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Autore: Shatzy    03/10/2007    12 recensioni
C'era una volta, in un mondo lontano, una principessa bella e senza paura e un principe coraggioso da dover salvare, che inseguivano un sogno comune e un futuro migliore, lottando insieme sulla scia di una storia incerta e dura, ma con la speranza, un giorno, di poter finalmente vivere felici e contenti. RoyAi.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimers generale: i personaggi citati non sono miei, ma appartengono ai legittimi proprietari, lo stesso vale per tutte le fiabe citate (sperando che gli autori originali non mi mandino qualche maledizione dal cielo per aver stravolto tanto ^^"). Di mio c'è solo l'idea, la trama, e stavolta anche un paio di personaggi, e come al solito la passione per questo pair ^^

Note: Allora, temo di essere il vostro incubo ^^'. Ho avuto questa idea in estate, e ho iniziato a scriverla, è davvero stupida e poco impegnativa, spero solo che possa farvi fare qualche sorriso, ogni tanto. Ho cercato di metterci un po' di romanticismo, quindi tenetevi pronti! Ah, i capitoli sono titolati con la denominazione "atto", non perchè è un capolavoro, ma perchè ci stava bene con la storia, che riprende un po' una favoletta teatrale. Questo primo capitolo è un po' un'introduzione, pone alcune basi importanti, la storia entra nel vivo dal prossimo. Ci sono un paio di personaggi che ho inventato... ora, io so quanto sono odiosi i personaggi nuovi, sono la prima a storcere il naso, però questi mi servivano, o non potevo inventare la storia, e a dirla tutta sono molto marginali, non è che interagiranno molto con i nostri eroi. Per cui vi chiedo di dargli una piccola possibilità (sennò pazienza, non posso cambiarli ^^'). Oggi, mentre facevo l'aerosol, non avevo nulla da fare, quindi mi sono messa anche a colorarla (peggio dei bambini XD). Credo di dover pubblicare una storia semplice, tanto per abbassare i toni di quella raccolta pesantissima, lo devo a tutte coloro che mi hanno sostenuta finora, quindi dedico a voi questo lavoro! I vostri commenti sono stati importanti! Se poi la storia non vi piace, potete benissimo non mettervi nel gruppo!

Avvertenza: questo capitolo, e anche i successivi temo, sono molto lunghi, solo il primo è venuto di sei pagine, per cui vi chiedo di farmi sapere se vi risulta noioso o difficile da leggere, in tal caso mi metto a dividere tutto. E fatemi sapere se a qualcuno è piaciuta, e interessa, così continuo a scrivere anche gli altri capitoli ^^ Altra cosa che dovete farmi sapere, se volete e se lo sapete, è come caspita si chiamano di preciso la moglie e la figlia di Maes... perchè non è possibile che in ogni sito in cui ho cercato, i loro nomi sono scritti in modo diverso ç__ç io ho scritto come secondo me è il loro nome, in base alla pronuncia dell'anime, ma è risaputo che io di inglese non ci capisco nulla ^^' Grazie mille a FullmetalQUEEN per il suo prezioso aiuto con i suddetti nomi ^^ e grazie anche a faccina buffa per avermi fatto notare alcuni errori ^^ (sperando che non ce ne siano altri ^^'). Ultima cosa: non ci sono spoiler. (Ma possibile che devo sempre dilungarmi così tanto nelle note?)

Buona lettura!


- O NCE U PON A T IME -



A tto I – C’era una volta…

“C’era una volta, in un regno lontano, una bellissima principessa che viveva in un castello magnifico. Era sempre allegra, metteva il buonumore nelle persone che si avvicinavano a lei e per questo era sempre circondata da amici. Ormai però era una ragazza nel fiore della sua giovinezza, così i genitori di lei avevano deciso che il tempo di giocare era finito, e che doveva sposarsi al più presto.”
“Viveva con i genitori nel castello?”
“Sì, certo.”
“E c’era anche il suo papà?”
“Certo che c’era anche il suo papà, ed era un papà che voleva un mondo di bene alla sua adorata figlia, era l’unica che aveva e la considerava il suo più grande tesoro. Avrebbe dato indietro la sua corona per lei!”.
La piccola Elycia rimase contenta di queste parole, e si rimise in ascolto sistemandosi meglio sotto le coperte del suo lettino. Roy la guardò per un istante prima di proseguire nella favola della buonanotte, da lui inventata, come faceva quando si occupava, una volta alla settimana, di far addormentare la sua figlia acquisita.
“Però il papà non stava mai al castello con la bella principessa. Era sempre in giro per lavoro” aggiunse.
“E che lavoro faceva?” chiese la bambina, sinceramente interessata.
“Ecco… beh, disegnava dei ritratti. Sì. Viaggiava di continuo per il bene del suo regno e quando tornava portava tanti disegni alla figlia, la sommergeva con tutte le cose che aveva visitato. E poi anche lui aveva sempre con sé un ritratto della principessa, così quando si sentiva triste gli bastava guardarlo.”
“Anche io guardo la foto del mio papà quando sono triste!”
“Davvero? fai bene! vedere una persona cara ci fa sorridere, vero?”
La piccola annuì, e sentendo un moto di contentezza dentro di sé, si rimise con le orecchie tese ad ascoltare il racconto.
“Allora, dicevo, la bella principessa doveva sposarsi al più presto e-”
“Non hai detto com’è questa principessa, come è fatta?” interruppe di nuovo Elycia.
“Beh” Roy guardò un attimo la bambina, poi riprese “è bellissima, i suoi lineamenti sono gentili, ha la pelle bianca e delicata come i petali di una rosa, ha lunghi capelli biondi che sembrano raggi di sole, le labbra rosse come il sole al tramonto, e gli occhi...” in quell’istante un’altra immagine altrettanto piacevole gli attraversò la mente “gli occhi del colore dell'ambra, ed erano i più belli che fossero mai esistiti” finì con aria sognante.
“Ambra? Ma sei sicuro? Era più bella se aveva gli occhi verdi” Elycia sembrò rimanerci un po’ male da quell’affermazione, la piccola già si vedeva nei panni della bella principessa.
“Eh? Ah, sì, certo, verdi, perché che ho detto? I suoi occhi erano verdi come l’acqua del mare, i più belli che fossero mai esistiti” si affrettò a correggere, mentre la bambina rilassava il broncio che aveva montato.
“Allora, la principessa era talmente bella che tutti quanti volevano sposarla, e c’erano alcuni principi che venivano addirittura dai Paesi vicini. La scelta era davvero vasta, e i suoi genitori erano contenti per lei, anche se loro erano i primi a sperare che la figlia sposasse un uomo che lei potesse amare veramente, non volevano un matrimonio di convenienza, cosa che al tempo era di uso comune.”
“Ma allora anche i genitori della principessa si erano sposati per convenienza? Non si amavano?” chiese un po’ spaventata, mentre si tirava la coperta fin sotto al naso, ricordando la spiegazione di Roy della settimana prima sul significato di matrimonio di convenienza.
“Ma no, i suoi genitori si amavano tantissimo. Loro erano stati favoriti dalla sorte perché avevano sposato l’unico amore della loro vita. Erano pochi quelli così fortunati, non avevano mai litigato, e da questo loro grandissimo amore era nata la loro bella figlia” spiegò Roy.
La bambina sembrò soddisfatta della risposta, così lui poté continuare con la favola.
“La principessa aveva tanti spasimanti, ma il suo cuore era già di un altro uomo. Era un cavaliere, non era nobile e per questo non poteva aspirare a chiedere la mano della principessa, non ne era degno, ma era forte e coraggioso, e avrebbe dato la sua stessa vita in cambio di quella di lei, se ce ne fosse stato il bisogno.”
“Davvero?” chiese affascinata la bambina.
“Certo, era un cavaliere lui! E tutti i cavalieri sono pronti a tutto per la donna che amano!” sentenziò Roy.
“E questo cavaliere com’era?”
“Uhm, vediamo un po’, era alto, generoso, bello, forte e… tu come pensi che sia?”
“Con i capelli neri!”
“Infatti, e poi gli occhi…”
“Neri!”
“Occhi neri come la notte, che gli davano un’aria affascinante, infatti aveva già conquistato i cuori di molte dame, a corte, ma lui era innamorato della bella principessa, e le altre non contavano niente per lui; certo, poteva passare del tempo con loro, per cercare di dimenticare il suo vero amore, e per dimenticare, anche se per poco, tutti i momenti brutti che aveva passato nella sua vita...”
“Eh?”
“Ah, niente, niente. Torniamo alla principessa. Lei e il cavaliere si amavano, ma non potevano sposarsi.”
“Perché?” chiese con una vocina preoccupata Elycia.
“Perché lui non era nobile, e perché la principessa meritava di meglio.”
“Ma se lei lo amava che problema c’era? È una sua scelta.”
“Sì, ma devi considerare che la legge impediva il loro matrimonio, e chi aveva fatto quella legge, un uomo bruttissimo e cattivo con un occhio solo, non aveva intenzione di cambiarla.”
“Ah, e allora? La principessa era triste?” nel tono della piccola si poteva sentire una nota di vero timore.
“Era triste anche il cavaliere. Ma nel loro cuore sapevano che il loro amore era più forte di qualunque altra cosa, e alla fine avrebbero sconfitto il ciclope cattivo e si sarebbero sposati!”.
“E come hanno fatto?”
“Elycia, tesoro, credo che sia ora che tu vada a dormire, non credi? Sono sicura che la storia potrà proseguire anche la settimana prossima, e poi lo zio Roy deve tornare a casa” disse Glacier, appena entrata dalla porta.
“No, mamma, tu non capisci, il ciclope cattivo vuole impedire che la principessa e il cavaliere si sposino. Non è giusto. Bisogna fare qualcosa!” esclamò agitata, cercando di convincere la madre. Roy inventava, casualmente, come cattivo, un ciclope, in tutte le storie che aveva raccontato alla bambina, quindi lei lo conosceva bene, e sapeva cosa era in grado di fare.
“Ma certo che hanno fatto qualcosa!” la tranquillizzò Roy “però te lo potrò raccontare la prossima volta, e poi adesso il cavaliere e la principessa stanno dormendo, non posso svegliarli perché una bambina vuole sapere la loro storia, non credi?”
La bambina non trovò nulla da ridire, e rimase pensierosa sotto le coperte. Roy le si avvicinò e le rimboccò la coperta, poi le diede un bacio sulla fronte e le augurò la buonanotte.
“Zio Roy?” sussurrò Elycia, la voce stanca e gli occhi socchiusi.
“Dimmi, bellezza” disse, voltandosi verso di lei, già sulla porta della camera.
“Pensi che io troverò mai un cavaliere bello come te?” chiese sbadigliando.
Roy non riuscì a non sorridere, aveva sempre saputo che la bambina aveva un debole per lui, ancora arrossiva quando lui le si rivolgeva, ma non poté non sentirsi commosso, quasi felice, da tanto affetto dimostrato.
“Sono sicuro che troverai un cavaliere molto più bello di me.”
“Anche il mio papà mi diceva sempre così, quando gli facevo questa domanda…” non finì la frase che già si era addormentata. Roy si sentì in parte offeso dal fatto che il suo migliore amico non gli dava tanta fiducia come uomo, ma anche sollevato sapendo che quello era un comportamento tipico di Maes Hughes.
 


Roy scese le scale che lo riportavano in salotto, mentre Glacier lo seguiva, dopo aver spento la luce della camera della figlia. Mentre lui si rimetteva il cappotto, pronto per tornare a casa sua, lei lo fermò.
“Grazie per tutto quello che fai per noi, vieni a raccontare una favola ad Elycia almeno una volta alla settimana. Lei ha bisogno di questo contatto, tu eri la persona più vicina a suo padre.”
“Lo faccio volentieri, è una bambina dolcissima, lo sai” le sorrise gentilmente. “In parte glielo devo, l’ho sempre considerata come una nipotina, la figlia di mio fratello, e ora voglio occuparmene un po’ come se fosse mia figlia. Mi sembra il minimo.”
La donna sorrise a tanta generosità, adesso capiva più che mai perché il marito si fidasse tanto di Roy.
“Allora ti aspetto presto.” Gli disse, mentre lui già era sull’uscio di casa.
“Contaci! E se c’è altro che possa fare non esitare a chiedermelo” rispose lui, con un sorriso allegro sul volto.
“La prossima volta cerca di avere qualche novità, magari su come il cavaliere è riuscito a far breccia nel cuore della bella principessa, chissà se finirà davvero bene per loro” lo stuzzicò lei.
“Ah” cercò di rispondere, un po’ imbarazzato “E’ soltanto una favola…”
“Sì, certo, era quello che intendevo anche io” rispose lei, mentre uno sguardo malizioso aveva cominciato a dipingersi sul suo viso.
“Uffa” Roy alzò gli occhi al cielo, falsamente offeso “è incredibile quanto somigli a Maes alle volte…”
“E’ normale quando si ama qualcuno e si vive insieme per molto tempo, quindi… perché non ti sistemi una volta per tutte?” concluse lei, riprendendo l'amata frase del marito, mentre chiudeva la porta dietro di lui, impedendogli qualunque risposta.
Roy rimase fuori la porta chiusa ancora per qualche secondo, immobile, poi sbuffò mentre scuoteva la testa, con un sorriso sulle labbra, si passò una mano tra i capelli e si avviò verso la sua auto, che lo avrebbe ricondotto a casa entro pochi minuti.
“Chissà” si ritrovò a mormorare “se ci si mette anche lei, adesso, non credo che resisterò ancora a lungo, è uno stress psicologico non indifferente, non bastava solo quell’idiota di Maes…”

§


La mattina era soleggiata, c’era un leggero venticello che muoveva le foglie, la temperatura non era troppo alta e il profumo di fiori appena sbocciati si mescolava nell’aria. Una splendida giornata, se non si fosse stati costretti a fare lavoro d’ufficio, al chiuso, circondati da uomini che non sanno cosa significhi la parola educazione… Chi mangiava un panino sporcando i fogli su cui lavorare, chi dormiva non preoccupandosi di russare troppo forte, chi fumava senza ritegno, chi aveva appena rovesciato la ciotola del cane ancora piena, il tutto ovviamente contornato da uniformi sbottonate, camicie macchiate e scarpe slacciate… niente di nuovo insomma, nell’ufficio del Colonnello Mustang.
All’improvviso, a ridestarli dal torpore, la porta si spalancò.
“Buongiorno. Mh, che avete tutti stamattina?” chiese con una voce che non lasciava scampo alle emozioni l’unico ufficiale donna presente nella squadra.
Di corsa, come se dovessero nascondersi per un attacco improvviso del nemico, tutti cercarono di darsi un contegno, cercando di acquistare un’aria il più possibile impegnata nel lavoro – e di sistemarsi le proprie uniformi alla meno peggio.
“Tenente, pensavamo che fosse impegnata ancora per mezz’ora giù al primo piano, che ci fa qui? Cioè, è successo qualcosa?” cercò di correggersi come meglio poteva il Sottotenente Havoc, mentre gli altri si chiedevano, cercando di nascondersi il più possibile dal suo sguardo, come mai ancora non avesse iniziato ad urlargli contro dopo aver visto lo stato in cui verteva l’ufficio dopo solo trenta minuti che lei li aveva lasciati da soli.
“Già. Tenente, qualcosa non va? Stai bene, spero” chiese Roy, mentre stava ancora finendo di abbottonare la divisa.
“E’ tutto a posto, signore. Sono tornata perché c’è una lettera per lei” disse Riza, dopo aver fatto il saluto militare. “Da parte di una sua ammiratrice” concluse sorridendo.
Dopo quelle parole nella stanza calò il gelo totale. Nessuno si azzardava a fiatare, si chiedevano perché dovevano sempre venire a sapere che il loro Colonnello era pieno di ammiratrici, che di frequente gli portavano regali e lettere d’amore, magari anche maliziose – lo capivano dal sorrisetto stampato sul volto del superiore – perfino in ufficio, ma soprattutto si domandavano, con un tacito ma eloquente scambio di sguardi, perché il loro Tenente avesse quel sorriso sulle labbra e sembrasse così calma, avrebbero detto felice, se solo l’avessero mai vista in quello stato. Era strano che già non avesse cominciato a sparare qualche colpo, innervosendosi e dando la colpa a qualche mosca che volava e che la infastidiva o al fatto che non riusciva ad aprire l’armadietto che conteneva i documenti, o a qualunque altra cosa palesemente assurda, come faceva le altre volte che Roy faceva anche solo un piccolo accenno a qualche altra ragazza che frequentava.
“Ah” provò a dire lui. Si sentiva stranamente accaldato e il colletto della camicia gli dava improvvisamente fastidio “e… e da parte… da parte di chi sarebbe?” balbettò con una vocina stridula, deglutendo, visibilmente spaventato dall’ostentata calma di Riza. Che fosse la calma prima della tempesta? Non voleva provare di nuovo la furia omicida della ragazza, stavolta l’avrebbe prevenuta a qualunque costo.
“Perché non la apre e non lo scopre da solo? Altrimenti non c’è gusto, signore” disse semplicemente. “Ma ha davvero così tante possibilità da non sapere chi può essere?” Eccolo, ora era tornato, l’accenno di disappunto in quel tono fintamente gentile, e lo sguardo indagatore nei suoi occhi.
“Ma no, ecco, io, cioè, mi chiedevo se, be', sì, è meglio se non faccio domande stupide e apro la lettera.” Incollò gli occhi alla busta rosa – e per fortuna stavolta non c’erano cuori stampati sopra – e con una lentezza esasperante strappò un lato, mentre un sudore freddo si impossessava della sua fronte, gli occhi dei suoi subordinati non si staccavano da quel piccolo pezzo di carta, ancora tutti avvolti in un religioso – e spaventatissimo – silenzio.
“Colonnello” lo richiamò Riza, facendolo sobbalzare, mentre stava per uscire di nuovo dalla stanza per tornare ai suoi doveri. “E’ della sua ammiratrice più giovane e carina” affermò, il sorriso ancora sul volto, e prima di richiudersi la porta alle spalle intimò ai suoi subordinati: “E voialtri iniziate a lavorare come si deve, se vi ritrovo in questo stato non ci saranno altri avvertimenti.”

Roy non riusciva a crederci, un milione di domande gli riempivano la mente. Chi poteva mai essere quell’ammiratrice? Riza aveva detto giovane, uhm, quindi forse era Mary, Jane no, non era proprio carina, o almeno non nel senso inteso dal Tenente - e poi da quando lei diceva che le sue ammiratrici erano carine? - Oppure poteva essere anche, uhm, come cavolo si chiamava quella di quel bar? No, si era presentato solo con il nome e non c’era stato tempo per altro. Josie non era giovanissima, e Vicky, beh, a pensarci bene di certo Riza doveva aver avuto incontrato la sua ammiratrice giù nell’atrio e questa le aveva consegnato la lettera per lui, e se avesse incontrato Vicky era tanto se quest’ultima non fosse finita in infermeria… aveva un caratterino un po’ troppo prepotente e di certo Riza non si sarebbe fatta intimidire. Eh sì, di certo Riza era forte, la migliore ragazza che avesse mai conosciuto, così riservata e decisa. Eppure perché aveva quel sorriso? Che si stesse preparando a una dolce vendetta? O che si fosse già vendicata della povera ragazza? O che non abbia più alcun interesse in me?
Quest’ultimo pensiero lo spinse ad aprire con forza la lettera e ad estrarne il contenuto. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte e il cuore sembrava aver deciso di voler uscire dal suo petto, tanto batteva forte. Quei pochi attimi che gli ci vollero per aprire il foglio sembrarono ore interminabili.

Era un disegno. Poteva riconoscere una ragazza con lunghi capelli biondi e un vestito rosa, un uomo vestito di blu e i capelli neri e un castello sullo sfondo. In alto la scritta Grazie, con un pennarello rosso, in una scrittura infantile. Rimase a fissare il quadretto con un’espressione addolcita. Dalla busta della lettera poi cadde un secondo foglio, con una grafia matura. Lo lesse e si alzò dalla sedia subito dopo, dirigendosi senza un fiato verso la porta e chiudendosela alle spalle, lasciando nell’ufficio un’atmosfera di incredulità mista a paura.

“Ma che succede oggi?” chiese Breda rompendo il silenzio che c’era stato fino ad allora.
“Non lo so, voi dite che c’è qualcosa che non va?” domandò un intimidito Fury.
“Non direi, non c’era tensione fra loro, se facevate attenzione al viso del Tenente avreste notato che era rilassato, e anche lo sguardo del Colonnello era tranquillo, non è il solito che mostra quando ha un appuntamento” espose Falman.
“Non ne ho idea, spero solo di essere ancora vivo stasera e di avere la forza di poter reggere con le mie mani una sigaretta” concluse Havoc. Dopodiché tutti quanti tornarono alle loro occupazioni precedenti, di tanto in tanto cercando una soluzione al comportamento dei loro superiori.

§


“Tenente, non c’è bisogno che rimani qui con me, puoi tornare in macchina, non so ancora per quanto dovremo restare in piedi.”
Roy si trovava nel cortile dell’asilo di Elycia, era il tramonto ormai, e quello era l’orario giusto per l’uscita da scuola della bambina, almeno secondo la lettera che gli era arrivata in ufficio quella stessa mattina. Infatti Glacier gli aveva fatto recapitare un messaggio chiedendogli se poteva passare lui a prendere sua figlia oggi, dato che la donna aveva avuto un impegno improvviso a causa di una vicina che si era sentita male e che non poteva lasciare da sola. Roy le aveva detto proprio qualche sera prima di poter fare affidamento su di lui per qualunque cosa, quindi non poteva certo rifiutarsi adesso. Non che ne avesse l’intenzione, per lui era davvero un piacere stare con quella bambina. Così, appena ricevuta la lettera si era precipitato fuori dall’ufficio per telefonare a Glacier e chiederle se avesse bisogno di altro.
Ed ora si trovava lì, in piedi, affiancato come sempre dall’onnipresente Riza.
“Signore, se è stanco può andare lei a riposarsi in macchina” rispose tranquilla lei.
Roy mugugnò qualcosa di incomprensibile prima di aggiungere: “non credo di rischiare la vita in un asilo per bambini, la cosa più pericolosa che mi possa succedere è che qualcuno mi tiri qualche orsacchiotto… Vai pure a sederti. E poi chissà se c’è qualche bella maestrina in giro…” fece come per guardarsi attorno, con una mano tesa sulla fronte, fino a quando non sentì la pistola di Riza che perdeva la sicura. “Scherzavo, su, non te la prendere” aggiunse velocemente, con le braccia tese in avanti come a volersi difendere da un probabile attacco.
“Oggi non ho pulito la mia pistola, stavo controllando se fosse tutto in ordine, chiedo scusa se l’ho spaventata, signore” chiarì lei, con voce decisa.
Roy tirò un sospiro di sollievo, era certo che il suo Tenente non avrebbe mai potuto puntargli l’arma contro, ma la paura rimaneva, e anche tanta.
“Non c’era bisogno di intimorire così tanto i ragazzi, stamattina. È vero che non stavano ancora lavorando, nonostante il tuo precedente avvertimento, ma minacciarli di morte…” aggiunse poco dopo, per rompere il silenzio.
“Non li ho minacciati di morte, signore, ho solo detto loro che avevo bisogno di bersagli in movimento per esercitare la mira, sono stati loro a capire quello che volevano” esemplificò lei.
“Be', non che fosse una frase che lasciava molte possibilità di interpretazione…” puntualizzò lui, con un’espressione scettica sul viso.
“Non è colpa mia se hanno capito male, signore, e poi almeno è servito a qualcosa: ha visto come hanno finito subito tutto il lavoro, no? La prossima volta li minaccerò di chiamare le loro madri” finì lei, con un tono deciso e serio che era tradito però dal suo sorriso. Roy le diede ragione, e poi come poteva contraddirla se gli mostrava quel bel sorriso? Mentre era perso a contemplare la bellezza algida di Riza, sentì le grida dei bambini che correvano dai loro genitori.

“Zio Roy!” esultò Elycia appena lo vide.
“Ehi, dolcezza, vieni qui” la chiamò, prendendola in braccio mentre lei lo abbracciava forte.
“La mamma mi ha detto stamattina che saresti venuto tu a prendermi a scuola, così le ho chiesto di mandarti il disegno che avevo fatto ieri sera solo per te. È arrivato?” chiese speranzosa la piccola.
“Un disegno? No, non mi pare” fece finta di pensare, mentre vedeva il volto di lei rabbuiarsi per la delusione “L’unica cosa che mi è arrivata è un’opera d’arte! E c’era un cavaliere, scommetto che era il più affascinante di tutti, sì sì” rifletté con un dito sotto al mento, “e c’era una bella principessa, e il castello in cui vivevano. Era quello il tuo disegno?” vedendo che la piccola annuiva contenta, riprese con un’espressione di stupore: “ma c’era una scritta, non dirmi che sai già scrivere?!”
“Certo! Mi ha aiutato la mamma però, io ancora non conosco tutte le letterine” ammise Elycia.
“Ma sei stata bravissima! Scusami se non ci avevo pensato, ma era davvero troppo bello per essere vero, sei stata eccezionale. Il disegno l’ho mostrato a tutti quanti stamattina, dovevi vedere come erano invidiosi, ma io non lo cedo a nessuno, è tutto mio” rise lui, mentre le faceva il solletico sui fianchi, provocandole una risata cristallina.
“Ciao Elycia, ti sei divertita oggi a scuola?” disse educatamente Riza, introducendosi nella conversazione.
“Oh, buonasera signorina Riza, a scuola va tutto bene. Come sta Black Hayate?” chiese con sincero interesse.
“Sta bene, la prossima volta che ci vediamo ti prometto che lo porto a giocare con te, va bene?” rispose la ragazza.
Elycia emise un gridolino di felicità e si strinse ancora di più al collo di Roy, che subito dopo la fece scendere dalle sue braccia per permetterle di camminare da sola. Fecero per andarsene quando qualcosa li richiamò.

“Elycia, cara, ci vediamo domani.”
Si voltarono tutti e tre per identificare la voce, e trovarono che la proprietaria era una ragazza giovane, con lunghi capelli mossi, castani, occhi verdi e un completino bianco che le metteva in risalto le forme del corpo.
Roy la fissò per un attimo sbalordito, mentre Riza era stranamente accigliata. Fu Elycia a muovere la situazione.
“Certo, maestra, a domani!” fece la piccola girandosi per andarsene, mentre Roy la fermava con un braccio: lei era l’unica che poteva permettergli di approfondire quella conversazione che sembrava particolarmente interessante.
“Questa bella signorina è la tua maestra, Elycia?” chiese Roy con voce melliflua, senza staccare gli occhi di dosso alla nuova arrivata.
“Sì” rispose la ragazza al posto della bambina “Sono la nuova maestra di canto.”
“Oh, non metto in dubbio che una donna così bella sia anche in grado di avere la voce di un usignolo… sarei capace di perdermi tra le sue note se lei cantasse per me, mi ricorda una di quelle sirene del mito…” dicendo questo Roy sfoggiò il suo sorriso migliore, quello delle grandi occasioni.
“Sarei felice di cantare per lei, signor...?”
“Roy Mustang. Può chiamarmi Roy” ammiccò lui.
“Con piacere, Roy” continuò lei, sorridendo con leggerezza. “Il mio nome è Julia Smith. Può chiamarmi Julia.” Si presentò lei.
“Piacere mio, Julia” Roy si avvicinò a lei per baciarle la mano, ma la ragazza fu più tempestiva e strinse la sua impedendogli qualunque altro movimento che non fosse una semplice e amichevole stretta di mano.
“Che ne dice se più tardi ci vediamo da qualche part-” continuò Roy.
“Non è mia abitudine uscire con uomini sposati, per di più padri dei miei alunni” lo bloccò lei.
In effetti la situazione non era molto chiara, pensò Roy, lui e Riza potevano benissimo passare per una coppia di sposi, nonostante le divise militari, e il comportamento che avevano avuto con Elycia ricordava tanto il rapporto genitori-figli, soprattutto per come la piccola era stata felice di vederli.
“Signorina, sta commettendo un errore” interruppe Riza, prendendo finalmente la parola “per quanto sarei estremamente felice di avere una bambina come Elycia, e il mio orgoglio di madre non potrebbe essere più alto, non sarebbe mai potuta essere una bambina così adorabile se mio marito fosse stato lui” e detto ciò indicò sbadatamente Roy “senza contare che non avrei mai potuto sposare un uomo del genere” concluse con un’occhiataccia al soggetto del suo resoconto.
Roy rimase basito per un momento, non poteva pensare che quelle parole erano uscite proprio dalla bocca del suo Tenente. Julia fissò entrambi, con una mano sotto il mento, riflettendo.
“Vuole dire che Elycia non è vostra figlia?” chiese, aggrottando le sopracciglia.
“No, e non siamo neanche sposati. La madre oggi ci ha chiesto il favore di prenderla da scuola perché ha avuto un impegno improvviso” puntualizzò Riza.
“Ah, che sbadata, mi dispiace tanto” ridacchiò lei, sbattendosi la mano sulla fronte, in un gesto che doveva essere enfatico, ma che risultò estremamente finto. “E lei sarebbe?”
“Riza Hawkeye” ma può chiamarmi Hawkeye, stava per aggiungere, ancora infastidita da qualcosa di non molto chiaro.
“Molto piacere Riza, lei sì che è una persona interessante!” pronunciò, mentre concentrava lo sguardo su Riza.
“Ehm” si riprese Roy “Allora, che ne dice della mia proposta? Alle otto va bene?”
“Uhm, no, non credo, ora che ci penso ho un impegno importante” disse lei, con lo sguardo rivolto al cielo e una gran voglia di andarsene.
“Allora possiamo fare un altro giorno. Domani?” perseverò lui, che di certo non si dava per vinto tanto facilmente. Intanto Elycia continuava a spostare lo sguardo dall’uno all’altra, e prese la mano di Roy, rendendolo ancora più buffo mentre provava la sua tecnica di conquista con la ragazza.
“Ecco, anche domani ho un impegno” disse seriamente lei, scrutando attentamente prima lui e poi Riza. “Però una soluzione ci sarebbe. Se vuole può aiutarmi con il mio impegno” azzardò.
“Tutto quello che vuole, sono disposto a tutto” riprese Roy con entusiasmo. Una donna capitola subito quando vede che un uomo è pronto a tutto per lei, Roy lo sapeva bene, era una tattica studiata, provata e assicurata negli anni.
“Benissimo, lei sì che è un vero uomo” squittì lei, battendo le mani. “Le farò avere mie notizie. Arrivederci, e arrivederci anche a lei, signorina” si voltò prima verso di lui, poi verso Riza rivolgendole un piccolo inchino, che la ragazza un po’ titubante contraccambiò. “Ciao Elycia, a domani, cara” salutò infine la piccola, che la ringraziò muovendo la manina avanti e indietro. Julia sparì velocemente dalla loro vista, lasciando i tre leggermente sconvolti.
“Andiamo? Io voglio giocare con te, zio Roy” cantilenò Elycia.

Entrarono in macchina ancora in silenzio per quello strano incontro, e poco dopo che Riza iniziò a guidare, Roy si rivolse direttamente ad Elycia.
“E così quella è la tua maestra?” chiese.
“Sì, è da poco che si è trasferita qui, ci insegna a cantare e con lei mi diverto tanto” rispose lei.
“Allora dopo devi farmi sentire qualche bella canzone, d’accordo?” le sorrise.
“Sì!” urlò dalla felicità. “E poi lavora anche al teatro della scuola, è lei che si occupa della recita di quest’anno, ha detto che ha tante persone che lavorano con lei” aggiunse.
“Ha una compagnia di teatro?” precisò Riza.
“Sì, ha detto quella parola. Sono sicura che la sua recita sarà bellissima, non vedo l’ora di vederla, tutto quello che fa la maestra Julia mi piace tanto, è una persona strana ma è divertente” concluse soddisfatta.
“Ehm, sì, certo” le diede ragione Roy, mentre scambiava un’occhiata con Riza del tipo strana è la parola esatta.
“Chissà se mi farà avere davvero sue notizie… nessuna ha mai inventato così tante scuse per liquidarmi” grugnì Roy.
“Sono sicura che avrà avuto i suoi buoni motivi, Colonnello. E poi c’è sempre una prima volta nella vita” filosofeggiò Riza, con ancora un sorrisino di scherno disegnato sulle labbra.
“Forse la vicinanza di Havoc e degli altri mi sta facendo perdere tutto il mio immenso fascino, mi starò ammalando…” constatò lui, guardandosi le unghie della mano destra.
“Mi permetta di farle notare che non si è mai sentito di una malattia simile, signore” rispose con il tono più serio che riuscì a trovare, anche se non tentò troppo bene di nascondere la sua risata.
“Forse dovrei farmi vedere da un medico” fece il finto offeso, guardando fuori dalla finestra.
“Zio Roy, vuoi che ti tenga la mano quando il medico ti darà la medicina cattiva? Il mio papà lo faceva sempre” s’intromise Elycia, vedendo che la conversazione dei due girava su argomenti che conosceva anche lei.
“Grazie, dolcezza. Senza di te sarei perso” disse mentre si girava verso di lei per farle il solletico. Le risate di Elycia a quanto pare contagiarono anche Riza, che si abbandonò ad un sorriso sincero.

§


La mattina successiva era ancora migliore della precedente. Il sole splendeva alto nel cielo, l’aria era profumata, la temperatura era piacevole e, soprattutto, era la giornata dell’ispezione in città, e questo voleva dire meno lavoro d’ufficio! Il Colonnello Mustang non poteva essere più felice, ma, si sa, basta poco per rovinare la felicità. E infatti…
“Capo, c’è una lettera per lei” disse Havoc con aria annoiata.
“Di nuovo?” si stupì Roy mentre riceveva la lettera con la busta di colore rosso, guardando di sfuggita Riza per prepararsi alla sua reazione.
“Non credo sia di un’ammiratrice, perché anche il Tenente Hawkeye ne ha ricevuta una simile” puntualizzò il Sottotenente. E infatti si apprestò a consegnare una lettera dello stesso colore a Riza, che aveva una faccia tra lo stupito e il preoccupato. I due si guardarono un attimo, come se l’altro potesse risolvere questo dilemma. Poi si decisero e nello stesso istante strapparono la busta e lessero velocemente quelle poche righe che erano loro dirette.
“Ah” esclamarono all’unisono. “Non è possibile!” continuarono. Dopodiché si guardarono con aria preoccupata, sgranando gli occhi, scoprendo così che il contenuto della lettera era vero e che non si trattava di qualche scherzo poco divertente.
“Colonnello, la sua lettera che dice?” chiese con aria sconvolta Riza. Roy sembrava aver perso l’uso della parola, l’unica cosa che riuscì a fare fu consegnare il foglio al suo Sottotenente, che aveva guardato la scena con sguardo assente, in modo che Havoc leggesse per lui.
“Sono felice di annunciarle che lei è stato scelto per il ruolo di protagonista nello spettacolo della compagnia di teatro Smith, che si esibirà tra due settimane in una scuola. La prego di presentarsi alle prove stasera alle ore otto, immagino che l’orario non le dispiaccia. So che lei farebbe qualunque cosa per me. Firmato: Julia Smith” la voce di Havoc era sommersa da una risata incontrollabile “Ehi, Colonnello, questo sì che è divertente, da quando si mette ad intrattenere i mocciosi?” scoppiò a ridere, seguito a ruota da tutti gli altri nell’ufficio, ad eccezione di Roy e Riza che erano diventati sempre più pallidi.
“La sua che dice, Tenente?” chiese Breda tra le risate.
“Esattamente la stessa cosa” constatò lei, la voce monocorde “Cambia solo l’ultima frase, dicendo che non posso deludere i bambini che aspettano questa recita da tanto tempo, e che sicuramente non posso lasciare il Colonnello da solo” finì lei, continuando a fissare con sconforto il suo superiore. E mentre pensava in che razza di guaio si era cacciata, e come aveva fatto a finirci dentro – riconoscendo però che la colpa era senza dubbio di Roy – si accorse che il Colonnello stava cercando di dire qualcosa, gli occhi ancora sbarrati dal terrore.
“Ormai” sussurrò lui appena “ormai non possiamo più tirarci indietro… siamo in trappola!”


- To Be Continued...-

Noticina finale: i nomi delle ragazze che ha frequentato Roy sono volutamente semplici, tanto per indicare che sono anche ragazze semplici... non che ci sia alcuna attinenza tra nome e comportamento, ma il mio cervello ha ragionato così, nel momento in cui ho dovuto scegliere. Il nuovo personaggio ha un nome particolare, non è scelto a caso, per cui se vi ricorda qualcosa è tutto regolare, è sempre un altro parto della mia mente malata!! E spero anche di non aver reso Roy OOC, ma io ce lo vedo a comportarsi così con Elycia.




   
 
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