Pensare a Peter Hale è pensare a un’estate che nella memoria dello sceriffo Stilinski è ormai una fotografia sfocata e un grumo di sensazioni che gli chiudono la gola.
Per questo rivederlo è tremendamente destabilizzante.
Dopo aver trascorso gli ultimi dieci anni a evitare accuratamente il reparto psichiatrico dove l’avevano sbattuto a marcire, sfigurato fino ad essere pressoché irriconoscibile - un ammasso di pelle ruvida e raggrinzita che chiamare persona sarebbe stato oltremodo generoso – ritrovarselo davanti è un colpo troppo pesante.
Peter gli sorride con la stessa aria sorniona che aveva vent’anni fa. E lo sceriffo sta seriamente iniziando a dubitare della sua sanità mentale – perché quell’uomo non può certo essere Peter Hale, perché Peter Hale non c’è più, e quello che era stato ormai non era niente più che un vegetale che probabilmente non sapeva più neanche il suo nome, figurarsi alzarsi e camminare fino a casa dello sceriffo in piena notte, bussare tranquillamente e salutarlo sorridendo.
Quindi l’unica risposta logica è che si è addormentato di nuovo in ufficio e sta avendo un inquietante incubo da cattiva digestione.
“Ciao Stiles.”
Lo sceriffo deglutisce a vuoto.
“Sono lo sceriffo Stilinski. E.. hm, mio figlio ha ragione, non lo digerisco più il curry.”
Peter ridacchia divertito.
“Mi fai entrare?”
Note:
Rotolo fino alla morte perché questo è un pairing demoniaco e mi ha intrippato fino alla morte e boh. Grazie per non aver preso a fucilate lo schermo – nel caso non lo abbiate fatto.