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Autore: neme_    17/03/2013    3 recensioni
« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino. »

Lavi è uno scrittore di successo, Rukia un'attrice. I due, come molti altri personaggi, usano rifugiarsi in un atipico giardino chiamato Hortum Septentriones. I destini di Lavi e Rukia e degli altri personaggi si incroceranno in questo viale. Perché sono tutti cercatori.
[Crossover][LaviRuki][Altri crack pairing][Het][Yaoi][Lime][AU][Introspettivo][Possibile OOC][Slice of life]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino: sono davvero, infinitamente spiacente per il ritardo di questo aggiornamento. Ho avuto problemi con il caricabatterie del portatile e ho dovuto farlo cambiare due volte. E infatti avrei aggiornato molto tempo fa, se non fosse stato per questo problema. Ma eccoci qui, alla fine! Spero che non vi siate dimenticati di me, perché a me EFP è mancato tanto, come mi è mancato tanto aggiornare questa storia a cui tengo molto! Spero che ve la passiate bene, nonostante il freddo. In questo capitolo mi sono dilungata parecchio nei provini per il film di Harriet, anche se l'esito era scontato. Sì, sapevamo tutti dall'inizio che la parte sarebbe andata a Rukia, contribuisce all'ambiguità del rapporto tra lei e Lavi, sempre più complicato da spiegare. Tant'è che Lavi, non riuscendo a spiegare cosa prova per lei -e usare il termine “amore” è, per come è strutturata questa storia, addirittura pericoloso, onestamente 'sti due manco sanno dire se sono innamorati o no e alla fine sono io che mi rincoglionisco a scrivere, benedetti conigli che non siete altro- che decide di utilizzare il nome di Rukia. Che ha effettivamente un'assonanza con “luce”, Kubo ha dichiarato da qualche parte che Rukia sarebbe una “giapponesizzazione” di Lucia. Ho voluto specificare qui questi particolari perché magari il dialogo tra i due a fine capitolo poteva lasciare qualche perplessità. E veniamo a Grimmjow, che adesso si mette a fare l'attore, però non ha nessuna esperienza e per il carattere che ha mi sa che qualcuno si metterà le mani nei capelli. Però, anche se mi è venuta all'improvviso, è un'idea che mi ispira. Soprattutto perché dovrà recitare con Rukia una scena alquanto “piccante”. Intendiamoci, la GrimmRuki non mi interessa minimamente, ma per il cinema -e per le strane fantasie di Lavi quando si tratta di lavoro!- escono anche strampalate come queste. Tanto è solo un film! XD E Shinji. Non so perché, ma in questa storia trovo che risalti fin troppo bene, e sono contenta per come l'ho fatto muovere in questo capitolo. È bello vedere che i personaggi riescono ad avvicinarsi di un altro passo verso l'equilibrio. Kanda, invece, si gode il riposo dopo il lavoro, ma nel prossimo capitolo ci sarà un nuovo giardino, un nuovo orologio, che sicuramente porterà svolte anche ai frequentatori, Allen, Renji, Orihime, Linalee. Spero che il capitolo vi piaccia. Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate! Un grazie di cuore, ovviamente, a chi ha recensito, a chi ha aggiunto la storia nelle preferite e nelle seguite, e a chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti, al prossimo capitolo ringrazio tutti uno per uno, con più calma!






Hortum Septentriones






Undici






Prova






« Questo è un giardino, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne organizzano un mercato, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne passeggiano in questo giardino, di come se ne incontrano in qualunque viale.
Ogni giorno qualcuno si perde e arriva qui, oppure ci viene di sua spontanea volontà.
Questo giardino è una casa. Per chi? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque è alla ricerca. Di cosa? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque.


Hortum septentriones »





« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino.


Nessuno è obbligato a rivelare il proprio nome.
Non è necessario sapere esattamente cosa si sta cercando.
Qualunque cosa sia, qui la si troverà.
Sicuramente.


I brividi che sentite non sono dettati dalla paura.
La vostra natura lo sa perfettamente.


È possibile organizzare particolari eventi quali concerti o feste.
Qualora lo si desideri, è possibile alloggiare per una o più notti nelle locande.
Non vi è alcun obbligo di rilasciare i veri dati personali o documenti.
Il pagamento varia a seconda delle locande.
O, per meglio dire, a seconda della natura dei rispettivi gestori.


Qualunque cosa succeda, mai chiedersi se sia giusta o sbagliata.
Il giardino non conosce queste sottigliezze.


Il giardino esiste per voi cercatori.
Qualsiasi modifica venga apportata, viene fatta per il vostro benessere.
Siamo certi che le vostre nature rimarranno soddisfatte.
Loro sanno cosa vogliono.


È presente un registro su cui è possibile rilasciare i propri recapiti.
Potete scrivere il vostro vero nome o uno pseudonimo, a libera scelta.
Il giardino si assume ogni responsabilità sulle conseguenze di ciò che lascerete trascritto.
Solo all'interno di esso, però.
Dopotutto non si smette mai di girare.


Non c'è niente di male nel voler sapere.
L'importante è essere coscienti che a volte la troppa conoscenza uccide.
A vostro rischio e pericolo.


I precedenti dei visitatori non hanno alcuna importanza.
Non nel giardino.
Quelli appartengono al mondo che lasciate fuori.


Si invitano i visitatori a non fare totale affidamento al giardino,
e alla sua stella. Può capitare che si inceppi.
Ma possono sempre aiutarlo a ripartire.
Un aiuto, uno sprono, prima o poi, ne hanno bisogno tutti.


Non vi sono orari di apertura e chiusura del giardino,
né vi sono restrizioni o discriminazioni per accedervi.
Il giardino tiene a sottolineare questo particolare all'apparenza scontato. »






Per la quarta volta fa scivolare tra le dita le banconote, ma oramai non conta più. Sa quanto ha ricevuto ma non è questo che gli importa. A Kanda, del proprio compenso, non importa niente, fosse stato per lui non si sarebbe neanche fatto pagare. Il fondatore dell'Hortum Septentriones ha però insistito tanto, tramite Shinji, di retribuire il suo lavoro. Proprio il biondo ora gli sorride, all'entrata, ammirando assieme a lui il grande cambiamento: l'orologio è stato finalmente sostituito. Kanda ha superato se stesso in questo lavoro, lavorando nei minimi dettagli. Ha mantenuto la grandezza originaria del vecchio orologio, senza sbagliare di un centimetro, e mantenendo la forma di stella a dieci punte, come gli era stato richiesto. Ma, lo si nota al primo sguardo, è ben diversa, di una forma più elegante e ricercata, decorazioni che simbolizzano l'importanza avuta per questa straordinaria commissione, persino le lancette celano un lavoro ricercato che gli avranno portato via diverse ore di riposo. Un lavoro paragonabile a quello di Alma, seppur il valore “affettivo" sia del tutto diverso. Alma è un tipo di ricercatezza leggermente diverso, quello della semplicità, mentre l'orologio, la stella di riferimento di tutti i frequentatori del giardino, richiedeva maestosità, imponenza, accoglienza, anche. Alma racchiude l'intimità del ragazzo, l'orologio quel piccolissimo senso di familiarità verso chi, come lui, tiene a quel posto. Perché Kanda ormai fa parte del giardino e, di conseguenza, di tutte le persone che ne fanno parte. Verso Shinji, che con i suoi sorrisetti e frasi ironiche ha fatto da mediatore per tutto il tempo. Verso i clienti che comprano con entusiasmo le sue statuette di vetro. Verso il fondatore che gli dato tanto in cambio della sua capacità, e proverbiale pazienza, di fare del vetro un'arte attraverso cui esprimere, comunicare, unire. Una cosa di cui Kanda non si riteneva capace. Forse, il merito va a quel posto che gli fa da casa, e che non fa discriminazioni d'alcun tipo, spingendo una moltitudine di gente diversa ad incontrarsi, a scoprirsi simile, anzi, uguale. Come una famiglia, come una madre che dà il bentornato a casa ai propri figli. Per uno come Kanda, questo tipo di “normalità” è del tutto nuovo, ma ormai ci è dentro fino al collo. Ha scoperto all'improvviso di essere come tutti. Animato da quella forza senza nome, tipicamente umana, che lo spinge a cercare qualcosa che gli manca, perché ormai le statuette di vetro non bastano più. Alma, per quanto sia speciale, non è altro che un'esternazione di questo bisogno, un messaggio. “C'è qualcuno, in questo mondo, disposto ad essere Alma?”.

Rimette i soldi in tasca. Per quanto sia una bella cifra, non sa che farsene di quel premio. Incredibile, comincia a capire che ha un'altra, impellente necessità, oltre che fare statuette e portare soldi a casa per mangiare.

Se non fosse per il suo orgoglio talmente pronunciato, ringrazierebbe il boss, come lo chiama Shinji. E non solo lui.


~ Ore 11.24 ~


Lavi è un tipo di persona che trova facilmente dei motivi per cui essere felice. Il fatto di essere vivo, ad esempio, per quanto scontato sembri secondo molte persone, è già una ragione sufficiente. L'odore del caffè è un'altra di quelle cose, perché è così incisivo che, sul momento, quasi ti manda in un insolito stato di estasi, un effimero viaggio verso una dimensione mai visitata ma, in qualche modo, familiare. I libri, la massima forma di gioia per lui, rendendoli la sua ragione di vita, il suo pane quotidiano. Grazie a loro, i viaggi sono più prolungati, e trova innegabile che l'odore della carta stampata sia altrettanto afrodisiaco. Lo rende felice parlare, confrontarsi con gli altri, osservare le reazioni di chi ha attorno, studiare le persone, perché è curioso di natura. Per lui, la felicità è sinonimo di curiosità; chi non è curioso non riesce a trovare stimoli, non viene pervaso dall'impulso di indagare su qualcosa, di affrontare l'ignoto. Essere curiosi è per lui l'ingrediente base della felicità, entusiasmarsi per ogni cosa imparata e farne tesoro non può che rallegrare, anche in situazioni che sembrano suggerire il contrario. Forse ciò è dovuto al suo essere semplicemente ottimista, alcuni direbbero addirittura che è una visione troppo sempliciotta della vita. Eppure, ne è felice.

Il suo essere tanto curioso è uno dei motivi che l'ha spinto a partecipare alle riprese del film “Harriet”, tratto dal suo omonimo romanzo. Tyki gli ha presentato tutti i membri dello staff, gli ha presentato Froi Tiedoll, il regista, uno dei più rinomati nel suo campo, ed ha potuto constatare di persona il modo in cui lavora, affascinante e stimolante. Non trascura niente e nessuno, Tiedoll, e ha nei confronti dello scrittore la massima considerazione. Ha richiesto espressamente di visionare gli storyboard preparati per tutte le scene, se ci fosse qualcosa da modificare, se soddisfacesse i suoi gusti. Lavi sfoglia il tutto con un piccolo tremore, è elettrizzante per lui vedere la propria storia disegnata su carta. La figura di Harriet è indefinita perché non sanno ancora a chi assegnare la parte, sono sole bozze, possono esserci cambiamenti in qualunque momento, ma tenevano molto a mostrarglieli in via straordinaria. Se Lavi prova a immaginarsi Rukia, in quei disegni, gli sembra funzionare tutto ancora meglio, ma non può sbilanciarsi per non compromettere i provini che avverranno a breve. Si limita a riempire di complimenti tutti quanti.

Ha avuto modo di osservare qualche attrice, all'entrata degli studi, candidate al ruolo di Harriet. Alcuni visi sono molto più noti rispetto ad altri, sicuramente c'è anche qualche principiante. Rangiku Matsumoto l'ha riconosciuta subito, seduta ai primi posti, dicono che sia stata una delle prime ad arrivare. L'ha vista studiarsi minuziosamente il copione, non ha lasciato trasparire nessuna nota di nervosismo, solo una vaga eccitazione all'idea di interpretare un ruolo molto diverso dai soliti. Le altre parlottavano, ripetevano battute a voce alta, telefonavano ad amici e parenti per avere incoraggiamento. Di Rukia, nessuna traccia. Innegabile che abbia voluto vederla in mezzo a quelle ragazze, per osservare la sua espressione. Si chiede se sia più impaurita all'idea di affrontare un provino, o elettrizzata. Non gli resta che aspettarla, vederla varcare quella soglia e sentirla presentarsi in maniera molto formale. Può vederla lavorare di persona. Una delle tante cose che rendono Lavi felice.


~ Ore 11.35 ~


Rukia si toglie gli occhiali da sole nel momento in cui varca la soglia degli studi cinematografici che ospitano i provini per l'assegnazione della parte di Harriet, protagonista dell'omonimo film tratto dal romanzo di Deak. Howard Link, suo manager da quando ha iniziato la carriera di attrice, l'accompagna fedelmente e con garbo ad una postazione libera. È arrivata leggermente in ritardo, a causa del traffico cittadino, ma il suo manager si assume tutta la responsabilità, come in quasi ogni cosa che fa, e cerca di riscattarsi in qualsiasi modo, portandole un caffè, per esempio. È un atteggiamento, a dire della donna, anche buffo e divertente. Sembra uno studente delle elementari smanioso di prendere bei voti per rallegrare i genitori. È un bene che una persona tanto responsabile ed efficiente le faccia da manager.

Diverse sue colleghe la guardano con timore e rispetto, per via della sua carriera. Alcune di loro non le ha mai viste, intuisce che siano delle novizie nel mondo del cinema, e quindi, probabilmente, la vedono come un modello. Altre la salutano, felice di vederla come loro, in balia di giudizi di perfetti sconosciuti. Rangiku Matsumoto si è precipitata da lei, le sorride estasiata, attacca bottone facilmente e trova sempre argomenti su cui parlare, instancabilmente.

«Che coincidenza trovarti qui!»

«Già.» Rukia la scruta con attenzione. È bella, davvero, come se ne vedono poche in giro. Ricorda che, su una rivista, è stata eletta una delle attrici più belle e avvenenti, come dar torto. Ha visto ogni film nei quali ha recitato e, nonostante i modi diversi di lavorare, ammira il suo modo di fare disinvolto, come se non si sforzasse per niente a prendere in prestito identità altrui. Per lei dev'essere un divertimento, mentre Rukia la vede come una necessità, un bisogno insopprimibile di essere qualcun altro, di tanto in tanto, perché a volte la propria persona, il proprio carattere, diventa pesante da sostenere. Forse una personalità del genere piacerà molto ai produttori e al regista Tiedoll, e le assegneranno la parte. E a questo punto il carattere di Rukia, non di Mai Shirafune o di qualche personaggio da lei interpretato, diventa fin troppo competitivo. Diventa presuntuosa, se ne accorge benissimo ma la sua natura non può nascondere questo sentimento. Vuole quella parte e vuole che Lavi la veda in quella veste. Per una volta, vuole sentire i complimenti di una sola persona. Il perché è complicato da spiegare; non sa nemmeno come definire il rapporto che ha con quell'uomo. Fidanzati no, affatto. Amici neanche. Amanti, forse. Ma un amante non lo si considera certo in questo modo, collocandolo, addirittura, al centro di un obiettivo da raggiungere. La sua natura non riesce a fare diversamente. Ipotizzare che sia spinta da un sentimento come l'amore la disorienta. È forse innamorata di quell'uomo? A tal punto? L'idea un po' la spaventa. Dipendere fino a tanto da qualcuno è per lei quanto di meno auspicabile, poiché in questo modo il suo essere attrice la divorerebbe. Recitare per un film è una cosa diversa, naturalmente, immedesimarsi negli altri è divertente e stimolante, ma un compagno accanto per chissà quanto tempo la costringerebbe per forza di cose a correggere certi atteggiamenti, a cambiare, a indossare maschere ovunque, se necessario. Per Rukia, l'amore, il rapporto di condivisione tra due persone tanto intimo, è simile a un palcoscenico dove è impossibile essere totalmente se stessi. Non crede alle dicerie romantiche su “un uomo davvero innamorato accetta tutto di te, i pregi ma soprattutto i difetti”. È una menzogna, si dice. I difetti si possono sopportare, fino a un certo punto, ma accettare no, è fuori discussione. A lungo andare, ci si ritroverà costretti a modificare dei tratti distintivi della propria natura, e basta già questa affermazione a spiegare tutto. Se esistesse davvero un uomo simile, sarebbe bello. Ma la realtà è ben diversa da un film. Persino il giardino non può arrivare a tanto. Eppure, per Lavi sente di provare qualcosa di simile, che non sa come definire esattamente. Amore? Passione? Semplice infatuazione? E lui, cosa ne pensa?

Discuterne con lui le fa paura. Potrebbe rovinare tutto, l'attrazione, la complicità, l'intimità raggiunta con lui. Le cose funzionano benissimo anche così. Non è necessario tirare troppo la corda. Meglio concentrarsi sul provino.

Al contrario delle sue colleghe, non ripassa il copione e continua a conversare con Rangiku. L'altra è felicissima di partecipare, spera di ottenere la parte, come tutte, ovviamente.

«Darebbe una bella svolta alla mia carriera, non ho mai interpretato ruoli simili. Ho letto il libro, naturalmente, in vista del provino. Chissà che tipo è chi lo ha scritto.»

«Tu chi pensi che sia?»

«A giudicare dal libro, secondo me è un po' uno spirito ribelle. Harriet è un personaggio strano, sembra che viva senza nessuna regola specifica, se non quella di cercare la felicità. Bè, quella la cercano un po' tutti, ma da come è scritto il libro, sembra essere indispensabile, il che è una cosa bella. Ma Harriet, ecco... ha modi strani di cercare questa felicità.»

«Che vuoi dire?»

«Per esempio quando è al cinema e si mette a piangere. Per chi lavora nel mondo dello spettacolo come noi è senza dubbio bello vedere che c'è gente tanto sensibile su questo punto, ma per come la vedo io, è incredibile. Sembra un'utopia. “Non di solo pane vive l'uomo”, hai presente? Ecco cosa intendo. Essere felici solo di una cosa a me sembra impossibile. Devo ammettere che non capisco pienamente la protagonista, ma farò del mio meglio. Mi interessa molto un ruolo del genere, sarebbe bello interpretare una persona simile.»

Rukia annuisce di rimando. In parte capisce cosa intende e in parte non è d'accordo. Lei si è emozionata moltissimo quando ha letto la scena del cinema, è pronta a giurare di aver avuto le lacrime agli occhi, al momento della lettura. Vivere in prima persona un'esperienza simile sarebbe un onore. Ed è pronta a scommettere che anche Lavi si senta così quando, al cinema, vede un film che lo colpisce così nel profondo. Ha una spiccata sensibilità per certe cose, ha notato. È stata a casa sua pochi giorni fa e ha visto che i bucaneve sono ancora lì, tenuto in ottimo stato e in bella mostra. Vive in una casa disordinata e caotica, ma le cose belle vengono trattate come meritano, con riguardo. Apprezza molto questo suo lato.

Rangiku viene chiamata prima di lei. È appena uscita dalla sala dei provini una donna, sicuramente più giovane di lei, delusa. Tutte le altre accorrono per consolarla, il provino è andato evidentemente male, la parte non le è stata assegnata, ma stando a quanto racconta, non si sono accontentati di dirle “le faremo sapere”. A quanto pare, Lavi è una persona che non si fa problemi a mostrare il proprio dissenso, anche se ciò significa ferire qualcuno. Rukia non ha paura di questo, sa da tempo cosa lo scrittore pensa di lei. È, piuttosto, curiosa di vedere la sua espressione, quando se la troverà davanti a recitare, e cosa potrà dire. Cerca di nascondere un sorriso divertito. Non vuole godere della disfatta di quella povera ragazza, né sente il sapore di una vittoria. È solo divertita da lui, che non si smentisce mai. È stimolante come la prima volta che l'ha incontrato, al giardino, e si sono messi alla prova citando un libro che conoscono a memoria per ovvi motivi, per poi scoprirsi, man mano, laddove non c'è spazio per maschere, dove cercare la felicità non è utopia.

Fanno uscire Rangiku dopo un'ora e mezza, al suo posto entra un'altra veterana. Non si riesce a capire come sia andata, dalla sua espressione, e lei non si sbottona. Non con tutte. Sorride a Rukia, sedendosi accanto a lei.

«Com'è andata?» le chiede, seriamente curiosa.

«Temo che non sia andata come speravo. Tutti gli altri erano abbastanza soddisfatti, ma... sai che c'è anche Deak, l'autore di “Harriet”, a vedere i provini?»

«Sì, l'avevo intuito.»

«Ecco, lui non sembrava molto convinto. Mi ha fatto un sacco di domande su cosa penso della protagonista e del libro in generale, su cosa penso sia la recitazione, su cosa voglio comunicare, sul perché voglia questa parte. Io ho risposto che mi hanno chiamata proponendomi di partecipare e ho accettato perché mi è sembrato stimolante, un ottimo ruolo. Insomma, del provino di per sé non ha parlato molto, mi fissava peggio di un avvoltoio, ma non ha detto niente a riguardo. Visto che lui è l'autore, ovviamente lo tengono in gran considerazione, quindi mi sa che non mi prenderanno. Ma tutto sommato, mi è andata meglio di altre... ad alcune ragazze che si sono presentate prima di me, le ha fatte nere.»

«Immagino che per il film tratto dal suo libro sia molto pignolo.»

«Spero che non ti torturi psicologicamente. Ormai sei l'ultima, e le altre se ne stanno andando, ma io resto ad aspettare qui. Voglio sapere subito come ti andrà.»

Parla senza rancore, con una complicità inusuale per chi si conosce appena, eppure ha davvero voglia di fare il tifo per lei. Non è minimamente mossa da spirito di rivalità, anzi la incoraggia a dare il meglio di sé. Forse, in cuor suo, Rangiku spera che Rukia si aggiudichi quel ruolo perché lo merita meglio delle colleghe che ha appena visto, troppo inesperte o inadeguate a una parte simile. Quando viene chiamata, le dà una leggera spinta, augurandole di tutto cuore buona fortuna. Non è affatto una cattiva persona. Chissà, magari sarebbero ottime amiche, all'infuori dei set cinematografici, ma Rukia adesso ha altro per la testa.

Appena varcata la soglia, incrocia subito il suo sguardo. Le ha sorriso, seppur in maniera flebile. È seduto accanto a Froi Tiedoll, il regista, dietro un'ampia scrivania. La sala è completamente bianca, altri collaboratori siedono attorno, una sedia, poco distante, aspetta solo lei. Posa la borsa per terra e si accomoda, attendendo un cenno. Di colpo, il nervosismo arriva, e Lavi non può aiutarla più di tanto, se non parlando.

«Buongiorno, signorina Shirafune. La ringrazio di aver accettato di venire qui.»

«Grazie a lei per avermi dato questa occasione.»

«So che ha già avuto modo di collaborare con il maestro Tiedoll.»

«Sì, ho molti bei ricordi legati a lui e ai suoi film. Mi ha insegnato molte cose che ancora oggi mi aiutano nella mia carriera di attrice. Spero che anche stavolta potremo dare vita ad una solida collaborazione.» Tiedoll sorride compiaciuto, felice di rivederla e di constatare che il piacere di aver lavorato insieme è corrisposto.

«Mi scusi se vado subito al sodo, ma le andrebbe di cominciare subito con il provino?»

«Sono qui per questo.»

«Avrà avuto modo di studiare il copione, giusto? Le chiedo di interpretare per un momento Harriet, alla scena della caffetteria. Dia pure un'occhiata allo storyboard, per farsi un'idea della scenografia.»

Cala un silenzio innaturale mentre sfoglia le bozze delle scene, e durante la pausa che precede il provino. La sala è vuota, non può che immaginarsi i vari mobili che compongono una caffetteria e regolarsi di conseguenza. Deve sparire tutto di lei, in quel momento. La sua borsa, ora, è come se non ci fosse, e non è più un'affermata attrice dai capelli neri, a caschetto, ma una ragazza bionda, dai modi di fare ambigui per la società in cui vive, alla costante ricerca di qualcosa che la completi. Conosce bene quella scena, ha letto il libro chissà quante volte. Gli assistenti di Tiedoll si improvvisano comparse, lui supervisiona il tutto, dà il via, mentre Lavi tace e osserva, senza staccarle gli occhi di dosso un minuto. Mai Shirafune non c'è più. Harriet ha preso vita davanti ai suoi occhi, e questo gli provoca un'emozione indescrivibile.

Lo intuisce da ogni singolo movimento. Il modo in cui accavalla le gambe è completamente diverso, e nel libro ha solo fatto descrizioni sommarie riguardo il modo di sedersi della sua protagonista. Il modo di parlare, di sorridere, di guardare. Guardando i film nei quali aveva recitato aveva già capito il suo metodo di approccio nei confronti delle parti assegnate, ma vederlo dal vivo è, per lui, molto diverso. È come se la vedesse recitare per la prima volta. Prova un gran desiderio di alzarsi ed applaudire, ma si contiene, lui deve solo guardare e dare un'opinione quando gli viene richiesto, al massimo fare domande alle attrici. Tuttavia, in cuor suo, vorrebbe già assegnarle la parte. Perché è brava, Rukia. Oppure, probabilmente, è di parte perché per lei prova qualcosa di diverso dalla semplice ammirazione. Innamorato, forse. Ma ha paura di ammetterlo e anche di provare un simile sentimento. Inoltre, non vuole procurare problemi a Rukia a causa di questa situazione che si è andata a creare tra loro. Conosce bene i comportamenti dei malpensanti e delle malelingue. È sempre ben attento a non farsi riconoscere quando la incontra, tranne all'Hortum Septentriones, dal momento che in quel posto non si pongono domande su chi incontra chi, solitamente sono presi da altri pensieri. Il mondo dello spettacolo sa essere fin troppo spietato, e non vuole certo essere lui la fonte della sua rovina. Perché la ammira davvero come attrice. E ne è anche innamorato, probabilmente.

Il provino prosegue per altri dieci minuti, finché chiedono all'attrice di sedersi. Tiedoll continua a tenere le redini del colloquio, con un sorriso. Conosce Mai Shirafune da parecchio, sa come lavora ed è felice di notare che in lei niente cambia, nel lavoro. Rivolge uno sguardo allo scrittore, facendogli cenno che dovrà parlargli, in seguito.

«Ora dovremmo porle delle domande, signorina. La prego di rispondere in totale onestà.»

«Sì.»

«Cosa pensa di Harriet come personaggio, dei suoi comportamenti?»

Non è un problema per lei rispondere. Sorride, non si sofferma ad osservare Lavi più di tanto, sul momento. «Penso che lei sia un po' parte di tutti. La sua ambizione è trovare la felicità, ma allo stesso tempo, non vuole trovarla, non subito, perché è proprio la ricerca ciò che la rende felice. Nel corso della storia matura con il lettore, alcuni restano un po' indietro, magari, ma fa parte del percorso dell'essere umano, non tutti sono uguali, naturalmente. Lei vive secondo canoni puramente personali, facendo scelte che possono far storcere il naso e lasciare perplessi, ma vive pienamente le emozioni e ciò che la circonda. Il rapporto col suo amico d'infanzia, ad esempio. Si ritrovano in un'unica occasione nella quale cedono ad una passione inusuale per due amici; un comportamento che potrebbe addirittura disgustare qualcuno. Ma loro sanno cosa cercano e sanno cosa e chi seguire per raggiungerlo. Per come la vedo io, Harriet è una persona che impara a crescere e maturare come tutti, fino a diventare una Donna. Leggendo il libro, mi sono sentita una sua amica, una madre, seguirla nel suo viaggio mi ha permesso di comprendere sentimenti che mai avevo contemplato prima e mi ha anche resa fiera, nel leggere la conclusione del libro. Si percepisce il suo cambiamento, agli occhi di qualcuno potrebbe ancora mancare quel qualcosa che la faccia arrivare alla perfezione, ma in cuor suo ormai si sente una donna finalmente matura, la quale non ha più bisogno di consensi per poter andare avanti.»

Tiedoll annuisce soddisfatto, non aspettandosi niente di diverso. Avendo già lavorato con lei in passato, sa che ha una notevole capacità di riuscire a pensare come gli altri, di prenderne davvero il posto e di parlare per qualcun altro, quando il lavoro lo richiede. Si volta verso i propri collaboratori, chiedendo se qualcuno ha altre domande da porre, si rivolge anche a Deak. Lui però si stringe lievemente nelle spalle, storce le labbra, come se non fosse contento. In realtà gli viene da sorridere e sicuramente a lei non è sfuggito il sorriso che aveva fino a poco prima. L'unica cosa che si decide a chiedere non è una domanda sul libro e sui personaggi, come ha fatto con altre sue colleghe. Chiede un minuto contato di improvvisazione. È curioso di vedere come se la cava quando non ha copioni da rispettare. Lei annuisce con un sorriso che lui conosce fin troppo bene, divertito, lo stesso che fa quando si ritrovano da soli, al giardino, e le fa un complimento, o quando si accorge che vorrebbe baciarla e nient'altro.


~ Ore 12.30 ~


Le strade della città gli sembrano sempre più grigie, rispetto al giardino. Guarda le vetrine, incrocia qualche sorriso, nota del quieto vivere, ma Shinji non sembra convinto. Si guarda attorno come se si sentisse osservato. Percorre quella strada diverse volte, è una scorciatoia per la casa del fondatore dell'Hortun Septentriones. Oggi si ferma a pranzo da lui. Il boss, come gli piace chiamarlo, muore dalla voglia di sentire se ci sono novità al giardino, se i frequentatori stanno bene. Li sente un po' come se fossero figli suoi, una cosa che lo intenerisce. E lui dev'essere il prediletto, se ha il permesso di incontrarlo di persona e parlarci a quattro occhi. C'è anche Kanda, a dire il vero, ma lui non sa bene come definirlo. Gli sembra diverso rispetto a quando lo aveva conosciuto, poco ma sicuro, non più una bambola. Anche le statue che realizza gli sembrano differenti, più belle, forse complete. Merito del giardino, indubbiamente, per uno che ci vive dentro ventiquattro ore su ventiquattro dev'essere un salto di qualità non da poco. Se davvero i frequentatori sono i figli del fondatore, Kanda dev'essere quello disciplinato, che porta sempre i compiti fatti, non parla a voce troppo alta, non provoca guai, mentre Shinji è più simile alla mina vagante. Ha cambiato casa, tanto per cambiare. Adesso vive in una palazzina a pochi metri dal giardino, così può vederlo ogni volta che vuole e gli sembrerà di viverci, in un certo senso. Spera che grazie a questo sistema eviterà di traslocare un'altra volta, inizia ad essere stufo di questi continui cambiamenti. Vorrebbe trovare un posto dove non sente la necessità di capovolgere niente, e oltre all'Hortum, non ha trovato altro. È ora che si stacchi un po' dall'ala protettiva di quel posto e del boss. Casa sua gli piace molto, ad esempio, ma non può di certo andare a vivere là. Una volta non restava a pensarci più di tanto. Dev'essere cambiato, maturato, in un certo senso. Ma non sa quanto durerà questa situazione, e i tempi troppo prolungati non gli sono mai piaciuti.

Sospira, cammina a passo sciolto, quasi si faccia trasportare da qualcun altro. Hanno aperto un nuovo negozio, nota, le vetrine espongono gioielli non troppo costosi, di quelli fatti con materiale semplice che chiunque potrebbe usare nella vita di tutti i giorni, e accessoria in generale. Guarda le vetrine e subito pensa a lei.

A Momo piacevano molto i fermagli.

All'inizio della loro relazione le faceva spesso regali. Momo poteva vantare, grazie a lui, una vastissima collezione di fermagli. Aveva un sorriso modesto, ma davvero felice, quando si ritrovava per le mani il regalo tutto impacchettato. Col tempo i regali si erano fatti più rari, ma sempre importanti, fatti quando meno se lo aspettava, così non si viziava troppo, anche se era un aggettivo comunque molto lontano da lei. Vedere quegli oggetti ora gli provocano uno strano magone, non può essere nostalgia, no. Dev'essere colpa del lungo periodo di ragazzo libero, l'astinenza, direbbe qualcuno. Non è il piacere sessuale che cerca, Shinji. Vuole semplicemente smetterla di capovolgere tutto, non così tanto spesso, almeno. Sa che è stato proprio questo lato del suo carattere la causa della rottura con Momo. Cinque anni passati così, per chi non è abituato, è dura da sopportare, e infatti la storia non ha visto un lieto fine. Ricorda bene la dinamica, di fronte a casa sua. Dopo avergli comunicato come stavano le cose, non gli chiese niente, andandosene a passo veloce, quasi volesse scappare. Pianse anche, una volta voltatasi. Sul momento, Shinji non riuscì a capirla. Era stata lei a lasciarlo, dunque perché piangere? Perché essere tristi, quando si decide di chiudere una relazione? Quando lo fai, è perché non ami più quella persona, e quindi di colpo perdi la sintonia, non riesci più a vivere in simbiosi con lui, non hai più quel qualcosa che colmava i difetti dell'altro. Non c'è più alcuna ragione di piangere per un'altra persona. Quel giorno non indossava fermagli.

Cinque anni racchiusi in un oggetto piccolissimo a portata di tutti. Sembra uno strano scherzo del destino.

Come lo è vedere proprio quella persona uscire proprio da quel negozio. Per un'istante è come impietrito, non sa se voltarsi e fare finta di non conoscerla o sbracciarsi in saluti. Tiene le mani salde nella tasca e la guarda, sempre con lo stesso viso. Non piange, stavolta, ed ha un pacchetto tra le mani, è pronto a scommettere che abbia acquistato un fermaglio. Ne indossa uno anche oggi e, sorpresa, è uno di quelli che lui le ha regalato, come se ci fosse ancora un legame tra loro. I loro sguardi si incrociano, ma Momo stavolta non piange. Si sorprende, invece, infine sorride.

«Hirako...?»

Annuisce, lui, ormai non ha più vie di fuga. Non può semplicemente voltarsi ed andarsene, ma non ha nemmeno voglia di tornare a quei cinque anni di relazione che, a lungo andare, lo hanno fatto sentire intrappolato. Non la ama, se ne rende conto. Meglio solo, pensa, puoi fare quel che vuoi. Quella ragazza si era fatta delle aspettative troppo grandi per lui, voleva costruisce una vita salda in cui non è possibile girare le cose a proprio piacimento. Shinji non è ancora pronto per una cosa del genere, lui che ha fatto l'ennesimo trasloco.

«Quanto tempo. Come stai?»

«Bene. Ho appena traslocato, ma mi sono già sistemato abbastanza bene. Tu come te la passi?»

«Sto bene. Oggi volevo approfittarne per fare un po' di compere, è l'unico giorno libero che ho dal lavoro. È un bene che questo negozio abbia aperto, altrimenti avrei continuato a fare acquisti su internet. Preferisco respirare aria buona mentre compro qualcosa. Sai, mi hanno promossa a segretaria del presidente della società.»

«Congratulazioni. E per il resto? Come va?»

Una domanda che poteva evitare. Poteva intuirlo da solo, ma quell'incontro gli ha sconvolto i sensi. È la prima volta che tutto si capovolge senza la sua volontà, ed è una cosa che lo spiazza, lo innervosisce addirittura, la vede come una debolezza. Lui è uno che li nota, i particolari, anche se sono piccoli, era questo a permettergli di fare sempre centro, coi regali di Momo. Lui avrebbe notato a colpo d'occhio l'anello al dito.

«Tra due mesi mi sposo.»

Alla fine, lei pianta radici, senza di lui. Riesce ad andare avanti. Le lacrime che le vide quando lo lasciò gli sembrano lontane, ora, come se fossero state soltanto frutto di un sogno. Ha un viso sereno, adesso, per nulla paragonabile a quello che aveva quando si vedeva un regalo per le mani. Sa bene perché. Momo aspettava ormai da tempo di indossare un anello di fidanzamento e di annunciare ad amici e parenti le nozze. Può immaginare quanto sia contenta e che tipo di cerimonia sarà, semplice e modesta com'è sempre stata lei, si concederà un lusso enorme solamente per il vestito da sposa, ora che fa la segretaria potrà permettersi un abito da regina. Chissà chi è il futuro marito, ma Shinji non le chiede il nome. Non è tanto stupido da essere geloso di qualcuno che non conosce, con lei è finita molto tempo fa. Non se la sente di vantarsi dei suoi successi e della sua vita, come farebbe, con ogni probabilità, qualunque ex, per riscattarsi dall'abbandono subito. Tuttavia lui non ha voglia di prendere in giro nessuno, né di girare tutto a suo favore, tanto non ci riuscirebbe. Però, saperla così serena gli provoca altre sensazioni fino a quel momento troppo astratte. Sente un vago senso di pace, a guardare una persona tanto tranquilla. È giusto che abbia una sua vita. Momo alla fine si sposa davvero, il suo grande sogno, quello di diventare una brava moglie e una brava madre, si realizza. Lui non è stato in grado di aiutarla a realizzarlo, ma, adesso lo sa, è contento del fatto che sia riuscita a tirare avanti comunque e a trovare qualcuno disposto a dedicarle davvero tutto se stesso. Shinji, purtroppo, ancora non riesce ad fermare quell'atipica forza che ha dentro con una vita fatta di ritmi regolari e prevedibili. Ma non significa che non abbia provato mai niente nei suoi confronti. Ed il sorriso di Momo, adesso, che gli chiede come gli vada la vita, con la semplicità che le è sempre stata tipica, gli fa capire che anche lei, nonostante come sia andata tra loro, ricorda senza rancore la loro relazione. Sono stati cinque anni importanti che non intendono buttare, perché li ha aiutati, a modo loro. Momo si sposa, lui continua la sua vita di confidente del fondatore, e adesso non gli pesa più il suo continuo traslocare. Lo farà quando ne sentirà la necessità, non è un problema. Anche quello è un capovolgersi continuo in cui è abituato a vivere, che lo rende lui, Shinji Hirako.

Si salutano dopo una veloce conversazione. Lei ha molto da fare per l'imminente matrimonio, lui rischia di fare tardi per il pranzo, e se tarda, il boss è capace anche di non fargli mangiare i suoi dolci preferiti. Non hanno mai menzionato qualche particolare sulla loro relazione, ma si può dire definitivamente chiusa. Non si è mai sentito chiamare per nome da lei, ma non è più così importante. Si è definitivamente sciolto da lei e dai suoi ricordi. Momo può indossare tutti i fermagli che vuole, regalati da lui, se le fa piacere, la cosa non lo ferisce. Adesso sono solo oggetti graziosi che le piace indossare, non sarà certo un pericolo per le nozze che ha sempre sognato. E lui ormai non ha più bisogno di dirle niente, di farle pagare nulla, di rimpiangere, di ricevere risposte che non servono o di darle certezze troppo lontane perché possano contare ancora qualcosa.

Ti ho amato davvero, Momo.

Finalmente anche lui sa cosa ha provato per lei in cinque anni, con chiarezza. Ed il fatto che tutto questo sia successo al di fuori del giardino, gli fa ben sperare in un prossimo grado di maturità. Il “papà” sarà contento, quando glielo racconterà.


~ Ore 13.00 ~


Rangiku ha aspettato davvero. Appena vede la porta aprirsi, si precipita a chiedere come sia andata. Rukia si sente leggermente a disagio, quella donna si comporta come se fosse una sua grande amica, eppure non la conosce, se non per qualche saluto di circostanza quando è capitato. Resta sulle sue nei primi momenti, poi piega le labbra in un sorriso eloquente: ce l'ha fatta. Interpreterà Harriet nell'omonimo film diretto da Froi Tiedoll, tratto dal romanzo di Deak. Potrà vestire i suoi panni per un intero lungometraggio. Quando è le stato comunicato, Lavi ha mantenuto un certo distacco, ha sì applaudito come tutti ma non si è lasciato andare ad ovazioni eclatanti. A lei era bastato il suo sorriso sghembo, per capire quanto era felice della cosa, e ha apprezzato molto il fatto che lui non si sia minimamente intromesso nella scelta, lasciando parlare gli altri. Le avevano accennato che lui aveva fatto il suo nome per i provini, ma durante gli stessi non ha mai lasciato intendere una preferenza assoluta. Ha osservato le altre scrupolosamente e non ha trascurato nessuna. Anzi, comunica a Rangiku che per il film le verrà assegnata comunque una parte, dunque lavoreranno insieme. Si lascia andare alla gioia di quella donna tanto splendida ed esuberante, molto diversa da lei, un corpo da mozzare il fiato, un atteggiamento che le procura corteggiatori da ogni parte, una carriera luminosa e stimolante che rende la sua vita completa. Pensarla come amica e confidente dopotutto non dispiace a Rukia.

Decidono di prendere un caffè insieme e si dirigono insieme verso l'uscita degli studi, una volta indossati i cappotti. La porta della sala provini è rimasta aperta e lo vede, mentre conversa con Tiedoll, totalmente immerso nel lavoro che deve fare. Lo osserva con attenzione, lo ha fatto infinite volte, mentre lui dormiva, mentre facevano l'amore, mentre parlavano. Lavi non mette mai le mani in tasca ed anche stavolta sono libere, si muovono nell'aria come dotate di vita propria, le trova incantevoli. Indossa, stavolta, guanti che lasciano scoperte solo quelle dita di fuoco, lunghe e un po' ruvide al tocco, maestre nel toccarla e perfettamente a loro agio sul suo corpo, come se avessero aspettato, per tutta la vita, di toccare esclusivamente lei. Guarda Lavi, guarda anche il suo viso, il suo occhio verde, i suoi capelli rosso sangue, la sua statura importante per la sua età, e pensa che, nel profondo, un sentimento simile all'amore c'è. Aggiunge un “forse” per non sbilanciarsi, sarebbe troppo pericoloso altrimenti. Ma lei e Harriet sono simili, in questo senso. Per entrambe, la bellezza dell'amore, sentimento tanto astratto, è proprio questo, il non riuscire a definirlo, il seguirlo e basta, come detta la loro natura, la quale non ha bisogno di spiegazioni, sa e agisce.

Si volta per caso, lui, incrocia il suo sguardo di sfuggita, un attimo sufficiente a ricambiare il sorriso. Si vedranno dopo, al giardino. E anche in quel caso, non avranno bisogno di parlare o di citare romanzi.

Il film è appena agli inizi, ma Lavi si rende conto di quanto sia faticoso realizzarne uno. A confronto, scrivere libri è poca cosa. Ci sono problemi, gli viene detto, quei classici contrattempi imprevedibili che inizialmente spiazzano e confondono circa la strada da percorrere.

«Abbiamo assegnato quasi tutte le parti, tranne una, cioè l'amico d'infanzia di Harriet. L'attore a cui avevamo proposto la parte, l'ha rifiutata.»

«E immagino che non abbiate pensato a nessun'altra alternativa.»

«Purtroppo è così. E in cuor mio, non vorrei omettere niente del suo libro, non voglio ritrovarmi a dover eliminare una scena solo perché manca un attore. Ma non riesco a pensare a nessun altro per quella parte. Forse dovremmo organizzare dei provini anche per loro, anche se questo ritarderebbe un po' le riprese.»

«Credo che non sarà necessario.» Lavi sorride maliziosamente e con determinazione. «Per questi provini non ho voluto interferire più di tanto, limitandomi -e, devo ammettere, anche divertendomi, mi perdoni- a far capire ad alcune attrici smaniose che non possono fare tutto. Diciamo che oggi sono venuto per pura curiosità e per semplice constatazione dei fatti. Lei, Tiedoll, che ha già lavorato con Mai Shirafune, sa che tipo di attrice è.»

«E non mi ha deluso nemmeno stavolta. Ammetto che era già mia intenzione proporle la parte, senza fare provini, ma lei mi ha preceduto, signor Deak, facendo il suo nome. I miei collaboratori però avevano proposto anche Rangiku Matsumoto, e ci siamo trovati a organizzare questi incontri per accontentare tutti. Sono contento che la signorina Matsumoto lavorerà con noi, ma tornare a collaborare con Mai Shirafune mi rende felice, soprattutto per un'opera come questa.»

«Anch'io sono un ammiratore della recitazione di Mai, e sono anche convinto che Matsumoto, nonostante non sarà la protagonista, farà un lavoro che soddisferà tutti. Per questa parte che è fonte di problemi adesso, però, le chiedo di accontentare il mio “capriccio”. Ho in mente la persona perfetta ma, in questo caso, dovete essere disposti a darmi completa fiducia.»

«Da come parla, sembra che mi stia proponendo una persona che non ha esperienza nel mondo del cinema.»

«Già. Ma mi creda, è ciò che fa al caso nostro. Lo incontri, parli con lui, gli faccia girare qualche scena. Capirà anche lei che cosa intendo.»


~ Ore 14.40 ~


Ichigo non è in casa. Dopo la scuola, ha pranzato velocemente ed è corso fuori, dicendo che faceva una passeggiata. Sicuramente va a incontrarsi con quella ragazza dai capelli lunghi e lo sguardo innocente. La classica “brava ragazza della porta accanto”, che ridere. A Grimmjow rode, questo agire lontano dai suoi occhi. Il fatto che gli nasconda i propri pensieri, adesso, lo ferisce nell'orgoglio. Ichigo non ha mai avuto bisogno di nascondergli nulla, sapendo che lui c'è sempre, solo lui è costantemente presente nella sua vita, l'unico in grado di aiutarlo. Questa nuova presenza, ormai diventata ossessiva nei suoi pensieri, per giorni gli ha fatto venire alla mente idee assurde e meschine, deve ammettere. Per esempio, rubare il cellulare di Ichigo e scriverle spacciandosi per lui, o sorprenderla per strada, al giardino, e metterle in chiaro che non deve impicciarsi, che è lui ad occuparsi di quel ragazzo tanto sfortunato. Ma una cosa simile al giardino non potrebbe mai farla, non è tanto stupido da rovinare la bellezza dell'atmosfera di quel posto. Né è tanto infame da fare le cose all'oscuro del suo coinquilino. Almeno lui, certe cose, non le fa. Ichigo dovrebbe imparare a fare altrettanto. Non capisce proprio di cosa abbia paura. Ammette di non essere il massimo della compagnia in alcuni argomenti, ma non si sarebbe di certo tirato indietro se Ichigo gli avesse detto, onestamente, “ho incontrato una ragazza che mi interessa. Come mi comporto con lei?”. Non è un Cupido, e forse avrebbe fatto comunque fatica ad accettare la cosa, ma stando così le cose, è impossibile accettarlo. Non vuole rischiare di perdere una persona che contribuisce a farlo sentire re, anche senza troni, anche se è un semplice meccanico che lavora in un'officina di seconda mano a riparare macchine come un automa. Non è ricco, tutt'altro, non ha corone, non fa gite a cavallo, non organizza battute di caccia per ridere con gli amici -e l'idea della caccia lo disgusta di per sé, volendo essere onesti- non si affaccia ad un balcone facendo grandi discorsi al popolo. Ma si sente comunque un re, Grimmjow, anzi, è così che vede un re. Non un riccone che fa leggi a caso e si gode la vita nel suo palazzo, ma una persona che si fa coraggio e si prende la responsabilità di essere un punto di riferimento per qualcuno. Lui ce l'ha, la forza per andare avanti, se qualcuno non riesce più a seguirlo, trova sempre una qualche maniera per non lasciarlo indietro. Ichigo, al contrario, no, non può ancora farcela da solo. Ma invece di un re, è andato a cercarsi una regina. E Grimmjow non riesce a trovare una soluzione, cosa che lo fa arrabbiare ancora di più.

Il telefonino gli dà una piccola pausa. Sul display illuminato leggere un numero che non conosce, fa spallucce e risponde un po' annoiato.

«Pronto?»

«Parlo con Grimmjow Jaegerjaques?»

«Sì, chi parla?»

«Tyki Mikk. Ci siamo incontrati al giardino della stella polare, ricordi?»

«Certo. Sei l'editor di Lavi. Fammi indovinare, ti ha dato lui il mio numero, giusto?»

«Sì. Vorrebbe vederti.»

«E non può chiamarmi direttamente lui?»

«C'è di mezzo il lavoro ed è meglio se te lo spiego io. Lavi, a volte, quando si entusiasma troppo non si cura neanche di farsi capire nel discorso.»

«D'accordo, ma quindi?»

«Ti devo fare una domanda, tu rispondimi sinceramente.» si prende una piccola pausa prima di riprendere a parlare. Grimmjow intuisce da sé che c'è qualcosa di diverso nell'aria, si sente vagamente agitato, o euforico. Dipende da come si vuole vedere la cosa. «Ti piacerebbe fare l'attore?»

Il ragazzo sgrana gli occhi incredulo. Di tutte le domande strane che si è sentito rivolgere, quella le batte proprio tutte. «Che?»

«Recitare in un film. Ti piacerebbe?»

«Non ho mai recitato da nessuna parte, io.»

«Ma a te piacerebbe l'idea di farlo?»

«Bò. Forse. Ma che ne so, non ci ho mai neanche pensato. E poi ho già un lavoro, mica posso mollare l'officina così di colpo per fare un film.»

«Di quello eventualmente me ne occupo io. Adesso pensa solo a quello che vorresti fare. Sai che faranno il film di Harriet, no?»

«Sì, Lavi me lo aveva accennato.» nel frattempo si passa il cellulare all'altro orecchio, aprendo con la mano libera il frigorifero, alla vana ricerca di qualcosa da mangiare. Ha improvvisamente bisogno di zuccheri.

«Hai letto il libro, vero?»

«Certo.»

«Hai presente la scena con l'amico d'infanzia di Harriet? Manca un attore e Lavi ha pensato a te.»

«E perché?»

«Dice che saresti l'ideale.»

«Digli che rifiuto. Io non ho mai recitato in vita mia.»

«Scusa, mi sono espresso male. Lavi pretende che tu sia presente nel film.»

«Devo farlo per forza?»

«Vedi il lato positivo. Potresti scoprire che ti piace davvero, fare l'attore.»

Sta per dire di nuovo che no, non intende minimamente farlo, ma si blocca di colpo. Ora che ci pensa, Ichigo è un appassionato di pellicole. Dopo “La fabbrica di cioccolato” non si è più fermato. Aveva già in mente di portarlo a vedere il film di Harriet, appena uscito, dal momento che i libri di Lavi non li legge volentieri, con un film poteva andare diversamente. Poi si era messa in mezzo quella ragazza, con la proposta di andare a vederlo insieme, ma adesso Grimmjow vede tutto in una luce diversa. Se recita in quel film, Ichigo lo guarderà senz'altro, e si ricorderà chi è, la persona che lo ha sempre aiutato. Dovrà recitare una parte, dunque niente di più diverso dalla propria personalità, eppure è pronto a scommettere che sarà proprio questo a colpire Ichigo. Effettivamente, potrebbe essere la svolta che cercava da tempo, per riprendersi il proprio ruolo. Sarà una bella lezione morale, per quel ragazzo tanto sfortunato e, bisogna dirlo, alle volte ingenuo.

«Accetto.»


~ Ore 15.04 ~


«Rukia.»

«Sì?»

«Non so come definirlo.»

«La capisco.»

«Non c'è soluzione, vero?»

«Chissà.»

«Rukia. Che cosa significa, “Rukia”?»

«Ha un'assonanza con “luce”.»

«Allora lo potrei definire così, che ne dice?»

«... mi renderebbe davvero felice, Lavi.»

«Rukia, Rukia, Rukia.»

«...»

«Non è necessario che dica qualcosa per ricambiare, va bene anche così.»

«Ma...»

«Rukia. Va bene anche così. Noi lo sappiamo già.»

   
 
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