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Autore: blinka    08/10/2007    6 recensioni
Lei mi guarda e ride. “Mi chiamo Gina.”
“Jamia, piacere.”
“Benvenuta all’inferno.”

Ecco qua. Un'altra ficci, questa volta a capitoli. Vi avverto di alcune cosucce: i MyChem compariranno poco, molto poco, e verso la fine della storia. Il gruppo principale del racconto sono i Pencey Prep; il punto di vista con cui la storia è stata e verrà scritta è quello di Jamia; il pairing è Frank/Jamia (sì, ma comunque Frerard Lives. U_U), ambientata alle superiori.
Spero vi piaccia.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Frank Iero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Your Lucky Day In Hell.




DISCLAIMER: purtroppo non conosco nè Jamia Nestor, nè Frank Iero, nè i Pencey Prep, nè i My Chemical Romance. Tutto quello scritto è frutto della mia fantasia, e non è stato scritto a scopo di lucro.




Capitolo 1.

Non è possibile. Perché sono sempre, sempre, in ritardo il primo giorno di scuola?
Oh, fanculo autobus.
Corro nelle pozzanghere, facendo schizzare l’acqua ai miei piedi, bagnandomi i jeans scuri.
Eccola lì. La mia nuova scuola. Ancora deve capire perché papà ha deciso di trasferirsi.
Cioè, sì, mi sembra abbastanza ovvio, da quando mamma è morta… Vabbè.
Però perché lasciare New York?
Sono dispersa in una stupida città del New Jersey.
Mi accorgo che sono entrata a scuola.
E che è vuota.
E che non ho la minima idea di dove andare.
Sono ufficialmente nella merda.
Mi guardo intorno. Neanche uno stupidissimo cartello di dove sia la segreteria.
Sento che sarà un anno difficile.
Girovago intorno, con la tracolla che segue i miei movimenti.
Finalmente noto un bidello.
No, forse è una donna.
Mi avvicino. Sì è… circa una donna.
“Scusi!” mi avvicino mentre lei si gira e mi lancia un’occhiataccia.
“La campana è suonata da un pezzo, signorina! Che cosa ci fa ancora nei corridoi?”
“Beh, vede sono nuova io di quest’anno e non ho la minima idea di dove andare. Non è che mi può indicare la classe…” cerco di ricordare la sezione. Impresa titanica. “4^ B?”
“Un piano più su.” Dice apatica. E se ne va.
Ma che modi sono?
Bah. Mi avvio per le scale e cerco di ambientarmi in quel luogo sconosciuto.
Sì, sarà un anno veramente difficile.
Mi ritrovo in un corridoio con una decine di porte. Guardo le etichette.
1^C… 2^B… Prima, prima, seconda, prima… 4^B.
Finalmente.
Busso. Nessuno risponde, dal chiasso che proviene da dentro nessuno avrà sentito.
Busso un’altra volta. Niente.
Entro dentro senza tanta cortesia e di colpo si fa silenzio mentre una trentina di visi mi guardano incuriositi.
Il professore deve essere dell’epoca preistorica, perché si accorge dopo un minuto buono che sono sulla soglia. Alza il viso e si sistema gli occhiali spessi almeno 4 centimetri e mia guarda.
“Oooooh!” esclama “Lei dev’essere la signorina Nestor!”
“Esatto.” Mormoro.
“Bene, si può sedere…” Alza il sedere leggermente dalla sedia e scruta la classe divertita “…Là, in fondo, c’è un banco libero vicino alla signorina…” Si risiede e controlla il registro “Olsdal.” Dichiarò soddisfatto.
Lo guardo e mi rendo conto che quello è un mio professore.
Oddio.
Sbircio la classe e vedo il posto libero in ultima fila, vicino ad una ragazza che se ne sta letteralmente fregando di tutto ciò che le sta accadendo intorno. Al contrario del resto della classe.
Ma che hanno tutti da guardare?
Bah. Scaravento la borsa per terra e mi siedo.
Solo dopo pochi secondi la ragazza accanto a me si gira, mi guarda, sorride quasi a se stessa e poi ritorna a guardarsi le unghie, coperte dallo smalto nero.
Cerco di capire che cosa sta dicendo il professore centenario ma è un’impresa impossibile. La classe fa un casino degno da premio nobel.
“Inutile che cerchi di ascoltarlo… E poi, dice sempre le solite coglionate.”
Mi giro, è proprio lei che ha parlato.
“Sì, ho notato. Strano, comunque, credevo che i dinosauri fossero estinti tempo fa.”
Lei mi guarda e ride. “Mi chiamo Gina.”
“Jamia, piacere.”
“Benvenuta all’inferno.”

°°°



Finalmente, dopo tre ore di agonia suona la campana che segna la ricreazione.
Gina mi guarda. “Quanta gente conosci qui?”
“Ehm… Solo te.” Sorrido imbarazzata.
Anche lei mi sorride. “Dai, vieni ti faccio conoscere un po’ di gente a posto”
Usciamo dalla classe. Mi accorgo che lei è di una buona ventina di centimetri più alta di me. Non che ci voglia tanto. Io e il mio stupido metro e cinquantacinque di altezza.
Le cammina normalmente e scansa le persone che bloccano la strada. Non fa caso a tutte le occhiatacce che riceve.
Forte.
Vedo che infondo al corridoio, vicino a una finestra e a una macchina di merendine ci sono due ragazzi che si sbracciano, probabilmente per farsi notare da Gina. Cioè, uno si sbraccia. L’altro non fa niente. Ci guarda apatico. Gina li nota e allora mi prende per mano e “corricchiamo” verso di loro.
“Ehi, stronzetti miei!” Sorride mentre li abbraccia.
“Allora, lei è.. Eh, scusa non ho ancora afferrato il nome…”
“Jamia.” Dico semplicemente.
“Ah, ok. Jamia.” Credo stia parlando a se stessa. “Loro sono Neil” e indica il ragazzo più alto, moro, mentre si accende una sigaretta “E Frank.” E indica l’altro ragazzo, quello dallo sguardo apatico di prima.
“Ciao” dice Neil sputando il fumo dalla bocca.
“L’altro mi rivolge un cenno noncurante”
E io faccio solo uno stupido movimento di mano.
“Cazzo! Ma che avete, vi è morto il cane?”
“Presente Alex?” dice per la prima volta il ragazzo di nome Frank.
“Ovvio.” Risponde Gina.
“Se ne è andato.”
“Cosa?”
“Niente più cantante, Gina, sveglia!” esclama Neil.
“Ehi, idiota, secondo te non lo avevo capito?”
L’altro fa una scrollata di spalle. Tossicchio.
Gina mi guarda esasperata. “In pratica, il cantante della loro “band” se ne è andato.” Riassume.
“Avevate un band?”
“Clap clap.” Dice Frank imitando il suono di un battito di mani.
Ma chi cazzo si crede di essere?
“Scusa, eh, era solo una domanda.”
Frank sta per controbattere quando Gina lo blocca.
“Hey, ciccio, datti una calmata, ok?”
L’altro le lancia un’occhiataccia e dopo continua a guardare me torvo, incrociando le braccia al petto.
Bah. Maschi. Chi li capisce è bravo.

°°°



Finalmente suona la campana e la tortura finisce.
Raccolgo tutte le penne e i fogli scarabocchiati sparsi per il banco e li infilo in qualche modo nello zaino. Gina gentilmente mi aspetta.
“Prendi l’autobus per tornare?” chiede.
“Sì, abito a Nutley.”
“Che cosa??” E’ sconvolta.
“Ehm… Non si chiama Nutley il paese dopo Bellaville?” chiedo incerta.
“Sì, ma… Cavolo, Nutley! E’ lontanissimo! Quanto ci impieghi a venire qui?”
Intanto ci avviamo verso l’uscita “Quaranta, cinquanta minuti al massimo.”
Ed ecco la fermata dell’autobus, stracolma di studenti. Dopo pochi minuti che aspettiamo lo vediamo arrivare.
Finalmente.
E tutti cercano di salire per primi, finendo con bloccare per intero le entrate.
E dopo qualche minuti sono anch’io dentro.
Via via che i minuti passano sull’autobus, questo si svuota sempre di più. Ed io e Gin parliamo del più e del meno.
Passa mezz’ora e sul pullman ci siamo solo io, Gin e qualche altro studente che non conosco (ovvio, non conosco nessuno qui, ma vabbè.), tra cui i due ragazzi, Neil e l’altro Mr-Non-Rompete-I-Coglioni-Frank.
“Beh, questa è la mia fermata.” Dice Gin con un mezzo sorriso “Ci vediamo domani, Jam.”
“Ciao.” Le sorrido anche io.
“Ci si vede amico” sento dire da pochi posti dietro di me.
L’autobus si ferma e Gin scende insieme a Neil.
Fantastico.
Cerco di non pensare all’unica persona che conosco… Ma che dico? Chi lo conosce? Che c’è sull’autobus.
“Hey.” Fuuuck.
Mi giro togliendo lo sguardo dal bellissimo paesaggio del New Jersey.
“Hey.” dico apatica a Frank.
“E’ libero…?” chiede, come se non fosse ovvio.
“Sì, certo.” Sposto lo zaino dal sedile accanto al mio e lo metto in mezzo ai piedi.
Lui si siede, e dopo stiamo in silenzio. Io che guardo fuori dal finestrino e lui che giocherella con il tessuto strappato del sedile davanti a lui.
“Senti, scusa per stamattina. Sono un po’ agitato in questi giorni, e ogni cazzata rischia di farmi innervosire.” Dice tutto d’un fiato.
“E’ tutto ok.” Massì, infondo, perché farsi un nemico il primo giorno di scuola?
“Sono Frank comunque.
“Lo so, ti ha presentato oggi Gina.” Sorrido innocentemente.
“Ah già… E tu sei…?” chiede arrossendo un po’.
“Jamia.”
“Fico.”
“Lo odio.”
“Odi il tuo nome?”
“Già. E’ troppo… dolce.”
“Come, troppo dolce?” chiede confuso.
“Non mi piace, tutto qui.” E faccio le spallucce.
“Io lo trovo carino, invece” e arrossisce nuovamente.
“Beh, grazie.”
“Prego.”
Altri minuti di silenzio.
“Dicevi… Avete una band?” azzardo.
“Avevamo una band.” Dice, amaro.
“Il cantante, Alex, se n’è andato l’altro giorno. Dice che non vuole stare con un gruppo di falliti” continua.
“Falliti?”
“Beh, sì, insomma, no siamo ancora riusciti a suonare in qualche locale…”
“E allora? Che importa? Solo perché non siete riusciti a suonare da qualche parte non vuol die chi siate dei falliti. Che idiota.”
Lui sorride, con un sorriso che farebbe sciogliere il ghiacciaio più grande dell’Islanda. “Comunque, adesso si trova nella camera 76 dell’ospedale di Bellaville. Neil non è riuscito a contenersi.”
Rido insieme a lui.
“oh, diamine! La prossima è la mia!”
“Cioè, questa.” Dico mentre l’autobus frena bruscamente.
Frank mi saluta e scende prima che le porte si richiudano.
Frank. Bel nome per un ragazzo.

_______


Fine della tortura. ò_ò
Per questo capitolo. Muahahaha.
Beh. Spero che via sia piaciuta. Anyways, al prossimo capitolo.
Guendy
  
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