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Autore: Belle_    21/03/2013    7 recensioni
''Rei Hino la coraggiosa, Rei Hino la determinata, Rei Hino la spregiudicata.
Già, Rei Hino.
Raggio di fuoco.
Il raggio di fuoco si sente crollare ogni volta, ogni notte sente la maschera sgretolarsi dal suo viso e indossa quella triste che le scintilla sulle labbra e che la fa sembrare finalmente vera. Ogni notte, i ricordi delle battaglie passate infuriano nella sua testa, dentro il suo fuoco interiore divenuto cenere, e il cuore batte contro una prigione fatta di ossa e di solitudine.
Ogni notte, si sente precipitare.''
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rei/Rea, Usagi/Bunny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quinta serie
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L'eleganza del fuoco


 




Ogni notte, Rei sogna di precipitare.
E questa sensazione, simile alla realtà, quasi le fa sentire il sapore del cemento e il dolore della caduta, ma riesce ad aprire gli occhi e trova il soffitto della sua stanza sopra la testa e l'odore di incenso del tempio.
Ogni notte, Rei si alza dal suo letto e corre in giardino, stringendosi il petto con una mano, con le dita che cercano di penetrare la carne e vanno a cercare il cuore. Come se volesse rapirlo e salvarlo da se stessa.
Ma il cuore è dentro, da lì non può sfuggire.
Una fastidiosa sensazione le imprime un dolore quasi palpabile e sente l'aria essere troppa per le sue esigenze. Si sente vuota nel cuore e con troppa aria dentro, così annaspa fino a che le sue gambe non la portano in giardino. La sensazione di vertigine la disorienta, ogni notte.
Ogni notte, Rei si dice che è un controsenso la sua vita e sorride a metà, velando la tristezza alla notte e tagliando quella cicatrice sul viso.
E respira fortemente, cercando di tirare via un po' di aria. Di vita.
Lei è un'anima di fuoco, battagliera, convinta, sicura, fuoco che innalza le sue lingue verso il cielo, verso l'impossibile. E così ogni notte Rei cerca di salvarsi, prendendo più ossigeno possibile e poi ricacciarlo via, facendo aumentare il fuoco che le brucia dentro. Facendo aumentare le ferite.
Alza il viso e osserva la luna crescente.
Ripensa a Usagi e a quella sfumatura selenite che sul suo corpo persevera, ripensa alla forza attrattiva che sente addosso ogni volta che le sta vicino. Ripensa all'affetto che prova per lei e ripensarci le fa un male tremendo. Ma Rei adora tutte le sue compagne, anche Haruka e Michiru che sono state tanto ostili con loro, ed ogni volta, ogni notte, sente che c'è qualcosa nelle sue amiche che potrebbe salvarla. Qualcosa che le ridia... forza.
Perché è senza forze, dopo le battaglie combattute e tutte le volte che è morta non ha più il coraggio di rialzarsi e le piace essere solo cenere e non più fuoco. Questo silenzio a volte lo ama, a volte lo odia.
Tutte contano su di lei, tutte sanno che la più forte è lei.
Rei Hino la coraggiosa, Rei Hino la determinata, Rei Hino la spregiudicata.
Già, Rei Hino.
Raggio di fuoco.
Il raggio di fuoco si sente crollare ogni volta, ogni notte sente la maschera sgretolarsi dal suo viso e indossa quella triste che le scintilla sulle labbra e che la fa sembrare finalmente vera. Ogni notte, i ricordi delle battaglie passate infuriano nella sua testa, dentro il suo fuoco interiore divenuto cenere, e il cuore batte contro una prigione fatta di ossa e di solitudine.
Ogni notte, si sente precipitare.
Nessuno sa, però, quanto Rei ami essere una Senshi. Non ama la battaglia, non ama dover dividere la sua vita con quella sconosciuta che porta il suo viso e un diadema e non ama nemmeno vedere i mostri resi una polvere. Non ama l'azione, non ama la vittoria dopo. Ama il ''prima''. L'attesa che la sfinisce, il grido battagliero che richiama quella veste di fuoco sulla sua pelle, la sensazione vivida e pura che le scorre nel sangue fino ad arrivare al cuore. Fino a che non sente sulla punta della lingua quelle parole, fino a che il suo scettro non si innalza sulla sua testa e la fa splendere di tutta la luce vermiglia che al mondo esiste.
A Rei scappa un sorriso tra le lacrime e si domanda se mai i ricordi smetteranno di renderla tanto fragile e inquieta. Si porta una mano sul viso e, con un gesto involontario, la passa sulla bocca, come se volesse cancellare quel sorriso. E lo fa con tanta disinvoltura che sembra odiare quel sorriso.
Sempre lo stesso sorriso. Quello che sfoggia a scuola, quello durante le battaglie, quello prima di vedere le sue amiche arrivare al Crown. Sempre lo stesso sterile e distante sorriso. Quello che vorrebbe riempire il vuoto di un'anima incenerita dalla solitudine, quello che vorrebbe curare malori invisibili e profondi che solo dentro stanno. Quello che usa ogni giorno come se fossero un paio di jeans, comodi e utili.
Quello che usa ogni volta che precipita.
Ma scuote la testa, Rei, e piange in silenzio. Non si può sorridere mentre si precipita giù, mentre si discende verso qualcosa di sconosciuto e eterno.
Tutti questi ricordi e queste sensazioni sembrano riempirla di nuovo, una calca di dolori si affollano nel suo petto, riconoscendone uno tra tutti. La solitudine. E tutto sembra crollarle addosso, tutto sembra farla precipitare.
Così lo fa, come ogni notte. Innalza il suo scettro e lo punta contro la luna e il cielo chiaro e punteggiato di stelle, lo punta contro il dolore che la sta inghiottendo, contro la paura di essere morta di nuovo, ma adesso è viva.
Lei è viva.
E' passata poco più di una settimana dalla battaglia contro Galaxia, è passata più di una settimana dalla... sua morte, e dovrebbe essere grata. Ma non lo è.
E' impaurita, scoraggiata, è cenere.
Quando si muore molte cose cambiano, soprattutto la prospettiva di vita, il modo di agire e guardare gli altri. E di guardarsi.
Oggi non è più la fiamma fiera che si altera e che combatte per le sue idee, non è più quella che se la prende a morte con Usagi, non è più il fuoco che brucia chiunque con i suoi sguardi. Oggi Rei ha paura di essere viva, ha paura della sua dura vitalità di fuoco, della sua determinata voglia di amare.
Così ripete quello che fa ogni notte, perché ha paura. Tanta paura.
Abbassa lo scettro, china la testa e piange, come un incendio che discende dalla montagna. Il pianto si fa rumoroso e grondante di singhiozzi, così si accascia a terra e le sue lacrime cadono sullo scettro. Come ogni notte.
Era morta! Era qualcosa che non esisteva più, era polvere.
E adesso è viva.
Respira, mangia, beve, guarda il cielo, va a scuola, ride, piange. E' viva.
Scuote la testa e il pianto si intensifica.
Lei è viva, Usagi no.
«Rei».
Si volta di scatto e vede il volto sincero e addolcito di Usagi che sta a poco dal suo viso. E' chinata su di lei e la testa è piegata di lato, le lunghe code bionde scendono sulle spalle e sfiorano il parquet sul quale è inginocchiata Rei. E' lì come ogni notte.
«Usagi. Che ci fai qui?», le mormora con un bisbiglio. Come ogni notte.
E come ogni notte non può fare altro che guardare ciò che il suo dolore le regala, ciò che la vita le ha tolto bruscamente.
No, pensa. E' stata Galaxia a toglierle tutto questo.
Lei le sorride e si siede accanto a lei, portandosi le ginocchia contro il petto.
Solo adesso Rei si rende conto che questa sua proiezione è trasformata e le lunghe ali la seguono in silenzio e si modellano contro il muro del tempio. La osserva in silenzio, mentre attende vanamente una risposta, e cerca di reprimere quel desiderio insano di abbracciare una sagoma che sta nella sua mente. Cerca di trattenersi per non trovarsi tra le dita solo vento e nemmeno un respiro di Usagi.
Lo fa per difendersi, così innalza alti muri di fuoco.
«Perché piangi tanto, Rei?».
Quel suono argentino è troppo crudele, non può essere che ricordi così perfettamente la voce di Usagi. Non può essere così vivida dentro e sfocata fuori, nella vita vera.
Vorrebbe dirle quanto dolore prova senza di lei, quanto sia inutile la vita appena riafferrata senza di lei, vorrebbe dirle che piange di notte solo quando precipita perché sa che a trarla in salvo sarà proprio lei con quelle lunghe e soffici ali bianche. Sarà lei a riportarla su, in alto, con uno scoppio imponente. Vorrebbe dirle che le manca, ma i singhiozzi si fermano nella gola.
Non fa nulla. Deglutisce lentamente e si asciuga le lacrime.
«Tu non sei vera. Va’ via», dice in un rantolo doloroso.
Vorrebbe una reazione da questa Usagi, ma sa che non farà la faccia offesa e non metterà il broncio, dopo una bella linguaccia infantile.
La vede sorridere con amore, con maturità, con il dolore negli occhi. E non può far altro che maledire il suo subconscio e il suo cuore di amica ferita, odiare se stessa e quella realtà truce che deve vivere.
Perché? Perché la sua mente le mostra Usagi negli ultimi momenti suoi, le dona quell’immagine rarefatta e luminescente di lei che si getta verso Galaxia, con le mani che tendono verso quelle di Galaxia, con il perdono negli occhi, con il cuore fatto a pezzi, con il cristallo sul petto.
E poi ricorda il vuoto. Il nulla, il nero opprimente, l’echeggiare di mille piume nel vuoto e scintillii impercettibili e suadenti che rimangono nel niente.
Quella sensazione di vuoto, quella sensazione di enorme dolore dovuto all’essere inutili, senza amore, senza vita, la getta ancora nello sconforto e chiude gli occhi con forza.
Vuole dimenticare, Rei. Vuole ridere.
Ma non lo farà.
Si alza e guarda l’immagine sconfinata che le attraversa il cuore, la carne, il fuoco. Amerà quell’immagine, quella donna, per sempre.
Volta le spalle a Usagi, arresta il respiro dentro di sé e si stringe in un pugno doloroso di lacrime trattenute e urla strozzate. Apre la porta scorrevole della sua stanza e si infila tutto d’un fiato nel letto, inoltrandosi dentro il suo inferno personale e chiudendosi dentro una roccia. Torna in quel letto forse troppo caldo e si sente soffocare, il caldo prima o poi lascerà un segno indelebile su quella pelle di porcellana.
Ma il fuoco, sì, il fuoco, con lei ha mani tremende e delicate insieme. La fiamma più alta non odierà mai la pelle di Rei, quella fiamma sarà una carezza di velluto e non lascerà che un dolore meschino possa distruggere l’animo. Perché Rei è il fuoco, è luce e ossigeno che confluiscono dentro una fiamma immensa, eterna, pura, vivida.
Rei interroga il fuoco, Rei si protegge con il fuoco, Rei soffre come il fuoco. Vive con leggiadria, non si apostrofa e non giudica. Rei brucia con il suo amore, Rei ama con il fuoco che Marte le ha dato, Rei guarda sempre il cielo con le sue piccole iridi scure e tende verso di lui, come farebbe un fuoco doloso. Con eleganza soffre nel silenzio di uno scoppiettante incendio, non lasciando altro che cenere dietro di sé, come quella cenere stellata che è divenuta Usagi, e un odore di legna arsa. Di vite cresciute troppo in fretta.
Rei è fatta di fuoco. Ce la farà a soffrire senza bruciarsi.


***


Una mano afferra la sua. E’ tiepida, forte, sicura. Una mano solleva il suo corpo nudo da quella nuvola densa, fatta di fumo nero e colma di lacrime, una mano risolleva il suo cuore incenerito e un paio di labbra ci soffiano su. Un boato, uno scoppiettio secco e con una timida eleganza una fiammella sorge nel suo cuore, rispolverando la polvere di seta che farà rinascere il suo sorriso pieno di sincerità. Pieno di calore.
Un fuoco ridà colore a Rei.
Così rinasce ed apre gli occhi, trovandosi fluttuante nel nulla, con indosso la sua veste rossa e le mani scottate dall’esperienza fatta. Gli occhi puntano dritti su di lei, su quella creatura che con due enormi ali piange nel mezzo di un cerchio fatto di creature che hanno combattuto e perso.
Puntano su Usagi.
E quelli di Usagi si fermano nei suoi per un secondo, sentendo il respiro farle male per la gioia che si incastra malamente contro la gola arsa. La gioia le brucia perché è amore, perché il fuoco che ha dentro è guidato da un’eleganza antica, lontana. Un’eleganza che le riporta alla mente la morbidezza del lungo abito di seta rosso e all’affetto per la sua principessa.
Sorride, Rei, con eleganza. Come un fuoco elegante.


   
 
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