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Autore: Maya98    21/03/2013    2 recensioni
Almeno stavolta
col coraggio di guardarci in faccia:
ridammi l'effetto di un battito nel petto.
(Nek "Almeno stavolta")
Sherlock è tornato, John l'ha perdonato. Ma c'è ancora l'ultimo discorso da fare, quello che deciderà la sorte di entrambi.
Rimanere per soffrire o andarsene per morire?
(Questo è ciò che succede quando iniziano le riprese della nuova stagione)
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Each time I fell, I fell for you'
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...at least this time

 

Se non ti vuoi fidare, 

almeno ascoltami...

 

-John...

Una parola sola, una singola parola formata da cinque

lettere pronunciate da una voce che è penetrata nei

meandri della tua mente dal primo momento in cui

l’hai sentita, e che da allora non ha fatto altro che continuare

a rimbalzare di qui e di là nella tua testa, sconvolgendoti

il cervello, esasperandoti, facendoti venire mal di testa

con le sue richieste assurde, e calmato anche in quelle

volte in cui avevi bisogno di sentirla lì, perché lui c’era,

e se c’era lui c’eri anche tu, fino a che quella maledetta

voce non hai anche iniziato a sentirla nei tuoi incubi,

satura di pianto, che ti chiedeva di credere ad una menzogna

e ti diceva addio, lasciandoti un biglietto.

-John, senti, ascoltami almeno un secondo...

-No, Sherlock. No. Non ti ascolto. Non ti ascolterò neanche

per un attimo. Ti ho ascoltato per due maledetti anni, e per

altri due ho pregato per poterti ascoltare di nuovo.
Adesso tu chiudi quella maledetta bocca e te ne stai zitto

o temo di non rispondere alle mie azioni.

-Ma John, io...

-Tu un bel niente. Ipocrita. Ti sei già preso abbastanza 

libertà nella mia vita. Ora chiudi quella dannata bocca o 

giuro che ti taglio la lingua.

Una mano sugli occhi, un sospiro, il rumore della teiera che

ancora fischia, senza che nessuno se ne stia davvero curando.

Passi affrettati verso il bagno. E poi di nuovo.

-John...

E poi l’urlo:

-Dov’eri quando ho fatto un maledetto discorso in tua memoria

al tuo funerale? Dov’eri quando ti ho pianto su una tomba nera e

vuota? Dov’eri quando ti ho pregato di avere un ultimo miracolo?
E in quei giorni? Dov’eri mentre il mondo stava crollando? Mi hai 

mai pensato anche solo per un secondo, vicino al telefono aspettando

una chiamata che è arrivata con due anni di ritardo? Dove diamine 

eri, Sherlock? Dove?

-John, capisco che tu abbia perso completamente la fiducia in me.

Ma se mi permetti di spiegare...

-Spiegare un corno, Sherlock, non me ne potrebbe fregare di meno

delle tue spiegazioni! Ho già sentito abbastanza! Cecchini in attesa,

tre morti per una caduta, non ho voglia di adulare il tuo piano geniale!

Mi hai fatto soffrire peggio di un cane per due anni interi! E a che pro?

 

di rimanermi ostile 

non serve a te 

né a me 

 

-John, capisco benissimo tutta questa rabbia nei miei confronti, e

hai anche ragione, ma ha davvero senso continuare a recitare 

questo copione? Ti ho dato la possibilità di darmi un pugno, quando

sono tornato. Tu mi hai abbracciato! Se ti porti ancora dietro il rancore

non è certo colpa...

-Ah, no, infatti, non è MAI colpa di Sherlock Holmes! Sherlock Holmes

è il genio, quello che ti guarda ed è come si ti avesse appena radiografato.

Sherlock Holmes è quello che è talmente brillante che mette in ginocchio

l’intera Scotland Yard, e che ti spezza guardandoti di striscio. Sherlock 

Holmes è quello che si è buttato da un tetto due anni fa, ed è tornato per

prendersi il merito di tutta quel piano cervellotico e geniale che è costato

due anni di schifosa solitudine e vita terribile del suo migliore amico!

Ma dopotutto che importa, al grande Sherlock Holmes sul suo bellissimo

piedistallo divino? LUI NON HA AMICI!

Il suono di un pugno sul muro, per sfogare la frustrazione. E la voce di

Sherlock farsi più alta per sovrastare il frastuono:

-John, ti ho solo chiesto di ricominciare a seguirmi nei casi. Tutta questa

ostilità nei miei confronti non serve né a te né a me...

 

non ti voglio interrogare 

rinfacciarti quel che fai.

Io piuttosto sto cercando 

chi eravamo noi.

 

-Non capisci cosa mi stai chiedendo, Sherlock, vero? Mi stai chiedendo

di chiudere tutta questa storia in un cassetto, con una chiave che è 

troppo grossa per essere ingoiata. Mi stai chiedendo di ricominciare

con te come se non te ne fossi mai andato, come se non mi avessi mai

lasciato solo, arenato come una barca in balia di una tempesta. Tu non

hai idea...tu non...non sai cosa ho passato. Le occhiate di compassione

che mi lanciava la gente mentre passavo...e le parole a vuoto, per chi?

Tutte per te...perché ci credevo in te, non ho mai smesso...e tu...e tu...

-John...

-No, lasciami finire di parlare. Tu stai cercando di ricominciare con me.
Tu hai una stanza nel tuo Palazzo Mentale, completamente lucida e 

spolverata, dove evidentemente hai già chiarito la questione con te stesso,

sei sceso a patti col tuo ‘Io’ megalomane ipertrofico e hai risolto. Tu sei

pronto per ripartire e ritrovare ciò che siamo stati. Io sono un passaggio 

più indietro, Sherlock. Io sto ancora cercando di capire chi eravamo noi...

 

almeno stavolta

Perché c’era stata, quella maledetta volta, alla fine: dopo tutte le voci, tutte le smentite, tutte le paturnie e le notti insonni passati a risolvere casi o a riflettere, a chiedersi il perché il suo sguardo era così indelebile, il perché della sua voce così incessante, e tutti quei contatti rubati sotto un tavolo del ristorante, o per caso, e i passami il cellulare che è nella tasca della giacca. Alla fine, dopo le corse sfrenate per Londra, i tassisti assassini, le bande cinesi, le bombe e gli esplosivi, le chiamate, i messaggi criptati, le sviolinate a ore impossibili, le giornate in obitorio, i casi...c’era stata.

C’era stata quella volta dove la paura era stata tanta.
Troppa.

C’era stata quella volta, dopo che erano entrambi stati minacciati da un pazzo con la fissa per l’esplosivo, che erano arrivati a casa, dopo aver chiamato Lestrade. Vi eravate appoggiati al muro, esausti, tolti i cappotti e sdraiati sul divano. C’erano così tante cose da dire, ma non era il momento di dirle. Non è mai stato il momento di dirle.
Per questo siete stati in silenzio, mentre le mani si cercavano, mentre vi ascoltavate i battiti cardiaci l’uno dell’altro come per accertarvi di essere ancora vivi. Per questo non era stata pronunciata una parola, mentre gli occhi sussurravano, il ricordo della paura si incatenava ai silenzi di sempre, e alla fine anche le labbra trovavano morte e nascita su quelle dell’altro.

Era stato il preludio al celeste.
E poi era svanito.

Così...

Un soffio.

Perché passato tutto, passata la paura, il terrore, l’adrenalina, era rimasto solo quel silenzio, troppo carico di cose non dette. Troppo denso, troppo opprimente.

Non vi eravate guardati negli occhi quando vi eravate ritirati ognuno in camera propria. Non avevate detto nulla. Né quella sera, né i giorni seguenti.
E poi Moriarty era tornato.
E Sherlock era caduto...caduto...

 

almeno ascolta 

 

-Senti...John, io...per favore, almeno ascolta ciò che ti voglio dire...

-No, Sherlock. Non questa volta.

 

almeno stavolta 

col coraggio di guardarci in faccia:

ridammi l'effetto di un battito nel petto 

 

No, Sherlock. Non questa volta.

-Non ti sto chiedendo di parlare. Non ti sto chiedendo di spiegare.
Non ti sto chiedendo di farti perdonare, perché sai che l’ho già fatto.
Ti sto chiedendo di mostrarmi che sei tu. Che non sei cambiato.
Che non ho aspettato due anni per una nuvola di fumo.

Quella sera, Sherlock...sai benissimo di quale sera parlo.

Non abbiamo mai detto niente. Non ti ho mai detto tutto ciò che avrei

dovuto. Ed è questa la cosa che più mi ha tormentato in questo tempo.

Non avertene parlato.

-Io...

-Almeno, questa volta, se devi annientarmi fallo guardandomi in faccia.

Io ho tenuto gli occhi fissi su di te, mentre ti sei buttato. Non gli ho 

distolti nemmeno per un secondo. Anche se ha fatto male. Anche se 

è stato peggio. Non ho nemmeno battuto le palpebre. Ti sto chiedendo

questo, Sherlock: il coraggio. Guardami in faccia se vuoi annientarmi.

Ma ti prego, tu non hai idea di cosa siano stati due anni senza di te...

Senza l’adrenalina nelle vene. Senza il battito cardiaco.

sarà che siamo stanchi, 

sarà il carattere...

la lista dei difetti (1)

l'hai fatta tu:

io mai.

 

-Forse non siamo mai stati fatti per questo.

La voce di Sherlock è calma e profonda da coprire il fischio

della teiera. C’è la mano calda su una spalla. E il guardarsi

negli occhi:

-Forse non avremmo mai dovuto farlo. Abbiamo indole 

incompatibile. Forse dovresti allontanarti. Forse dovrei

andarmene io.

-Non ti sto chiedendo di pentirti, Sherlock. Ti sto chiedendo

di affrontare questo demone, perché è più grande di noi.

Certo, abbiamo litigato molte volte. Succede. Abbiamo caratteri

diversi...

-La lista dei difetti (1) l’hai fatta tu. L’ho trovata nel fuoco. Io non

ci ho mai pensato. Anzi, al massimo una volta l’ho fatta dei tuoi pregi.

La tua pazienza era in cima.

-Non avresti dovuto cercarla nel fuoco.

-Non avresti dovuto farla. Avremmo potuto parlarne.

-Da quando ti offri disponibile per conversazioni scomode?

ora smetti di pensare 

a un problema che non c'e' 

e dammi il tempo di inchiodare 

tutti i tuoi perché.

 

-Adesso smettila di farti problemi che non esistono. Ce ne sono

fin troppi di loro. Fammi le tue domande, una alla volta. Cercherò

di rispondere a tutto quello che posso.

-Stranamente gentile da parte tua.

-Non sei l’unico ad essere cambiato. Due anni sono due anni per tutti.

 

almeno stavolta 

almeno ascolta 

 

-Se ti chiedessi di rifarlo, cosa diresti?

-Parliamo di situazioni ipotetiche?

-Parliamo di situazioni ipotetiche.

-Perché me lo chiederesti?

-Non rigirare le domande. Hai detto che avresti risposto. Tocca a te,

ascoltare. Almeno stavolta.

Un sospiro e uno sguardo.

L’Inizio.

almeno stavolta

 col coraggio di guardarci in faccia 

ridammi l'effetto di un battito nel petto.

 

-Lo rifaresti? Se potessimo ripartire da capo. Rifaresti tutto esattamente

come è andata?

-Mi stai chiedendo se morirei per te o se sceglierei di non mentirti oppure

se ti chiederei nuovamente di venire a vivere con me e di seguirmi nei casi?

-Un po’ tutto.

-Tornerei indietro. E rifarei tutto.

-Senza rimpianti?

-Senza rimpianti.

-Nessun rammarico?

-...uno solo, forse.

sono qui, questa notte 

dietro a un sì

che non parte 

-Cosa cambieresti?

-Ti parlerei.

-Cosa?

Un dubbio, una sensazione. Un qualcosa bloccato da troppo tempo.

Il cuore che fa tump tump tump contro la cassa toracica.

-Ti parlerei. Quella notte. Non starei in silenzio.

-E cosa mi diresti?

-Ti fermerei. Ti chiederei di non andartene.

-E io non me ne andrei.

 

 

almeno stavolta 

con la voglia di guardarsi in faccia 

sperando che un'ora 

ti dia voglia di ridarti ancora 

 

-John...

-Sì, Sherlock. Sì perché è sempre stato sì da quando ti ho conosciuto:

non sono mai riuscito a dirti di no. Sì perché se tornassi indietro, non

ti lascerei andare, non ti lascerei fare ciò che hai fatto. Ciò che mi hai fatto.
Sì, Sherlock. Annientami. Fallo. È tuo potere. Ma guardiamoci in faccia.

Questa volta, fa’ che riusciamo ad avere almeno il coraggio per guardarci

e gettarcelo addosso.

Parole come armi, ferite peggiori di quella da guerra. I ricordi sono cicatrici

dell’anima e della mente.

-Non voglio farti ancora del male. Così te lo farei.

-Io non voglio che tu te ne vada. Ma se è quello che vuoi, fallo. 

e così non so come 

griderai il mio nome 

 

Due passi incerti a piedi nudi. Moquette che attutisce.

Una porta che cigola, nessuno sguardo indietro.
Se quella porta si chiude dietro la sua schiena pallida, allora è finita davvero.
Questa volta non c’è da tornare indietro, solo la possibilità di uscire con 

le valigie in mano.

C’è quell’attimo, quel solo attimo in cui esita. Forse sta testando se glielo 

lasceresti fare.

Ma non puoi. Non ora, non che è tornato, non che ha spalancato quella porta

solo a forza di spallate, sfondandola.

È solo una parola, una parola che chiama, otto lettere, pronunciate dalla

voce che ha sempre fatto la differenza, in vita, in morte, in qualunque cosa.

-SHERLOCK!

E basta questo, a fermarlo, a farlo voltare, e farlo pensare che forse possono

farsi del male ancora un po’.

Ma solo insieme.

 

se non ti vuoi fidare 

almeno ascoltami 

di rimanermi ostile 

non serve a te 

ne a me..

 

 

FINE

 

Angolino della Skizzata:

Sì, sì, sto scrivendo anche A magic trick. Solo che non sono in vena. Oggi ho risentito questa, canzone della mia infanzia, e anche se nettamente preferisco la musica classica mi ha fatto pensare a Sherlock e a John. Ennesimo Post-Reichembach. Sono troppo eccitata per le riprese della terza stagione. Pagherei oro per essere a Cardiff!!! 

 

(1) Ancora la famosa lista di uno studio in rosso. Sono convinta che John l’abbia fatta anche per Sherlock, e che poi l’abbia buttata nel fuoco. ovviamente, Sherlock l’ha trovata. Però in questa storia l’ho interpretata in chiave più negativa. John deve essere stato molto critico nei suoi confronti.

  
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