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Autore: bubi90    20/03/2013    0 recensioni
Rabastan Lestrange e Evan Rosier sono due dei più grandi seguaci di Tom Riddle già dai suoi anni ad Hogwarts, e anche se appena maggiorenni sono temuti da tutti i maghi e le streghe. Ma qualcuno potrebbe sconvolgere la vita di uno dei due, qualcosa che potrebbe manifestarsi e svelarsi a distanza di anni... un miracolo moderno.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Hestia Jones, Rabastan Lestrange
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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FU COSI' CHE SUCCESSE L'IMPOSSIBILE

 

Le urla di dolore rimbombavano in tutta la stanza, mentre la donna si dimenava sul pavimento della propria abitazione.

“Ehi Rab, che te ne pare?” ghignò uno dei due ragazzi, in piedi di fronte alla povera vittima, intento a torturarla come fosse un assassino esperto e non un semplice diciassettenne appena uscito da Hogwarts.

“Evan so fare molto meglio, guarda qua!” esclamo ridendo il compare, roteando la bacchetta e causando uno spasmo ancora più atroce alla donna, quasi che ciò fosse solo un gioco per loro.

Casa Jones era immersa nelle grida di dolore della vedova che, soffrendo, cercava di non far capire il terrore che la spingeva a soddisfare le loro aspettative senza opporre la minima resistenza.

Al piano di sopra, nascosta dietro le coperte del letto, la piccola Hestia seguiva gli ordini della mamma, strizzando gli occhi ricolmi di lacrime senza potersi muovere, a causa di un incantesimo eretto della madre per salvarla.

“Rab continua tu... vado a vedere cosa nasconde di interessante la signora” sghignazzò a un tratto il ragazzo più alto, seminascosto dal mantello nero, ma con il bel viso bene in mostra.

Tutti dovevano sapere chi li stava portando alla pazzia.

Salì lentamente le scale, osservando le foto attaccate alle pareti con smorfie schifate da quel troppo amore che da esse era emanato, finché non giunse di fronte alla stanza della bambina.

Inclinò la testa con un sorriso sadico stampato in volto e, con tutta la calma del mondo, aprì la porta in legno.

Un passo e il futuro Mangiamorte già era di fronte al letto, intento ad osservare interessato il gonfiore sotto le coperte.

Poteva ucciderla all'istante, senza nemmeno guardarla, ma che gusto ci sarebbe stato?

E allora, come sua abitudine, afferrò le coperte e le tirò via, per osservare quella che sarebbe stata la sua vittima più giovane.

E in quel momento successe l'imprevedibile.

Evan Rosier, Purosangue Serpeverde, bloccò la bacchetta a mezz'aria senza riuscire a muoversi.

Il volto della bambina di appena sette anni era rivolto completamente verso di lui, con gli occhi rigonfi di lacrime e la pelle arrossata per il troppo pianto, mentre stringeva le piccole mani attorno alla stoffa del pigiama.

“Mamma... non fare male a mamma... per favore... signore...” sussurrò tra i singhiozzi la creatura, lasciando impietrito il ragazzo, senza che potesse far nulla.

Che strana fattura era mai quella?

Come poteva una bambina fermare il così promettente mago con solo il proprio essere innocente?

Evan non lo capiva, ma non era in grado di muovere un solo muscolo per farle del male.

Senza dire una parola distolse in fretta lo sguardo da quella strana ragazzina e si diresse verso la porta, incredulo per ciò che stava facendo.

Doveva essere impazzito, ma rinsavire pareva impossibile in quel momento.

“Grazie signore... ti voglio... bene” bisbigliò la piccola Hestia, tirando su con il naso, provocando, inconsapevolmente, un brivido lungo la schiena del diciassettenne, impalato sotto la porta della camera.

Stava torturando sua madre fino a pochi minuti prima e quella bambina lo stava ringraziando e gli diceva di volergli bene.

A lui?

Mai nessuno nella vita del ragazzo gli aveva detto nulla del genere.

Cosa era in realtà la piccola che aveva scovato nella sua camera?

“Rab, andiamo!” urlò il giovane uomo, senza voltarsi ancora, con il cuore palpitante e il sudore freddo, non sapendo più cosa fare, non riuscendo a controllare il proprio corpo e la propria mente, in completa balia delle parole appena dedicategli.

 

10 anni dopo

 

Hestia correva per le vie di Nocturn Alley, la bacchetta ben stretta fra le dita e il mantello, che avrebbe dovuto indossare, sostituito da una giacca corta che le facilitava il movimento.

Aveva appena finito la scuola e si era subito unita agli Auror come apprendista, non vedendo altra strada per se stessa se non quella di trovare chi aveva portato sua madre alla pazzia.

Ma essere una cacciatrice di Mangiamorte a diciassette anni non solo era da folli, ma tremendamente difficoltoso. La maggior parte di quelle persone erano più grandi di lei e molto più esperte, ma lei era determinata e niente poteva battere il bisogno di vendetta che aveva in cuore.

Quella maledetta sera di dieci anni prima non avrebbe mai potuto scordarla, le urla che provenivano dal salotto e la propria stanza che la opprimeva non lasciandola uscire.

“Avada Kedavra!” urlò una voce in fondo al vicolo, riscuotendola dai propri ricordi e spingendola a scansarsi di colpo, per non essere colpita dagli uomini incappucciati che si era messa a inseguire contro gli ordini dei propri insegnanti all'Accademia, e dai quali, alla fine, si era ritrovata a scappare.

La giovane prese un respiro profondo e si affacciò dal vicolo per lanciare uno schiantesimo, non aspettandosi però di essere bloccata alle spalle da un uomo forte, nascosto da una maschera argentata, ora simbolo dei seguaci di Lord Voldemort.

“Presa piccola insolente...vediamo come possiamo divertirci con te” ghignò la voce dietro la sua nuca, stringendo con forza le sue braccia da dietro per tenerla ferma.

“Evan vieni a vedere...è anche una bella ragazza, magari facciamo una modifica al programma” proseguì premendo il proprio corpo a quello di Hestia, che avvertì una presenza pericolosa e terrorizzante aderire al proprio fondo schiena.

Era stata davvero una stupida a seguire, senza pensarci, il proprio istinto.

“Rab fa un po' vedere” ridacchiò una sagoma in fondo al cubicolo, avvicinandosi a passi lenti e strascicati, fino a posizionarsi di fronte alla giovane, che nonostante la situazione alzò il viso per guardare chi le avrebbe dato la morte, senza paura.

E di nuovo l'impossibile apparve possibile, quando gli occhi della giovane Jones incontrarono per la seconda volta quelli dell'unico Mangiamorte che non indossava la maschera: Evan Rosier.

Ecco che per la seconda volta, a distanza di dieci anni, l'ormai uomo si immobilizzò, non riuscendo a muovere un solo muscolo, quasi senza respirare, con il corpo improvvisamente ricoperto da gocce gelide.

“Su Evan...non ti vuoi divertire?” lo incitò il compagno, spingendo di nuovo con il bacino verso il corpo della ragazza che si trovava, stavolta anche lei, imbalsamata per quell'incontro.

Quegli occhi neri così duri e vuoti non avrebbe potuto mai scordarli.

Colui che l'aveva salvata, che aveva evitato la sua morte per mano forse proprio di se stesso o dell'altro lurido mostro.

Ma come poteva pensare di ucciderlo?

Lui le aveva risparmiato la vita, nonostante fosse l'uomo più malvagio che avesse incontrato in vita sua.

“Andiamocene” sussurrò fermo l'erede dei Rosier, fissando il viso della ragazza, senza fare una smorfia, trattenendo il tremolio di sentimento che improvvisamente gli aveva preso gli occhi, senza che lui potesse spiegarselo.

“Evan sei impazzito?” sbottò l'uomo incappucciato dietro la ragazza “Se tu non vuoi non importa, ma io voglio farmi un bel giretto dentro questa qui!”.

Un brivido di terrore attraversò Hestia quando percepì la mano del Malgiamorte lasciarla in un gesto fulmineo e abbassarle i pantaloni da dietro, lasciando scoperto il suo fondo schiena.

“Aiutami...” sussurrò, senza pensarci, la ragazza, incapace di rivoltarsi contro l'uomo che le stava stritolando un polso, mentre si sganciava i pantaloni, pronto a toglierle la dignità e sporcare il suo corpo.

Una parola.

Quella parola, e il cervello di Evan parve essere invaso da una scarica elettrica.

Potevano uccidere e torturare chiunque, stuprare mogli e figlie di fronte ai propri uomini, ma non lei.

Quella creatura era un essere speciale, era inspiegabile ma era successo.

Un colpo secco al viso e Rabastan Lestrange era steso al suolo, con i pantaloni sganciati e il proprio membro quasi totalmente tirato fuori.

L'altro Mangiamorte osservava la propria mano, chiusa a pugno e ancora protesa in avanti, dove aveva colpito il compagno di una vita, l'amico più fidato, sotto gli occhi increduli e spauriti della ragazza.

“Scappa” sussurrò roco l'uomo, voltandosi giusto un istante verso di lei, non riuscendo a muoversi più di così.

L'aspirante Auror deglutì, cacciando indietro le lacrime che aveva rischiato di lasciare andare, guardando ancora quell'uomo in viso.

Per la seconda volta l'aveva salvata, senza un perchè, senza un'apparente spiegazione.

Era solo andata così.

“Grazie” bisbigliò la giovane, avvicinandosi solo un goccio, impercettibilmente, verso il Mangiamorte, e posando le labbra sulla sua guancia prima di smaterializzarsi lontano.

Un calore lento ma vorace si dipanò per tutto il corpo dell'uomo ancora immobile nella propria precedente posizione.

Cosa era quella sensazione?

Cosa era che lo aveva spinto ancora a salvarla?

Come mai quel ricordo non se ne era mai andato dalla sua mente?

Deglutì e abbassò lo sguardo sull'amico.

Aveva commesso il più grande errore della sua vita con quell'azione sconsiderata, ma aveva capito la cosa che più di ogni altra l'aveva sconvolto.

Senza un come e senza un perchè, si era affezionato a lei al primo sguardo.

Come poteva un Mangiamorte amare?

Non sarebbe sopravvissuto a lungo.

   
 
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