzassi per ciò che è e che mai avrei dubitato della sua parola fra quella di mille.
Stava soffrendo mentre mi diceva quella che lui voleva far passare per verità. E mai avevo visto quell’uomo inumidirsi gli occhi per qualcosa che non lo spaventasse davvero. Ed io sapevo che aveva paura. Aveva paura che io ci credessi sul serio, aveva paura che io ne soffrissi.
Ascoltai di nuovo le parole di Sherlock, bloccato in quello che era un sogno senza uscita.
“Tieni gli occhi fissi su di me!” Qui la sua voce si spezza, e le lacrime gli rigano il viso. Non sono bravo come lui a capire la gente, ed in quel momento avevo così tanta paura che era un miracolo che riuscissi a respirare. Non avevo mai avuto così paura nemmeno in battaglia, mai, come in quel momento. Ero paralizzato, dimenticavo di respirare mentre i miei occhi non si scostavano per un momento dai suoi.  Bloccato in quello che era un sogno senza uscita si, ma in realtà, nonostante odiassi quel sogno. Ero grato alla mia mente per ripropormelo ogni notte. Almeno potevo rivederlo, ancora una volta, ogni volta che i miei occhi si chiudevano.
“Addio John”
E poi arriva. Si, come un incubo che si rispetti arriva la fine, ed è uguale ogni notte. Il mio urlo, la sua caduta. Tutto si frammentizza in un secondo. Lo vedo al rallenting come se potessi fermarlo. Ma purtroppo nemmeno io riesco ad essere veloce, anche io mi muovo al rallentatore e non riesco a salvarlo. Ancora una volta, avevo visto il mio migliore amico morire dinanzi ai miei occhi. Schiacciato dalla gravità, e ancora una volta non riuscivo a crederci.

Mi svegliai di soprassalto. Gli occhi brucianti dal sogno appena fatto e la bocca impastata da quella che doveva essere saliva inacidita. Classica situazione da incubo. Strofino gli occhi con le mani e ne passo una tra i capelli mentre bevo un sorso della fresca acqua che preparavo ogni sera prima di andare a dormire.  Era ora di andare. Dovevo dirigermi al funerale, ed ero certo che ben poche persone si sarebbero presentate. Ma non era una cosa che mi importava, visto che sapevo che nemmeno a lui sarebbe importato.
Mi vesto, indosso la camicia e la mia giacca migliore mentre mi fisso in uno specchio che riflette l’immagine di un uomo dal volto stanco, spento ed esausto.
Quando io e la signora Hudson usciamo incontro Lestrade. Lo fisso, lui fissa me e fa il cenno di un saluto. Ricambio per educazione anche se in quel momento avevo voglia di distruggergli al faccia. Lo ritenevo colpevole quanto Moryarti della morte si Sherlock. Si, perché lui era caduto nella rete del ragno,e nemmeno se n’era accorto.  Stupido burattino senza cervello.
Non so chi rimane ad assistere perché io non ascolto. Non osservo nessuno. Mi limito a fissare quella che doveva essere la tomba del mio amico, del mio compagno di avventure. E non riesco a credere che davvero sia finito li dentro. A più di dieci metri sotto terra con gli occhi chiusi e il cranio spaccato. Sospiro passando la mano sul viso. Cercando di trattenere le lacrime. Nessuno deve vedere la mia debolezza, nessuno di questi traditori lo merita.
Quando anche la signora Hudson va via, mi ritrovo io e la tomba. Mi avvicino, e la sfioro appena . Un brivido mi percorre lungo la schiena per la sensazione di freddezza che mi provoca il marmo a contatto con le mie mani accaldate.
“Ero solo come un cane… E ti devo moltissimo…”
Serrai le labbra a quelle parole. Avevo bisogno di parlargli, dovevo parlare con lui almeno un’ultima volta. Fissai la lapide per qualche momento e feci per andarmene, ma poi mi fermai. Non era ancora il momento, qualcosa mi premeva il petto e dovevo tirarla fuori. A fatica iniziai a parlare.
“Ti prego c’è ancora una cosa.. una cosa, un’ultima cosa, un ultimo miracolo Sherlock…” Chiusi gli occhi, e presi aria, trattenendo qualsiasi cosa volesse uscire dal mio corpo. Qualsiasi parola strozzata o lacrima amara, combattei per qualche secondo prima di riprendere a parlare
“Non….Essere… Morto…”
Sull’ultima parola la mia voce cedette, non riuscii a trattenere il singhiozzo ed uscì un suono strozzato.
“Potresti farlo per me? Voglio che la smetti, smetti questa farsa”
Non so cosa, ma qualcosa mi faceva credere che non poteva essere morto, che non poteva trattarsi della verità.  Ci speravo, ci speravo con tutto il cuore che fosse così, ma la tomba nera e scura mi contraddiva, il nome scritto sulla lapide era il suo, ma non poteva essere davvero lui . Stavo impazzendo.
sospirai guardando il cielo. Prima di iniziare a piangere. Era il momento, avevo ceduto alla verità.
Sherlock Holmes era morto, Il mio migliore amico e compagno di avventure, l’uomo che avevo sempre adorato ed ammirato non c’era più, e al suo posto c’era una tomba vuota e priva di qualsiasi forma di vita. Isolata dal resto delle tombe e senza amici che gli portassero fiori.
Sherlock Holmes era morto.
 
 
Mi svegliai di soprassalto. Avevo sognato ancora tutto. Quei giorni infernali, il funerale. Oramai era costante fare sogni nei sogni. Iniziava a diventare una cosa inquetante. Mi diedi un pizzicotto e constatai di essere sveglio. La fronte era bollente, avevo evidentemente sudato per tutta la notte, accesi la luce. Ero stanco di dormire così, nemmeno le terapie facevano effetto. Il mio cuore non riusciva a riprendersi.
erano passati 9 mesi. Nove mesi da quando il grande genio era morto. Ed io ero ancora lì, nella casa che un tempo condividevamo, con le sue cose spolverate e ri spolverate da me. Con il suo violino tenuto come un oggetto antico.
Mi alzai dal letto. Fradicio di sudore e forse anche di lacrime, ma ormai non ci facevo più caso. Mi diressi in cucina e presi un sorso di latte. Quando sentii una voce familiare porgermi un saluto. Per un momento il latte mi andò di traverso, poi chiusi il frigo e mi voltai. La mia mano cedette e il latte cadde a terra.
Non potevo crederci. Presi aria, tanta aria, prima di formulare una sola parola, tremolante, incerta. Magari era un altro dei miei sogni.
“Sh… SherlocK?!” 






Spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo :D se si magari vi riempirò di altri capitoli dove la storia inizia a farsi più intrigante no? ** 
  
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