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Autore: 68Keira68    07/10/2007    10 recensioni
Salve a tutti! Questa è la prima volta che scrivo una fan fiction su Pirati dei Caraibi e vi chiedo di essere clementi! La fan fiction è ambientata circa 17 anni dopo la fine del 3 film quindi se non avete ancora visto il film e non volete rovinarvi il finale vi consiglio di non leggerla :-P! Spero che la fiction vi piaccia e se potete inserire un commento anche piccolo piccolo ve ne sarei grata, così saprei se la fiction vi piace o meno! Vi ringrazio in anticipo e vi auguro una Buona Lettura!
L’estate finalmente era arrivata, il sole risplendeva nel mare che bagnava la piccola isola di Telia, ai confini del mar dei Caraibi e Angela, si stava dirigendo al mercato per fare la spesa.
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elizabeth Swann, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Sorpresa, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cappy 1

PREMESSA: Salve a ttt! Cm ho già detto è la prima volta ke scrivo una ff su Pirati dei Caraibi, e vi chiedo di nn essere troppo severi nel giudicarla, perfavore :-P! Qst è solo un'introduzione alla ff, e quindi può sembrare un po' noiosa e sarà anke un po' melodrammatica, però era essenziale ai fini della ff, se no più avanti nn si sarebbe capito niente! Andando avanti nei capitoli si entrerà più nel vivo, dove entreranno in scena quasi ttt i personaggi del film ke per ora sn assenti e ci saranno anke parecchie sorprese! Spero ke la ficcy vi piaccia e vi sarei grata se inserirete un commento dopo aver letto il cappy! Buona Lettura! 

PS Perfetto,  sn tornata al mio pc e in più ho ttt chiaro su cm fare con i codici html sopratutto grazie a Kela, Grazie! 

PPS Ho cambiato il  nome della protagonista, scusatemi per quello ke aveva prima!!! 


Copertina
           


NB La copertina è stata fatta da DjKela, quindi un enorme grazie va tutto x lei: GRAZIE!!!!!!!!!!



1_ Prologo


 L’estate finalmente era arrivata, il sole risplendeva nel mare che bagnava la piccola isola di Telia, ai confini del mar dei Caraibi e Angela, si stava dirigendo al mercato per fare la spesa.

Angela era una ragazza di sedici anni, quasi diciassette, aveva lunghi capelli dorati, come quelli della madre e occhi di un castano scuro, come quelli di suo padre. O per lo meno questo era quello che le avevano sempre detto, dal momento che non aveva mai avuto la fortuna di conoscere suo padre di persona. Sua madre, Annalisa Modema, era una donna vivace che lavorava nella piccola locanda del marito, suo padre addottivo, l’unica in tutta l’isola. Angela aveva sempre vissuto con lei, che l’aveva cresciuta dedicandole ogni momento della sua vita. Diceva sempre che era l’unica cosa che possedesse sul serio, l’unica cosa che le rimaneva, l’ultimo regalo che l’unico uomo che aveva amato veramente, le aveva fatto.

Secondo quello che sua madre le aveva detto, suo padre era morto, portato via dai pirati poco dopo il suo concepimento. Era un brav’uomo, e lei lo aveva amato tanto. Il dolore della separazione era sempre rimasto vivo in lei, e non aveva mai accettato veramente il fatto che se ne fosse andato. Tuttavia, dopo quasi dieci anni, era riuscita a superare abbastanza il trauma e a riposarsi, anche se non era mai riuscita a dimenticare del tutto il suo primo amore. A Angela non era mai andato a genio il suo padre adottivo, Jhonatan Blachet, un piccolo commerciante che si interessava solo ai suoi affari e il suo unico problema era quello di accumulare più soldi possibili. Non le aveva mai fatto mancare niente, questo era vero, ma il fatto che si chiamassero per nome e che non si considerassero nemmeno parte della stessa famiglia era la prova del loro odio reciproco. Però era anche vero che lei e sua madre non avevano mai avuto da lamentarsi, ma tutto sommato non riusciva a sopportarlo, specialmente per il modo in cui rinfacciava continuamente a lei e a sua madre tutti i sacrifici che lui aveva dovuto fare per mantenerle. Cosa che non era affatto vero, dato che sua madre aveva sempre lavorato anche lei insieme a lui, e che Angela per prima dava una mano tutte le volte che poteva.

Del suo vero padre non conosceva nemmeno il nome, sua madre non glielo aveva mai detto, nonostante tutte le volte che lei l’aveva pregata di dirglielo, ma dopo un po’ aveva smesso anche di chiederlo, vedendo che ogni volta che nominava o chiedeva qualcosa riguardo al suo vero padre, gli occhi di sua madre diventavano lucidi. L’unica cosa che le diceva e che non smetteva mai di ripetere era che Angela assomigliava al suo vero padre in una maniera impressionante, il modo di camminare, quello di parlare, la sua passione per l’avventura, il cacciarsi nei guai, e anche la sua innata bravura con la spada. Questa era una cosa di cui Angela andava fiera, il quant era brava con la spada, nessuno le aveva insegnato a maneggiare quell’arma, tuttavia la prima volta che ne aveva presa una in mano aveva iniziato a sferrare affondi contro avversari invisibili come se fosse la cosa più naturale del mondo e in poco tempo era diventata la ragazza che tutti i ragazzi dell’isola volevano sfidare per dimostrare di essere più abili, palloni gonfiati che Angela puntualmente disarmava in cinque secondi.

 L’infanzia di Angela quindi era stata abbastanza serena, certo le mancava la figura paterna che non aveva mai conosciuto, ma sua madre non glielo aveva mai fatto pesare troppo, offrendole tutto l’amore che poteva darle. Ultimamente però le cose non andavano più così bene.

Sua madre, Annalisa, si era ammalata gravemente di broncopolmonite. Jhonatan le aveva pagato tutte le cure che poteva, ma per ora non si erano visti miglioramenti, per i medici, sembrava non ci fosse più nulla da fare.

Però lei continuava a sperare, era sicura che la madre si sarebbe ripresa, non poteva lasciarla anche lei, no, non poteva, e questo ormai se lo ripeteva da mattina e sera da più di quattro settimane.

 

                                               *


“Buongiorno Angela, prendi un chilo di frutta come al solito?”

“Si, grazie Leonard”

Angela al mercato conosceva tutti i mercanti, e loro conoscevano tutti lei, come tutto il resto dell’isola.

D’altronde era anche difficile non notarla. Era la ragazza più particolare di tutta l’isola, di una bellezza mozza fiato ma con un caratterino invidiabile. Era forte e sicura, e spesso e volentieri sembrava un maschietto, adorava le navi, la spada, e da piccola era sempre la prima a giocare ad arrampicarsi tra gli alberi e cose del genere.

“Ti accontento subito. Ah, e tua madre come sta? So che non ci sono stati molti miglioramenti” chiese cortesemente il fruttivendolo.

 “No, è vero, non ci sono stati molti migliaramenti, ma state pur tranquillo che si riprenderà” rispose la giovane.

 “Così speriamo tutti, Angela”

 “Angie! Angela! Vieni presto! È successa una cosa orribile, devi venire! Presto!”

A urlare il suo nome era stata Maggie, la sua migliore amica. Avevano la stessa età ed erano cresciute insieme. Erano amicissime, ma non si assomigliavano per niente. Se Angela a volte poteva passare per un maschio, questo non sarebbe mai accaduto a Maggie. Era una ragazza a modo ed educata. Aveva ricevuto un’educazione ferrea dai suoi genitori, ed era l’ultima persona che cercava avventure o misteri. A Maggie piacevano le cose semplici, era una ragazza con i piedi per terra, desiderava solo costruire una famiglia da grande. Questo a totale differenza di Angela, la quale avere una famiglia era l’ultimo dei suoi pensieri, lei sognava l’avventura, le sarebbe piaciuto viaggiare con i pirati in cerca di mille tesori. Ma questi ovviamente erano pensieri proibiti per una ragazza di quella società, segreti che aveva confidato solo a lei, a Maggie, con la promessa che un giorno avrebbe lasciato Telia, e si sarebbe imbarcata su un veliero. “Maggie, ciao, ma cosa succede? Cos’è accaduto?” domandò preoccupata. Maggie aveva il fiato corto per la corsa che aveva fatto per cercarla, e dovette fermarsi un momento per riprendersi prima di poter parlare. “Angela, tua madre, è peggiorata, ha iniziato a tossire forte, non la smetteva più, e la febbre sembra essere salita, mi hanno mandato a chiamarti, presto, devi venire a casa!” speigò velocemente.

Stop. Cosa? Sua madre, peggiorata? Come poteva essere, l'aveva salutata neanche un'ora fa e stava discretamente.

Angela per un momento aveva perso coscienza di sé, non sapeva più dov’era, né cosa stava facendo, solo una cosa capiva, sua madre stava peggiorando, doveva andare da lei.

Senza pensarci buttò a terra tutto quello che aveva in mano, facendo così spargere sul marciapiede la frutta che era dentro le borse che portava, e corse a perdifiato lungo la strada che l’avrebbe portata a casa.

La casa dove abitavano era sopra la locanda e l’unico modo per accedere agli appartamenti era entrare nel locale e salire la scala che si trovava nel retrobottega. Salì i gradini tre a tre e si precipitò nella camera della madre seguita a ruota da Maggie.

 Annalisa era stesa sul letto ed era in preda a violenti attacchi di tosse. Suo marito era accanto a lei e le teneva la mano, mettendole un fazzoletto bagnato sulla fronte con quella libera.

 “Mamma!” esclamò Angela in un sussurro appena udibile. Si accostò al letto dalla parte opposta di dove si trovava il padre addottivo.

“Mamma” ripeté “cos’hai? Vado a chiamare un dottore?” chiese a voce bassa con uno sguardo pieno di angoscia nel guardare la madre ridotta in quello stato.

 “Non ce ne bisogno, l’ho già chiamato io, e la già visitata” si intromise Johnatan.

“E cos’ha detto il medico?” domandò

“Ha detto che…” ma prima che potesse finire la frase, Annalisa gli fece cenno di far parlare lei. Così tra una attaccò di tosse e l’altro riuscì a rivolgersi alla figlia.

“Angie, il dottore è già venuto. Ha detto…che sono… peggiorata.” Concluse la frase con un attacco più forte degli altri. No, non poteva essere vero, non poteva accadere, non a lei, non ora. Angela sentì le lacrime affiorarle dagli occhi e iniziare rigarle le guance.

Non era assolutamente possibile, le sembrava che tutto quello che stava accadento fosse solo un brutto incubo.

“No, piccola, non …devi piangere.”

“Mamma… per favore…”

“Ascolta, il dottore ha detto che mi resta…poco…da vivere... probabilmente..” un altro attacco di tosse le impedì di continuare la frase, così la concluse Jhonatan per lei.

“Probabilmente…non…non riuscirà…a…superare la notte” finì con amarezza e anche con un velo di rassegnata disperazione nella voce.

Nulla, il nulla era quello che allegiava nella mente di Angela. Non capiva più niente. Ma se la sua mente era vuota, di certo non lo era il suo cuore. Infatti un misto di rabbia, tristezza, desolazione, sconforto e disperazione di impadronì di lei. Rabbia, perchè non era assolutamente giusto ciò che stava accadendo, tristezza e desolazione perché senza di lei ogni cosa non aveva più senso, chi le rimaneva ora al mondo? Chi le dava un motivo per andare avanti? Sconforto e disperazione perché era cosciente che anche se la cosa era ingiusta, non poteva farci niente, se non rassegnarsi al fato.

Le sembrava tutto così irreale, sua madre non poteva lasciarla, aveva giurato che sarebbe rimasta sempre per lei, e ora un malattia se la stava portando via. Non riusciva a credere che quello che stava accadendo lo stava vivendo lei di prima persona, le sembrava di guardare la scena da fuori, da spettatrice, però le emozioni che aveva le stava provando in prima persona. E le lacrime che avevano preso lentamente a rigarle le guance ne erano una prova.

“NO!” Con un gridò si gettò tra le braccia della madre piangendo.

Annalisa rispose all’abbraccio, coccolandola e accarezzandola con dolcezza.

“Nonononononononononono, non è giusto, mamma, no, ti prego, no!” “Angela, calmati, ti prego…prima di tutto…devo dirti…una cosa importante” le disse Annalisa.

Angela si staccò un attimo dalla madre guardandola stupita, ma senza smettere di lacrimare.

Doveva dirle qualcosa di importante? Cosa c’era più importante di quello in quel momento? Sua madre la guardò in modo serio, poi, dopo un altro colpo di tosse, prese un bel respiro e disse:

“Angela, ascoltami bene. Ti ricordi…che ti dissi…che il tuo vero padre era morto,…portato via dai pirati?”

“Certo, si me lo ricordo” Papà? Cosa c’entrava ora papà!? “Ecco…io…non ti dissi tutta la verità.” Silenzio, rotto solo da qualche colpo di tosse. Cosa stava dicendo?

“Vedi…devi sapere…che tuo padre…tuo padre… è ancora…vivo”

 Cosa? Papà, vivo? L’uomo che aveva creduto morto per tutto questo tempo, vivo? Non era possibile, stava delirando probabilmente, si, delirava in preda alla febbre.

“Ma cosa stai dicendo, mamma? Non è possibile” sussurrò la ragazza decisa.

“Io ti ho mentito…ma l’ho fatto per te, credimi…non per cattiveria… Tuo padre è vivo. Non so se vorrai mai vederlo…ma dovevi sapere che almeno…che almeno era vivo”

Eppure non sembrava una persona che parlare in preda al deliro della febbre, con frasi sconnesse e ochi vacui. Era seria, le parlava seguendo un filo logico.

Ma non era possibile che ciò che le stava dicendo corrispondesse alla verità. Però...

“Mamma, come si chiama, ti supplico, dimmi il suo nome!”

 “è una storia lunga…sul bancone al piano di sotto, c’è una lettera, aprila…e …troverai tutte…le informazioni. Oh, piccola mia, perdonami, ti supplico...perdonami...Ti voglio tanto...tanto bene...e te ne vorrò ...”

 ma non riuscì a concludere la frase.

“Mamma, NO! MAMMA! No!!!!!!!”

Angela scoppiò a piangere a dirotto e si accasciò a terra, priva di forze. Anche Jhonatan pianse. Maggie corse a sostenere l’amica, ma appena le fu vicino Angela si rialzò e corse fuori dalla camera.

Non poteva stare lì, voleva scappare, correre lontano da tutto e tutti, però quando fu al piano di sotto l’occhio le cadde irrimediabilmente dove la madre le aveva detto che si trovava una lettera per lei. La prese e ricominciò a correre.

Nemmeno lei sa per quanto tempo corse, solo che quando cadde sfinita, ancora con il volto bagnato di lacrime, si ritrovò sulla spiaggia, proprio mentre c’era il tramonto e si fermò a contemplarlo. Era bello, molto bello, ma ormai ogni cosa non aveva più senso.

Sua madre era morta, e ora era sola, infinitamente sola. Non poteva crederci, era accaduto tutto troppo in fretta. Solo quella mattina l'aveva salutata prima di uscire di casa e stava bene. Oddio, stare bene non era corretto, stava male, come sempre in quegli ultimi giorni, ma era viva, l'aveva salutata sorridendo.

E ora? Se ne era andata per sempre.

Non ci poteva credere. Sentiva un vuoto incolmabile dentro. Adesso tutte le emozioni che poco prima avevano preso possesso del suo cuore erano finite, non provava più niente, era come se nulla avesse più un senso, tutto era svanito in una nuovola di fumo, tutto se ne era andato insieme a lei, insieme alla donna che per 16 anni l'aveva cresciuta e amata, l'unica persona che aveva avuto dalla nascita.

Non le importava più di niente, le sembrava di essere insensibile ad ogni cosa, probabilmente se l'avessero presa e gettata in mare non se ne sarebbe nemmeno accorta.

Poi si ricordò delle ultime parole della madre e della lettera. Suo padre. Suo padre era vivo secondo la donna.

Ma come era possibile? Lui era morto, sua madre le aveva sempre raccontato che se n'era andato, e ora, sul letto di morte, saltava su con il fatto che era ancora vivo? _ stava delirando_ pensò la giovane, e questo effettivamente avrebbe spiegato tutto, ma come esserne certi? Ora la risposta a tutte le sue domande stava tra le sue mani, nella lettera che sua madre le aveva lasciato. Da una parte voleva leggerla subito per scoprire la verità, dall'altra però aveva paura, una paura tremenda di ciò che avrebbe trovato scritto.

E se avesse scoperto che effettivamente suo padre era ancora vivo? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasta lì e avrebbe continuato la sua vita come se nulla fosse o sarebbe andata a cercarlo?

In più non aveva neanche la forza di leggerla, se avesse scoperto che sua madre diceva la verità, non sapeva neanche se avrebbe retto ad un'altra notizia del genere. Però la curiosità a volte è più forte di tutto il resto.

basta con i dubbi, ora la apro e leggo, devo sapere con la mano tremante aprì la busta e inizò a leggere la lettera che in ogni caso le avrebbe cambiato la vita. Era scritta con una caligrafia minuta, la caligrafia di sua madre, precisa e piccola. Iniziò a leggere con il cuore che le batteva a mille.

   
 
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