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Autore: deliriums    20/03/2013    1 recensioni
Sentii gli occhi gonfiarsi di lacrime vedendo le nostre mani intrecciate, “Kristen, tutto bene?” alzai il volto mostrandogli il mio viso coperto di lividi e il mio labbro tagliato.
Lui rimase ad occhi spalancati e con la bocca socchiusa a fissarmi, il mio labbro tremò mentre ricacciavo le lacrime dentro, “Louis, non posso andare al college che mi hai consigliato, m-mi dispiace..” sussurrai con voce tremante, lui chiuse la bocca cercando di ricomporsi, “Kristen ma.. chi ti ha fatto questo?” chiese senza voce, alzando una mano e sfiorandomi il labbro, “Nessuno.” risposi, “Nessuno? Andiamo, Kristen, puoi dirmi la la verità.” disse, incitandomi con lo sguardo, scossi la testa, “No, non posso dirtela.”.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Guardai il mio riflesso allo specchio mentre con un dito percorrevo tutti i lineamenti del viso.
Mi sfiorai il naso e mi accarezzai le labbra, infine riposai la mano sull'accappatoio.
Socchiusi la bocca guardando la spalla coperta dall'asciugamano azzurro e con le dita lo abbassai scoprendola.
Feci un smorfia guardando la macchia violacea che si stava formando.
La sfiorai delicatamente con il pollice più volte, la quanta volta premetti leggermente e deglutendo chiusi gli occhi, aspettando che il dolore si dissolvesse.
“Esci da quel fottuto bagno, puttana! Non ti porto a scuola, no, oggi non ti ci porto! Ma con questo non sto dicendo che non ci vai, ti fai quindici chilometri a piedi. Spezzati le gambe, striscia, fai quello che vuoi, non me ne frega un cazzo!”.
La voce di Ben mi fece spalancare le palpebre e subito feci cadere l'asciugamano ai miei piedi evitando il riflesso del mio corpo ricoperto di lividi.
Presi la camicia rossa a quadri e abbottonandola con una mano cercai di tirarmi su i jeans con l'altra.
Uscii dal bagno correndo nella mia stanza per evitare il mio patrigno e una volta raggiunta la stanza sfilai le convers da sotto il letto.
Dopo aver afferrato lo zaino blu e averlo appeso per una spallina camminai in punta di piedi verso la porta.
Sentii un senso di sollievo quando poggiai una mano sulla maniglia per abbassarla ma lui fu più veloce di me, “Troia, ti rendi conto che sono le otto e quaranta? Lo so che lo fai apposta, stronza! Cambierai mai? Non ti sto chiedendo molto, cazzo, stai ferma!” gridò Ben mentre mi tirava per i capelli per farmi stare con la schiena contro la parete.
Il corpo tremava, instabile, stavo usando tutte le mie forze per rimanere in piedi o, una volta a terra, mi avrebbe strappato tutti i capelli per farmi rialzare.
“E smettila di piangere, idiota!” sbraitò dandomi uno schiaffo sulla guancia destra facendomi completamente girare il viso dalla parte opposta.
Mi morsi il labbro pregando ai miei occhi di non lacrimare.
Sentii la sua mano lasciare bruscamente i miei capelli e quando si fu allontanato, imprecando e augurandomi di morire, corsi fuori dall'appartamento.
Corsi, finchè non raggiunsi un angolo della strada isolato e mi lasciai scivolare lungo il muro sedendomi a terra e coprendomi il viso con i palmi delle mani.

“Neanche oggi signorina Stewart? Neanche oggi?” sbottò la professoressa di educazione fisica sbattendo il registro sul tavolo dove sedeva per vedere tutta la palestra.
Sobbalzai sbiancando, “No, neanche oggi..” confermai a bassa voce, lei sbuffò scrivendo qualcosa di negativo sul registro e alzandosi, passandomi oltre, per cominciare la lezione di ginnastica.
Camminai lentamente al bordo della palestra osservando come i lacci non annodati delle scarpe si muovevano ai miei passi.
Non badai alle occhiate dei miei compagni, alle risa, ai sussurri, ai pettegolezzi e alle prese in giro, sapevo che anche se mi fossi messa al centro della palestra e gli avessi gridato in faccia la mia vita loro non avrebbero capito.
Quindi mi sedetti all'angolo della palestra, con le gambe piegate al petto e la testa abbandonata contro il muro, i pensieri senza una vera meta.
Osservai tutta la lezione, osservai come Jake faceva il filo a Bridget, come Julie spettegolava con Hannah, come Jennifer mostrava la sua schiacciata.
Come i suoi capelli biondi, tagliati, puliti, pettinati, ondulavano quando lei saltava, come le sue gambe e le sue braccia erano scoperte, lisce, morbide, sane, senza nessun segno di violenza, nessun livido, nessun taglio, neanche uno fatto per sbaglio quando si cade, nulla.
A metà lezione udii un movimento alla mia sinistra ma non mi girai a vedere chi fosse, avrei soltanto rovinato la comoda posizione che avevo trovato.
“Salve Kristen.” sorrisi al suono di quella voce, così, riluttante, abbandonai la mia posizione e mi girai verso il ragazzo che si era seduto vicino a me.
“Salve professore.” sussurrai guardando i suoi occhi azzurri e sorridendo, “Kristen, non siamo in classe e penso che tu sappia il mio nome.” disse sorridendo, “D'accordo, Louis.” gli feci l'occhiolino prima di tornare a guardare quello che succedeva tra i miei compagni.
“Neanche oggi fai educazione fisica?” disse avvicinandosi al mio orecchio, senza girarmi annuii.
“C'è un motivo per tutte queste tue lezioni mancate?” domandò vedendo che non davo nessun segno di continuare quella conversazione.
Perchè ho dolori in tutto il corpo, perchè le mie gambe mi reggono a malapena, perchè le mie braccia sono deboli anche per tirare la palla dall'altra parte della rete e perchè tutti cercherebbero di colpirmi.
Sospirai per poi scuotere la testa, “No, non c'è.”.
A quel punto Louis stette in silenzio, osservando con me gli altri che giocavano a basket.
“Dovrei aspettare la mia ora ma ho voglia di dirtelo ora: hai preso dieci meno al tema.” mi sussurrò all'orecchio, dal suo tono di voce capii che stava sorridendo e non riuscii a non fare lo stesso.
“Sono contenta che le sie piaciuto.” bisbigliai poggiando il mento sulle ginocchia.
Vidi la professoressa di educazione fisica fare un cenno a Louis di raggiungerla, “Ci vediamo fra due ore.” mi bisbigliò prima di alzarsi.
Ed infatti alla quinta ora Louis entrò in classe salutando tutti e riservando uno sguardo speciale a me che nessuno notò.
Che fossi la 'preferita' del professor Tomlinson lo sapevano tutti, anche Mark, il secchione che sedeva al primo banco e che cercava disperatamente di farsi notare da lui.
Anche i professori sapevano che Louis aveva una specie di 'debole' per me, ero la sua 'prediletta', amava come scrivevo, amava com'era timida, amava com'ero sola, amava com'ero chiusa, amava com'ero diversa.
Quando un tema, un compito o una relazione era andato male lo paragonava alla mia, mi faceva fare lavori in più, non faceva favoritismi, mi aveva sempre dato il voto che meritavo.
I miei compagni erano irritati da questa cosa e avevano un motivo in più per isolarmi.
Malgrado questo, non riuscivo ad odiare Louis, non riuscivo ad odiarlo per farmi sembrare una secchiona, una 'cocca del professore', non ci riuscivo.
Perchè lui era l'unico che contava su di me, l'unico che di era fiero, l'unico che mi voleva bene, l'unico che la mattina mi saluta e mi chiedeva come stavo, l'unico che quando ero sola si avvicinava a me per darmi compagnia, ed io lo amavo per questo.
“Ringrazia la campanella per averti salvato dall'interrogazione, Collins.” gli disse dietro Louis mentre l'altro si allontanava dalla lavagna per fare la cartella ed uscire.
Messo tutto dentro lo zaino aspettai che tutti fossero usciti e seguii la coda, “Aspetta, Stewart.” mi girai verso di Louis e sbattendo dei fogli sul banco per metterli dritti mi invitava con lo sguardo ad avvicinarmi.
“Ti devo assegnare un lavoro per casa.” disse sorridendomi, ricambiai il sorriso incerta, “Professore, non so.. io.. non so se riuscirò a farlo, l'altro ancora non gliel'ho portato.. mi dispiace.” “Non mi interessa quanto ci metti a farlo.” mi interruppe quasi offeso dalle mie parole, “Te lo sto proponendo, è una cosa da principiante. Devi scrivermi una relazione anonima sulla scuola, devi scrivere cosa ne pensi dei ragazzi che girano qui, tu osservi molto, Kristen, sono sicuro che hai adocchiato tutti.” disse facendomi l'occhiolino, abbassai lo sguardo tirandomi dietro l'orecchio una ciocca castana di capelli, “Professore, non posso..” “Te lo sto proponendo.” ripetette sorridendomi.
“Ora devo fare una cosa, tu raggiungimi fra mezz'ora nell'aula della 3°P così ti spiego i particolari. Non preoccuparti, ci metto dieci minuti a spiegarti tutto, tornerai a casa per il pranzo.” e mostrandomi l'ennesimo sorriso uscì dall'aula.
Feci lo stesso dopo un giro per i banchi, osservando le scritte sui muri e alcuni bigliettini lasciati nel sottobanco o cascati per terra.
Il mio atteggiamento ed il mio 'osservare' poteva essere ritenuto un atteggiamento da 'ficcanaso', ma non lo era.
Non ero pettegola, non mi facevo i cavoli degli altri, non andavo a chiedere all'amica chi le piaceva, non andavo a chiedere all'amico perchè il giorno prima era mancato.
Mi piaceva semplicemente restare in disparte e giudicare nella mia testa, senza dire le mie opinioni, la cosa mi veniva facile.
Uscii dalla scuola per prendere una boccata d'aria e mi sedetti sull'erba con la schiena contro il muro dell'edificio.
C'era un silenzio che non si sentiva tutti i giorni, quel silenzio dell'ora di pranzo, di domenica, quando non c'è nessuno, ne una persona, ne una macchina o un motorino fuori, tutti stanno mangiando o dormendo e tu riesci a sentire solo il suono del silenzio.
Ma tanto, come tutte le cose belle, non poteva durare a lungo.
Forse cinque minuti erano passati, sentii delle voci maschili e delle risa che facendosi più vicine si zittirono.
Non mi girai a vedere se se ne fossero andati, non era così.
“Kris, ancora a scuola? Non ti abbiamo visto all'uscita e ci ha dispiaciuto non salutarti.” una voce fastidiosamente ironica mi ronzava nell'orecchio.
“Quindi, abbiamo deciso di aspettarti.” Niall pronunciò quelle parole come se sapesse che non avevo via di scampo, quasi le bisbigliò chinandosi al mio orecchio per poi strattonarmi per un braccio facendomi alzare.
Barcollai un attimo e appena raggiunto l'equilibrio incontrai gli occhi di Niall e dei due ragazzi dietro di lui.
Il mio cuore si fermò per qualche istante, il tempo disponibile per far urlare il cervello e impormi di scappare.
Una scarica di adrenalina mi fece scattare e cominciare a correre dietro di me, abbandonando lo zaino e i tre ragazzi lì.
Sentivo i movimenti dell'erba dietro di me e capii che mi stavano inseguendo.
Girai la testa alla mia destra cercando nelle finestre delle aule qualcuno che potesse aiutarmi ma erano completamente vuote.
Approfittai di quel vantaggio che mi separava dagli altri tre e mi fermai davanti la porta della scuola sbattendo i pugni con forza contro la plastica trasparente.
“Aprite!” gridai in lacrime cercando con lo sguardo una bidella, un professore, un qualsiasi essere umano, cane, gatto o uccello che potesse aprirmi.
“Vi prego, apritemi!” gridai ancora istericamente, la testa mi faceva male e quando girai il volto sentendo qualcuno avvicinarsi e trovando i tre ragazzi che mi stavano raggiungendo sentii l'adrenalina ribollirmi di nuovo nel sangue.
Ricominciai a correre cercando una finestra aperta o una persona che passava per il giardino.
Feci il giro della scuola finchè non sentii le mie gambe traballare e tutta la forza di prima svanire di colpo.
Vedevo sfocato e sbattevo più volte le palpebre per capire dove stavo andando, i miei piedi avevano rallentato, le mie braccia quasi non si muovevano più.
Riuscii a vedere il cancello della scuola a pochi metri da me e diedi un'ultima spinta.
“Sei finita, Stewart!” la voce di Niall mi riecheggiò nelle orecchie, ero finita,oggi ero davvero finita.
Allungai un braccio ed aprii lentamente la mano cercando di raggiungere il prima possibile il cancello.
Riuscii ad afferrarlo ma tirandolo e spingendolo capii che era chiuso.
Sentii le lacrime cominciare a scendere mentre scuotevo invano il cancello di metallo.
“Apritelo, vi prego!” gridai con voce rotta, lo strattonai con tutte le mie forze sperando di romperlo, sganciarlo, qualsiasi cosa.
Il mio polso fu afferrato violentemente e le mie dita vennero strappate dal cancello provocando un lungo taglio sul palmo.
Gemetti mentre sbattevo con la schiena contro il metallo arrugginito.
“Non cambierai mai, Kris.” ghignò Niall guardandomi negli occhi, mi passò il dorso della mano lungo la mia guancia asciugandomi dalle lacrime che continuavano ad uscire.
Abbassò lo sguardo guardando la mia mano che reggeva l'altra da cui continuava ad uscire del sangue dal taglio.
“Fammi vedere..” sussurrò e mi prese la mano portandosela più vicino il viso, “Piangi per questo? Kris, ma non è niente.” sorrise mentendo il dorso della mano ferita sul suo palmo.
Sussultai quando la chiuse lentamente e sentii un bruciore sul palmo mentre il sangue usciva più velocemente di prima.
Mi morsi il labbro sentendo un dolore atroce quando continuò a chiudermi la mano fino a farmi fare un pugno che chiuse nella sua mano stringendolo e facendomi gemere.
Alzai lo sguardo sui suoi occhi pregandolo silenziosamente di smetterla, lui di risposta sorrise dandomi un bacio sul naso.
Quando lasciò la mano la riaprii immediatamente gemendo rumorosamente e cercando di muovere le dita.
Sentii la risata degli altri due e involontariamente bisbiglia uno “Stronzo.” che non sfuggì alle orecchie del biondo il quale mi afferrò il mento stringendolo con due dita e obbligandomi a guardarlo negli occhi, “Che hai detto?” sibilò, osservai come l'azzurro dei suoi occhi era diventato di colpo blu scuro.
Non risposi, deglutendo, mentre cercavo di reggere il suo sguardo, restammo così per alcuni secondi poi, quando capì che non avevo intenzione di ripeterlo, mi tirò il mento facendomi perdere l'equilibrio e facendomi cadere a terra di fianco.
Un calcio mi colpì lo stomaco e con la mano tagliata mi sporcai la maglietta per parare un secondo colpo che per mia fortuna non arrivò.
“Sei tosta, Kris.” ghignò ancora Niall, solo quando mi impose di guardarlo mi accorsi che avevo gli occhi chiusi.
La sua testa mi parava dalla luce del sole, “Ma qualcuno dovrebbe insegnarti le buone maniere.” bisbigliò e afferrandomi l'avambraccio mi rifece alzare, un dolore allucinante si espanse sulla mia guancia e probabilmente sentii i denti tremare mentre i due scagnozzi dietro ridevano per il bel pugno che mi aveva dato il biondo.
Mi spinse all'indietro facendomi scontrare contro il muro che divideva il giardino dal marciapiede, “Sai che vuol dire 'scusa?'” chiese poggiandomi le mani sui fianchi, rimasi in silenzio, paralizzata, “Cazzo, rispondimi!” sbraitò infilando le unghie nella carne dei miei fianchi, annuii e vidi il suo volto teso rilassarsi mentre le sue mani scendevano fino a raggiungere il sedere e stringendolo leggermene, “Allora dillo.” disse con tono ovvio, sorridendomi.
Non risposi neanche questa volta ed ebbi un fremito quando lo vidi innervosirsi.
Mi strattonò lanciandomi addosso ad uno dei suoi amici, “Credo abbia perso la voce, gliela sai far ritrovare?” chiese freddo il biondo poggiandosi con la schiena contro un albero.
L'altro non lo sentii rispondere, mi fece girare verso di lui e mi morse violentemente il labbro, strizzai gli occhi per il dolore ed un suono strozzato uscì dalla mia gola quando mi tirò uno schiaffo sulla guancia sinistra, quando colpì per la seconda volta lo stesso punto caddi di peso a terra e quando il suo piede colpì la mia schiena che scrocchiò rumorosamente gridai buttando la testa all'indietro.
Sentii la risata roca di Niall, mi sentivo svenire, ad un certo punto credetti di perdere i sensi ma qualcuno mi afferrò per il braccio e mi fece scontrare contro un albero, “Kris, la voce ti è tornata, riusci a scusarti ora?” mi sussurrò all'orecchio il biondo prendendomi per il colletto della maglietta e quasi strozzandomi.
Uno dei tre si girò di scatto per poi guardare il biondo gravemente, “E' uscito qualcuno, andiamocene.” l'altro non gli diede ascolto continuando a guardarmi mentre io riusci a stento a respirare, “Ti decidi o no a chiedermi scusa?” disse bruscamente strattonandomi per il colletto, socchiusi la bocca per cercare un po' d'aria, “Andiamocene, Niall.” continuò a convincerlo l'altro, “Non prima che lei si è scusata!” sbraitò strattonandomi ancora una volta, un 'scusa' uscii dalle mie labbra facendomi sprecare tutto l'ossigeno che mi era rimasto nei polmoni, il biondo sorrise e mi lasciò facendomi cadere rovinosamente a terra, sentii i tre scappare dalla parte opposta, poi dei passi più lenti e più lontani catturarono la mia attenzione.
Guardai verso il portone della scuola e vidi Louis con in mano il mio zaino che si guardava freneticamente intorno cercandomi.
Mi trascinai a terra nascondendomi dietro l'albero per non farmi vedere ed aspettai che si allontanasse.

Il giorno dopo, durante l'ora di letteratura, il professore era di cattivo umore.
Le sopracciglia a gabbiano erano incurvate, la fronte aggrottata, i muscoli tesi, lo sguardo serio ed il tono di voce era duro e freddo.
“La prossima volta interrogo.” disse scorbuticamente lanciando poi qualche occhiataccia di avvertimento a dei ragazzi in particolare.
La campanella suonò e subito il rumore delle sedie che strusciavano sul pavimento e le voci dei compagni riempirono l'aula annunciando che l'intervallo era iniziato.
Rimasi seduta lanciando una veloce occhiata a Louis che guardava accigliato la classe.
Sospirai e, decisa a scoprire cosa gli fosse successo, mi alzai raggiungendo la cattedra.
“Salve, professore.” lo salutai sorridendogli e sedendomi accanto a lui, sbuffò, “Salve.” mi accigliai a quella risposta, “Emh.. grazie per avermi dato lo zaino stamattina.” dissi, cercando di iniziare una conversazione, “Prego.” rispose freddamente, “Si può sapere che ti succede?” sussurrai guardandolo confusa, lui incastrò il suo sguardo nel mio ed ebbi un fremito, “Dove sei finita ieri?” sibilò, io spalancai gli occhi, presa alla sprovvista, “Io.. emh..” “Ti ho cercato, Kristen. Ti ho cercato ovunque, ti avevo dato appuntamento, se non volevi fare quel progetto potevi dirmelo. Cristo, non ci sarei rimasto male.” disse bruscamente passandosi una mano nei capelli e mordendosi il labbro, “No, no, a me interessa, sul serio. Ho avuto.. un imprevisto, mi dispiace così tanto, Louis.” dissi, lui mi guardò ancora una volta negli occhi, poi accennò un sorriso, “Scusa, non è per il lavoro è solo che.. pensavo non te ne importasse nulla di quello che ti avevo detto, umh..” si voltò e prese da un cassetto dei fogli, “Tieni, è per un college, sono sicura che ti piacerà e ti prenderanno di sicuro.” “Un cosa? Oddio no.. Louis, non posso permettermelo, lo sai, io..” “Non ti devi permettere nulla, conosco quelli del college, ci ho parlato io.” disse sorridendomi, mi avvicinò di più i fogli, convincendomi a prenderli, io sorrisi ed allungai la mano per afferrarli.
“Oddio, Kristen..” sussurrò lui appena la mia mano fu a mezz'aria, abbassai lo sguardo sul punto in cui guardava e notai il mio graffio ben visibile sul palmo della mano che ritrassi prontamente.
Gli occhi spalancati di Louis mi fissavano cercando una spiegazione, “Sono.. caduta.. dalla bici.” feci una smorfia chiudendo gli occhi, “Non è niente..” sussurrai, “Non è niente? Dio, Kristen, è lungo quanto tutto il palmo e si vede da chilometri che è profondo allo stesso modo!” esclamò afferrandomi il polso ma lo ritrassi, “Te la sei disinfettata? Potresti rimetterci una mano, Kristen!” “Abbassa la voce.” sibilai poi scossi la testa, “Non ne ho bisogno, sto bene.” lui corrugò le sopracciglia poi si alzò, “Ti accompagno in infermeria.” disse, porgendomi una mano, “Non..” “Su, vieni.” mi interruppe, sbuffai e mi alzai a mia volta.

“Ti prego, basta.” dissi in lacrime inginocchiata davanti al biondo.
Oggi Niall era venuto da solo e invece di esserne sollevata fui ancora più terrorizzata di stare sola con lui.
La sua risata fece eco nella palestra vuota, “Siamo passati alle preghiere? Fantastico.” disse sarcastico per poi piegarmi il collo poggiando una mano sulla mia fronte per guardarmi negli occhi, “Quel taglio sul labbro ti dona.” sussurrò strusciandosi sopra il pollice ed il bruciore mi fece strizzare gli occhi.
“Vai a dormire presto stasera.” bisbigliò prima di allontanarsi.
Quando trovai la forza di alzarmi dal pavimento freddo della palestra afferrai lo zaino e camminai a passi strascicati verso casa.
Posai mano sulla maniglia d'ottone della porta dell'appartamento del mio patrigno e poggiai la fronte sopra il legno pregando che si fosse addormentato per la sbornia, o che fosse svenuto, caduto dal balcone, qualsiasi cosa pur di non subirmi anche lui.
Aprii la porta lentamente e la richiusi senza fare rumore.
La prima cosa che sentii, ormai nel salone, fu il rumore di pentole e metallo che proveniva dalla cucina.
Rabbrividii facendo cadere involontariamente lo zaino a terra con un tonfo, “Kristen! Sei tu?” la voce ubriaca di Ben fece tacere il rumore e la casa si riempì di un silenzio insistente.
“Rispondimi, porca puttana!” paralizzata sul posto riuscivo solo a fissare la porta davanti a me con gli occhi spalancati finchè essa non si mosse.
Corsi prima che Ben mettesse un piede fuori dalla cucina e mi chiusi a chiave in camera bloccandola con il corpo mentre questa aveva preso a scricchiolare per le botte che le dava Ben, “Apri questa cazzo di porta, Stewart!” gridò dall'altra parte, “Perchè sei tornata tardi a casa oggi, eh? Che cazzo fai quando finisci la scuola? Puttana che non sei altro!” diede un calcio alla porta che fece tremare sia essa che me.
“Non so che fare con te! Maledetto quel giorno in cui quella puttana di tua madre ti ha dato alla luce e maledetto quel giorno in cui è morta sotto un camion lasciandoti a me! Ti farò pagare per quello che quella stronza mi ha fatto e anche per quello che tu mi hai fatto!” le lacrime ricominciarono a scendere e il mio corpo diventò più fragile e debole a quelle parole.
Un colpo secco alla porta mi fece cadere in avanti facendomi strusciare i gomiti per non cadere di faccia.
Una ginocchiata mi colpì il fianco facendomi cadere di schiena sul pavimento della mia camera, non aprii gli occhi, lasciando che dalle palpebre chiuse continuassero a scendere fiumi di lacrime e serrai le labbra per non urlare, “Dimmi per che cazzo sei tornata tardi, troia!” urlò ancora Ben serrandomi il mento con una mano e facendomi socchiudere la bocca, aprii lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre per guardare meglio il suo viso infuriato, “I-il professore m-mi ha trattenuta.” inventai singhiozzando, lui mi strinse il mento facendomi gemere e mi fece colpire la testa contro il pavimento, “Non prendermi per il culo! Lo so che vai a fare la puttana con i tuoi compagni di scuola! Sei solo uno sbaglio!” gridò sbattendomi ripetutamente contro il pavimento, strizzai gli occhi per bloccare il pianto.
Sentii la sua mano lasciarmi il mento e afferrarmi i capelli per farmi mettere in ginocchio, “Non saresti mai dovuta esistere!” gridò per poi darmi una ginocchiata contro il mento, gridai dal dolore piegando il collo all'infuori, “Giuro che te la farò pagare!” e mi colpì con un pugno sulla guancia facendo sanguinare il labbro già tagliato in precedenza.
Aspettai un altro colpo ma sentii solo i suoi passi allontanarsi, aprii gli occhi e lo vidi mentre apriva i cassetti del mio comodino e guardando velocemente quello che ne tirava fuori lo buttava per terra stracciandolo.
Mi alzai con le gambe tremanti e traballando gli corsi incontro aggrappandomi alla sua schiena e pregandolo di fermarsi mentre strappava quelle poche foto felici che mi erano rimaste.
Con uno strattone mi fece staccare da lui e cadere a terra per poi dare un calcio al comodino che si scontrò contro il pavimento facendo volare altri fogli, Ben si piegò a prenderli e li lesse velocemente, “Un college, sul serio? Ma che cazzo ti passa per la testa? Pensi che io spenda soldi per te? Non pagherò neanche un centesimo per mandarti a questa merda di college, sappilo!” sbraitò scuotendo i fogli in aria e inchiodandomi con lo sguardo, “Non ti ho mai chiesto di pagarmelo, non voglio i tuoi soldi! Ho già qualcuno che mi aiuta ad andarci, tu non devi fare nulla!” gridai a tono continuando a piangere, lui aggrottò le sopracciglia infuriato, “Tu non ci vai, non voglio che tu ci vada! Non me ne frega un cazzo di te e di chi ti aiuta, non me ne frega un cazzo del tuo fottuto college! Non ci vai, ti ho detto!” ringhiò per poi strappare i fogli, serrai le labbra guardando i pezzi delle mie speranze toccare il pavimento.
Ben si avvicinò a me, mi afferrò il mento con la mano sinistra e con la destra mi diede uno schiaffo sulla guancia, “E taci quando ti parlo, figlia di puttana!” sputò per poi uscire dalla camera.

I mormorii continuarono per tutta la giornata scolastica, con loro le occhiate ai miei lividi.
All'ora di educazione fisica la professoressa fece solo una smorfia dopo le mie parole e facendomi un segno per farmi allontanare portò la classe in giardino per correre.
Io rimasi dentro, sedendomi su un cavallo della palestra a fissarmi le scarpe.
“La Stewart che non fa educazione fisica, che strano.” una risata fin troppo familiare mi entrò nelle orecchie facendomi sorridere, “Già.” risposi solo, tenendo il viso basso per coprirlo con i capelli.
Louis si poggiò con la schiena al muro vicino al cavallo dove ero seduta e mi fissò da dietro i capelli, “Stai bene?” chiese dolcemente, annuii col volto basso, “Ehi, perchè non mi guardi? Sono Louis.” disse prendendomi una mano, la accarezzò per poi infilare le sue dita fra le mie.
Sentii gli occhi gonfiarsi di lacrime vedendo le nostre mani intrecciate, “Kristen, tutto bene?” alzai il volto mostrandogli il mio viso coperto di lividi e il mio labbro tagliato.
Lui rimase ad occhi spalancati e con la bocca socchiusa a fissarmi, il mio labbro tremò mentre ricacciavo le lacrime dentro, “Louis, non posso andare al college che mi hai consigliato, mi dispiace..” sussurrai con voce tremante, lui chiuse la bocca cercando di ricomporsi, “Kristen ma.. chi ti ha fatto questo?” chiese senza voce, alzando una mano e sfiorandomi il labbro, “Nessuno.” risposi, “Nessuno? Andiamo, Kristen, puoi dirmi la la verità.” disse, incitandomi con lo sguardo, scossi la testa, “No, non posso dirtela.”.

Dopo educazione fisica avevo preso lo zaino e lo avevo nascosto nello stanzino del bidello per poi dire alla segretaria che mi sentivo male e che sarei andata a casa prima.
Era da mezzogiorno che camminavo per le strade di Londra e ora erano le nove di sera.
Ogni sera immaginavo come sarebbe stata la mia vita con un'altra famiglia, o in un'altra scuola, o se mia madre non fosse morta.
Cercavo di immaginare cosa provavano gli altri quando si alzavano la mattina e che cosa provavano quando vedevano i loro genitori tornare dal lavoro.
Sospirai e una nuvoletta di vapore ghiacciato uscì dalla mia bocca.
Mi alzai dal ciglio della strada e camminai verso casa, sapevo che questa volta Ben me l'avrebbe sul serio fatta pagare e giurai che se mi avesse uccisa lo avrei ringraziato.
Probabilmente la vita voleva giocare ancora con me prima di consegnarmi alla morte, perchè quando arrivai a qualche metro di distanza da casa vidi Niall e altri quattro ragazzi che facevano scherzosamente a botte mentre ai loro piedi c'erano alcune bottiglie di birra vuote.
Mi fermai di colpo, fissandoli terrorizzata.
Feci scivolare un piedi indietro, strusciandolo sul marciapiede, deglutii cercando di andarmene senza farmi notare ma quando mossi anche l'altro piede lo sguardo di Niall, il quale era seduto sul ciglio della strada a fumare una sigaretta, si spostò alla sua sinistra per poi muovere completamente il volto verso di me e sorridermi, “Ehi, Kristen, ti stavamo aspettando!” mi urlò alzandosi e avvicinandosi a passi lenti, prendendo un'altra boccata di fumo.
“Non essere timida, ho portato solo altri amici.” continuò avvicinandosi sempre di più finchè non mi ritrovai il suo viso a poca distanza dal mio.
Feci una smorfia quando mi soffiò il fumo contro il volto, ghignò e mi prese la mano baciando il dorso per poi spegnerci sopra il mozzicone di sigaretta.
Gemetti dal bruciore cercando di ritrarre la mano senza risultato.
Il biondo legò un braccio intorno la mia vita e camminò verso i suoi amici, infilò il viso tra i miei capelli baciandomi il collo e sussurrando contro la mia pelle “Volevano conoscerti..”.
Diede un calcio ad una bottiglia e sorrise agli altri quattro tra cui ne riconobbi solo due, “Lei è Kristen, non è bellissima?.” sussurrò guardandomi e facendo ridere gli altri, mi morse una guancia per poi guardare i lividi che avevo sul mento e sulla guancia sinistra, “Ehi, chi ci ha avvantaggiato il lavoro?” chiese ridacchiando e premendo le dita sui lividi del mento facendomi gemere.
Sentii lo sguardo degli altri addosso a noi e probabilmente anche Niall se ne accorse perchè si girò verso di loro e sorridendo esclamò “E' tutta vostra.”.
A quel punto decisi che non mi sarei opposta, ero stanca di lottare, ero stanca di essere forte.
Non volevo essere forte, non volevo più esserlo per qualcosa che non sarebbe mai arrivata.
Decisi che se avessero voluto uccidermi io non mi sarei tirata indietro.
Tutto pur di non ripeterlo il giorno dopo, tutto pur di non tornare a casa e di subirmi anche lui, tutto pur di non svegliarmi la mattina dopo con la paura di un nuovo giorno.
Ero stanca, stanca di tutto e di tutti, stanca di vivere in quel modo, stanca di non riuscire a raggiungere mai nulla.
Volevo finirla lì, basta con tutto questo, basta dolore, basta critiche, basta solitudine, basta ricordi, basta paure.
Ed ero sicura che se fossi morta non sarebbe importato a nessuno, non a Ben che preferiva un mondo senza di me, non a Niall che si sarebbe trovato un'altra ragazza da torturare, non ai miei compagni che mi definivano strana e stracciona, non alla mia professoressa di educazione fisica che avrebbe avuto più spazio nel suo registro.
Sentii una fitta al cuore quando mi ricordai del nome dell'unico essere umano che mi aveva mai amato e che io avevo mai amato.
Forse a Louis sarei mancata, forse.
Ma probabilmente sarebbe stato più tranquillo senza di me, senza il pensiero che non avrei accettato i suoi lavori, senza il pensiero di parlarmi perchè se non l'avesse fatto ci sarei rimasta male, senza quell'ombrosità che mi circondava ogni giorno.
Probabilmente avrebbe trovato anche lui un'altra ragazza, più felice, con una vita più facile, brava quanto o più di me, che sarebbe stata disposta ad accettare ogni lavoro da lui proposto e che non gli avrebbe fatto spendere soldi per lei per pagarle il college.
Pensai a tutto questo mentre le risa dei ragazzi che mi circondavano riecheggiava nella strada buia di casa mia.
Probabilmente non sarebbe venuto nessuno a salvarmi e finalmente sarei morta, finalmente avrei raggiunto qualcosa.
Intravidi tra la vista sfocata i ragazzi ubriachi che si davano spinte ridendo mentre si allontanavano, lasciandomi in una pozza di sangue, fra i vetri rotti delle bottiglie e i mozziconi di sigaretta, nuda, sola, al freddo, morente.
Chiusi gli occhi aspettando con pazienza il mio momento e non riuscii a non sorridere pensando a come mi sarei sentita libera dopo.
Aspettai più del previsto, il mio cuore non voleva smetterla di battere e per qualche assurdo motivo sentivo qualcosa dentro di me che mi costringeva a restare in vita e che mi convinceva che era la cosa giusta da fare.
Mi accorsi di non aver perso la sensibilità del mio corpo quando qualcosa mi fece tirare su la schiena dal marciapiede e mi poggiò sulle spalle qualcosa di caldo e lungo fino le ginocchia.
Due braccia si legarono dietro le mie spalle e sotto le mie gambe alzandomi dal pavimento a fatica.
Cercai con tutte le mie forze di aprire gli occhi per vedere cosa stava succedendo e quando ci riuscii mi accorsi di trovarmi in una macchina.
Guardai fuori dal finestrino e capii che ci stavamo muovendo finchè essa non si fermò e la scritta 'ospedale' non mi fece quasi accecare.
Girai il volto e vidi due occhi verde-acqua che mi fissavano sofferenti e ricoperti di lacrime.
“L-lou..” cercai di pronunciare il suo nome ma sentii un disgustoso gusto di sangue nella gola e feci una smorfia, “No, non ti sforzare, ti prego.” sussurrò avvicinandosi e prendendomi le mani, vidi le sue guance inzupparsi di lacrime, “Sono qui, Kristen, sono Louis.” bisbigliò cercando il mio sguardo, sorrisi al suono della sua voce, lui si sforzò di ricambiare il sorriso mentre piangeva silenziosamente, poi improvvisamente mi tirò a se e poggiò disperatamente la labbra sulle mie allontanandosi dopo pochi secondi.
Mi fece poggiare la guancia sulla sua spalla cullandomi e mi bisbigliò all'orecchio “Sono qui, ora nessuno ti farà più del male, sono qui con te.”.

-grazie per aver letto; notte a tutte, bellissime ♥
-p.s: si, la protagonista è il mio amore gay: kristen stewart.-
-p.s.s: scusate per eventuali errori, non ho potuto rileggere.-
-p.s.s.s: i ♥ u, kriss, ixdi-

  
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