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Autore: dreamlikeview    23/03/2013    17 recensioni
Louis si sente inferiore a tutti, non si sente abbastanza per nessuno, non si sente perfetto.
Non si accorge che Harry lo ama, e che darebbe la vita per lui, e soffre, soffre troppo, arrivando a farsi del male da solo.
Riuscirà Harry a salvarlo? Ad amarlo?
[Larry.]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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Desclaimer: non intendo rappresentare in maniera veritiera il comportamento delle persone qui descritte, lo scritto non è scritto a scopo di lucro, e purtroppo i One Direction non mi appartengono, e non intendo offenderli in alcun modo. 

 

It's enough I don't know
How I could think of 
Chase down all my demons 
I've seen you do the same 
[..]
If you ever ever feel 
Like you're nothing 
You’re fuckin' perfect to me.
(Fuckin’ perfect – Pink)

 
 

Brutto.
Ecco quale fu la prima cosa che pensò di se stesso Louis guardandosi allo specchio quella mattina.
Si odiava.
Odiava i suoi capelli castani, odiava il suo sorriso imperfetto, odiava quei dannati occhi azzurri, scialbi, privi di significato, odiava le sue forme, odiava i suoi fianchi, odiava il suo viso, odiava le sue guance, odiava anche quella barbetta fastidiosa che gli spuntava nei momenti meno opportuni, odiava la sua voce, odiava il suo sorriso, odiava le sue mani. Odiava tutto di se stesso.
Era grasso, era basso, era imperfetto.
Tutto il contrario del suo ragazzo. Quel ragazzo perfetto, dagli occhi verde smeraldo, il sorriso di un bambino, le fossette adorabili, la dolcezza sprigionata da ogni poro, le spalle larghe, il fisico asciutto..
Come aveva fatto Harry Styles, il più figo della Royal Academy of Music di Londra ad innamorarsi proprio di lui? L’imperfetto Louis Tomlinson?
Il grasso Louis Tomlinson?
Il brutto Louis Tomlinson?
La voce di Harry, Haz come lo chiamava lui, era pura melodia, era un mix di suoni, la sua invece era solo stridula, femminile, brutta. Come tutto di lui.
Odiava se stesso, ma amava Harry. Voleva solo il meglio per il riccio, lui non era il meglio, forse era per questo, che voleva lasciarlo andare, per fargli vivere qualcosa di meglio, che non fosse stata la loro relazione, per fargli trovare qualcuno di migliore di lui, per aiutarlo a stare meglio. Perché Louis sapeva che Harry fosse infelice con lui, che meritasse di meglio dalla vita. Ma probabilmente, il riccio provava troppa pena nei suoi confronti per lasciarlo, ecco perché quell’atto toccava a lui.
Si era deciso, doveva lasciarlo.
Non poteva essere la sofferenza di un'altra persona, specialmente se era la persona che amava più di qualsiasi altra cosa. Voleva solo il suo bene, voleva solo salvarlo.
Chi avrebbe mai potuto amare un depresso come lui?
Uno che non si accettava nemmeno quando era al meglio della sua forma fisica?
Come poteva Harry amarlo davvero? Era solo finzione, sarebbe finito anche lui nel dimenticatoio come tutti i suoi ragazzi. Perché Louis sapeva che Harry fosse un ragazzo poco serio, anche se aveva giurato di essere cambiato. Louis non riusciva a fidarsi delle sue parole, non voleva fidarsi. Non doveva lasciarsi andare, ma quel pensiero lo fece sentire in colpa. Come poteva dubitare del ragazzo che amava? Come poteva dubitare di lui che ogni volta con un bacio o una carezza lo faceva sentire bene?
Diede un’occhiata fugace al letto, con un’espressione triste e capì di doversi punire per aver pensato male di Harry. Con un passo felpato, silenzioso, senza produrre alcun tipo di rumore, si chiuse nel bagno, dove si guardò di nuovo allo specchio. Si spostò un ciuffo ribelle dal viso.
Il viso era orribile.
Gli occhi erano orribili.
Le occhiaie erano orribili.
Lui era orribile.
Velocemente spinse via tutto ciò che trovava davanti a sé facendo cadere per terra ogni singola cosa, sperando che Harry non sentisse tutto quel rumore, e finalmente la trovò. Immacolata, bella, brillante.
Ci sapeva fare quando doveva nascondere qualcosa, visto che l’aveva usata solo la sera prima.
Ed è troppo tempo che non la uso.
Prese tra le mani la lametta e la appoggiò al polso. Ormai conosceva benissimo quel movimento, sapeva cosa sarebbe scaturito dopo. Solo relax, pace interiore, punizione.
Come al solito, il primo taglio bruciò appena, ma quando passò al secondo, il bruciore scomparve, e i muscoli di Louis si rilassarono, mentre continuava a segnare il suo polso. Aveva un obbiettivo, finire quella parola, che finalmente lo avrebbe fatto sembrare un altro, o almeno sperava, non rendendosi conto che faceva solo del male a se stesso in quel modo. Aveva inciso già le prime tre lettere. E si sentiva meglio.
Respirando affannosamente, si osservò il polso sanguinante.
Ottimo lavoro.
Afferrò un asciugamano e lo bagnò appena, appoggiandolo sul polso, avvolgendolo per fermare la fuoriuscita di sangue. Non sia mai che Harry l’avesse visto. Non sapeva come avrebbe reagito.
Voleva lasciarlo, sì, ma non ne aveva il coraggio, e temeva che Harry lo lasciasse per chissà quale motivo, ecco perché ogni sera ed ogni mattina incideva una lettera sul suo braccio, per poi essere come desiderava essere per il riccio che ogni sera divideva il letto con lui, dividevano un monolocale da quando Harry era giunto a Londra, due anni dopo di Louis, ma con cui non aveva mai fatto l’amore, perché Harry lo aspettava, aspettava i suoi tempi. E lui voleva essere bello per Harry, non voleva che il riccio scopasse con uno brutto come lui. Non poteva rovinare la reputazione di Harry Styles.
Si ricordò improvvisamente che per essere bello doveva essere anche magro, e che Harry la sera prima lo aveva costretto a mangiare un cheeseburger. Si abbassò sulla tavoletta del water, e con due dita alla gola vomitò tutto quello che aveva dentro. Niente, aria. Ma lui vomitò, cercando di espellere tutto quello che aveva in corpo, cercando di essere magro per Harry, perché lui voleva essere magro, lui voleva che Harry lo guardasse e dicesse “quanto è bello il mio ragazzo”. Ansante, appoggiò entrambe le mani sulla tavoletta, e cercò di vomitare anche l’anima, fino a che un suono secco e duro non lo fece trasalire.
“Louis, amore, tutto bene?” – chiese preoccupata la voce di Harry da fuori, ancora impastata dal sonno, probabilmente svegliatosi a causa dei rumori prodotti da Louis.
“S-sì!” – tremò il castano alzandosi –“e-ero nella doccia, u-un attimo!” – fece velocemente, alzandosi da terra. Si tolse il pigiama lanciandolo per terra, buttò l’asciugamano nella lavatrice e indossò l’accappatoio, premurandosi di lavarsi la faccia e tirare lo sciacquone, prima di montare sul viso il suo solito sorriso falso, coprirsi alla bell’e meglio i polsi segnati dalla sorpresa per Harry, ed aprire la porta del bagno, trovandosi davanti il suo perfetto ragazzo, in tutto il suo splendore, con quel sorriso dolce sul viso, le sue adorabili fossette e la sua incredibile voglia di vivere.
“Buongiorno, Loueh!” – fece stampandogli un bacio sulle labbra, mentre Louis si beava di quello, e falsamente contro vi sorrideva, nascondendo tutta la sua sofferenza, tutta la sua insicurezza. Nascondeva tutto dietro la maschera di ragazzo allegro e solare, di ragazzo simpatico e spiritoso, mentre dentro di sé aveva l’inferno vero e proprio.
Una nuova giornata di menzogne e finti “sto bene” iniziava per il giovane Louis Tomlinson.
 
Louis non aveva corsi con Harry, tranne uno, poiché era più grande del suo ragazzo di due anni, anche se il più piccolo lo superava in altezza e muscolatura, era lui il più grande d’età. E per questo avevano insieme un unico corso, che avevano deciso insieme, poiché valido ad ogni anno accademico. Mentre gli altri erano diversi. Louis era al terzo anno, mentre Harry era una matricola del primo anno. Si erano conosciuti proprio lì, all’accademia di musica. Ciò che loro avevano scelto come college, poiché entrambi accomunati dal desiderio di sfondare nel mondo della musica, di produrla, di farla. Tra loro due, c’erano altri tre ragazzi, del secondo anno, con i quali avevano legato molto : Niall Horan, Liam Payne e Zayn Malik.
Era nata una forte amicizia tra loro, quando un anno prima si erano conosciuti, poi Harry e Louis nella comitiva, uscendo si erano innamorati l’uno dell’altro, ma non avevano abbandonato i ragazzi, passavano con loro tutte le ore buche o le pause pranzo. Ma era stato osservando quei quattro ragazzi, le loro bellezze diverse, quella di Harry in particolare che avevano abbassato la già precaria autostima di Louis.
Specialmente da quando Harry viveva con lui, perché da solo non poteva mantenersi un appartamento, e le spese di quello di Louis erano diventate troppe per una sola persona, quindi di comune accordo, anche prima di mettersi insieme, i due erano andati a vivere nella stessa casa, dividendosi le spese, poiché entrambi avevano un lavoro part-time: Louis lavorava come babysitter per un’amica della madre, che spesso e volentieri gli portava la bambina, ed Harry tre ore nel pomeriggio, lavorava come cameriere in un bar.
Il giovane, nei primi due anni di accademia, non aveva avuto particolari problemi, anzi, era sempre stato un tipo socievole e spiritoso. Cosa che era restato davvero, ma da quando i minori erano entrati nella sua vita, tutto era cambiato.
Sì, aveva degli amici, aveva un fidanzato fantastico, ma dentro di sé, era perso, spaesato, si sentiva inferiore a tutti loro, specialmente al suo ragazzo.
C’era Liam, con  la sua dolcezza nei gesti, e quei suoi occhioni nocciola, quei capelli così morbidi che ogni settimana cambiavano pettinatura, il tutto combinato con il suo immenso talento alla batteria; c’era Niall, biondo tinto irlandese con la sua espressione da cucciolo, i  suoi occhioni azzurro mare, la sua purezza, e la sua battuta sempre pronta, aggiunta alla sua grande fame, il tutto unito al suo virtuosismo alla chitarra; c’era Zayn, il bellissimo ragazzo dalla pelle ambrata, gli occhi scuri, il suo grande ego contrapposto alla sua timidezza con le ragazze e la sua potente voce che ogni volta che cantava accarezzava soavemente le orecchie di tutti, e poi c’era lui. Il suo Harry. Con i suoi ricci scuri, morbidi, con i suoi occhioni verdi, che trasmettevano dolcezza e amore, il suo fisico perfetto, e caratterizzato da un grandissimo talento nel suonare il pianoforte. Tutti erano migliori di Louis.
Lui con il suo fisico gracilino, il sorriso falso e tirato sulle labbra, la sua ciccia in più, il suo non talento in qualsiasi azione, in qualsiasi campo. A lui piaceva cantare, ma era stonato, a detta sua. Non sapeva suonare nemmeno uno strumento, ed era troppo svogliato e insicuro per riuscire ad imparare a suonarne uno. Anche se, ultimamente aveva sviluppato un particolare interesse per l’armonica a bocca. Adorava il suono leggermente stridulo che quello strumento produceva ogni volta che lui aspirava o soffiava aria, appoggiandoci le labbra sopra, e ogni volta che lo faceva, si sentiva libero e meno male.
Quel giorno i ragazzi erano riuniti tutti e cinque in sala mensa. I primi quattro trangugiavano qualcosa di poco commestibile, prodotto dai cuochi della mensa accademica, mentre Louis sgranocchiava semplicemente dei cracker.
“Mmh, Louis dovresti mangiare di più” – lo rimproverò Niall, guardandolo contrariato.
“Non voglio appesantirmi” – si difese il maggiore, spostando svogliatamente il pacchetto di salatini da davanti a sé.
“Ha ragione, amore, non mangi da ieri sera, stamattina ti sei rifiutato di fare colazione.” – osservò Harry, leggermente preoccupato per il fidanzato.
“Non ho fame.” – disse secco l’interpellato.
Gli altri due preferirono tacere, e non aggiungere altro, non volevano di certo innervosire Louis ancora di più.
“Che facciamo stasera?” – chiese Zayn, tranquillamente, ignorando volutamente, ma non perché non gli importasse, la discussione su Louis di poco prima, che gli rivolse uno sguardo carico di ringraziamento.
“Non so voi, ma io vedo Lucy” – asserì Niall, leccandosi le dita.
“Sei disgustoso.” – osservò giustamente Liam, facendo ridere gli altri. –“mi dispiace per quella povera ragazza.”
“Non contate su di me, ho da studiare stasera, settimana prossima ho un esame” – rispose freddamente Louis, sorprendendo tutti.
“Non mi avevi detto niente” – fece dispiaciuto Harry. Non capiva cosa prendesse al suo ragazzo, che lo guardò con sufficienza e un sorriso tirato.
“L’ho saputo oggi, te l’avrei detto, ovvio.”
Harry parve rilassarsi, ma non troppo. Era già da un bel po’ di tempo che vedeva il suo ragazzo strano, quasi come se lui fosse diventato un peso per il più grande, e se ne accorgeva da come lo abbracciava, sempre più scostante e freddo.
“Mmh, Hazza tu sei dei nostri?” – chiese Liam. Cautamente.
“Se Louis non è contrario, verrei, ma se hai bisogno di me, resto.” – proiettò i suoi smeraldi caldi nelle iridi ghiacciate dell’altro e gli sembrò di vedere un enorme muro tra loro due, un muro che non gli era concesso abbattere, non per il momento.
“Certo, vai pure” – confermò Louis.
Harry annuì voltandosi verso Liam e Zayn, deciso però a scoprire cosa avesse Louis.
Magari era solo in ansia per l’esame, o chissà, aveva qualche problema di cui non aveva parlato al riccio.
“Vado in bagno, torno subito” – fece il castano alzandosi, e dirigendosi ai bagni comuni, prima che uno dei suoi compagni potesse fermarlo, o il suo ragazzo chiedergli se stesse bene o se avesse bisogno di qualcosa. Sparì dalla loro visuale in poco tempo.
Harry fissò il punto in cui Louis era sparito preoccupato, deglutendo.
Era preoccupato, fin da qualche settimana prima, da quando aveva visto del sangue sull’asciugamano malamente buttata nella lavatrice. Era in ansia per il suo ragazzo, che non voleva rivelargli qualcosa, qualche problema, o era solo paranoico, e vedeva problemi dove non c’erano? Magari Louis era davvero solo preoccupato per l’imminente esame, e quindi lo stress lo spingeva a fare azioni e dire cose che non avrebbe mai fatto o detto nella sua quotidianità.
“Terra chiama Hazza, terra chiama Hazza, mi senti?” – fece con un risolino, Zayn, riportandolo alla realtà, lontano dai suoi pensieri su Louis, su quel meraviglioso ragazzo che lo aveva conquistato con un sorriso all’inizio di quell’anno.
Era vero, erano solo sei mesi che stavano insieme, ma Harry si sentiva sicuro per una volta dei suoi sentimenti, avrebbe dato tutto per Louis, anche la sua stessa vita.
“Sì, sì, scusa Zay, pensavo a Louis, non ti sembra strano?” – fece rassegnato.
“Se ci avessi ascoltato, sapresti che parlavamo proprio di lui. E’ un po’ strano ultimamente. Più freddo e distaccato.” – fece con fintamente saccente, solo per provocare il minore, che non colse la vera ironia nelle parole di Zayn.
“Lo so, è il mio ragazzo, lo conosco meglio di voi. Vado a vedere che ha, magari non si è sentito bene” – fece urtato alzandosi dal tavolo e dirigendosi nei bagni dove Louis si era diretto poco prima.
“Ma cosa ho detto?” – domandò Zayn, osservando il riccio allontanarsi –“a quei due farebbe bene una sana scopata, si rilasserebbero di più”
Gli altri due alzarono le spalle, impotenti.
 
Louis non ne poteva più.
Più osservava i suoi amici, più aveva voglia di sparire. Più osservava la loro maledetta perfezione, più aveva voglia di diventare come loro. Non si era trattenuto, aveva trattato male Harry, senza volerlo, ma non era riuscito a trattenersi, voleva solo.. sparire. Ed era per questo, che si era alzato ed era andato via, doveva liberare tutto quel dolore che aveva dentro di sé, doveva lasciarsi andare. Voleva piangere, urlare, disperarsi, pur di liberarsi da tutto quello che aveva accumulato durante il pranzo.
Spalancò la porta del bagno, vi entrò immediatamente, chiudendosi la porta alle spalle, e corse velocemente in uno dei cubicoli, nemmeno fosse stato inseguito da un killer. Chiuse il chiavistello, e si lasciò scivolare contro la porta di legno scuro, raccogliendo le gambe al petto e chiudendosi a guscio, mettendo la testa tra le ginocchia piegate.
Liberò il primo singhiozzo, quasi come se quello fosse qualcosa che lo opprimeva, che lo faceva sentire male, che non gli faceva bene, quasi come se quello fosse il male in persona, o forse era lui stesso ad essere il male in persona? E il singhiozzo fu seguito da una lacrima, una lacrima stronza che gli percorse tutta la guancia. Fu seguita da altre lacrime che gli inondarono il viso, e Louis prese a singhiozzare senza ritegno nel cubicolo del bagno.
Perché non sono bello come loro?
Perché loro sono così perfetti?
Perché sono così imperfetto?
Perché sono grasso?
Perché sono basso?
Perché non so fare niente?
Perché sono così fottutamente una nullità?
Perché, perché, perché?
Notò la tavoletta del bagno, e la voglia di liberarsi dal suo male interiore, dalla sua ciccia di troppo, dai suoi difetti maledetti fu tanta e per questo si avvicinò a gattoni a quella, appoggiandosi con entrambe le mani, e con un colpo di tosse e due dita alla gola, iniziò a vomitare come faceva ogni volta che doveva liberarsi dal suo male interiore, dal suo di troppo, da tutto quello che non gli piaceva di se stesso, non capendo che in quel modo faceva solo del male a se stesso e indirettamente anche ad Harry.
Piangendo e vomitando, non si accorse che qualcuno fuori dal bagno, chiamava a gran voce il suo nome, sperando che questo lo sentisse.
“Louis, sei qui?” – chiese Harry, una volta che fu entrato nel bagno. Louis lo sentì, ma non rispose.
Entrando, il riccio udì i singhiozzi provenire da uno dei cubicoli, e decise di avvicinarsi pacatamente alla porta da cui quelli  arrivavano.
“Louis? Sei tu? Stai piangendo?” – chiese, senza ottenere risposta. Un suono sordo, secco, il rumore di chi sta male, di chi vomita, arrivò alle sue orecchie, e si preoccupò ancora di più. –“Louis, stai male? Mi apri, per favore?”
Louis si rese conto della voce di Harry fuori dalla porta, troppo vicina a lui, troppo vicina alla realtà e decise di fingere ancora, di non parlargli, di non rivelargli nulla, non poteva farlo. Non sapeva Harry come avesse reagito, cosa avrebbe fatto, se l’avesse lasciato?
Voleva lasciarlo, ma non voleva che lo lasciasse. Aveva paura. Paura di tutto, anche di Harry in quel momento, e la cosa era assurda, perché Harry sarebbe dovuto essere il ragazzo che più amava, che  più l’avrebbe fatto sentire bene, e invece in quel momento, sapeva solo pensare che Harry era un nemico, qualcuno che non avrebbe mai dovuto scoprire i suoi segreti. Si alzò stanco in posizione eretta, e aprì la porta, montando un finto sorriso di sbieco.
“Mal di stomaco” – disse solamente, alzando le spalle, sperando che il più piccolo non notasse gli occhi gonfi e rossi, l’espressione triste, il viso corrucciato nascosto dietro quel fintissimo sorriso, e tutta la sua sofferenza che palesemente era impressa in tutto il corpo del castano.
Harry notò tutto, ma non disse niente, si limitò ad avvicinarsi a lui, ad avvolgere le spalle esili del ragazzo con le sue possenti e muscolose braccia, e a stringerlo forte al proprio petto, per proteggerlo da tutto il mondo circostante, per farlo sentire al sicuro, amato.
Louis represse un singhiozzo contro la stoffa della maglia dell’altro, sperando che il riccio non lo sentisse, ma che continuasse ad abbracciarlo.
“Ci sono io, Lou, ci sono io, non sei solo, non piangere” – gli sussurrò all’orecchio, smuovendo lo stomaco del giovane Tomlinson –“puoi dirmi tutto, quando vuoi, sono qui per te, amore”
Louis scosse la testa, per dirgli che non avesse niente da dirgli, per mentirgli ancora dicendogli che stava bene, che non aveva bisogno di aiuto, in nessun modo.
“S-Sto bene” – balbettò infatti, per niente sicuro delle sue parole. –“era solo mal di stomaco”
Harry annuì, continuando a stringerlo forte, gli diede un bacio sulla tempia ed uno sulla fronte, e lo guardò negli occhi, staccandosi di poco da lui, sperando con lo sguardo di scavargli dentro, e capire che avesse il suo ragazzo.
Ma era come se la mente di Louis fosse un grande tabù per Harry, che non riuscì a capire nemmeno una virgola di come si sentisse il ragazzo in quel momento. Sapeva solo che il suo ragazzo aveva bisogno di aiuto, quell’aiuto che poteva dargli solo lui, sapeva di essere l’unico a poterlo fare. Louis aveva bisogno di lui.
 
 
“Louis, allora io esco” – esordì Harry, sistemandosi la camicia bianca, uscendo dal bagno. –“nel caso non ti sentissi bene, chiamami.”
Louis distrattamente annuì, rigirandosi un libro di Storia della musica tra le mani. Odiava studiare, ma non aveva scelta, doveva fingere di volerlo fare davvero.
Doveva convincere Harry che fosse tutto a posto, che lui stesse bene, che niente l’avrebbe divisi, ma soprattutto che lui non avesse niente che non andava. Harry lo abbracciò, lasciandogli un delicato bacio sulle labbra.
“Lou, il telefono è sempre acceso, se hai bisogno..” – fece, ma Louis non gli diede il tempo di finire.
“.. ti chiamo, lo so, lo so, Harry, l’hai ripetuto otto volte, da quando eri in bagno a prepararti.” – fece con un sorriso, in fondo gli faceva piacere che Harry si preoccupasse per lui, perché significava che ci teneva, no?
E se lo avesse fatto solo per pena?  Strinse i pugni lungo i fianchi, per poi allungare le braccia attorno al corpo di Harry, rimanendo rigido nella sua posizione.
“Mi preoccupo solo per te.” – sentenziò il riccio. Gli lasciò un delicato bacio sulla fronte, prima di avvicinarsi alla porta. –“sto bene?” – chiese con le sue adorabili fossette, facendo un giro su se stesso.
“Sei perfetto, Haz” – deglutì dopo averlo detto, ma a lui sorrise.
“Grazie, ti amo, a dopo!” – fece uscendo velocemente, lasciando Louis di nuovo con il suo dissidio interiore, con la sua paura, con la sua imperfezione, con i suoi dubbi, solo con se stesso.
Louis si stese a pancia in giù sul letto, tenendo il libro aperto, contento di aver sentito dalla bocca di Harry quelle due parole fondamentali, quelle due parole che lo scaldarono dentro.
E leggeva quelle righe, sperando nel ritorno di Harry, che lui tornasse presto da lui, che non tardasse troppo, che lo baciasse, che lo facesse sentire meglio, come quando gli aveva detto quel “ti amo” veloce, prima di uscire.
 
 
Erano passate due ore.
Erano le undici di sera. Louis guardava la radiosveglia lampeggiare con quella luce rossa le 11.00 pm, e voleva che il suo ragazzo tornasse prima di subito. Già avvertiva la sua mancanza.
Magari, avrebbe dovuto chiamarlo, come gli aveva detto di fare in caso di necessità, ma non volle. Non voleva essere un peso per Harry, non voleva che sbuffasse guardando il suo nome lampeggiare sul display del telefono, quindi attese nella paura che Harry non tornasse. La radiosveglia segnava mezzanotte.
Tre ore di assenza.
Tre ore di solitudine.
Tre ore di dubbi.
Tre ore in cui Harry non era ancora tornato.
Non torna, perché ha trovato un altro da amare, stupido. Quel ti amo non era vero.
Sei solo uno stupido innamorato, lui non ti ama. Quel ti amo era falso.
Avanti, Louis, sfogati, lui ti vuole perfetto, tu non sei perfetto.
Harry vuole un bel ragazzo, non un grassone bassotto e imperfetto come te.
Vai in quel bagno, dimagrisci, cazzo!
Tu non sarai mai come Harry, Zayn, Niall e Liam.
Tu sarai sempre imperfetto.
Sarai sempre l’ultimo.
Sarai sempre il più brutto del gruppo, avanti, perché non vai a renderti perfetto?
Harry non ti ama, mettitelo in testa.
Harry non ti amerà mai, finché sarai così, mai.
Louis sentiva quelle voci nella testa, e credeva di essere impazzito, quando sul letto iniziò a dondolarsi senza scopo, piangendo, tenendosi la testa tra le mani.
“Basta, basta, non è vero, lui mi ama” – cercava di convincersi da solo, mentre tutto intorno a lui diceva il contrario, Harry lo aveva lasciato solo, se n’era andato, non aveva nemmeno capito che lui stesse male. Lui era così bravo a mentire, o Harry non ci teneva realmente a lui. Ovviamente, nella sua testa era vera la seconda ipotesi. Guardava il suo corpo, non era perfetto. Guardava il suo braccio, ancora non era perfetto. Guardava il suo fisico, era imperfetto. Sentiva la sua voce, era orribile. Non voleva stare un secondo di più in quella stanza, non voleva continuare a soffrire.
Si alzò velocemente e corse nel bagno, cercando qualcosa che lo facesse stare meglio, qualcosa che lo aiutasse in quel momento, qualcosa che placasse la sua sofferenza. E trovò ancora quella lametta.
Ricordò che quel giorno, non aveva ancora impresso sulla sua pelle la sua imperfezione, e non aveva rigettato ancora ciò che Harry gli aveva fatto mangiare dopo che “si era sentito male”, preoccupato per la sua salute.
Premette l’arnese contro il polso, affondandolo nella carne, tracciando le ultime lettere che gli mancavano per quella parola, quella parola che per lui era tutto. La scritta percorreva tutto il braccio, il sangue sgorgava, ma Louis non aveva intenzione di fermarlo. Con il braccio insanguinato si avvicinò al water, e infilando nuovamente due dita alla gola, vomitò ancora l’anima, fino a che le forze non vennero meno, fino a che non si sentì mancare la terra da sotto i piedi, fino a che tutto non diventò nero e scuro, buio. Fino a che la stanza non vorticò violentemente intorno a lui, e lui non sentì altro che il vuoto.
 
 
Harry si sentiva maledettamente in colpa.
Aveva lasciato Louis da solo, ma non perché avesse voglia di stare lontano da lui, o perché non voleva stargli accanto, ma non sapeva che avesse il ragazzo, voleva schiarirsi le idee solo per rilassarsi e lasciarlo riflettere.
Magari era davvero solo mal di stomaco quella mattina, magari era solo un po’ di stress per l’esame, o magari..
No, il suo ragazzo non aveva crisi depressive, il suo ragazzo stava bene, non stava male.
E mentre parlava con Zayn e Liam, quella brutta sensazione non lo abbandonava. Rimaneva lì con lui, impressa in lui, e se avesse fatto un errore a lasciarlo solo?
“Zay, io torno da Louis, non sono sicuro a lasciarlo solo.” – disse improvvisamente, mentre l’argomento principale era Niall con la sua nuova ragazza.
“Come?”
“Non si sentiva bene, ho paura che non mi chiami quando non si sente bene, ho una brutta sensazione tutto qui.”
“Va bene, ci vediamo domani in accademia!”- fece il ragazzo moro, sorridendogli.
Harry annuì e salutò i due amici, prendendo le chiavi dell’auto dalla tasca. Erano tre ore, forse quasi quattro ore che aveva quella brutta sensazione, perché diavolo non l’aveva seguita prima? Perché era stato così idiota?
Louis aveva bisogno di lui, il suo ragazzo aveva bisogno di lui. Il suo Boo aveva qualche problema, perché lui non se n’era accorto? Eppure i segnali c’erano.
L’asciugamano sporco, la mattina nel bagno quando aveva mal di stomaco, il modo di rispondere, la freddezza, il sottrarsi a tutti gli eventi, il non farsi abbracciare mai. Come aveva fatto ad essere cieco? Come aveva fatto a non accorgersi del malessere del suo ragazzo? Come aveva potuto non capire le sue esigenze?
Si diede più volte dello stupido per non aver capito nulla. Si diede dello stupido, perché un bravo fidanzato avrebbe capito tutto, l’avrebbe aiutato. Lui era stato cieco.
Velocemente entrò in auto, e percorse alla velocità della luce, quelle strade di Londra pensando ancora di essere stato un cattivo ragazzo, che non aveva protetto a sufficienza e nel modo giusto il ragazzo che amava più di qualsiasi altra cosa. Guidò come una furia fino a giungere al loro appartamento, dove entrò di folata.
“Loueh, sono tornato!” – urlò a gran voce entrando in casa.
Non sentì nulla.
Accese la luce, del salotto per vedere se Louis fosse lì, e invece non c’era.
“Louis, dove sei?” – urlò ancora. Corse in camera da letto, e trovò anche quella buia, credendo che dormisse, accese la luce. Se si fosse svegliato, sapeva come farsi perdonare.
Ma il letto era vuoto, le coperte erano sfatte totalmente.
Harry ebbe il terrore di pensare che fosse in bagno. Deglutì diverse volte, prima di entrare dentro al bagno e trovarsi davanti ciò che non avrebbe mai voluto vedere.
Louis piegato contro il water, probabilmente svenuto, e dal suo braccio continuava a fuoriuscire il sangue, che si riversava sul pavimento, sporcandolo con quel liquido rosso che fece inorridire Harry, che si portò una mano alla bocca, per non urlare di terrore. Si precipitò verso il ragazzo, e lo prese tra le braccia, scuotendolo.
“Louis, Louis, ehi, amore, mi senti? Piccolo, mi senti?” – fece Harry, afferrando un asciugamano e tamponando il braccio del ragazzo. Louis non rispose, non reagì a nulla. Sembrava..
Harry deglutì forte, spingendo via quel pensiero. Afferrò il cellulare dalla tasca dei pantaloni, e compì l’unica azione razionale che potesse compiere in quel momento critico.
Chiamò l’ambulanza. Dopodiché prese Louis tra le braccia e lo portò in camera da letto, appoggiandolo sul letto, cercando di tamponargli le ferite in qualsiasi modo gli fosse possibile. Il sangue aveva smesso di uscire dal braccio del ragazzo, ed Harry non capì se fosse una cosa positiva o no. Appoggiò l’orecchio sul petto di Louis, sperando di sentire il battito del cuore, e quello c’era. Flebile, ma c’era.
Louis non apriva gli occhi, era immobile, ma respirava. Harry poteva vedere il suo petto alzarsi ed abbassarsi lentamente, con fatica, ma almeno lo faceva. Deglutì diverse volte. Se non fosse arrivato in tempo, sarebbe stato spacciato, l’avrebbe perso per sempre. Sarebbe morto dissanguato.
Le sirene dell’ambulanza gli perforarono le orecchie, e corse alla porta per farli entrare. I paramedici in pochi minuti accerchiarono Louis, mentre uno di loro, prendeva Harry in disparte per parlargli.
“Cosa è successo?” – chiese educatamente.
“I-io, non lo so.. d-doveva studiare, i-io non c’ero, s-sono tornato e l’ho trovato così.. davvero, non lo so..”
“Ha mostrato segni di cedimento? Non lo so, qualche crisi di depressione, calo di autostima?”
“No, no! Fino a stamattina stava bene” – mentì Harry –“sono sicuro che parlandoci troverò la soluzione.”
“D’accordo, per ora lo portiamo in ospedale per dei controlli, eventualmente, questo è il numero di uno psicologo, uno buono.” – fece il paramedico, mettendogli tra le mani un biglietto da visita, su cui Harry lesse il nome e il numero di un dottore. Deglutì. No, Louis non sarebbe andato dallo psicologo, loro insieme avrebbero superato tutto. L’uomo tornò nella camera da letto, dove, con gli altri, caricò Louis su una barella, analizzando la ferita sul braccio.
“Signor Styles, venga qui” – lo chiamò ancora. Harry accorse e l’uomo voltò verso di lui il braccio del ragazzo.
Quei tagli erano decisi, lineari. Producevano una parola ben specifica, o forse era una domanda?
 
-Perfetto?-
 
Harry in quel momento sentì tutto il mondo crollare su di sé.
Louis aveva avuto un calo di autostima, e chissà da quanto lo aveva.
Non era stato mal di stomaco, non era stato stress.
Louis era depresso, era autolesionista, era anoressico. La verità lo colpì come un forte schiaffo. Quando realizzò che il suo ragazzo soffrisse di depressione, si diede ancora dello stupido per non aver capito nulla.
Il terrore lo invase,  e chiese ai medici di poterli seguire in ospedale, per non lasciare mai Louis da solo. Doveva inventare qualche scusa, doveva riportarlo a casa con sé, non poteva lasciarlo solo, non in quel momento.
Aveva già sbagliato a lasciarlo solo quella sera. Non poteva rischiare di lasciarlo solo ancora una volta.
 
 
Harry non sapeva quante ore fossero passate da quando erano giunti in ospedale. Sapeva solo che odiava quella sedia.
Louis aveva perso troppo sangue, e avevano dovuto fargli delle trasfusioni, per riportare il sangue in circolo nel corpo del ragazzo. Harry ancora non riusciva a spiegarsi perché l’avesse fatto.
Cosa significava quel segno sul polso? Perché quella parola?
Perché non si vedeva bello com’era?
Per lui era bellissimo, prima di lui aveva avuto solo storie poco serie, solo ragazzi che erano venuti, ma andati via in poco, erano belli, ma non come Louis, non avevano quel sorriso magico o quegli occhioni magnetici, con Louis tutto era diverso. Gli sembrava di innamorarsi sempre per la prima volta, ogni volta che lo baciava era come se quello fosse il suo primo bacio, si sentiva completo accanto a lui, e Louis.. non era felice? Perché si era fatto del male?
Harry non riusciva a capacitarsi, eppure lui cercava sempre di renderlo felice, ogni giorno. Ci provava in tutti i modi, gli faceva le sorprese, lo aiutava in qualsiasi cosa lui non eccellesse, non lo faceva mai sentire solo, gli stava accanto in qualsiasi decisione. E invece, lui aveva deciso di uccidersi, o almeno di provarci. Lui aveva deciso di tentare il suicidio.
Harry sperava di non aver fatto lui qualcosa di male, sperava di non essere lui la causa di tutto quel casino, sperava che non fosse colpa sua lo stato di Louis. Si sentiva in colpa, perché l’aveva lasciato da solo in quel momento critico, perché non si era accorto di cosa accadesse al ragazzo, aveva voluto chiudere le orecchie e gli occhi, non di proposito, ma l’aveva fatto. Aveva ignorato una necessità del ragazzo, non aveva capito nulla. Ed ora era accanto a lui, aspettando che si risvegliasse, aspettando che aprisse i suoi bellissimi occhi azzurri.
“Lou, ehi, Lou, sono qui” – sussurrò Harry abbassandosi all’orecchio del ragazzo –“dai, svegliati, devi spiegarmi un po’ di cose” – fece baciandogli appena la guancia. Si trattenne dal dirgli di amarlo, perché voleva farlo quando era sveglio, guardandolo negli occhi. Quegli occhi che continuavano a conquistarlo da mesi e mesi.
Louis fu quasi come richiamato alla realtà dalla voce del suo Hazza, e aprì gli occhi, guardandosi intorno spaesato. Sentì la voce di Harry, e la sua mano nella sua.
Ricordò cos’era successo la notte precendente, ricordò cosa aveva fatto e il terrore lo avvolse.
Harry sapeva. Harry aveva visto.
Gli strinse la mano, facendogli capire che fosse sveglio, e il riccio subito si sporse verso di lui, per assicurarsi che stesse bene, e gli fece un sorriso triste.
“Ehi, piccolo, ben ripreso” – sussurrò dolcemente, accarezzandogli la guancia. –“come ti senti?”
“Strano, che è successo?” – chiese, quasi fingendo di non sapere cosa fosse accaduto.
“Dovresti spiegarmelo tu, visto che ti ho trovato svenuto in bagno, con il braccio insanguinato e tagliato.” – rispose il riccio, abbattendo le difese di Louis, la cui mente fu assalita da una consapevolezza: Harry sapeva.
“Harry, lasciami in pace.” – disse solamente.
“Louis, o mi racconti cosa ti passa per la testa, o ti mandano da uno psicologo, quindi parla, non sono pronto a rinunciare a te.” – sentenziò il giovane, guardandolo fisso negli occhi. Louis deglutì, cercando di rimandare indietro tutto quello che avrebbe detto in quel momento davanti a quei due occhioni.
Non doveva cedere, non voleva farlo, ma soprattutto, non poteva.
“Lou, non posso aiutarti se non mi dici niente, per favore, sono io, il tuo Haz..” – fece prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi. Scavò in essi, trovando in quelli paura, insicurezza, terrore, fragilità.
Harry non si era mai accorto di quanto Louis fosse fragile, non si era mai accorto della sua debolezza, non l’aveva mai scorta, perché dal più grande sempre ben nascosta, dietro quei sorrisi falsi, dietro le battute e le risate.
Harry doveva accorgersene prima, non arrivare a quel punto.
“Louis, per favore, parlami, raccontami cos’hai..” – lo supplicò il più piccolo –“posso aiutarti, voglio aiutarti, per favore, raccontami..”
Louis scosse la testa, sperando che quel ragazzo smettesse di fare tutte quelle domande, che lo lasciasse, che lo facesse morire come aveva desiderato fare. Invece no, Harry non lo lasciava solo, era sempre lì accanto a lui, sempre a tenergli la mano. E odiava questo. Perché doveva fingere di provare qualcosa per lui?
Era impossibile che provasse qualcosa per lui, insomma, come poteva?
Lui era tutto fuorché un ragazzo da amare.
Era brutto, grasso, basso, imperfetto, depresso.
Come poteva amare uno così? Come poteva Harry amarlo?
“Voglio andare a casa” – emise in un sussurro, che il riccio udì appena. –“ti prego, portami a casa” – supplicò con gli occhi rossi di lacrime, quelle lacrime che aveva versato la notte prima, senza che fossero eliminate da alcuno, perché Harry lo aveva lasciato solo, e il riccio ancora una volta si sentì in colpa e quasi non resse a quegli occhi, cedette quasi subito, annuendo e assecondandolo, confermandogli che sarebbero tornati a casa, e non l’avrebbe fatto restare in ospedale contro la sua volontà.
“D’accordo, d’accordo, ti riporto a casa, ma poi mi darai una spiegazione?” – disse a bassa voce, dandogli un bacio sulla fronte. Louis stette in silenzio, non rispose, mentre Harry cercava in tutti i modi di farlo parlare, prima o poi avrebbe dovuto dirgli qualcosa.
Non poteva continuare a stare in silenzio in quel modo.
L’unica soluzione era riportarlo a casa, farlo tornare alla sua vita normale e in essa indagare, con gli occhi aperti e non chiusi come li aveva tenuti fino a quel giorno. Doveva scoprire cosa avesse il suo ragazzo.
 
 
Louis era tornato con Harry da una quasi una settimana, ed aveva seguito quasi regolarmente le lezioni, e aveva accudito la bambina dell’amica di sua madre, tutto era quasi nella normalità. Se non fosse stato per Harry che preoccupato per lui, non lo mollava un attimo da solo. Il pomeriggio, quando andava a lavoro nel bar, lo lasciava sempre con Liam, Zayn, Niall o Lucy, mai solo. Aveva paura di tornare a casa e trovarlo ancora in quello stato, Louis era troppo fragile in quel periodo, e anche gli altri quattro avevano capito più o meno la situazione, per questo si erano offerti di aiutarlo nell’unico modo che avevano a disposizione: stargli vicino.
Per fortuna, era arrivata la settimana di Pasqua, e tutte le lezioni erano state sospese, in più aveva una settimana di pausa dal lavoro, quindi molto più tempo da dedicare a Louis.
In quel modo, insieme ai suoi amici Harry, avrebbe trovato una soluzione ai problemi di Louis.
Aveva buttato tutte le lamette e i rasoi, non gli importava se senza quelli non avrebbe potuto rasarsi, in fondo un po’ di barba non aveva mai fatto male a nessuno, e poi era sicuro che Louis ne sarebbe uscito, prima o poi.
Non  mangiava ancora, si rifiutava sempre e se Harry riusciva a farlo mangiare, dopo un po’ lo sentiva vomitare anche l’anima, pur di cacciare quello che aveva ingerito.
Harry aveva paura di toccarlo, anche solo per abbracciarlo, tant’era diventato magro in quei mesi. Chissà da quanto andava avanti quella storia, e lui era rimasto con gli occhi chiusi, ancora una volta, in quei giorni, si diede dello stupido per non aver capito lo stato d’animo dell’altro. Perché ora che tutti i pezzi erano al loro posto, tutto era ovvio, così tangibile che solo un cieco non avrebbe potuto notarlo.
Louis si era addormentato da circa una mezz’ora, ed Harry aveva convocato i ragazzi da lui, per una breve riunione, durante la quale avrebbero discusso e preso una decisione per Louis, per aiutarlo.
“Ragazzi, è semplice, sta male, malissimo” – fece Harry alzando le spalle –“non so il motivo, so solo che si è inciso sul braccio la domanda ‘perfetto?’ e non ne ho ancora capito il perché. Insomma, lui lo è.” – sospirò rassegnato, sedendosi su una sedia della cucina.
“Beh, dobbiamo capire il motivo” – fece con ovvietà Liam, guadagnandosi uno sbuffo divertito dagli altri.
“Liam, se tu non ci avessi illuminati, non l’avremmo mai capito.” – rise Zayn, scuotendo la testa.
“Però povero Louis” – sospirò Niall, accarezzando i fianchi della sua ragazza, che se ne stava sulle sue ginocchia pensando a chissà cosa, di tanto in tanto si scuoteva i ricci castani, per poi voltarsi verso Harry con un sorriso sul viso.
“Perché non lo porti in montagna durante la settimana di Pasqua? Si rilasserà, e ti sarà più facile cavargli qualcosa di bocca” – disse semplicemente lei.
“Lucy, è un’idea geniale!” – esclamò Harry –“grazie, davvero!”
 
 
Harry passò tutta la notte, in internet a cercare un posto economico, e rilassante in cui loro due sarebbero potuti andare. La mattina dopo chiamò sua madre per farsi ricaricare la sua carta prepagata, spiegandole che con Louis avevano dei problemi, senza specificare di che tipo fossero, e lei aveva accettato, in fondo il figlio era maggiorenne, lavorava e studiava, viveva da solo, ed era quasi indipendente, poteva aiutarlo nei suoi piccoli drammi da “ragazzino”, e per questo volle fidarsi di lui, aiutandolo in quel momento critico.
 
 
Ore dopo, quando Louis si svegliò, si trovò davanti un Harry sorridente con due borsoni pronti e  un berretto sulla testa. Lo guardò come se fosse stato un alieno.
Cosa aveva in mente, quel benedetto ragazzo?
“Buongiorno, amore!” – esclamò felice –“oggi si parte, su forza! Vestiti, lavati, fa quello che devi, la tua valigia è già pronta!”
Louis lo guardò ancora stralunato e andò in bagno. Come gli veniva in mente di fare una vacanza? Non si era reso conto in che condizioni fosse lui? Non si era reso conto di quanto stesse male?
Perché una vacanza? Perché altra perfezione buttata in faccia ad un imperfetto come lui?
Louis andò in bagno con una lentezza spropositata.
Aveva una maledettissima voglia di tagliarsi, ma quel maledetto Harry aveva fatto sparire tutte gli oggetti contundenti della casa, non gli restava che sperare che lì in vacanza, avesse trovato qualcosa per potersi fare del male, perché la verità era che a lui quasi piaceva procurarsi dolore da solo.
Si vestì lentamente, premurandosi di indossare una felpa gigante per coprire le sue “forme eccessive” e si sistemò un paio di pantaloni di tuta. Non aveva intenzione di sembrare attivo in quella vacanza, avrebbe lasciato ad Harry il divertimento, restando fuori dalla sua perfezione, chiudendosi nella sua imperfezione.
Dopo poco, lo raggiunse nel corridoio, ed Harry felice lo portò verso l’auto, già caricata mentre Louis si preparava. Il castano salì al lato del passeggero, mentre il riccio salì dal lato del guidatore. Louis fece un sorriso divertito quando Harry girò all’indietro il berretto, tenendo così raccolti i capelli. Mise in moto e partì, sperando che quella vacanza avesse cambiato qualcosa.
“Mettiamo un po’ di musica, Haz?” – chiese con un sorriso timido.
“Certo, The Fray o Coldplay?”
“The Fray, che domande!” – rispose, estraendo dal cruscotto dell’auto un cd contente le sue canzoni preferite, cd che gli aveva regalato proprio Harry, poco dopo che si erano conosciuti come regalo di augurio per la loro amicizia.
Harry inserì il cd e fece partire una canzone specifica, una che avrebbe dovuto far capire a Louis che lui non lo abbandonava, lui restava, non andava via, cosa volesse significare quel viaggio, ma Louis chiuse gli occhi e la mente, e si lasciò andare sulle note della canzone, non appena Harry premette il tasto play, e le note della canzone si estero nell’auto, Louis iniziò a cantare. Era da tanto che non lo faceva, era da tanto che non provava quella magnifica sensazione.
If I don't say this now
 I will surely break
As I'm leaving the one
I want to take
Forgive the urgency
but hurry up and wait
My heart has started
to separate”
Sorrise dopo tanto tempo che non lo faceva, spontaneamente, facendo sorridere Harry, che si sentì sollevato nel sentire il suo ragazzo finalmente cantare. Troppo tempo senza la sua voce, non era una cosa positiva.
“Oh, oh,
Be my baby
Oh, oh, oh, oh, oh 
Be my baby           
I'll look after you”
Harry lo guardò. Aveva la testa reclinata contro il sedile, gli occhi chiusi e le labbra che si muovevano a ritmo di musica. Forse era stata davvero un’ottima idea di quella di portarlo via per qualche giorno.
“There now, steady love, so few come and don't go
Will you won't you, be the one I'll always know
When I'm losing my control, the city spins around
You're the only one who knows, you slow it down”
Aprì gli occhi, guardando il suo ragazzo, sorridendo.
Si sentiva meglio, più vivo. E mentre Harry guidava Louis continuava a cantare, e cantare, senza mai fermarsi.
Fino ad arrivare alla fine.
“Be my baby
I'll look after you”
Cantò Harry insieme a lui, e Louis, sentendo la voce del ragazzo, immediatamente fu investito da un senso di inadeguatezza, un senso di sconforto, e di imperfezione.
Di nuovo.
Eppure Harry gli stava solo dicendo che si sarebbe preso cura di lui, non era niente di male, obiettivamente.
Ma Louis non vedeva il positivo in niente.
Quel barlume di speranza, era stato solo effimero, veloce come un battito di ciglia.
 
 
Erano lì da quasi sette giorni.
Louis se ne stava in camera, non voleva uscire.
Harry aveva trovato un alloggio in un piccolo agriturismo, poco lontano da Londra, in campagna, dove si respirava aria pura, ma Louis non dava segni di vitalità. Non voleva vivere, era chiaro.
Harry non si spiegava perché. Insomma, aveva un fidanzato che lo amava, aveva degli amici che gli volevano bene, era bellissimo, aveva un talento eccezionale con l’armonica, ed anche una voce soave, ma lui non si vedeva affatto così. Ed Harry il perché ancora non l’aveva capito. Louis non parlava.
“Lou, vieni a mangiare? Hanno preparato le pizze, con il forno a legna, io ho sentito che lo fanno solo in Italia una cosa così, dai, vieni a vedere!” – fece, allegramente, cercando di toglierlo da lì, di smuoverlo. Ma niente.
Voleva farlo rilassare, ma stava ottenendo solo un contrario.
Una reazione negativa.
Sospirò, avvicinandosi maggiormente al castano, e gli sorrise dolcemente.
“Amore, perché non mi parli un po’? Sono anche il tuo migliore amico, no?”
“Non ho voglia di parlare, Haz.”
“Nemmeno una parolina? Dai, facciamo un gioco! Io dico una parola, e te completi.”
“Hai vent’anni, Haz, i giochi da bambini non valgono più.”
“Ma..” – tentò di opporsi.
“Non ho voglia, lasciami in pace.”
Harry sospirò ancora una volta.
Chiuso. Davanti a sé aveva un muro, una barriera, una porta chiusa. Louis era chiuso.
“Vuoi fare l’amore con me?” – chiese, come ultima spiaggia, cercando di persuaderlo almeno in quel modo.
“No.” – rispose secco.
Harry si sentì morire dentro, ma non lo diede a vedere. Si sbilanciò semplicemente verso di lui e lo abbracciò stringendolo, non troppo perché era troppo esile tra le sue braccia, avvicinandolo al petto e cullandolo, come per proteggerlo. Dicendogli in quel modo, che ci sarebbe stato per lui, che non lo avrebbe lasciato da solo, che lo avrebbe ascoltato, coccolato, ogni volta che ne avesse avuto la necessità.
Harry era lì per lui.
 
Louis non aveva toccato cibo, a cena, alla fine.
Ed Harry aveva sospirato, non riuscendo nemmeno lui a mangiare, tant’era preso dall’ansia, dalla preoccupazione, dallo scombussolamento a causa del suo ragazzo.
Erano rientrati in camera, ed Harry aveva sentito Louis vomitare qualcosa che non aveva mangiato, e aveva sospirato, inerme. Nemmeno la vacanza aveva risolto qualcosa, nemmeno in quel modo gli aveva cavato nulla di bocca.
 
 
Sei inutile, Louis.
Non vedi che lo fai soffrire?
Ma perché non ti uccidi e la fai finita?
Perché non lasci in pace Harry? Sarebbe più felice senza di te.
Tutto sarebbe migliore senza di te.
 
Perché sono imperfetto?
Perché non mi ama davvero?
Perché non mi guarda come vorrei?
Perché, perché, perché?
Tutto questo si ripeteva nella mente di Louis, una notte, mentre dormiva accanto ad Harry.
Erano tornati da un paio di giorni, e dovevano riprendere le loro attività. La vacanza era stata un buco nell’acqua, anzi aveva peggiorato la situazione. Louis si era chiuso in se stesso ancora di più.
Sentendo quelle voci nella sua testa, Louis si svegliò di soprassalto. Si tastò le tempie massaggiandole e cercando di far svanire tutto quello. C’era un unico modo per farlo accadere. Doveva imprimere meglio quella parola sulla sua pelle, magari sull’altro braccio, in modo da capire cosa doveva essere davvero nella vita.
Che assurdità. Si stava solo sfigurando.
Ma Harry aveva fatto sparire tutto.
Deglutì diverse volte, alzandosi in piedi e corse in cucina, dove afferrò un bicchiere di vetro e lo frantumò contro il pavimento. Era disperato. Non si riconosceva nemmeno lui.
Harry si svegliò di soprassalto a causa del rumore e corse in cucina trovando Louis in procinto di ferirsi ancora con un pezzo di vetro rotto. Corse alle sue spalle, e lo fermò afferrandogli le braccia e portandogliele dietro la schiena, facendogli cadere il pezzo di vetro dalle mani.
“Shh, calmati, va tutto bene, va tutto bene” – gli sussurrò baciandogli la tempia per rassicurarlo, per fargli capire ancora una volta che lui c’era, che non se n’era andato, che non l’aveva lasciato solo.
Louis si dimenava, ma la forza di Harry era superiore alla sua, nettamente.
“Uccidimi!” – urlò fuori di sé –“uccidimi, non sono perfetto!”
Harry non gli lasciò le mani, tenendogliele ancora dietro la schiena, cercando di fermarlo in qualche modo.
“Non ti ucciderò, ti amerò” – sentenziò il riccio, baciandogli il collo con lentezza, cercando di rilassare il ragazzo che continuava dimenarsi tra le sue braccia.
“Non sono te, non sono Niall, non sono Zayn, non sono Liam, sono solo Louis, e sono imperfetto, uccidimi, io non ti merito..” – disse nel delirio, prima di scoppiare in lacrime tra le braccia di Harry, prima che questo potesse avvolgerlo con le sue braccia, e proteggerlo materialmente da tutto.
Ecco il problema.
Si sentiva inferiore agli altri, si sentiva inferiore a lui.
Harry lo voltò verso di sé, e Louis afferrò con due mani la maglia del pigiama di Harry, singhiozzandogli contro, iniziando a piangere fortissimo contro quella, urlando ancora, piangendo come mai in vita sua.
Il riccio portò le braccia dietro la schiena del maggiore e lo avvolse completamente, stringendolo al petto, accarezzandogli la schiena.
Era così piccolo e fragile.
Poteva sentire le sue ossa sotto le braccia, poteva sentire il suo dolore, poteva sentire tutto in quel momento, ma non poteva placarlo, non ancora. Non poteva aiutarlo finché Louis non avesse vuotato il sacco totalmente.
“T-Tu sei bellissimo, Harry” – singhiozzò –“tu sei bellissimo, hai talento, hai i muscoli, sei magro, sei alto, sei dolce, sei buono, sei perfetto..” – pianse ancora e ancora, inondando la maglietta di Harry con le sue lacrime, con i suoi timori –“i-io sono brutto, sono inutile, non ho talento, non ho muscoli, sono basso, sono odioso, sono..”
Harry lo zittì, allontanandolo violentemente dal suo corpo e baciandolo sulle labbra, zittendolo. Facendogli capire che non era vero quello che diceva, non era vero quello che si diceva. Era falso, era solo la sua mente che glielo imponeva, che per lui non era vero, che per lui era diverso.
Harry lo guardava, dopo il bacio.
Non aveva mai visto qualcosa di più perfetto di quel ragazzo. Anche in quelle condizioni, anche distrutto, malato e depresso.
Impossibile resistere alla sua bellezza.
I suoi capelli morbidi, i suoi occhi azzurri, la sua carnagione leggermente abbronzata,la sua voce incantevole, l’avevano conquistato.
Dietro di lui, una vita terrificante, una verità che Harry non avrebbe mai immaginato, ed era sempre stata davanti ai suoi occhi. Poteva sentirsi una nullità come in quel momento, per Harry era perfetto.
E avrebbe provato di tutto per fargli capire i suoi sentimenti, per portarlo fuori da quel tunnel, per salvarlo da se stesso, per farlo sentire abbastanza importante, per amarlo, anche se amarlo sembrava impossibile.
Non doveva aver paura, Harry non l’avrebbe mai lasciato, l’avrebbe amato come meritava.
 “Sei perfetto per me, Louis.” – sussurrò unendo ancora le loro labbra in un casto bacio, delicato, pieno d’amore.
Louis assorbì le parole di Harry, ma non riuscì a credergli. I suoi pregiudizi erano troppo irradiati in lui, troppo. Ma restò comunque accanto al riccio, che non gli aveva lasciato le mani per nessun motivo al modo, che era rimasto lì accanto a lui, che cercava di salvarlo, ma lui non voleva essere salvato, o magari sì, ma non voleva che Harry provasse pena nei suoi confronti, non voleva che il suo essere depresso l’avesse portato all’esasperazione, che.. non riuscì a finire il pensiero che i denti di Harry morsero delicatamente il suo labbro, facendogli dischiudere le labbra e permettendo ad Harry l’accesso completo alla sua bocca, facendo nascere un bacio.
Non un bacio qualsiasi. Un bacio in cui due forze opposte di contrapponevano.
Voglia di aiutare contro voglia di autopunirsi.
Forza di volontà contro rassegnazione.
Amore intenso contro amore timoroso.
Paura di perdere l’altro contro paura di vivere.
Dolcezza contro acidità.
Harry contro Louis.
Amore contro dolore.
Voglia di vivere contro voglia di morire.
Vitalità contro depressione.
Vita contro morte.
 
 
La mattina dopo, Louis aprì gli occhi e guardò il soffitto.
Si toccò il corpo e sentì che fosse nudo. Sorrise tra sé e sé.
Avevano fatto l’amore.
Dopo quel bacio non avevano capito più nulla, erano andati in camera, i vestiti erano volati via, si erano fusi in un unico corpo, ed era stato bellissimo sentire Harry dentro di sé. Si era sentito vivo, si era sentito pieno, felice, appagato. Accarezzò una spalla di Harry, e vi diede un bacio sopra.
Era stato attento a lui, a non fargli male, era stato delicato, e dolce.
Gli aveva trasmesso così tante belle cose in una notte, che Louis si chiese come avesse fatto a farne a meno fino a quel giorno.
Era così tenero da addormentato. Da sveglio era un leone, coraggioso, forte, pronto a difenderlo da tutti e da tutto; da addormentato diveniva un cucciolo indifeso, un agnellino da proteggerle.
Posò un bacio tra i suoi ricci ancora bagnati, e si diresse in bagno.
Non per farsi del male o per vomitare. Doveva solo andare in bagno.
Sorrise dirigendosi in quella stanza, e avvicinandosi al water, ma appena passò davanti allo specchio, quasi non si riconobbe. Deglutì diverse volte, per non farsi riprendere dallo sconforto.
L’immagine nello specchio non gli piaceva.
Il suo viso era deperito, il suo corpo troppo magro, aveva evidenti occhiaie sotto gli occhi, era uno scheletro, uno scherzo della natura. Ma cos’era diventato?
Come aveva fatto Harry a fare l’amore con un tale scherzo della natura?
Allora era vero, era stato con lui solo per pietà, solo perché gli faceva pena?
Guardati, sei orrendo.
Ma ti piaci così magro, così piccolo, così brutto?
Andiamo, Louis, vuoi diventare bello per Harry?
Vuoi essere perfetto?
Non lo sarai mai. Harry non ti vorrà mai più.
Ha fatto sesso con te, non l’amore. Rassegnati. Nessuno ti vuole.
Ucciditi, fai prima.
Sei brutto.
Sei uno scherzo della natura.
Basso.
Magro.
Brutto.
Orribile.
Schifoso.
“Basta, basta!” – urlò dando un pugno nello specchio, che cadde a terra in mille pezzi sotto i suoi piedi, che si frantumò, mostrando non una, tre, quattro, cinque immagini di lui, immagini orrende, immagini brutte, immagini schifose. E tutte continuavano ad urlargli quelle parole, come una nenia nella testa.
Basso.
Magro.
Brutto.
Orribile.
Schifoso.
“Basta, vi prego, basta!” – e più cercava di pestare quei pezzi di vetro, più quelli gli ripetevano quanto schifo facesse più li pestava più si sentiva brutto, più vedeva la sua immagine riflessa, più si faceva schifo.
Sei uno dei tanti, gli hai fatto pena.
Basso.
Magro.
Brutto.
Orribile.
Schifoso.
Louis si accasciò per terra, piangendo ancora, singhiozzando. La bella sensazione provata quella mattina era svanita, aveva lasciato spazio ad un’altra orribile sensazione. L’essersi reso conto di quanto si fosse fatto male da solo, di quanto schifo facesse, faceva male, era una sensazione orribile. Ed era stata solo colpa sua.
La porta del bagno si spalancò e il suo salvatore giunse in suo soccorso, entrando nel bagno, spostò con i piedi i pezzi di vetro e giunse accanto a lui, prendendolo in braccio mentre ancora piangeva, per portarlo in camera da letto, dove gli curò le ferite fisiche provocate dai cocchi di vetro e tentò di riparare quelle psicologiche che si era creato da solo.
“Perché lo fai? Lasciami morire, non merito di starti accanto..”
“Perché ti amo, Louis, ti amo.”  
Lo accudì dolcemente, fino a che non si addormentò di nuovo tra le sue braccia cullato dalla sua melodica voce, non prima di aver detto all’orecchio di Harry, in un sussurro così basso che persino il diretto interessato non sentì, una semplice parola che fece vibrare il cuore di Harry, che gli disse che tutto forse stava per finire, qualcosa che finalmente gli diede una vera speranza.
Una richiesta, una supplica. Una sola parola, che in quel momento significava tanto per entrambi.
Per il più piccolo, significava poterlo aiutare davvero, poter fare finalmente qualcosa per lui, e non osservalo più distruggersi da solo. Per il più grande, era ammettere di aver bisogno di aiuto, di aver bisogno di uscire da quell’incubo, e di aver bisogno di essere amato, di essere salvato.
Una sola richiesta:
“Salvami”
 

*

 
Louis aprì gli occhi, guardando il soffitto.
Sorrideva. Finalmente sorrideva davvero.
L’incubo in cui era caduto, era finalmente un lontano ricordo, finalmente non soffriva più.
La domanda 'perfetto?' che si era inciso sul polso si era ormai rimarginata, ed era rimasta solo una cicatrice, una cicatrice che simboleggiava tutta la sua forza, e tutta la sua voglia di riscattarsi.
Era una mattina speciale. Era il giorno della sua laurea. Era il primo del suo gruppo a laurearsi. E finalmente aveva abbandonato quella stupida armonica che al conservatorio non serviva a nulla, e si era dedicato al violino. Era diventato un portento. Dopo aver chiesto ad Harry di salvarlo, tutto era andato nella direzione giusta. Man mano aveva iniziato a recuperare peso, a mangiare di più. Era stato difficile, nei primi tempi, qualsiasi cosa mangiasse gli faceva venire il mal di stomaco, lo infastidiva, era di troppo nel suo stomaco. Ma dopo due anni, il peggio era passato, e quella mattina si preparava a prendere finalmente quel pezzo di carta per cui aveva sudato tanto.
Era orgoglioso di se stesso. Era uscito a testa alta da un periodo terribile. Il suo ragazzo era ancora accanto a lui, e non si azzardava a lasciarlo solo, per nessuna ragione al mondo.
Si stiracchiò, sorridendo e tastò accanto a sé. Non trovò il riccio, e un senso di vuoto lo accolse.
Dannata emotività. Si alzò dal letto, ricordandosi solo quando fu fuori dalle coperte che facesse ancora freddo. Afferrò un maglione di Harry, perché nonostante tutto era molto più piccolo di lui di corporatura e a gambe nude andò in cucina, dove lo trovò intento a smanettare ai fornelli.
“Buongiorno, Lou!” – sorrise vedendolo –“una colazione perfetta, per il perfetto laureato. Forza, mangia!”
“Haz, sono agitato, non ho fame.” – sorrise timido –“grazie però..”
“Solo una frittella, dai Boo..” – fece sporgendo il labbro inferiore, facendo sorridere il castano, che si avvicinò e gli stampò un bacio sulle labbra dolcissimo.
“Hai vinto, prenderò una frittella.” – sorrise sedendosi a tavola, mentre il suo ragazzo gli porgeva un piatto con una fumante pila di frittelle. Louis scosse la testa, e mangiò lentamente tutte le frittelle che il riccio gli aveva porto. Se non l’avesse fatto, quello avrebbe dato di matto, dicendogli che era ricaduto nell’anoressia e che non voleva rivivere quell’incubo. E in parte, il piccolo Harry aveva dannatamente ragione. Louis aveva perso se stesso, ma poi si era ritrovato, tornando ad essere lo spensierato ragazzo di Doncaster.
La porta dell’appartamento trillò e il minore andò ad aprire, venendo sommerso dai fiori che venivano recapitati al ragazzo. Louis arrossì. Di certo non si aspettava dei fiori, essendo lui un ragazzo, ma con degli amici imprevedibili come i suoi era impossibile non pensare una cosa del genere.
Tanto per fare un esempio, Niall era rimasto con Lucy, cosa che nessuno si aspettava, visti gli alti e bassi di quella coppia; Zayn e Liam dopo diversi tira e molla con delle ragazze, avevano capito di amarsi, e stavano insieme da due mesi, ormai. E Harry.. Harry restava sempre il solito ragazzo perfetto che lo amava.
“Buongiorno, laureando!” – fece Liam, dandogli una pacca sulla spalla –“come ti senti?”
“Emozionato. Tanto emozionato.” – rispose sinceramente Louis.
Gli altri due lo raggiunsero, sorridendo.
“Hai mangiato? La colazione è il pasto più importante della giornata, insieme al pranzo, la cena, la merenda, lo spuntino delle sette, lo spuntino di mezzanotte e se sei ancora sveglio, delle tre di notte.” – sentenziò Niall, sedendosi accanto a Louis.
“Sì, nonna, ho mangiato.”
“Bravo, ragazzo.” – si complimentò il biondo scompigliandogli i capelli.
“Niall, sempre il solito, fallo respirare, non è che perché non mangia una volta al giorno, ritorna anoressico.” – lo riprese la riccia arrivando alle spalle dei ragazzi –“in bocca al lupo, Louis!” – sorrise.
“Grazie, Lucy.” – sorrise sinceramente guardandola.
“Mi raccomando, Louis, non sbagliare, sei bravissimo!” – fece Zayn, sorridendo e prendendo la mano del suo ragazzo, già pronto ad uscire dalla porta, seguito dagli altri, che a turno augurarono la buona fortuna a Louis, prima di andare via. Lo avrebbero aspettato in accademia.
“Uhm.. il mio ragazzo non mi ha salutato però”- si lamentò con voce bambinesca, attirando l’attenzione del riccio, che si avvicinò a lui e lo avvolse con le sue braccia, stampandogli un bacio sulle labbra, sedendosi sulle sue gambe.
“Fatti valere, amore.” – gli sussurrò baciandolo.
“Mmh.. facciamo la doccia insieme?” – chiese il più grande facendo storcere il naso al più piccolo, che non disdegnò la proposta dell’altro. E infatti, si ritrovarono ancora una volta fusi in un unico corpo, sotto il getto rilassante della doccia, prima di prepararsi di tutto punto e recarsi in accademia, dove erano attesi per la discussione della tesi di Louis.
Quando fu chiamato, tutti restarono immobili, con il fiato sospeso, fino a che non terminò, e tutti applaudirono, congratulandosi con il giovane che sorrideva sinceramente, e serenamente. Era così felice, che non avrebbe mai potuto esserlo di più in vita sua. Si sentiva bene, felice, soddisfatto, per niente inferiore.
Amava Harry, e si era reso conto che il riccio amasse lui più di qualsiasi altra cosa.
In fondo, se Louis si era salvato, era stato grazie ad Harry, e il ragazzo, non gli sarebbe mai stato più grato in vita sua. Lo aveva portato via dall’incubo, lo aveva fatto tornare a vivere.
Corse da lui, facendosi quasi prendere in braccio, dopo che il suo voto fu annunciato, un 100 tondo. Non era il massimo, ma era il massimo a cui potesse aspirare uno che aveva perso un anno della sua vita a deprimersi, no?
Baciò Harry con trasporto, ringraziandolo, facendogli capire che era amore vero quello che provava, e finalmente, c’era arrivato. Finalmente non aveva più paura di nulla.
“Ti amo, Harry, grazie, è tutto merito tuo” – confessò baciandolo.
“Ti amo anche io, Louis, e no, è merito tuo se sei qui, ora.”
Harry lo baciò a fondo, con desiderio e trasporto, con amore e voglia di continuare a vivere e stare insieme. Perché Harry non lo aveva ucciso, lo aveva salvato, lo aveva fatto tornare in sé.
E poi lo aveva, semplicemente, amato.
Davvero.
 
 





NO, JIMMY PROTESTED!

Lo so, dovrei aggiornare la long. E lo farò, non oggi, ma lo farò.
Ma niente, era un mese che non pubblicavo OS e.. mi mancavano. Lo sapete che amo le OS, quindi.. ecco una nuova scoppiettate, circa, OS.
E' triste, è depressa, ma non muore nessuno.
Chi piange?
Mi odiate?
Lo so, mi odio anche io.
Tornando seria per un attimo, ho trattato tematiche delicate, molto delicate, quindi spero di non essere stata superficiale o non lo so.
Circa il 99% dei complessi di Louis sono miei, anche se io non ho mai commesso atti estremi, ci sono andata vicino però. Però non è morto nessuno, quindi.. LOL 
Comunque, spero che la OS vi sia piaciuta.
Non dico altro, non voglio dilungarmi troppo come al solito.
Ringraziamo Lu, come al solito per il banner, e per gli scleri insieme e.. sì, la ragazza di Niall si chiama Lucy contenta? :3
C'è un accenno Ziam, e niente..
Spero di non aver scritto una valanga di puttanate lol
Mi dissolvo, spero vi piaccia!
Vi ringrazio sempre di tutto il supporto, e tutte quelle che continuano ad aggiungermi agli autori preferiti.
Grazie mille.
Nuove OS prossimamete in arrivo, don't worry :3
*wooosh*

P.s si, anche questa  conta 12 pagine circa. Non so scrivere poco, scusatemi :3 

   
 
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