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Autore: _Fedra_    21/03/2013    6 recensioni
Cosa succederebbe se i fratelli Pevensie arrivassero a Hogwarts?
Quale ruolo avrebbero nella battaglia contro Voldemort, che ora sembra aver trovato una nuova, terribile alleata?
E chi è il ragazzino dai capelli neri che compare nei sogni di Jane, sorella gemella di Harry Potter, chiedendole disperatamente aiuto?
"Mi chiamo Susan Mallory Pevensie, Corvonero.
I miei poteri si sono sviluppati solo ora, all'alba del mio sedicesimo compleanno.
Odio essere una strega: è stata proprio la magia a portare via mio fratello, sei anni fa.
Ma, ora che nuove sparizioni stanno investendo l'Inghilterra, non mi resta altra scelta: è nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts che si trovano le risposte a ogni mia domanda."
DAL TERZO CAPITOLO:
"Improvvisamente, Jane si fermò. A pochi passi da lei, accovacciato su un muretto, stava un ragazzino dai corti capelli neri, intento a disegnare sul terreno con un dito.
Non appena avvertì la sua presenza, egli si voltò. Aveva due bellissimi occhi scuri, grandi, fieri e penetranti. Il suo sguardo la fece rabbrividire.
Poi Jane si risvegliò nel suo letto, madida di sudore."
PAIRING:
Caspian X Susan
Edmund X Jane
Voldemort X Jadis
...più un personaggio a sorpresa!
Primo capitolo di una serie! :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Edmund Pevensie, Jadis, Lucy Pevensie, Susan Pevensie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La profezia dell'Erede'
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CAPITOLO 1


La nuova scuola

~
 
 







 
 
Le streghe vere sembrano donne qualunque, vivono in case qualunque, indossano abiti qualunque e fanno mestieri qualunque. 
Una vera strega odia i bambini di un odio così feroce, furibondo, forsennato e furioso, da non poterselo immaginare. 
E infatti passa tutto il suo tempo a escogitare nuovi modi per sbarazzarsi di loro.

 
(Roald Dahl, Le Streghe)
 
***
 
Susan contò fino a quattro, poi si costrinse ad aprire gli occhi. La stazione di King’s Cross era sparita nel nulla e davanti a lei si stagliava una locomotiva color rosso sangue avvolta da dense nuvole di vapore. Si tastò nervosamente le braccia e le costole. Non sembrava avere nulla di rotto. In compenso, le gambe non riuscivano a smettere di tremare.
−Tutto okay, Sue? – le chiese suo fratello Peter con un ampio sorriso.
L’attraversamento della barriera del binario nove e tre quarti non gli aveva mandato fuori posto nemmeno un ricciolo.
Per contro, Susan appariva ancora più impacciata del solito, con i lunghi capelli scuri che le celavano parte del volto imperlato di sudori freddi. Non era neanche salita sul treno e aveva già una voglia tremenda di darsela a gambe.
In quel preciso istante, sua madre si materializzò alle sue spalle, tenendo la piccola Lucy per mano.
I grandi occhi blu della bambina brillavano per l’eccitazione, come se fosse appena scesa da una giostra. Susan schioccò la lingua con disappunto: una bambina normale avrebbe dovuto essere come minimo terrorizzata se qualcuno l’avesse costretta a correre a tutta velocità contro un muro di mattoni.
−Lucy! – esclamò correndole incontro.
−È stato bellissimo! – esclamò la bambina ridendo. – Quando lo rifacciamo?
−Lucy, ricordati che questo è un binario stregato. Non devi farlo da nessun’altra parte, capito? – si raccomandò la sorella.
−Ho capito! Niente magie fino a quando non mi arriverà la lettera da Hogwarts! – recitò l’altra ubbidiente.
−Tranquilla, Sue, lasciala respirare! – esclamò Peter mettendole una mano sulla spalla.
La signora Pevensie lanciò una profonda occhiata ai figli maggiori.
I suoi occhi chiari furono percorsi da un tremito.
–Abbiate cura l’uno dell’altra, mentre sarete via – si raccomandò.
−Non preoccuparti, mamma – la rassicurò Peter sorridendo. – Con me come Caposcuola sarà difficile che Susan combini qualcosa proprio sotto il mio naso!  E poi, Hogwarts è il luogo più sicuro del mondo, credimi. Non potrà mai accaderci nulla di male, finché saremo tra le sue mura.
La donna sospirò. Avrebbe tanto voluto che i ragazzi restassero, che non la lasciassero sola con Lucy, ma non aveva altra scelta.
Sarebbe stato da egoisti tentare di soffocare la natura dei propri figli.
Era giusto che fosse così, per quanto assurdo potesse sembrare.
−Promettetemi di scrivermi – si raccomandò accarezzando i volti di entrambi. – Susan, − soggiunse poi rivolgendosi alla ragazza – sei ancora convinta della tua scelta?
La ragazza rabbrividì.
Fissò gli occhi celesti di sua madre, poi si voltò verso la banchina gremita di sagome scure che lentamente salivano sul treno.
–Ormai ho deciso – rispose con voce ferma.  – Lo faccio per David.
−Lui sarebbe fiero di te – sussurrò la signora Pevensie.
−Vorrei solo essere stata in grado di proteggerlo… − il suo sguardo cadde su Lucy.
Gli enormi occhi della bambina erano diventati improvvisamente tristi.
–Posso venire con te? Prometto che non faccio magie! – la pregò.
Susan scoppiò a ridere intenerita. Si inginocchiò di fronte alla sorellina, in modo da poterla guardare in faccia.
–Devi aspettare ancora un anno, Lu – disse sorridendo. – Quando compirai undici anni, ti arriverà la lettera e potrai venire a Hogwarts con me e Peter. Solo allora, però.
−Ma è fra tanto tempo!
−Io ti scriverò non appena potrò, va bene? E per Natale tornerò a casa. Lo prometto.
Lucy sbuffò. Glielo si leggeva in faccia che non avrebbe mai resistito fino a Natale.
−Prometti che farai la brava? – domandò Susan accarezzandole i corti capelli rossicci.
−Sì – strascicò la bambina in tono seccato.
−Ricordi il nostro patto?
–Farò tanta compagnia alla mamma, giocherò solo dopo aver fatto tutti i compiti e non andrò mai in giro da sola.
−Non dimentichi nulla?
−Ah, sì: non devo parlare con gli sconosciuti.
−Così va bene  − disse Susan baciandole i capelli. – E ricordati che sono una strega: se per caso combini qualche marachella, lo verrò subito a sapere!
−Tanto lo so che non mi trasformeresti mai in ranocchia! – esclamò Lucy in tono di sfida.
−In ranocchia no, ma in un grasso e grosso scarafaggio puzzolente sì! – rispose la ragazza facendo per mollarle un pizzicotto.
−Aaaaaaaaah! Bleaaaaaah!
Lucy la schivò per un pelo, rifugiandosi dietro le spalle di sua madre.
Le due sorelle presero a rincorrersi attorno alla donna, che le osservava divertita, quando la loro attenzione fu catturata da Peter.
–Scusate se vi interrompo, ragazze, ma il treno sta per partire.
−Sei il solito guastafeste! – protestò Lucy ancorandosi a una gamba di Susan.
Un fischio acuto si levò dalla locomotiva.
−Dobbiamo andare – sussurrò Susan, il cuore che le batteva forte per l’emozione.
Lottando con tutte le sue forze per non tornare indietro, la ragazza abbracciò un’ultima volta sua madre e Lucy, che venne districata a forza dalla sua gonna, poi si trascinò dietro a Peter, montando sul treno.
Nel momento esatto in cui i suoi piedi si staccarono da terra, Susan si sentì svenire.
L’aveva fatto.
Si voltò bruscamente, proprio nell’attimo in cui le porte vennero chiuse.
Incollò il naso lentigginoso al vetro del primo finestrino che le capitò a tiro, cercando la sua famiglia con lo sguardo.
Le vide lì, in piedi sulla banchina, due anime solitarie in mezzo a una folla di volti sconosciuti che salutavano.
Lucy ancora si agitava, lottando per sfuggire dalla presa di sua madre e raggiungere Susan.
La ragazza si sentì stringere il cuore.
Va tutto bene, cercò di farsi coraggio. Ancora pochi mesi e saremo di nuovo tutti insieme.
Poi il treno si mosse e tutto scomparve in una nube di vapore.
−Va tutto bene, Susan? – le chiese Peter dolcemente.
Lei fece un rapido cenno del capo, tenendo gli occhi bassi.
Non aveva senso piangere.
Era stata una sua scelta.
−Vieni, andiamo a trovarci uno scompartimento libero – disse il ragazzo facendole cenno di seguirlo.
Susan trasse un profondo respiro e lo seguì, trascinandosi malamente dietro la sua pesante valigia.
Di tanto in tanto, scorgeva il suo volto pallido e accaldato riflettersi nei vetri divisori degli scompartimenti, sovrapponendosi a quelli dei giovani maghi e streghe che da quel giorno in poi sarebbero stati i suoi compagni di scuola.
La ragazza aveva come l’impressione di sentir bruciare i loro sguardi interrogativi su di lei, ma immediatamente dopo si diede della stupida: in fondo, non era molto diversa da loro, non fino a quando sarebbe giunto il momento di indossare le divise.
Allora avrebbero capito all’istante che c’era qualcosa che non andava.
Peter camminava fiero davanti a lei.
Avevano solo un anno di differenza, eppure in quel momento Susan si sentiva una bambinetta di sette anni, in confronto a lui.
Alto, biondo, bello, Peter era uno studente modello e un mago dotato di poteri straordinari.
Nel momento in cui aveva ricevuto la lettera di Hogwarts, non si era affatto abbattuto per il fatto di essere diverso da tutti gli altri bambini, ma aveva accettato il suo destino con serenità ed entusiasmo.
Hogwarts era la sua seconda casa e lui era felice così.
Susan avrebbe tanto voluto essere come lui, in quel momento.
Finora della magia conosceva solo i racconti del fratello, che da quell’anno in poi sarebbe stato Caposcuola e inoltre ambiva a diventare capitano della squadra di Quiddich, un gioco a metà strada tra il baseball e la pallacanestro che si giocava in sella a manici di scopa. 
Per lei, quelle non erano altro che un mucchio di sciocchezze, ma sua madre e Lucy erano così entusiaste di lui che non aveva mai avuto il coraggio di contraddirle.
 −Ciao, Peter! – lo salutarono due ragazze.
Susan non poté fare a meno di scorgere nei loro occhi una luce sognante.
−Ciao, Calì! Ciao, Katie! – rispose lui disinvolto, stampando sulle guance di ciascuna due sonori baci.
Susan rimase un po’ in disparte mentre discutevano di cose magiche di cui non riusciva a capire pressoché nulla (più che altro sembrava che le due ragazze stessero cercando una buona scusa per  attaccare bottone con il loro nuovo Caposcuola), poi, una volta congedate, arrancò di nuovo sulla scia del fratello.
−Oh, ma guarda chi si rivede! – esclamò a un certo punto il ragazzo spalancando la porta di uno scompartimento. – Ciao, Harry!
−Oh, ciao, Peter! – rispose una voce dall’interno.
−Ti dispiace se ci accomodiamo un secondo?
−No, no. Entra pure!
Susan seguì il fratello nello scompartimento. La voce che aveva udito in corridoio apparteneva a un ragazzo mingherlino dai capelli neri e arruffati e due vispi occhi verdi che dardeggiavano dietro le lenti rotonde degli occhiali.
Accanto a lui stava rannicchiata la sua perfetta copia al femminile, una specie di folletto dagli occhi di ghiaccio con indosso un’attillatissima felpa a righe nere e arancioni.
Davanti a loro stavano seduti uno spilungone lentigginoso con il naso a patata e una folta criniera di capelli rossi e una ragazza secca e puntigliosa con un gran cespuglio di riccioli biondicci e ispidi sulla testa, il volto quasi completamente nascosto da un giornale di cui Susan ignorava l’esistenza.
−Ragazzi, sono lieto di presentarvi mia sorella Susan! – esclamò Peter invitandola a farsi avanti.
Sentendosi puntare addosso tutti quegli occhi, la ragazza si sentì sprofondare.
–Ehm, salve a tutti! – salutò timidamente.
−Vieni da un’altra scuola di magia? – chiese immediatamente la ragazza dai capelli ispidi, levando di scatto il volto dal giornale.
Prima che Susan potesse fermarlo, Peter rispose al suo posto. – No, purtroppo i poteri di Susan si sono sviluppati solo ora.
Tutti le lanciarono un’occhiata comprensiva.
Dal canto suo, Susan non chiedeva di peggio. Non voleva essere considerata una sorta di disabile.
Lo sguardo pungente della ragazza dai capelli ispidi la stava visibilmente innervosendo.
Era convinta di non starle molto simpatica.
−Quanti anni hai, Susan? – chiese infatti la sconosciuta.
−Sedici – rispose lei con voce ferma.
I quattro si scambiarono un’occhiata perplessa.
−In effetti, sei un po’ grande per iniziare a studiare la magia – osservò lo spilungone lentigginoso.
−Tutti hanno i loro ritmi, Ron! – lo zittì prontamente il folletto dagli occhi di ghiaccio.
Susan trasalì involontariamente.
Non si sarebbe mai aspettata che una voce così energica e adulta potesse provenire da un corpo così gracile.
Il folletto si voltò verso di lei e le lanciò un sorriso d’intesa.
La cosa la fece sentire meglio all’istante.
−Benvenuta a Hogwarts – disse il ragazzo con gli occhiali. – Sono certo che ti troverai bene.
−Oh, grazie – balbettò Susan con voce flebile. – Lo spero tanto, sì.
Tutti le sorrisero, compresa la tipa con i capelli ispidi.
A quanto pareva, il ghiaccio era rotto, tuttavia la ragazza non riusciva ancora a sbarazzarsi del senso di imbarazzo che le attanagliava lo stomaco.
−Bene, ragazzi, ora però dobbiamo andare – intervenne a quel punto Peter, stemperando la tensione. – Harry, per la prossima Coppa di Quiddich, sto organizzando una riunione con tutta la squadra per giovedì sera. Conto sulla tua presenza, amico!
−Ci sarò senz’altro, non preoccuparti – lo rassicurò l’altro.
−Bene, buona continuazione, allora! A dopo!
Peter accostò la porta scorrevole dello scompartimento e si rivolse sua sorella.
–Hai idea di chi fosse quel ragazzo? – chiese, gli occhi celesti che brillavano.
Susan scosse il capo.
−Ma come, Sue! Hai appena parlato con Harry Potter!
La ragazza trasalì.
Suo fratello le aveva parlato centinaia di volte del bambino sopravvissuto, colui che tredici anni prima aveva sconfitto il più malvagio stregone di tutti i tempi, Lord Voldemort.
Susan nutriva una segreta ammirazione per lui: chiunque fosse stato in grado di sconfiggere le Arti Oscure era degno della sua stima.
–Oh, che stupida! – disse imbarazzata. – Se solo lo avessi saputo…
−Non importa, a lui non piace molto che la gente lo tratti come una sorta di fenomeno da baraccone. È un ragazzo molto riservato, Harry. Penso che il tuo comportamento gli abbia fatto piacere.
−Davvero?
−Fidati, lo conosco da quando era un frugoletto di undici anni.
Avanzarono ancora per un paio di vagoni, poi Peter si fermò. – Ascolta, Sue, − disse – qui ci dobbiamo dividere. Devo andare nel vagone dei Prefetti per ricevere istruzioni sul mio nuovo incarico. E` un problema per te stare da sola per qualche ora, finché non arriviamo a destinazione?
−No…certo che no.
In realtà, Susan avrebbe tanto voluto che il fratello non la lasciasse neppure per un istante.
−D’accordo, bene – concluse Peter. – Allora a dopo. Ti conviene indossare la divisa, tra poco. Puoi usare la toilette. Una volta arrivata, scendi dal treno e segui le istruzioni che ti verranno date. Io ti aspetterò al castello.
−Okay.
−A più tardi! In bocca al lupo!
−Ciao.
Susan rimase a fissare impotente suo fratello che si allontanava a grandi passi nel corridoio, poi, più depressa che mai, si avviò nella direzione opposta, alla ricerca di uno scompartimento vuoto dove poter trascorrere il viaggio in pace.
La cosa si rivelò presto un’impresa impossibile: ogni volta che metteva il naso in uno scompartimento, lo trovava puntualmente occupato da un gruppetto di studenti chiassosi.
La ragazza iniziò a disperare.
Ogni minuto che passava su quel treno, si rendeva sempre più conto di quanto fosse assurda la sua decisione.
La magia non faceva per lei.
Aveva lasciato la famiglia e una scuola in cui andava divinamente per imparare una serie di giochi di prestigio.
Che idiozia!
Susan era così presa dai suoi pensieri, che nemmeno si accorse quando le rotelle della sua valigia montarono sui piedi di un ragazzo dai tratti affilati con i capelli di un biondo quasi bianco.
−Ehi! – gridò questi. – Attenta dove vai, razza di deficiente! – poi i suoi occhi grigi caddero sull’abbigliamento della ragazza, costituito da un vecchio maglione di lana e una gonna stropicciata. Il suo volto si stirò in un ghigno sprezzante. – Bene, bene, bene. Dovevo aspettarmelo. L’ennesima Mezzosangue.
−Come mi hai chiamata?
Susan non aveva la più pallida idea di che cosa significasse Mezzosangue, ma dal tono carico di odio con cui il ragazzo lo aveva pronunciato, era chiaro che si trattasse di un insulto particolarmente pesante.
−Mezzosangue. Sangue sporco. Figlia di Babbani – scandì l’altro, quasi come se stesse parlando con un interlocutore un po’ tocco.
Fu allora che Susan capì.
Qualcosa di selvaggio scattò dentro di lei.
–Ma come ti permetti, ragazzino? – ringhiò scagliandoglisi contro.
−Oh, mio Dio! Ѐ matta! – esclamò il ragazzo spaventato, ritraendosi contro la parete.
La sua mano destra sguainò prontamente la bacchetta.
Susan si sentì salire il sangue alla testa.
Era completamente indifesa.
Chiuse gli occhi d’istinto, aspettando il peggio.
−Ehi, calma, Malfoy! – intervenne in quel momento una voce squillante alle sue spalle.
Susan spalancò gli occhi.
Il folletto era apparso al suo fianco, ma l’espressione sul suo volto non era più quella solare di prima.
I suoi occhi di ghiaccio fremevano d’ira.
−Potter! – sbottò il ragazzo in tono sprezzante. – Non ti conviene ficcare il naso dove non devi, o farai una brutta fine.
−E tu non dovresti rivenderti le migliori battute del professor Piton, giusto? – lo beccò l’altra imperturbabile.
Malfoy divenne paonazzo.
−Comunque, − proseguì il folletto – non mi sembra tu stia facendo una gran figura a insultare i nuovi arrivati, né tantomeno nel cercare di colpirli a tradimento.
−Oh, la Granger non ti basta più, Potter? Hai bisogno di nuove meraviglie per la tua collezione di fenomeni da baraccone?
Nonostante fosse più bassa di una spanna, lo sguardo omicida che il folletto lanciò verso Malfoy avrebbe terrorizzato chiunque.
–Io starei molto attenta a quello che dico, se fossi in te, specie dopo che tuo padre è stato sorpreso ad aggredire Babbani sotto il naso del Ministero.
A quelle parole, Malfoy divenne rosso come un peperone. – Tu non…
−Stai attento. Ne abbiamo tutti abbastanza di te.
Detto questo, il folletto agguantò Susan per un braccio e la condusse via, non senza lanciare un’altra, penetrante occhiata in direzione del ragazzo.
−Chi diavolo era quello? – chiese l’altra dopo che ebbero messo un vagone buono tra loro e Malfoy.
−Un idiota – rispose il folletto seccamente. – Non dare retta a ciò che dice. Draco Malfoy fa parte di quella cerchia di maghi convinti che i figli di Babbani siano la feccia della popolazione mondiale. La sua famiglia era molto vicina a Lord Voldemort.
–Voldemort?
−Lo è ancora adesso, per la precisione. Non posso ancora crederci, ma erano tra coloro che hanno seminato il panico alla Coppa del Mondo di Quiddich.
A quelle parole, Susan sbiancò.
–Che cosa è successo alla Coppa del Mondo di Quiddich? Peter non me ne ha parlato! – esclamò spaventata.
−Strano. Tutto il mondo magico non fa che parlare d’altro. Insomma, due settimane fa un gruppo di seguaci di Voldemort è ricomparso dal nulla e ha attaccato il campeggio dei tifosi accorsi per la Coppa del Mondo. E il tutto sotto gli occhi del Ministero, senza che nessuno potesse fare nulla per fermarli!
−Ma credevo che non ci fossero più individui del genere in circolazione, che li aveste sbattuti tutti in quella vostra prigione nel Mare del Nord…
Il folletto si fermò di colpo, guardandola dritta negli occhi. Susan non poté fare a meno di rabbrividire.
–Ascoltami bene, − disse – so che non sei abituata al mondo magico e ti capisco. Ma purtroppo i maghi oscuri esistono e molti di loro sono ancora in circolazione, anche se Voldemort è caduto. Sono là fuori e aspettano solo un segno per mettersi sulle sue tracce e aiutarlo a risorgere. Io li conosco, Susan. Io li combatto.
−Cosa? Tu dai la caccia ai maghi oscuri?
−Non ho scelta. Vedi, io avrei di gran lunga preferito diventare una veterinaria o una pittrice, ma purtroppo, quattro anni fa, mentre rientravo a casa, mi sono trovata una strega ad aspettarmi sulla porta. Quella strega ha tentato di uccidere me e mio fratello, che allora non sapevo neanche di avere. Ѐ stato così che ho capito quale sarebbe stata la mia missione: trovare gli ultimi seguaci di Voldemort e vendicare la morte dei miei genitori.
−Sei una ragazza coraggiosissima…
−Ma figurati, io e mio fratello avremmo preferito di gran lunga una vita diversa. Eppure eccoci qua. In fondo, la magia mi piace molto. Non so come farei a vivere senza di essa. Ѐ il mio mondo, solo che l’ho scoperto con qualche anno di ritardo.
−Anche tu, quindi, sei venuta a Hogwarts più tardi degli altri?
−No, per fortuna i miei poteri sono emersi in tempo. La Strega Suprema era convinta che, catturando me e Harry all’età di dieci anni, sarebbe stato uno scherzo annientarci. Ma aveva fatto male i calcoli. Io sono dura a morire.
−Aspetta, hai detto Strega Suprema? E avevi dieci anni?
−Sì. Allora erano comuni i rapimenti di bambini. Era la Strega Suprema a guidarli. Aveva un gruppo di streghe che collaboravano con lei. Pare fosse il braccio destro di Voldemort. Ehi, Susan, stai bene?
Susan non rispose.
Era diventata bianca come un cencio e la fronte si era imperlata di sudore freddo.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare quell’argomento, ma non si era certo aspettata di parlarne immediatamente, appena salita sull’Espresso per Hogwarts.
–L’hai conosciuta? – balbettò non appena trovò la forza di parlare. – Ricordi com’era fatta?
−Era una donna completamente vestita di nero, con i guanti neri e i capelli neri. Aveva occhi molto grandi, dall’espressione folle – rispose l’altra. – Sembrava prediligesse i figli dei Babbani. Era convinta che, uccidendoli tutti, avrebbe purificato la razza.
Susan si sentì svenire.
Improvvisamente, l’orrore che aveva provato sei anni prima tornò vivido nella sua mente.
–Anche io ho avuto a che fare con lei – disse con la voce che tremava. – Ha portato via mio fratello David, sei anni fa.
A quelle parole, lo sguardo gelido dipinto negli occhi del folletto si spense all’istante.
La ragazza le pose una mano sull’avambraccio, visibilmente costernata.
–Mi dispiace – disse piano. – Non volevo tirare fuori questo argomento. Scusami.
−Non fa niente, tranquilla.
−A proposito, io sono Jane.
−Tanto piacere!
Si strinsero la mano.
Jane tornò a rivolgerle uno dei suoi larghi sorrisi.
I suoi occhi di ghiaccio ora brillavano come due diamanti.
–Vieni nello scompartimento con noi! – disse a un certo punto. – Così ti presento i miei amici.
−Ti ringrazio, ma non vorrei disturbare… − alla parola “amici”, Susan aveva pensato immediatamente alla tizia con i capelli crespi.
−Fidati, saranno felici di conoscerti – la rassicurò l’altra mettendole una mano sulla spalla. – E poi non mi fido a lasciarti da sola con quel bullo in giro. Sai, Malfoy è un tipo abbastanza vendicativo. Dai, vieni!
Jane la prese per mano e la condusse fino allo scompartimento in cui si trovavano gli altri.
–Ragazzi, − annunciò mentre facevano ingresso all’interno – vi dispiace se la sorella di Peter viaggia insieme a noi? Ha appena avuto una piccola discussione con Malfoy.
−Malfoy? Te la sei vista con Draco Malfoy? – esclamò il ragazzo con i capelli rossi, gli occhi chiari che brillavano. – Sei la benvenuta, allora!
−E se l’è cavata anche molto bene, direi – commentò Jane soddisfatta. – Gli stava tenendo testa magnificamente.
−Dici? Però, quando ha tirato fuori la bacchetta, non ho fatto proprio una bella figura – si schermì Susan con un’alzata di spalle.
−Tempo un mese e potrai saldare il conto come si deve – assicurò l’altra. – Ti insegniamo noi.
−Se la cosa ti può far stare più tranquilla, sappi che hai conosciuto subito il peggio – aggiunse il ragazzo con gli occhiali. – Oh, a proposito, io sono Harry!
 −Ciao! Peter mi ha parlato molto di te – disse Susan stringendogli la mano.
Solo allora notò la sottile cicatrice a forma di saetta seminascosta dai ciuffi della frangia.
–Tu e Jane vi somigliate moltissimo…
−Per forza, siamo fratelli gemelli! – trillò Jane rannicchiandosi accanto a Harry. – Però siamo cresciuti in famiglie diverse. Ѐ stato uno shock per entrambi scoprire di non essere unici e irripetibili.
−Tu però non hai nessuna cicatrice – la rimbeccò Harry scherzosamente.
−Ma ho il tuo stesso pessimo carattere! – replicò la sorella facendogli la linguaccia.
−Io invece sono Ron Weasley – si presentò il ragazzo con i capelli rossi in tono entusiasta.
−Piacere di conoscerti!
 –Hermione Granger – disse la ragazza con i capelli ispidi staccandosi per un istante dal suo giornale.
−Ciao.
 Susan prese posto tra lei e Ron. Jane stava acciambellata sul sedile di fronte, le braccia strette attorno al gomito del fratello.
Ricordava vagamente un gatto.
–Allora, li hanno presi? – chiese a un certo punto rivolta a Hermione.
La ragazza scosse il capo.
–Il Ministero è nel caos e Rita Skeeter non fa che peggiorare la situazione. Tutto questo è vergognoso! – rispose indignata.
−Io potrei suggerire loro un paio di nomi – sogghignò Ron. – Per esempio, Lucius Malfoy…
−Come se fosse facile incastrare uno come lui! – sbottò Hermione.
−In compenso, però, hanno preso noi, vero Harry? – disse Jane.
−Che cosa? – esclamò Susan.
−C’eravamo anche noi alla Coppa del Mondo di Quiddich – spiegò Harry. – E sono sicuro che uno dei responsabili si trovava molto vicino al luogo in cui ci eravamo rifugiati quando hanno iniziato a incendiare le tende. Per questo gli Auror hanno provato a Schiantarci. Solo che, così facendo, gli hanno permesso di fuggire.
−Allora lo avete visto? – chiese Susan con il fiato sospeso.
−Io sì – rispose Harry. – Era un uomo, ma non sono riuscito a vederlo in faccia.
−Almeno questa volta la Strega Suprema non c’entra – disse Jane.
−Oh, no, Jane! Ancora con questa storia? – si lamentò Hermione.
−Be’, in qualche modo dovremo pur chiamarla, no?
−Sì, ma non puoi appiopparle un nome che hai trovato in un libro per bambini!
−Forse se lo leggessi anche tu cambieresti idea, Hermione!
 −Che fine ha fatto quella strega? – le interruppe Susan.
Ogni singola informazione sulla rapitrice di suo fratello era di vitale importanza per lei.
−E chi lo sa – rispose Harry. – L’ultima cosa che abbiamo visto la notte in cui siamo riusciti a scappare era la sua casa in fiamme. Probabilmente è morta.
−Lo spero. Ma non c’è da fidarsi dei seguaci di Voldemort. E lei pare che appartenesse alla sua cerchia più stretta – aggiunse Jane.
−Sì, ma non abbiamo prove! Voglio dire, negli ultimi dieci anni ci sono stati numerosi maghi oscuri che hanno compiuto crimini di vario genere inneggiando a Tu-Sai-Chi, ma la maggior parte di loro erano solo dei poveri squilibrati che non sapevano neanche quello che facevano. Tutti i maghi pericolosi sono ad Azkaban, in questo momento – intervenne Hermione in tono puntiglioso.
−Sì, ma non mi sembra semplicemente pazza una che riesce a uccidere più di venti bambini in tre anni senza farsi mai prendere – osservò Ron. – Harry e Jane sono gli unici ad averla vista in faccia.
 –Pare comunque che sia morta – sentenziò Harry. – Da quella notte, non c’è stata più alcuna sparizione.
−Quindi puoi stare tranquilla, Susan! – disse Ron, che aveva notato immediatamente il colorito cereo che la ragazza aveva assunto nell’istante in cui avevano preso ad affrontare quell’argomento. – E poi, tu mi sembri un po’ cresciutella per finire nelle mire della Strega Suprema. Ormai sei a Hogwarts e presto imparerai a difenderti.
−Sì – annuì la ragazza. – Hai ragione.
Lei e Jane si scambiarono un lungo sguardo di intesa.
Il fatto che la sua nuova amica avesse afferrato al volo che preferiva non fare voce sul suo passato le riempì il cuore di sollievo.
Era una ragazza sveglia, Jane.
Aveva l’aria di una persona a cui non sfugge nulla.
−Cosa pensate che succederà quest’anno? – chiese infatti, cambiando prontamente argomento. – I tuoi non fanno altro che parlarne, Ron, e il fatto che ci abbiano costretti a portare un vestito da sera…
Ma Susan non l’ascoltava.
Osservava il paesaggio scorrere fuori dal finestrino, immersa nei suoi pensieri.
Per anni non aveva fatto che fuggire dalla magia, ciò che l’aveva divisa per sempre da suo fratello.
La sua vita era a Finchley, insieme a sua madre Evelyn, abbandonata da suo padre pochi mesi dopo la scomparsa di David, e la piccola Lucy, la più grande felicità che avesse ricevuto in quei lunghi anni di vuoto.
Eppure, Susan sapeva che non sarebbe riuscita a fuggire per sempre.
Lo shock per la morte del fratello aveva impedito ai suoi poteri di svilupparsi regolarmente, è vero, eppure era proprio la magia l’unico modo che aveva per scovare la Strega Suprema e avere la sua vendetta.
Era questo il motivo per cui stava intraprendendo quel folle viaggio.
   
 
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