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Autore: Stray    05/10/2007    17 recensioni
ce la posso fare. Tutti e 100 i titoli del Royai 100 themes: 100 modi di reinventare questa coppia tanto sconclusionata che mi lascia sempre senza fiato. 100 modi di dire Ti Amo, Ti Odio, Ti Proteggerò, 100 modi di dire tutto senza dire una parola. Un'overdose di Roy & Riza... anche se non bastano mai!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Allora.

Non era mia intenzione fare un discorso pedante e scontato alla fine di questa raccolta.

Ma.

Ma i ringraziamenti mi sembrano d’obbligo.

Perché se è stata dura fare 100 racconti (no dai, alla fine per il Royai questo ed altro), dev’essere stato altrettanto duro recensirli tutti o quasi (proprio oggi ho contato i commenti: 400!!!! Non ci credevo…). Grazie alle irriducibili e alle indistruttibili Shatzy, _mame_ Nimpha, Irene, Sisya e tutte le altre che in un modo o nell’altro mi hanno sostenuto fino alla fine.

Ringrazio davvero – davvero - dal profondo del cuore tutte voi che non mi avete fatto mancare i commenti, i consigli, i complimenti e gli incoraggiamenti.

Sembra una stupidaggine, ma sapere che il proprio lavoro è apprezzato è il miglior anti-fatica, anti-stress, e anti-tutto in circolazione. Per cui, ancora una volta, anche a rischio di diventare davvero pesante: GRAZIE.

Ringrazio anche le lettrici/lettori silenziose: anch’io talvolta rientro nella categoria, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo…

Vi giuro che mentre sto scrivendo ho gli occhi un po’ lucidi: è da maggio-giugno che questa raccolta va avanti, senza contare la pausa di agosto ho cercato di aggiornare con regolarità sennò ci volevano degli anni (non che la cosa mi dispiacesse…)

Insomma, anche questo theme doveva essere una conclusione. Lo so, sarà scontato, ho già trattato questo argomento senza però entrare troppo nei particolari. Ci riprovo, perché a mio avviso è l’unica conclusione possibile per questa coppia stupenda che ci lascia sempre senza fiato, per la loro storia unica, per le emozioni che solo loro sanno dare.

Per cui, ringrazio soprattutto la rande Arakawa di esistere, perchè se non esistesse lei, non esisterebbero né Roy, né Riza, e di conseguenza il mondo sarebbe in qualche modo più triste.

Da commenti precedenti avrete sicuramente capito che non mollo, per cui ho in programma intanto una pausa rigenerativa (niente di che, vi chiedo solo una settimana, perché devo studiare, mannaggia…), poi ho già pronte due traduzioni di due fic inglesi. Le 15R procedono, e il progetto su Ishbar comincia a prendere forma. Insomma, vi romperò le scatole fino al limite delle mie possibilità. ^^

Comunque direi che il panorama Royai si sta arricchendo sempre di nuove storie e nuove autrici (riferimenti a cose, fatti o persone esistenti puramente casuale ^^”), per cui direi che il fandom è ben supportato.

Tempo fa ho trovato una fic-poesia, non ricordo purtroppo dove. Era carina, ma la cosa più bella, quella che mi ha colpito di più è stata una frase. Vi lascio con questa, e il finale di questi 100 themes, il loro finale, il finale del colonnello Roy Mustang e del suo tenente Riza Hawkeye, il finale che vorrei con tutto il cuore. E mi spiace, ma io sono dell’opinione che un happy ending non guasta mai…

“When someday finally comes you will have my love.

Someday will never come soon enough.”

100. Until that day (Fino a quel giorno)

Il suo sussurro è un’ombra inconsistente, un formicolio leggero, un movimento d’aria impercettibile, caldo contro le sue labbra.

Tiene gli occhi chiusi, mentre respira i suoi respiri, ma sotto le palpebre, sul bordo delle ciglia, rimane ancora un po’ di pioggia, quella che nasconde, quella che per accontentarlo fa finta di non vedere.

“Da quanto tempo…”

Mesi, anni, decenni. Era un ragazzinasì lo sono stata, nonostante tutto, ed ora torno ad esserlo, tra le tue braccia torno ad esserlo, qui, aggrappata a questi millimetri che ci dividono, sono di nuovo quella di allora – lui un estraneo, poi un amico, un superiore, un complice in quell’inferno, l’uomo da seguire, l’uomo da proteggere, l’uomo che ora è mio - sei mio, mio come io sono tua , ci apparteniamo, questo marchio su di me era solo un segno, solo un accenno a quello che doveva essere, e che è sempre stato…

“Non sai da quanto tempo…”

Lo sa, perchè ha contato i giorni, le ore, i minuti, ogni singolo, minuscolo, pesante ed orrido secondo che scandiva il tempo dell’attesa, il tempo di quell’intervallo che sembrava andare da lì all’eternità, che rimandava al futuro, a quel giorno, intravedendolo da lontano, pregando che non fosse solo un miraggio.

Lo sa, perché dentro di sé ha inciso solchi sulle pareti del suo cuore, come un carcerato segna il tempo che lo separa dalla liberazione. Una linea per ogni segreto, una per ogni lacrima ingoiata, una per ogni attimo di debolezza che invitava a stendere la mano, ad accogliere la sua, ad accettare l’evidenza, ad arrendersi. A lasciarsi andare, a lasciare andare tutto, i sogni, le ambizioni, l’orgoglio… non si poteva, non si voleva, e rimaneva solo aspettare.

Fino a quel giorno, si raccontavano, nel buio dell’ufficio, sussurrando tra il rumore della carta e il graffiare della penna sul bianco, fino a quel giorno sarà così, sarà guardarsi in silenzio, distogliere lo sguardo perchè fa troppo male bramare ciò che non si può avere, sarà tremare ad ogni contatto fortuito, come se fosse la carezza più segreta, più intima, più attesa, sarà pregare in silenzio che quel giorno arrivi preso, anche se non potrà mai arrivare presto abbastanza.

“Non sai quanto ho desiderato…”

Lui non osa toccarla, ha paura che possa scomparire, che quel sogno magnifico svanisca troppo presto. Non stringe quelle mani tra le sue, come se racchiudesse una farfalla delicata tra i palmi, può solo saggiare la sua presenza con il respiro, con quel calore che si avvicina. Non ha mai indugiato tanto con una donna, non ha mai avuto così paura di avvicinarsi a una creatura tanto desiderata da ucciderlo lentamente, la peggiore delle morti – sparami ora, allevia il mio dolore, solo tu puoi, spara prima che sia troppo tardi.

La presenza metallica dell’anello è una pausa fredda sotto le dita. Ne accarezza il profilo, sentendola fare lo stesso con il suo. Riconoscono che sono lì, che la chiesa sta aspettando con il fiato sospeso, che persino il sacerdote, dopo la fatidica frase, aspetta deglutendo nervosamente, tormentando il libro di preghiere con l’unghia.

E proprio in quel momento, dopo aver aspettato tanto, dopo essersi negati tanto, sentono che non c’è fretta, che il tempo in realtà è sempre stato nelle loro mani, è sempre stato un amico, un compagno di viaggio, volubile e traditore, capace di distendere quel momento all’infinito se solo glielo chiedessero, dilatarlo fino all’insopportabile, fino a che il bisogno non sia diventato ancora più grande di loro.

Il tempo è stato un alleato, il tempo ha coltivato quell’amore, lo ha rinforzato, lo ha temprato, lo ha reso ignifugo, immune, illeso nonostante gli scherzi della sorte. Immortale.

E quel bacio, che segna la fine di una cerimonia, la fine di un’attesa, la fine di una notte, contemporaneamente apre la porta che così follemente hanno cercato di raggiungere.

Fino a quel giorno, pregavano prima di addormentarsi, in letti diversi, due diversi luoghi della stessa città – ma tu sei qui, lo sei sempre stata, se solo provassi a stendere la mano…

Fino a quel giorno, ripetevano come un ritornello, il loro mantra per trovare la forza.

E anche l’ultimo millimetro è andato, non c’è più niente a separarli, mentre si baciano, sull’altare, la presa finalmente ferma, decisa attorno la sua vita e dietro la sua nuca, per non lasciare andare, non perdere nulla, non lasciare fuggire via il momento, il suo sapore, il suo calore, la sua indiscutibile presenza.

Fino a quel giorno, è un frase che non pronunceranno più, logora, sfatta dal troppo uso.

Perché quel giorno è arrivato.

E in definitiva, quel finché morte non vi separi, suona decisamente meglio.

Royai 100 Themes, Fine.

  
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