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Autore: OLDLADY    21/03/2013    25 recensioni
Può un amore che nasce salvare un mondo che muore? Kurt e Blaine avranno solo pochi giorni per scoprirlo...
***
Il ragazzo trasse un profondo respiro e aprì gli occhi.
C’erano solo due certezze in quel momento: sopra di lui il cielo era limpido e sotto di lui il cemento era freddo.
Ma perché se ne stava sdraiato per terra?
...Alla sua sinistra c’era un edificio a due piani, con tante finestre ed una scala esterna, di fronte una gradinata e tutto intorno dei tavoli su cui qualche studente era seduto, intento a consumare il pranzo.
Ma…perché nessuno si muoveva?
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo


C'erano facce senza volto che si avvicendavano sopra di lui, toccandolo, sollevandolo, palpandolo, ma Trevor non percepiva granché di quello che veniva fatto al suo corpo.

Voci ovattate e distorte gli chiedevano cose che non riusciva a comprendere e qualcuno ad un certo punto gli infilò in gola un tubo che sembrava non finire più.
Forse uscirà dal sedere e mi cuoceranno allo spiedo, pensò meravigliandosi di non percepire nessuno stimolo al vomito a quella intrusione.

Poi ci furono aghi che lo punsero e macchinari che emisero strani suoni. Gente che urlava. Qualcuno piangeva, ma chi era?
Un uomo vestito di bianco gli diede degli schiaffetti antipatici e un'infermiera brutta gli infilò un catetere. Trevor non avvertì dolore ma percepì chiaramente la propria voce dire: "puttana".

Poi sua madre si avventò su di lui urlando e bagnandogli il collo di lacrime sgradevoli. Ecco chi era che piangeva. Qualcuno la afferrò per le spalle e la trascinò via. Trevor ringraziò mentalmente quella persona.

Tutti gridavano, oppure erano i suoi sensi alterati che gli restituivano le voci distorte e stridule, eppure nonostante gli schiamazzi perforassero la sua testa lui si sentiva grato di quegli strepiti. Finché avvertiva urla e dolore, era ancora vivo.

Tutto quello a cui Trevor riusciva a pensare, mentre sveniva e riprendeva coscienza a ripetizione, erano un paio di occhi cerulei che lo fissavano trepidanti. Sì, doveva farcela.
Adesso Trevor voleva vivere.

***

Blaine aprì gli occhi e seppe subito di trovarsi nella Sala dello Specchio, sdraiato a terra, ancor prima che la sua vista mettesse a fuoco i particolari del soffitto a volte.

Non ci fu bisogno di alzarsi e guardare la stanza per sapere che la luce azzurra era tornata al suo posto, dentro la decima teca. Lo sentiva dentro di sé, avvertiva chiaramente la mancanza del potere arcano nelle fibre del suo essere.

Ma la mancanza più profonda e lacerante che sentiva non era quella del potere magico, c'era un'assenza più incolmabile che faceva gridare di dolore ogni singola cellula del suo corpo e non ebbe bisogno di cercare Isabelle o di chiederle spiegazioni per sapere cosa era accaduto a Kurt.
Lo sapeva già.
Se lo sentiva fin nelle ossa.

Prima di rendersi conto di qualsiasi altra realtà la Sala dello Specchio fu invasa da delle urla atroci di qualcuno che piangeva disperatamente.
Chi c'era lì con lui, a gridare come un animale in agonia?
Occorsero diversi istanti a Blaine per rendersi conto di essere solo nella stanza.
L'animale in agonia era lui.

***

Trevor non sapeva quanti giorni fossero passati dalla sua chiamata al 911 ma adesso la sua percezione del tempo era più ordinata.
Era consapevole che il giorno e la notte si avvicendavano ancora, anche se non riusciva a dire quanti ne fossero trascorsi.

Aveva cambiato stanza però: non si trovava più in quella scura con tanti macchinari e una tenda trasparente attorno alla brandina. Adesso giaceva in una stanzetta chiara, vicino ad una finestra.
E sua madre stava spesso seduta al suo fianco tenedogli la mano. A volte gli parlava anche.

Trevor non capiva bene cosa gli dicesse. Non riusciva a seguire frasi troppo lunghe o articolate.
Qualche volta la mamma gli aveva chiesto se aveva sete o se aveva freddo e lui era riuscito ad emettere una risposta coerente, ma poi perdeva il filo tutte le volte che il discorso diventava più lungo.

Anche suo padre passava spesso di lì, ma non si avvicinava mai al letto. Rimaneva fermo sulla porta e non diceva nulla. Trevor lo guardava dal lettino e non riusciva a capire se fosse un frutto della sua immaginazione perché il padre che vedeva sull'uscio della stanza d'ospedale aveva gli occhi cerchiati dalle lacrime, e questa era una cosa abbastanza incredibile.

Ma tutta la poca attenzione che riusciva a recuperare dai lunghi momenti di annebbiamento Trevor la catalizzava sull'unica cosa che riuscisse ad interessarlo: Kurt.

***

Blaine rimase alcuni giorni nella Sala dello Specchio.
All'inizio non fu in grado di quantificare il tempo. Sapeva solo che Isabelle ad un certo punto doveva avergli preparato una brandina e in qualche modo si occupava di lui perché ogni volta che rinveniva dopo aver pianto e urlato fino a svenire, si risvegliava avvolto da una coperta che qualcuno amorevolmente gli aveva drappeggiato addosso. E anche i suoi vestiti venivano cambiati.

Non che a lui importasse in ogni caso.
A Blaine non importava più nulla: aveva davanti agli occhi Kurt che gli sussurrava :
-Ti amo Blaine, e ti amerò per sempre- prima di baciarlo per un'ultima volta.

Blaine a quel punto si contorceva a terra, tremando e desiderando solo di annullarsi, mentre in bocca sentiva ancora il fantasma del sapore del suo amore perduto.

Non lo avrebbe baciato mai più. Non avrebbe mai più sentito il suono della sua voce. Non ci sarebbe mai più stata quella scintilla dorata nel suo sguardo tutte le volte che Blaine avesse fatto un'espressione buffa. Era finito tutto, e lui non riusciva a trovare una singola buona ragione per andare avanti.


-Tu non morirai oggi- gli aveva detto Kurt, e a lui ora quella vita sembrava una condanna peggiore della morte.

***

-Davvero non mi manderete al Redemption?- chiese Trevor incredulo, senza alzare lo sguardo dalla coperta appoggiata sulle sue ginocchia.


Era ormai da più di dieci giorni che il ragazzo aveva ripreso la piena padronanza delle sue funzioni intellettive e psicomotorie. Lo avevano staccato dalle macchine e presto gli avrebbero tolto anche la flebo.

In realtà Trevor era sicuro di essere già in grado di tornare a casa ma sospettava che lo tenessero ricoverato ad oltranza per poterlo tenere sotto controllo. In un qualche momento non meglio precisato della sua convalescenza, sicuramente dopo essere stato dichiarato fuori pericolo ma comunque mentre si trovava ancora in uno stato confusionale, i suoi genitori lo avevano fatto trasferire in una clinica privata e lì, si sapeva, più si pagava e più la convalescenza si protraeva in una nuvola di bambagia.
Ma, per quanto ora sua madre e suo padre lo trattassero con atteggiamento completamente diverso da quello di prima, mai si sarebbe aspettato una notizia simile.
-Mamma, non mi stai prendendo in giro, vero?


La signora Gale annuì con forza. -Io e papà abbiamo parlato tanto in questi giorni. Quello che hai fatto ci ha sconvolto, non posso negarlo. E siamo furibondi con te, per aver tentato una cosa così... così...
-... una cosa così stupida mamma, lo so- mormorò Trevor abbassando ancora di più lo sguardo. Da quando avevano inziato quella conversazione il ragazzo aveva sempre evitato di guardare sua madre in faccia.
-Esatto, una cosa così stupida- la donna rimarcò con voce incrinata, poi trasse due profondi respiri per non scoppiare a piangere di fronte a suo figlio per l'ennesima volta. -Tuttavia abbiamo realizzato che l'esperienza del Redemption Lake Camp, l'anno scorso, ti ha sconvolto così tanto da farti preferire una scelta del genere piuttosto che tornarci. Quello che accade in quel posto non può essere positivo, se questi sono i risultati.


Trevor non disse nulla.Le trame del suo lenzuolo divennero se possibile ancora più interessanti, tanto da mettersi a tracciare avanti e indietro con l'indice misteriosi ghirigori lungo i fili che si intrecciavano.
Sua madre non si scompose. Lo psicologo dell'ospedale l'aveva avvertita di quei comportamenti.


-Io e tuo padre abbiamo acconsentito ad andare a delle sedute di psicoterapia familiare.
-Uh?- fece Trevor, sollevando la testa.
Buon segno pensò la signora Gale.
-Sì. Abbiamo acconsentito a frequentare, insieme a te, per tre giorni a settimana, delle sedute di psicoterapia che si terranno al consultorio del nostro quartiere. Il dottor Brusher è molto stimato sia in ambito medico che nella comunità LGBT.
Le mani di Trevor smisero di grattare la stoffa del lenzuolo: - La comunità LGBT?


La signora Gale annuì e Trevor lentamente, molto molto lentamente, si voltò a guardare sua madre negli occhi. -Vogliamo provare a capire- disse la signora Gale. -Non ci riusciamo, non ancora almeno. Ma vogliamo provare.
Trevor ripensò a tutto quello che era accaduto in famiglia negli ultimi anni e pensò che più di quello non era umano chiedere.

***

Blaine iniziò ad accettare l'aiuto di Isabelle.

Quando lei gli dava qualcosa da mangiare, lui mangiava, anche se difficilmente la sua mente registrava il sapore.

Smise di urlare, ma non di piangere. Adesso però accettava di farlo tra le braccia della sua amica.

Dentro le orecchie gli risuonava in continuazione quel: -Tu non morirai oggi.
Era stata l'ultima frase che Kurt gli aveva detto, il suo testamento. Sapeva che doveva andare avanti, che il suo amore avrebbe voluto questo per lui. Che Kurt gli aveva praticamente ordinato di andare avanti, con quello spintone.


Lentamente Blaine decise che lo avrebbe fatto, in qualche modo.
Si sarebbe sollevato dalla brandina e avrebbe ricominciato a respirare, portare in giro il suo corpo, conversare con le persone cercando di ascoltare quello che avevano da dire, vivere.
Ma non oggi. Oggi avrebbe pianto ancora un po'.

***

La prima vera domanda che rivolse ad Isabelle non riguardò né Kurt (era morto, a Blaine non serviva di sapere altro) né Trevor (onestamente non gliene fregava niente di che fine avesse fatto).
-Come è andato il tuo esame?- chiese, sforzandosi con tutto se stesso di provare un minimo di interesse per la risposta.


Isabelle ghignò: -Non ci crederai mai! Quei coglioni per farmi affossare hanno pilotato l'esame. Hanno fatto vergere tutte le domande su un'unico argomento.
Blaine sapeva che Isabelle voleva sentirsi chiedere
quale?.
Blaine forzò la sua voce a chiedere: -Quale?


-La produzione letteraria di Stephen King nel primo periodo della sua carriera. Quei deficenti, quando mi hanno vista al colloquio di presentazione hanno pensato che io fossi la tipica fighetta tutto shopping e fidanzati, una di quelle che legge i libri della Kinsella e si disegna le margheritine sulle unghie. Mi hanno tartassato su Cujo Blaine. Cujo! E' da quando mi ricordo che chiamo tutti i miei criceti col nome di Cujo. Attualmente sono arrivata a Cujo IX!
Blaine annuiva distrattamente.Ricordò che una volta Kurt gli disse che da piccolo aveva avuto anche lui un criceto e ricacciò con tutte le sue forze le lacrime che stavano tornando.

-Quindi come è finita?- chiese con voce rotta.
-E' finita che sono la prima persona nella storia ad aver superato un KLAUGE- annunciò trionfante Isabelle. -E permettimi di aggiungere che l'ho superato con un punteggio strepitoso: 93 risposte esatte. Nei piani alti si parla ancora della mia performance. Inoltre... -aggiunse con tono più dolce e leggermente titubante.
-Inoltre?


Isabelle indicò con la testa la decima teca: -Ho rimesso la luce al suo posto. Questo particolare, per tutta una serie di circostanze favorevoli, mi ha reso una mezza eroina ai loro occhi. Non solo non mi hanno licenziata, ma adesso nel settore sono diventata una specie di pezzo grosso. E il fatto che Trevor si sia salvato mi ha fatto anche diventare piuttosto famosa negli ambienti dei Custodi.
Blaine annuì con amarezza. Erano tutti felici e contenti, dunque. Ognuno, tranne Kurt, poteva tornare alla bella vecchia vita: Trevor, Isabelle e anche...


-Io non ci torno alla Dalton- sibilò Blaine.
-Devi- rispose Isabelle inflessibile.-Puoi rimanere qui a leccarti le ferite ancora per un po', ma alla fine dovrai risalire quelle scale e tornare al tuo mondo.
Blaine a quel punto aveva uno sguardo assassino: -Non sarò mai più la stessa persona.
-Nessuno te lo chiede, tesoro.
-Potrei uccidere Sebastian, se tornassi al mio vecchio mondo.


Isabelle gli mise una mano sulla spalla: -Non è Sebastian il responsabile dei tuoi problemi - ma a quelle parole tutto quello che Blaine vide di fronte agli occhi fu il viso di Kurt spaventato mentre veniva risucchiato nello Spazio Intradimensionale da solo, le loro mani staccate perché un Sebastian ubriaco si era avvinghiato a Blaine.
Gli occhi di Kurt in quel momento avevano assunto una sfumatura grigia, come gli accadeva sempre quando si sentiva perduto e qualcosa nel petto di Blaine, a quella memoria, si accartocciò.-Tienimelo lontano Isabelle, o lo ammazzo- si limitò a rispondere. Non era Sebastian che aveva innescato il Bay 24, Blaine lo sapeva bene. Ma gli occhi di Kurt erano diventati grigi per colpa di Sebastian e già solo per quello valeva la pena di odiarlo.


-In realtà ho già provveduto- rispose la donna.
-E come?
-Ho fatto in modo che l'Autrice del tuo mondo... come dire... si distraesse. Qualche giorno fa è arrivato alla tua Dalton un nuovo studente. Un messicano molto carino. Ho fatto in modo che la nostra scrittrice andasse in fissa con questa nuova coppia e praticamente in questo momento la nostra giovane Anais Nin dei poveri sta scrivendo pagine e pagine di intreccio tra questi due. Di te... diciamo che si è dimenticata.
-Si può fare?- chiese Blaine perplesso.
-Per una che ha passato il KLAUGE con 93 risposte esatte? Questo e altro! Ma adesso devi farti forza, Anderson. Devi provare a rimetterti in sesto.

Forse, senza Sebastian tra i piedi, tornare alla Dalton sarebbe stato tollerabile, pensò prima di ricordare il profumo di cocco e vaniglia dei capelli di Kurt che lo aveva accompagnato nel mondo dei sogni tutte le volte che si era addormentato poggiando la testa vicino a quella del suo amore e subito Blaine si rimangiò il pensiero. No. Niente sarebbe più stato tollerabile.
-Tu non morirai oggi- bisbigliò il ricordo di Kurt nel suo orecchio.
-Ci proverò- rispose Blaine, non troppo sicuro se rivolto a Isabelle o a Kurt.

***


Gli ci volle un'altra settimana per tornare di sopra.
Alla fine, siccome tutto gli era indifferente, Blaine decise che in fondo gli era indifferente anche l'idea di riprendere a stare alla Dalton.
Sebastian provò ad avvicinarglisi il primo giorno in cui si rifece vedere a lezione. Isabelle aveva giustificato la lunga assenza di Blaine agli altri insegnanti adducendo un viaggio di famiglia e ora che il ragazzo si mostrava di nuovo in classe qualcuno gli aveva chiesto distrattamente delle località che aveva visitato.
-Sono stato in una terra degli elfi, poi in 12 New York e almemo 51 Dalton alternative- rispondeva Blaine con strafottenza, ma tutti pensavano che stesse scherzando e tiravano oltre.

Sebastian invece, nonostante la nuva ship franco-messicana in corso, non gli chiese nulla ma si limitò a provare a toccarlo in un momento in cui erano rimasti soli nel corridoio. Blaine gli afferrò il polso con un movimento rapido come quello di un aspide e sibilò: -Toccami ancora e sei morto. Morto.
Evidentemente nel suo sguardo dovette esserci qualcosa di convincente perché Sebastian non si avvicinò più a lui.

***

Anche se le cose stavano lentamente migliorando le notti di Trevor erano più insonni che mai. Eppure le sedute di psicoterapia familiare stavano andando abbastanza bene.

Certo, non erano rose e fiori.
Ancora non si erano iniziati i discorsi seri, quelli che nei film finiscono sempre con un momento catartico in cui tutti si abbracciano e rivelano i loro segreti e le loro paure più inconfessabili ma alla fine si rinnovano il loro imperituro amore. No, erano molto lontani da quella fase. Eppure Trevor vedeva chiaramente i progressi e i miglioramenti della loro situazione.

Prima di tutto il dottor Brusher aveva convinto i suoi che l'ambiente scolastico era stato una grandissima fonte dello stress che l'aveva condotto a fare quello che aveva fatto e insieme avevano concordato di lasciargli finire l'anno scolastico a casa. Al pensiero di non essere più costretto a vedere Mitch tutti i giorni Trevor si era sentito letteralmente rinascere. Inoltre lo psicologo aveva provveduto a dare ai Gale una serie di opuscoli di presentazione di tre diverse scuole, tutte nel raggio di un'ora di macchina, più adatte alla sua situazione.

-Sono licei con una forte politica di accettazione multiculturale e tolleranza zero verso il bullismo. Inoltre hanno numerosi corsi di teatro, musica e poesia, così che Trevor potrebbe anche approfondire le sue passioni.
Trevor sfogliava i volantini, mentre i suoi genitori e il dottore parlavano dei pro e dei contro di quelle scuole. Certo, non erano sicuramente la Dalton, pensò con un sorriso guardando la foto di un aula magna con delle sedie di plastica piuttosto asettiche e una sala mensa un po' minuscola che il fotografo non era riuscito a rendere luminosa. Però il dottor Brusher stava garantendo proprio in quell'isatante con molto fervore che in quelle scuole nessuno si sarebbe mai permesso di prenderlo in giro o di bullizzarlo e in fondo, non era questo quello che contava?

Suo padre e sua madre ascoltavano il dottore annuendo. Suo padre aveva perfino acconsentito a permettergli di riprendere a studiare la chitarra, cosa fino a poche settimane prima impensabile.

***

Ma, nonostante gli indiscussi progressi che la sua vita stava abbracciando, Trevor la notte non riusciva a dormire.
Quando tornò a casa la sua insonnia e il suo senso di agitazione divennero ancora più insostenibili. Il ragazzo sapeva perfettamente il perché.

Tutte le volte che dal letto sollevava lo sguardo verso la scrivania i suoi occhi si posavano sullo schermo del computer e gli sembrava di rivedere la scritta "File deleted" che aveva segnato la fine della vita di Kurt.
Lui lo aveva ucciso.
Trevor adesso conosceva tutta la storia, gliela aveva mostrata Kurt negli ultimi istanti ed era stato proprio grazie a quel suo estremo gesto che aveva ritrovato la voglia di vivere. Kurt aveva salvato la vita, a lui, al suo assassino, e questo pensiero tormentava le notti (e gran parte dei giorni) di Trevor.

Spesso per mettere a tacere i suoi rimorsi il ragazzo si diceva che si era trattato di un sogno, un'allucinazione dovuta alle pillole, e che tutto quello che era accaduto nell'ultimo quarto d'ora prima della sua telefonata al 911 era stata un'illusione.
Ma i rimorsi non si placavano.
E anche se era stata un'illusione, quell'illusione gli aveva salvato la vita. Al prezzo della sua.

-Stai zitto!- gemette il ragazzino contro il computer spento, tirandogli un cuscino.

Era l'ennesima notte insonne e nonostante tutti i suoi sforzi il monitor nero sembrava fissarlo come un mostro nascosto in una voragine senza fondo.
Il cuscino mancò clamorosamente il computer e andò a colpire lo scaffale subito sopra, facendo cadere un paio di quaderni.

Sbuffando spazientito Trevor scese dal letto per recuperare il guanciale e tentare di nuovo di prendere sonno, quando il suo sguardo si posò sui due quaderni caduti a terra.
"Trevor Gale- Geometria" c'era scritto sulla copertina con una calligrafia ordinata.
Trevor lo prese e lo sfogliò, mentre l'ibrido di un'idea prendeva forma nell'anticamera del suo cervello.
Trovò subito quello che cercava, scritto su mezza pagina subito dopo un problema ben fatto:

"Era il primo giorno di scuola del suo junior year e quell'anno Kurt Hummel era più che mai deciso di non lasciarsi piegare dalle prese in giro e dall'ostilità dei bulli del McKinley."

Era l'incipit della sua storia.
Trevor ricordava benissimo di avere iniziato a scriverla uno dei primi giorni di scuola dell'anno precedente, quando si era accorto di aver finito i problemi di geometria molto prima dei suoi compagni.

Aveva iniziato a buttare giù le frasi che gli venivano in mente e poi quel pomeriggio le aveva ricopiate nel Bay24 e pubblicate come primo capitolo. Poi, nei giorni successivi aveva fatto lo stesso. Ogni volta che a scuola si era annoiato aveva preso il quaderno che aveva sotto mano ed era andato avanti a scrivere un pezzetto della storia di Kurt. Un paragrafo sul quaderno di Letteratura Inglese, un paragrafo su quello di Storia dell'Arte, un paragrafo su quello di Chimica. Si annoiava molto Trevor alla sua vecchia scuola, in effetti.

Poi quando la sera caricava il suo lavoro on line, non faceva altro che copiare quello che aveva già scritto.
Trevor adesso stringeva il quaderno così forte da farsi venire le dita bianche.

Se la storia della luce azzurra era vera, e se lui aveva ben capito come funzionava, questo significava che adesso lui teneva tra le mani non solo un semplice quaderno, ma un frammento del mondo di Kurt. E anche un frammento di Kurt stesso.
Sì, perché lui era l'autore di quella storia, lui gli aveva dato vita.
E se lo aveva fatto una volta, poteva farlo anche una seconda.

Trevor fissò lo scaffale con i suoi libri scolastici e, senza ulteriori esitazioni, ci si avventò sopra, buttando tutto all'aria.
Non era finita, si disse mezzo euforico gettando a terra i libri e afferrando i suoi vecchi quaderni come se fossero tesori preziosi.
"Geografia" (capitolo due della storia), Statistica (capitolo sei della storia), Educazione civica (metà del capitolo quattro).
In capo ad un quarto d'ora tutti i libri di Trevor giacevano sparpagliati a terra, ma stretti tra le mani del ragazzo c'erano otto quaderni dell'anno precedente che tutti insieme avrebbero rimesso le cose al giusto posto.
-Ti farò tornare, Kurt- disse Trevor sedendosi di fronte allo schermo e accendendo il programma di videoscrittura.

Per le successive due ore Trevor scrisse, anzi copiò parola per parola, la sua vecchia storia.
Trovò anche un paio di errori di ortografia ma non li corresse. Aveva paura che, cambiando anche solo una virgola di quello che era stato il suo vecchio lavoro il risultato sarebbe stato diverso. Lui non voleva dare la vita ad un Kurt simile al vecchio. Trevor rivoleva proprio lui, quello che gli aveva salvato la vita. Quindi lasciò gli errori, anche se sapeva che una volta caricato sul Bay24 probabilmente avrebbe ricevuto delle recensioni ironiche per quei quattro strafalcioni e copiò, copiò e copiò forsennatamente per due ore.

Avrebbe voluto che qualcuna delle inservienti aiutasse Kurt quando i bulli avevano strappato il suo taccuino, ma non cambiò il paragrafo, e lasciò quella scena tale e quale alla prima volta.
E quando arrivò al punto in cui Karofsky minacciava Kurt di sfregiargli il volto avrebbe tanto voluto che fosse lui a ferirsi con quei vetri, ma anche lì non intervenne.
Se voleva riavere lo stesso Kurt, doveva riscrivere la stessa storia, parola per parola. Non c'era scelta.

Copiò finché la stanza non fu illuminata dai leggeri bagliori dell'alba e non si fermò nenche quando sentì la sveglia suonare nella stanza dei suoi genitori. Andò a ritrovare le parti che mancavano tra alcuni paragrafi, ricordandosi che qualche volta si era appuntato un paio di cose nel suo diario scolastico e alla fine, quando ormai i suoi polpastrelli sembravano volersi staccare dalla falange per protesta, digitò la frase:

"Kurt si avviò verso la gradinata, mettendo a tacere la paura che gli gridava di scappare via e tenersi il più lontano possibile da quel cortile."

Ecco, quella era l'ultima cosa che aveva scritto prima di fermarsi, perché poi non aveva più avuto voglia di andare avanti, non aveva voluto continuare perché non aveva più avuto fiducia in quella storia.

Trevor aprì il Bay24 e si posizionò sull'opzione "carica nuovo file".
L'anno scorso la storia si era fermata perché Trevor non credeva di avere più niente da dire.
-Ma adesso ci credo, Kurt. Ci credo- sospirò, premendo il tasto
invio.

***

Kurt trasse un profondo respiro e aprì gli occhi.

C’erano solo due certezze in quel momento: sopra di lui il cielo era limpido e sotto di lui il cemento era freddo.

Si rialzò da terra un po' dolorante, cercando di rimettere in sesto i pensieri.
Tutto attorno a lui gli studenti del McKinley stavano pranzando spensierati, godendosi il sole di una delle ultime piacevoli mattinate autunnali di quell'anno.

Kurt guardò la scalinata sopra di lui e, quasi automaticamente, salì il primo gradino.
E ricordò perché la scalinata era vuota. Ricordò le minacce dei giocatori di football e le intimidazioni di Karofsky.
Poi salì il secondo gradino e trattenne il respiro.
Ricordò il McKinley pietrificato.
Al terzo gradino ricordò Blaine e i loro primi giorni nella scuola.
Al quarto ricordò Trevor.
Per quando arrivò al decimo gradino Kurt aveva ricordato tutto.

Si girò tremante a guardare di nuovo il cortile.
Tutti facevano allegramente gli affari loro e nessuno badava a lui, solo, al centro della gradinata, che piangeva in silenzio tutte le sue lacrime.

Kurt non era uno sciocco e aveva capito che cosa era accaduto: Trevor aveva dato di nuovo vita alla storia e adesso era arrivato al punto dove la volta scorsa si era interrotto. E aveva deciso di proseguire.
Nessuno badava a lui, che piangeva disperato, cercando inutilmente di non farsi sopraffare dalla devastazione che sentiva.

Certo, Kurt era felice che Trevor si fosse salvato, e che avesse ricominciato a scrivere, ma questo non cambiava la sua condizione.
Aveva perso Blaine. Per sempre.
E come se questo non fosse sufficiente a rendere la sua vita insopportabile adesso sapeva anche quello che stava per accadere: presto sarebbe arrivato Karofsky e lo avrebbe picchiato perché lo stava sfidando salendo sopra a quella scalinata. Questo pensiero quasi lo risollevò un po' perché se era fortunato magari il dolore per i pugni gli avrebbe fatto dimenticare per un po' quello del suo cuore spezzato.
Ma poi ci sarebbe stata la parte peggiore, perché Kurt conosceva quello che il destino (cioè Trevor) aveva in serbo per lui: Karofsky.

Lui e Karofsky si sarebbero innamorati e solo il pensiero gli faceva venir voglia di gettarsi da quelle scale a testa in giù.
Ma perché, perché aveva ancora memoria di quello che gli era accaduto? Perché la sorte non era stata abbastanza clemente da fargli dimenticare tutto?

Kurt bloccò subito quel pensiero codardo e cercò di asciugare le lacrime, senza riuscirci.
Dimenticare tutto significava dimenticare Blaine, e forse era per quello che non era accaduto. Forse lo strano Dio che regnava sui mondi della luce azzurra aveva voluto lasciargli il ricordo di Blaine come unico e ultimo conforto.

-No Blaine, io non ti dirò mai addio- mormorò Kurt, rivolto al nulla di fronte a sè.
Fu in quel momento che sentì un rumore di passi e una mano che si posava leggera sulla sua spalla.
-Scusa posso farti una domanda?- disse una voce che, no! ,era assolutamente impossibile si trovasse lì.
Kurt si voltò col cuore in gola e trattenne il respiro.
Sulla scala, alle sue spalle, bello come un dio nella sua divisa della Dalton, con i raggi del sole che illuminavano i suoi riccioli scomposti per la corsa, c'era lui. Blaine.

Blaine che gli sorrideva come se avesse appena visto la cosa più bella dell'universo.
Blaine che scese un altro gradino e, facendo un gesto ampio con la mano verso tutto quello che li circondava, aggiunse: -Sono nuovo qui.

Anche la sua voce era incrinata dall'emozione, e anche i suoi occhi erano lucidi.
Per un attimo la gioia più selvaggia invase il cuore di Kurt che fece per colmare l'ultimo passo che li divideva e unire le loro labbra ma, all'ultimo si ritrasse portando una mano alla bocca.
-No, questo no- disse, scuotendo la testa forsennatamente.
Perché quella forse era la peggior condanna che poteva capitargli. Peggiore ancora di Karofsky.

-Kurt, amore mio. Sono io, sono Blaine. Shhhh, basta piangere, basta- mormorò Blaine avvicinandosi per abbracciarlo, ma l'altro lo respinse.
-Mi dispiace- mormorò Kurt- so che tu non te lo meriti, e probabilmente non capisci neanche quello che io intendo, ma io non posso starti vicino. Sono sicuro che tu sia un ragazzo meraviglioso, non ho alcun dubbio, sul serio. Ma tu non sei il mio Blaine, e non potrai mai esserlo.

Adesso Kurt capiva cosa stava facendo Trevor.
Per tentare di ringraziarlo del suo salvataggio il ragazzo aveva inserito il personaggio di Blaine nella sua vecchia storia, e probabilmente adesso loro due sarebbero finiti insieme.

Ma Trevor non si rendeva conto che quello lì non era davvero l'uomo che Kurt amava. L'uomo che lui amava si trovava adesso ad universi di distanza, in una Dalton dominata dai giocatori di lacrosse, da solo. Era stato lui stesso a spedircelo e non lo avrebbe rivisto mai più.

Questo meraviglioso, stupendo ragazzo che adesso gli stava di fronte e che lo guardava con sguardo pieno d'amore sarebbe stato solo un'ulteriore e crudele tortura per il suo cuore lacerato.
-Perché sorridi?- gli chiese, sconfitto. -Ti ho appena detto che non voglio avere niente a che fare con te. Tu non sei il mio Blaine.
Blaine sorrise e si mise una mano in tasca.
-Sono proprio io, Kurt- rispose, aprendo la mano e mostrandogli il suo contenuto.


C'era qualcosa di strano nell'aria quella mattina, alla Dalton.
Era da quando si era svegliato che Blaine faceva fatica a capire cosa stesse accadendo. Prima di tutto non c'erano striscioni appesi a destra e sinistra sulle ultime cazzate della squadra di lacrosse. E poi Sebastian non si vedeva da nessuna parte, non che gli importasse ma l'assenza del fastidio che il ragazzo gli procurava era fin troppo piacevole per non essere notata. E poi l'aria che si respirava per i corridoi era diversa: più formale, più seria, più distinta.

Ma quello che veramente gli fece scattare un campanello d'allarme fu quando tutti gli studenti si radunarono in sala comune per ascoltare una performance improvvisata dei Warblers come se fossero delle rockstar.

-Isabelle! Isabelle!- gridò Blaine correndo verso l'aula di francese.
-Signor Anderson, cos'è questa confidenza?- rispose la donna con tono glaciale. -L'unico modo in cui lei è autorizzato a chiamarmi è professoressa Morel, sono stata chiara?
Ma Blaine la ignorò completamente. -Questa non è la mia Dalton! Dove sono? Che posto è?

Isabelle sorrise nel vedere Blaine scosso dal suo stato di apatia per la prima volta da settimane a quella parte.
-Può darsi, signor Anderson, che da qualche parte un ragazzino abbia ricominciato a scrivere una vecchia storia lasciata in sospeso e che adesso lei sia ospite di una differente Dalton.

Blaine la fissò perso per qualche istante, poi comprese e i suoi occhi si spalancarono per la meraviglia. -Ma Trevor non ha il potere di farmi cambiare mondo- mormorò impedendosi con tutte le sue forze di sperare. Non poteva sperare e poi venire deluso. Ne sarebbe uscito ancora più distrutto.

-Trevor non ha quel potere, ma io sì- rispose Isabelle facendogli l'occhilino. Poi aggiunse, gongolando: -Non dimenticare che sono l'unico Custode al mondo ad aver risposto correttamente a 93 domande su 100.

Blaine continuava a guardarla, allucinato.
No, non ci poteva credere. Non era possibile.

Isabelle tornò seria: -Signor Anderson, credo che lei non si senta bene. La vedo particolarmente pallido e spento, in questo ultimo periodo. Penso che la dispenserò dal seguire il resto delle lezioni, oggi. Vada a fare una passeggiata piuttosto, c'è un bel sole di fuori.
E detto questo gli tirò qualcosa che Blaine afferrò al volo. Le chiavi della sua macchina.

Isabelle adesso stava scrivendo qualcosa sul registro e senza alzare lo sguardo dal suo lavoro aggiunse: -Tra un paio d'ore al McKinley inizia la pausa pranzo.
Blaine volò fuori dalla stanza.



Kurt guardava il piccolo oggetto che Blaine aveva appoggiato nel palmo della sua mano. Un minuscolo origami giallo tutto sgangherato. Avrebbe dovuto assomigliare ad un fiore, almeno nelle intenzioni, e invece sembrava di più una papera.
-Sono proprio io, Kurt- mormorò Blaine, ma non cercò di avvicinarsi e lasciò a Kurt il suo spazio.

Lentamente il ragazzo si portò una mano in tasca.
Ormai nelle sue tasche non c'era più nulla, né la canzone di Trevor, né la busta di Blaine Oscuro, nulla.
Gli era rimasto un ultimo oggetto. Uno dei primi origami che il suo Blaine, quello vero, gli aveva donato. Lo aveva portatato con sè in tutto il suo viaggio e si trovava ancora lì.
Lo aprì, anche se ormai era tutto logoro e con i bordi sbrindellati, e lo mise vicino a quello che questo Blaine gli aveva dato.

Erano identici.
Due identiche papere storte.
Kurt sollevò gli occhi e li incatenò a quelli di Blaine.
-Solo tu, in tutto l'universo, puoi fare un origami così brutto- disse scoppiando a ridere.

Era lui, sì era lui.
Era il suo Blaine, e adesso lo sarebbe stato per sempre.

Tutto quello che seppe dopo fu che erano l'uno nelle braccia dell'altro, a baciarsi tra lacrime e risate, stretti e tremanti, mentre sotto nel cortile della scuola nessuno badava a loro.

Rimasero abbracciati a dirsi ti amo, con le mani sul volto dell'altro, le labbra incapaci di staccarsi, gli sguardi incatenati, per un tempo infinito.

Erano loro, erano proprio loro, e stavolta sarebbero stati insieme a testa alta, senza più nessuna paura.
Avrebbero affrontato altre difficoltà, altre prove. Forse li attendeva qualcosa di buffo, forse qualcosa di doloroso o di terribile ma qualsiasi sarebbe stato il loro futuro entrambi sapevano che l'avrebbero vissuto insieme.
Perché se l'erano guadagnato, perché l'avevano voluto e avevano combattuto contro tutto e contro tutti per poter stare insieme.
Se lo erano meritato.

Quando la campanella decretò la fine della pausa pranzo, Kurt e Blaine scesero quelle scale a mani intrecciate e a testa alta, dirigendosi fieri verso qualsiasi destino Trevor avesse in serbo per loro.



FINE




Note di Oldlady:

Avete avuto paura, vero?
Ma vi pare che io mi precludo la possibilità di schiaffare un lieto fine! Eppure ve lo avevo detto, dai: fidatevi di me, fidatevi di me. La fine è quella in fondo all'epilogo!

Ahahah!

(no, scusate, sono un po' scossa perché i miei piccoli si sono ritrovati e anche se sono una terribile burattinaia quando scrivo, beh, hanno intenerito perfino me).

Questa è stata la prima ff che ho scritto e mi ha dato tantissime soddisfazioni, ma soprattutto me le hanno date le persone gentilissime che hanno recensito, e anche quelle che hanno letto in silenzio.
Grazie a tutte, di cuore.
In particolare voglio ringraziare Roberta, che mi incoraggia sempre e tiene viva la fiammella klaine.
CandyKlaine che è stata la prima a credere in questa storia.
Schifottola , una lettrice davvero attentissima ai dettagli.
Joyfulcarrie, dolcissima e supersensibile.
Morena, con cui ci intendiamo al volo.
E poi: Vaki7, Kiasia, SaraGleek, Klauge84, valealiena, kittycathi, Medialuna, DKlaine, GiadaColfer, JadeApostrophia, fanklain, firecat, kassiopea 144, vipanda e tutte le altre che sono state così cortesi da lasciarmi almeno una recensione.

Non so se c'è una procedura standard nei ringraziamenti, ma ognuna di voi, quando mi ha scritto qui o in privato le sue opinioni, positive o negative che fossero, mi ha in qualche modo incoraggiata ad andare avanti a fare qualcosa che amo (scrivere) ma che comunque richiede così tanta passione e abnegazione da non riuscirci senza un incoraggiamento.

Quindi grazie di nuovo, ad ognuna di voi che è arrivata fin qui. E anche a chi si è fermata per strada. Magari la prossima volta riuscirò ad interessarvi un po' di più.

Qui c'è la mia pagina facebook: 
http://www.facebook.com/oldlady.onbooks

E qui l'altra mia storia, che a breve riprenderò:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1571704&i=1


p.s. Ho aggiunto in un secondo momento la meravigliosa copertina che ha realizzato Morena1972 per questa storia. Mi ha emozionata tantissimo, grazie mille. Sei un'artista!

  
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