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Autore: Lionking17    21/03/2013    2 recensioni
Il sempre dolce Paride è un eroe acheo, un forte e valoroso uomo dell'Ellade. Nonchè cugino di Achille. é così difficile essere suo cugino. Anche nel momento della morte. Perchè il cugino di Achille è forte, senza paura e ripensamenti, non conosce sconfitta. Allora chi diavolo è lui?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Achille, Ettore, Patroclo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era fatta. Era finita.
Patroclo contrasse bruscamente le labbra, sputando un piccolo grumo di sangue represso, in un macabro sorriso. Le mani gli tremavano.
Il vero Achille avrebbe riso in faccia alla morte o, al massimo, ci avrebbe fatto amichevolmente una partita a dadi. Perché averne paura, quando si era stato il suo più spietato strumento in terra per tanti anni?
 Perché tremare come una verginella alla sua prima notte di nozze, quando si era l’unico figlio di Peleo, il comandante dei Mirmidoni, un semidio, Achille in persona?
Non vi era alcuna ragione. Se non che lui non era Achille.
Ma era pur sempre suo cugino. Gli errori non erano permessi, se eri suo cugino.
Era dannatamente difficile essere suo cugino, il suo scudiero, il pallido ragazzino, l’ombra dell’eroe.
Sentì la sabbia crepitare sotto i calzari di cuoio mentre il principe si avvicina, sempre di più, inesorabile.
Patroclo sperò che Thanatos fosse più veloce, ma raramente gli dei ascoltano le preghiere degli uomini, e quando ciò avviene, è solo fonte di guai. Il suo avversario rimase per alcuni secondi immobile.
Il ragazzo lo sentiva fremere d’indecisione. Sapeva. Sapeva che era tutto un inganno. Sapeva che non era lui, come tutti, d’altronde.
Finché, con lentezza studiata, i gambali toccarono pesantemente la sabbia intrisa di sangue. Patroclo gettò un gutturale grugnito, un gemito di protesta mentre Ettore tentava di togliergli l’elmo. Lui era un Acheo, figlio della casa di Menenzio, cugino di Achille. Non doveva lasciare che l’ignomia cadesse sul suo nome. Quanti doveri, quanti onori.
La scatola cupa e sudata, simile a una bara, che era stata fino ad allora il suo nascondiglio fu finalmente sfilata e la luce grigia delle nuvole sbucò nel suo campo visivo. Il mondo ricominciava.
Gli sembrò di poter risentire la rinsacca delle onde, il morbido frinire dell’acqua contro la sabbia.
Loro giocavano, una volta. Non lì, in un altro posto, non ricordava dove. Lui e suo cugino.
Prima che Chirone venisse a prenderli, prima che Achille diventasse Achille, prima che lui si trasformasse in Patroclo.
Erano piccoli. Due bambini. Eppure, così grandi.
Una smorfia a metà tra la rabbia e l’orrore percosse il viso armonioso del principe Ettore mentre gettava lontano da sé l’elmo, come se potesse lavar via il delitto, il sangue. Patroclo ridacchiò. Il sangue colò, fino a toccare terra.
Aveva fallito. Mai fallimento era stato così gradito. Gli veniva da ridere. Che cosa strana. Oscena, disonorevole per un guerriero. Per lui più di qualunque altro.
Lui era il cugino di Achille, non poteva permettersi certe cose. Come amare, come vivere.
Il ragazzo rise. Non si sapeva bene a chi. Al suo assassino, al cielo, agli dei forse.
In lontananza, chissà quanto lontano, il suono delle onde e del mare attirò la sua attenzione. Erano appena dei bambini quando vennero a prenderli. O almeno così gli era sempre sembrato. Dopo, dopo, tutto era cambiato. Il suo migliore amico non poteva più giocare con lui, perché era cosa da bambinelli.
Loro erano uomini, macchine da guerra, addestrate al massacro, ignari dell’esistenza di pietà e ragione. Questo gli avevano insegnato.
Ettore accarezzò lievemente i capelli del ragazzo, tentando invano di pronunciare qualche parole di conforto, ma ne esistono davvero?
E Achille non lo aveva più guardato, solo visto, e il noi era diventato un loro, il presente passato, senza più futuro. Chissà se gli sarebbe importato qualcosa.
Patroclo tentò di articolare delle sillabe, una scusa forse, una richiesta di estremo aiuto, una amicizia mai esistita.
Sentiva il rumore della rinsacca del mare e, mischiato ad esso, risa di bambini, profumo di legno e di pulito. Sentiva tutto.
Era fatta. Era finita. Aveva fallito. Qualcuno avrebbe portato la sua lancia all'amato cugino. E a lui non sarebbe importato niente. Ma era finalmente finita.
Ettore scosse mestamente la testa, chiudendo le palpebre del ragazzo.
“ Achille lo vendicherà.” Annuncio lugubre un soldato accanto a lui, quasi come una sfida al difensore del suo popolo.
“ Se davvero gli voleva bene, sarebbe stato qui, ora.”
In lontananza, due bambini biondi giocavano in riva al mare.




Ave popolo * guarda la platea deserta*
Come non detto. Questa è la prima storia su questo fandom da poco scoperto, così ho deciso di tuffarmi direttamente tra le braccia del mio caro poeta. Credo che questo lavoro si articolerà in due storie sicure, poi si vedrà. Vi ringrazio molto per essere arrivati fino a qui, per prima cosa. Vi pregherei di lasciare una recensione per migliorare o almeno per decidere di darmi all'ippica. Di sicuro otterrei risultati migliori. Buona lettura a tutti e Buona Pasqua!

  
  
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