Eragon  scostò dolcemente una ciocca dal viso di Ephraim e si accorse degli occhi arrossati. D’istinto, gli asciugò le lacrime e per un momento i loro sguardi si incrociarono.
«Sai che non posso farlo!» disse Eragon, sedendosi al suo fianco. Ephraim mantenne gli occhi su di lui e sospirò dolente: «Non puoi amarmi? Ti faccio schifo, non è vero?»
A queste parole, le guance di Eragon si rigarono di amare lacrime e abbracciò Ephraim, togliendogli il respiro. Si avvicinò al suo collo diafano e ne assaporò l’odore: legna bruciata ed erba fresca. Eragon amava questo odore,  lo conosceva da quasi sedici anni. C’era sempre spazio fra le braccia di Ephraim per lui quando stava male, o soffriva. E in quel periodo stava molto male, tanto da scoppiare a piangere nell’angolo della sua camera ogni notte.
«Non fai schifo, non azzardarti  a ripeterlo. Sei il ragazzo più bello e forte che io conosca!»
«IO NON SONO FORTE!» ringhiò Ephraim, mentre le lacrime uscivano impetuose  dai suoi occhi: «Sono un debole, vittima dell’amore. Ti ho rovinato la vita!» 
Il ragazzo si alzò e fece per andarsene, ma Eragon lo prese per il polso, lo fece voltare e lo baciò. Il bacio più bello che avesse mai dato al ragazzo più bello di Alagaësia.
Ephraim restò senza parole, lo abbracciò forte e poggiò di nuovo le labbra su quelle di Eragon, assaporando il gusto dell’amore mischiato alle lacrime.
«Non me ne andrò più via, promesso!» disse Eragon, per poi riprenderlo a baciare con delicatezza e premura. Saphira scese dalla notte buia, e si distese vicino a loro.
Ti ama sul serio, Eragon!
«Lo amo anche io!» disse in risposta a tutti e due i presenti, guardando però Ephraim.
Poi, si avvicinò a quest’ultimo per un altro, stupendo bacio al chiaro di luna.