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Autore: Beauty    22/03/2013    6 recensioni
What if? E se Belle e Rumpelstiltskin si fossero incontrati molto tempo prima del loro accordo?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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In quasi trecento anni, Rumpelstiltskin aveva stretto molti accordi, alcuni dei quali – la maggior parte, a dire il vero – erano condannati e aborriti dal popolo moralista e benpensante. Non che a lui fosse interessato granché, comunque: un accordo resta pur sempre un accordo, qualunque esso sia.
E sottrarre un bambino alla propria famiglia non faceva eccezione.
Rumpelstiltskin sospirò, annoiato e anche lievemente spazientito, drizzandosi a sedere su quella seggiola di fabbrica mediocre e poggiando i gomiti sul tavolo tarlato. La capanna era quanto di più povero e squallido avesse mai potuto vedere, perfino peggio della catapecchia in cui aveva vissuto prima di diventare l’Oscuro. Consisteva in due stanze, una delle quali, la più grande, era adibita a cucina, sala da pranzo e camera da letto, come testimoniava il giaciglio di paglia e stracci in un angolo ombroso. L’altra camera, sospettava, doveva essere la nursery – o qualcosa che si avvicinasse almeno lontanamente ad essa, dato lo squallore del luogo – in cui quella poveraccia doveva aver partorito e sistemato il pupo. E dove se ne stava rinchiusa da almeno un quarto d’ora.
Rumpelstiltskin digrignò i denti, ora decisamente irritato. Doveva aspettarsi che una plebea che a malapena sapeva scrivere – ricordava ancora la calligrafia tremolante e incerta con cui aveva firmato il contratto – fosse capace di tanta maleducazione, ma erano mesi che sapeva che questo momento sarebbe arrivato. Perché non la faceva finita con tutte quelle patetiche moine e non si dava una mossa?
Rumpelstiltskin si era aspettato qualche pianto, quando le aveva concesso qualche attimo ancora da trascorrere con il bambino, ma non aveva idea che quella donna ci avrebbe impiegato così tanto per un addio. Non era mai successo, prima di allora.
Il Signore Oscuro era abituato a pretendere i bambini neonati come pagamento, oppure impiegarli come merce di scambio. Per quanto la cosa lo disgustasse, sapeva perfettamente che a quel mondo ci sarebbe stato sempre qualcuno pronto a sbarazzarsi di un inutile fagottino urlante – al giusto prezzo, s’intende. Così come sapeva – solo un anno o due prima aveva procurato un neonato, il figlio di un pastore, a Re George e alla sua dolce, ma sterile, consorte – che, dove c’era qualcuno disposto ad abbandonare un figlio, da qualche altra parte c’era qualcun altro che non vedeva l’ora di accogliere il medesimo bambino.
E, bene attento nascosto dietro l’angolo, c’era lui a risolvere entrambi i problemi.
Rumpelstiltskin non aveva idea del perché certi individui fossero pronti ad abbandonare il proprio figlio, né con quali fini altre persone volessero un neonato, ma la cosa non lo interessava. Lui sbrigava solo i propri affari ed eventualmente eseguiva le consegne, nulla di più.
In fondo all’anima, Rumpelstiltskin disprezzava profondamente chi vendeva un bambino per trarne dei vantaggi. E lui, lui che non avrebbe accettato neppure tutto l’oro del mondo, se gli avessero proposto di separarsi da Baelfire! Invece, a quel mondo c’era chi non aveva esitato un solo secondo a vendere un genitore, un fratello o una sorella, un marito o una moglie, oppure il proprio figlio in cambio di ricchezza e potere. E in genere, una volta ottenuto ciò che volevano, le persone non si curavano nemmeno di fingere un po’ di rimpianto, figurarsi se volevano dire addio a un bambino che a malapena conoscevano e, poco importava se era carne della loro carne, non avrebbero rivisto mai più.
Invece, quel giorno era diverso. Ma, pensò Rumpelstiltskin, fin dal momento in cui quella miserabile l’aveva invocato per chiedergli aiuto e aveva accettato l’accordo, si era reso conto che quella situazione era completamente differente dalle altre.
La donna che quella mattina l’aveva accolto e invitato a entrare nella sua povera casa, e che ora, presumeva, stava dando il suo ultimo saluto al piccino, era una vedova di guerra. Suo marito era un falegname, un uomo rozzo e incolto che viveva solo del suo lavoro, e che, allo scoppio della Quarta Guerra degli Orchi, era stato chiamato alle armi. Aveva combattuto per mesi una guerra che non sentiva come la propria, di cui non comprendeva il senso, stipato in mezzo al fango e ai cadaveri in una trincea, finché non era morto, caduto in battaglia come molti altri, lasciando a casa una vedova in lacrime.
E un bambino non ancora nato.
Era stato per salvare il bambino, che quella donna l’aveva chiamato. Non per arricchirsi, o nella speranza vana di resuscitare il marito – in qualche modo, quella poveraccia sapeva che la magia non poteva riportare in vita i morti.
La gravidanza era stata sin da subito difficile; quella donna aveva un fisico esile, delicato, poco adatto a una vita di lavoro nei campi o agli stenti. Già di per sé il fatto che fosse rimasta incinta, e che non fosse morta durante il parto, era stato straordinario, con quel vitino esile che si ritrovava; ma i mesi in cui aveva portato in grembo suo figlio erano stati comunque una sofferenza. Più volte, all’inizio della gravidanza, aveva rischiato di abortire; e la notizia della morte del marito le era giunta all’improvviso, sciorinata rudemente da un messaggero che non si era neppure preso il disturbo di confortarla, quando lei era già incinta di sei mesi.
A quel punto, forse per il dolore, forse per lo shock, il feto aveva avuto un attimo di cedimento. Per giorni, la madre aveva sanguinato nella speranza che suo figlio si salvasse, e solo quando la levatrice le aveva comunicato che per il piccolo non ci sarebbe stata speranza lei aveva deciso di invocare il suo nome.
E lui era arrivato, all’ultimo momento come sempre, in modo che al disperato non restasse alcuna possibilità se non accettare un ultimatum.
La donna lo aveva implorato di salvare il suo bambino; e lui aveva accettato, naturalmente, ma non aveva mancato di ricordarle che la magia ha un prezzo, e lei doveva essere disposta a pagarlo, se voleva avere salva la vita di suo figlio. Quella poveraccia, come si era aspettato, aveva accettato immediatamente, e lui, per la prima volta, aveva messo in chiaro quale sarebbe stato il pagamento: il bimbo avrebbe avuta salva la vita, ma quella vita, da quel momento in avanti, sarebbe appartenuta a lui. Al momento della nascita, Rumpelstiltskin l’avrebbe preso con sé e ne avrebbe fatto ciò che riteneva più opportuno; poteva stare tranquilla, in ogni caso, non avrebbe fatto del male al piccino.
- Accetto l’accordo - aveva soffiato la donna, inaspettatamente senza tentare di ritrattare.- Ma anch’io ho delle condizioni…
Era la prima volta che accadeva; a Rumpelstiltskin non era mai accaduto che uno dei suoi burattini pretendesse di dettare delle condizioni. In genere, tutti accettavano i termini dei suoi accordi passivamente, senza obiettare. Incuriosito e stupefatto, era stato a sentire.
E, forse per la sorpresa disarmante, forse per improvvisa e insolita compassione, o forse perché ciò che quella donna aveva chiesto era la stessa cosa che lui avrebbe desiderato per Baelfire, aveva accettato.
Il Signore Oscuro si riscosse non appena udì il cigolio della porta che si apriva. Sorrise appena quando vide entrare nella stanza la donna, reggendo fra le braccia un fagotto di stracci.
- Ti davo per dispersa, dearie!- sghignazzò, alzandosi velocemente in piedi.- Mi auguro che, con tutto il tempo che ci hai impiegato, tu sia riuscita a dire addio al pupo…
- Sì. Sì, le ho detto addio - soffiò la donna, e Rumpelstiltskin si sorprese un poco per quanto la sua voce fosse ferma e decisa, e i suoi occhi asciutti. Si riscosse immediatamente.
- Bene, bene, diamo un po’ un’occhiata a questo affarino…- ghignò, avvicinandosi alla donna e tendendole le mani. Lei guardò un’ultima volta il piccolo, cullandolo piano, prima di consegnarlo fra le braccia di Rumpelstiltskin.
Il Signore Oscuro prese il fagottino con attenzione – era una merce preziosa, si disse; era solo per quello che usava tanta delicatezza, nulla più – guardando il suo viso. Doveva avere al massimo tre o quattro giorni di vita, ma sul capo spuntava già qualche capello castano, mentre gli occhi erano grandi e vispi, azzurri come il mare.
- E’ una femmina - precisò la donna, monocorde.
Rumpelstiltskin nascose una smorfia contrariata. Una femmina. Dannazione, questo era un bell’inconveniente, date le circostanze. Sicuramente il suo cliente sarebbe rimasto un poco deluso, ma la cosa non lo preoccupava più di tanto: al momento di siglare l’accordo, non era stata menzionata nessuna clausola sul bambino, tantomeno sul suo sesso. Se la bambina fosse stata di suo gradimento, tanto meglio: accordo portato a termine senza intoppi e meno scocciature per tutti quanti; se invece così non fosse stato…beh, in tal caso Rumpelstiltskin si sarebbe preso ciò che voleva con la forza e il suo cliente avrebbe potuto anche dire addio per sempre alla possibilità di un erede, maschio o femmina che fosse. Quanto alla piccolina…non avrebbe certo faticato a trovarle una sistemazione degna. D’altronde, lui rispettava sempre i suoi accordi.
- Una femmina?- sghignazzò, tornando a guardare la donna.- E come si chiama, la nostra signorina?
- Non le ho dato un nome. Come voi stesso avete detto qualche mese fa, lei non mi appartiene.
Tipico. Mai dare un nome a qualcosa o a qualcuno, se non si voleva affezionarsi a lui.
- Beh, in tal caso, sono certo che la sua nuova famiglia saprà dargliene uno appropriato - Rumpelstiltskin si allontanò di qualche passo, tenendo la bimba fra le braccia.- Sai che non la rivedrai mai più, non è vero, dearie?- ghignò.
Il volto della donna rimase imperturbabile, quasi una maschera di cera, ma due lacrime solitarie le rigarono le guance.
- Sì. Ma non m’importa, se voi rispetterete i termini del nostro accordo - rispose, sempre con voce monocorde.- Mi avete promesso che lei avrà il meglio, che crescerà sana e forte, che vivrà circondata da persone amiche, che potrà avere molto di più di quanto io possa offrirle. Mi avete promesso che sarà felice.
- E così sarà - assicurò Rumpelstiltskin.- La sua famiglia sarà certamente in grado di provvedere a tutto questo. Ti ho fatto una promessa, dearie, e io mantengo sempre le mie promesse: tua figlia sarà felice.
Detto questo, il Signore Oscuro si voltò, uscendo dalla capanna reggendo in braccio la neonata che, notò, nel frattempo si era addormentata.
Non appena fu uscito dalla casupola, si smaterializzò, scomparendo con la bambina dalla vista della madre.
 

***

 
Rumpelstiltskin alzò gli occhi al cielo, esasperato, quando, ricomparendo di fronte al portone della sala del trono, si ritrovò con spade e lance puntate al petto. Era già la quinta o la sesta volta che quella scena si ripeteva, diamine!, ma proprio non imparavano mai?
Colpì con una mano una delle spade affinché la guardia l’allontanasse da lui.
- Per gli dei, quanta ottusità!- esclamò.- Riponete le vostre armi, signori, sapete che non vi servirebbero a niente…e poi, non vorrete svegliare questa piccolina?- ridacchiò, indicando la bimba fra le sue braccia.
I soldati abbassarono le armi, ma restarono comunque sulla difensiva. Rumpelstiltskin si trattenne a stento dal trasformarli in lumache.
- Sono qui per vedere il vostro signore, se non vi dispiace. Ho una consegna per lui - ridacchiò.- Ora, lor signori sarebbero così gentili da aprire questo maledetto portone, oppure devo usare le maniere forti ed entrare da me?
Uno dei soldati fece un cenno ai suoi compagni, i quali si affrettarono a spalancare i battenti. Rumpelstiltskin entrò nella sala del trono, reggendo la piccola fra le braccia. Nel momento in cui la madre gliel’aveva consegnata, aveva avuto una strana sensazione. Fra le tante capacità del Signore Oscuro, vi era anche quella di conoscere il futuro, almeno in parte, dalla la sua imprevedibilità. E in quel momento, Rumpelstiltskin sentiva che quella non sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto quella bambina.
Gli era già accaduto in passato, e non ne era troppo stupito; anzi, era incuriosito. Sapeva che lui e la bambina un giorno si sarebbero rivisti, ma non poteva dire quando, come, in quale circostanza, quanti anni avrebbe avuto e come sarebbe diventata quella neonata, cosa si sarebbero detti, se si sarebbe trattato di un incontro casuale oppure se ci sarebbe stato qualcosa di più, ma lo sapeva. Magari, pensò, avrebbero stretto un accordo.
Interessante. Molto interessante.
Ad accoglierlo nella sala del trono c’erano diverse persone, fra cui il suo cliente e alcune donne che il Signore Oscuro identificò come balie e governanti. Tutti pronti e ansiosi per l’arrivo del bambino.
Re Maurice gli si avvicinò a grandi passi, senza curarsi di nascondere l’ansia. Tese le mani verso Rumpelstiltskin, tentando di prendere il fagottino fra le braccia, ma il Signore Oscuro si ritrasse.
- Ha-ha, non è così che funziona - ridacchiò, di fronte all’espressione perplessa del sovrano.- Prima il pagamento, poi la merce, prego.
Il volto di Re Maurice si contrasse per l’irritazione, ma fece comunque un cenno a dei valletti in un angolo. Questi avanzarono velocemente, reggendo un cuscino di velluto rosso su cui era posto un grosso e spesso libro. Rumpelstiltskin sogghignò soddisfatto, schioccando le dita; il libro scomparve da sopra il cuscino, e il Signore Oscuro fu certo che ora fosse sistemato in bella mostra sul suo leggio nella torre delle pozioni, al Castello Oscuro.
- Molte grazie - ghignò.- E ora, come richiesto…- porse la bambina al sovrano.
Re Maurice si gettò in avanti, prendendo con attenta foga la neonata fra le braccia.
Rumpelstiltskin ridacchiò: dove c’era un genitore pronto ad abbandonare un figlio, ce n’era sempre un altro disposto a prenderlo con sé.
Re Maurice era il sovrano di Avonlea, un piccolo e prospero stato al confine con quello di Re George e Re Mida. Rumpelstiltskin non sapeva se il suo cliente fosse un bravo re, né gli interessava: ciò che gli importava era il fatto che non fosse più molto giovane e che non avesse eredi a cui lasciare il trono.
La moglie di Re Maurice era scomparsa poco meno di un anno prima, morta di parto insieme all’unico figlio. Un maschio, a quanto pareva. Ciò aveva spinto il sovrano di Avonlea a chiedere il suo aiuto al fine di avere un erede a cui lasciare il trono alla sua dipartita. E lui l’aveva accontentato, in cambio di quel libro d’incantesimi. Ora, tutto stava nel vedere come avrebbe reagito il re alla notizia che si sarebbe ritrovato una figlia, invece di un figlio.
Re Maurice sorrise radiosamente, cullando il fagottino.
- Vi ringrazio. Sembra davvero sano e forte - disse, guardando Rumpelstiltskin.- Come si chiama?
- Non ha un nome - spiegò il Signore Oscuro.- Sua madre ha preferito lasciare a voi l’onore di battezzare sua figlia.
- Figlia?- fece Re Maurice, sgranando gli occhi.
- E’ una femmina. Non ve n’eravate accorto?- ridacchiò Rumpelstiltskin.
Il sorriso di Re Maurice gli morì sulle labbra; guardò la neonata, perplesso, incerto.
- Ma…beh, ecco…- balbettò; Rumpelstiltskin avvertì un senso di nausea.- Mi aspettavo un maschio…
- L’accordo non prevedeva nulla di simile - ringhiò il Signore Oscuro, innervosito.
- Lo so, ma…ecco…una donna non è esattamente adatta per governare un regno…
- Volevate un figlio o un galoppino?- Rumpelstiltskin digrignò i denti; quell’atteggiamento di fronte a un figlio lo irritava. Lui aveva soddisfatto il desiderio di Re Maurice senza porsi troppe domande, ma ora si chiedeva che razza di padre poteva essere uno che reagiva in quel modo di fronte a una figlia femmina. In quel momento, avrebbe voluto strappargli la bambina dalle braccia e portarla via con sé, trovarle un padre e una madre dignitosi. Forse non sarebbe stata ricca come la sua madre naturale aveva sperato, ma molto probabilmente una famiglia di contadini l’avrebbe resa più felice di così. - I figli non si scelgono, lo sapete?
Re Maurice guardò ancora la neonata addormentata fra le sue braccia, incerto.
- Sì…sì, è vero, avete ragione…- concesse, il sorriso parzialmente ritrovato.- La crescerò come se fosse mia figlia. Non le mancherà nulla - fece un cenno a una delle governanti, la quale si avvicinò e prese la piccola fra le braccia.
- Una figlia può sempre tornare utile, in qualche modo…- Rumpelstiltskin lo sentì mormorare; di nuovo, provò un senso di profondo disgusto.
Re Maurice tornò a rivolgersi a lui, assumendo un’aria imperiosa.
- Il nostro accordo è concluso. Potete andare. I vostri servigi qui non sono più richiesti. Potete andare.
Rumpelstiltskin sogghignò, esibendosi in un teatrale inchino, prima di voltarsi in direzione della porta.
Io non ne sarei tanto sicuro…
- Oh, un’ultima cosa!- finse di ricordare, voltandosi.- Posso avere l’onore di sapere il nome della nuova principessina?
Re Maurice lo guardò, diffidente.
- Perché v’interessa saperlo?
- Oh, nessun motivo in particolare - fece Rumpelstiltskin, noncurante.- E’ solo che…beh, l’ho portata da voi, non vi sembra che abbia il diritto di sapere il suo nome?
Re Maurice sospirò, guardando la bambina; il Signore Oscuro sperò vivamente che non le affibbiasse il nome di un cane. Ci sarebbe stato da aspettarselo, date le premesse.
- Belle - rispose infine Re Maurice.- Come mia moglie.
Belle, ripeté mentalmente Rumpelstiltskin, avviandosi verso il portone.
L’accordo era concluso; era uno dei tanti, ma Rumpelstiltskin non sapeva che quel patto aveva cambiato la vita non solo di quella bambina, ma anche la sua.
Non sapeva come sarebbe stato il loro prossimo incontro, né cosa ne avrebbe tratto, ma era ansioso che questo avvenisse, se non altro per curiosità. Quella bambina, si disse, sarebbe potuta essergli utile, un giorno; sarebbe stata solo un’altra pedina nella sua scacchiera. Nulla di importante.
Fu con questa illusione che si voltò a guardare la bimba, prima che il portone si chiudesse alle sue spalle.
Arrivederci, principessa.
 

FINE

 
Angolo Autrice: So che con due long da terminare in questo fandom e altre quattro ancora in corso da altre parti dovrei concentrarmi su quelle e non perdere tempo con misere One-shot *sensi di colpa che aleggiano nell’aria*. Ma l’idea mi frullava in testa e ho deciso di buttarla giù. Forse in alcune parti sono scivolata un po’ nell’OOC, ma non è stato intenzionale.
Forse questa One-shot, se avrà successo, potrebbe diventare una long…se e quando riuscirò a terminare le altre due XD!
Spero vi sia piaciuta :). Recensioni, anche critiche, fanno sempre piacere :).
Ciao!

  
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