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Autore: zeroborine    25/03/2013    116 recensioni
Zayn dorme, Louis no. Liam ha una storia a distanza. Niall è, molto probabilmente, la reincarnazione di Mozart. Per vivere, gestiscono un albergo senza nome.
Harry ancora non lo sa, in realtà, ma presto sarà un poeta. Maschio.
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
[ ATTENZIONE! Questa storia contiene Harry/Louis ] [ Autore: zeroschiuma ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Brevi note delle quali a nessuno interessa (x) - Ho scritto questa storia completamente dal cellulare, aggiungendo l'HTML paragrafo per paragrafo di notte, perché non ho un PC mio ;_; (TORNA DA MAMMA COMPUTER!) e, soprattutto, perché ultimamente vedo casa mia solo in foto.
Ad ogni modo... Ce l'ho fatta, yay! o/ Non saprei neanche dire da dove tutto questo salti fuori, to be honest, ma eccolo a voi e spero che non deluda le aspettative di nessuno!

Cose più interessanti - Questa è la storia che ho chiamato per un sacco di tempo hotel.html e di lei, per dovere di cronaca, dovete sapere una serie di cose.
- Qui è dove, teoricamente, si trova l'albergo in cui la storia è ambientata. Ovviamente ò_ò nella realtà non è un albergo, quindi non ci andate, se vi trovate a passare per London! X'D ...In compenso la libreria che nomino varie volte all'interno della storia e nella quale ho pure avuto la decenza di ambientare una scena (i proprietari dovrebbero ringraziarmi, seriously è_é) esiste eccome.
- Ho creato un tag sul mio Tumblr per i materiali relativi a questa fanfiction. Mi sono divertita molto ♥ e quindi mi premeva mettervene al corrente. u_u
- Tutti le raccolte di poesie che cito all'interno della trama esistono. Nel caso foste interessati alla questione, Google esiste e vi ama, ma potete anche chiedere a me e sarò felice di istruirvi in materia. Ovviamente esiste anche Madame Bovary, ma questo suppongo non debba dirvelo io. No? XD
- La storia non chiarisce, se non per sommi capi, cosa un haiku sia. Il mio consiglio è di farvelo spiegare da Wikipedia o da questo articolo.
- EDIT! Qui trovi la masterlist dei lavori ispirati ad Haiku. Se hai scritto anche tu uno spin-off, fatto una fanart, un video o chissà cos'altro, contatta la giovane S. e e sarai aggiunto a questa masterlist!

Haiku è un'AU, PG-15, scritta da zeroschiuma per The Zeroborine Project. È, inoltre, un'opera di fantasia a scopi non commerciali che l'autrice si prende la libertà di dedicare a precipitiamo.
Per recensioni, commenti, fanproduzioni relative all'opera e chiacchiere a casaccio, l'autrice (...io XD) è facilmente rintracciabile via Twitter.

Buona lettura! ♥










HAIKU
Di zeroschiuma

Al piano terra c'è la hall. Il bancone è lucido, laccato, ma sempre impolverato e pieno di graffi. Dietro c'è una bacheca: venti caselle, quaranta chiavi. Una chiave va all'ospite, l'altra a Louis.
Louis è il ragazzo che sta dietro al bancone. Il ragazzo che sta sempre dietro al bancone. Sorride ai nuovi ospiti, porge loro il registro da firmare, dà loro una chiave, sorride.
"L'insonnia non è una malattia" dice sempre. E lo sa dire anche in francese, in italiano, in spagnolo ed in latino. Il latino non gli serve a molto, perché non ha mai messo piede all'università.




A destra della hall c'è la sala da pranzo: venti tavoli da quattro, un buffet, un bar mediamente fornito e cinque sgabelli alti. Colazione, pranzo e cena sono compresi nel prezzo delle camere. Gli alcolici, dei quali si occupa Zayn, vanno pagati a parte.
Zayn serve ai tavoli a pranzo e sta dietro al bar dopo cena. Qualche volta canta.
Ha un sacco di tatuaggi sul braccio destro, qualcuno sul petto, qualche altro sui fianchi. Tra questi, c'è un microfono. Se potesse scegliere, nella vita, oltre che cantare, dormirebbe soltanto.





Al primo ed al secondo piano ci sono le camere da letto. Dieci su un piano e dieci su un secondo: cinque singole e cinque matrimoniali al primo; cinque triple e cinque doppie al secondo. L'ascensore funziona solo i primi dieci giorni di ogni mese; poi puntualmente si rompe ed, i soldi per farlo riparare, non ci son mai fino alla fine del mese. In uno stanzino accanto all'ascensore, al primo piano, c'è la stanza della biancheria.
Della biancheria si occupa Niall. Ogni mattina, dalle nove ad ora di pranzo, si occupa delle camere: rifà i letti, pulisce il bagno, cambia asciugamani ed accappatoi, lava il pavimento, pulisce la moquette ed i vetri, lascia un cartoncino sulla maniglia della porta. Di sera, serve la cena. Le forchette d'acciaio contro i piatti di ceramica suonano sempre in mi bemolle.
Se glielo chiedi, ti risponde che possiede soltanto la sua chitarra, che più che altro è un pezzo di legno acquistato quando ancora viveva in Irlanda, per qualcosa meno di cinquanta euro, e che non ha la più pallida idea di quanti siano cinquanta euro in sterline. "Pochi, comunque" ammette.
Suona la sua chitarra ogni sabato sera, in sala, per tutti gli ospiti. Zayn canta.





Al terzo piano non c'è niente. O, meglio, c'è solo l'ufficio di Liam e due camere da letto.
Nell'ufficio di Liam c'è una scrivania, un computer con Windows 95 installato e pronto all'uso e tutte le ricevute fiscali e gli estratti conto e le bollette pagate da giugno dell' '83 ad oggi, messe in ordine in cassetti piccoli, con etichette scritte in penna blu. La prima camera da letto è molto piccola, con due letti a castello su due pareti opposte. Zayn e Niall dormono nelle cuccette della parete di sinistra; Liam dorme nella cuccetta in alto, sulla parete di destra; la cuccetta a destra in basso è l'armadio di Louis.
Da quando Paul e Clodagh sono tornati in Irlanda, la seconda camera da letto è sempre vuota.
Qualche volta, quando l'albergo è vuoto o poco abitato, Louis prende le chiavi, recupera uno alla volta i suoi colleghi ed escono sul balconcino a parlare, a fumare le sigarette di Zayn, a sentire le storie di Liam, a suonare la chitarra di Niall.





Anche la cucina, da quando Clodagh e Paul sono andati via, è sempre vuota. Niall e Zayn si preoccupano di pulirla, ma non è lo stesso.
A colazione il buffet consiste in latte che Niall scalda prima di sistemare la sala, biscotti confezionati, yogurt, pane bianco, marmellata e té. Il pranzo è sempre al sacco: prosciutto e formaggio, salame, bacon, succhi di frutta di ogni tipo. Della cena, la maggior parte delle volte, si occupa Liam: sa cucinare solo pollo, pollo in tutte le sue varianti, ma almeno una volta alla settimana dà a tutti il brivido di un piatto di pasta, spesso crudo o salato.
Louis, per puro spirito di conservazione, non si avvicina ai fornelli.
La cucina è al piano terra ed ha tre entrate: dalla hall, dalla sala da pranzo e dall'esterno. Qualche volta Liam dice che una cucina del genere sembra disegnata per un grande chef o per una brava massaia. Gli altri sollevano solo le spalle e qualche volta, sperando che Louis non se ne accorga, nascondono la biancheria sporca nelle credenze vuote. Ciò che Louis non sa non danneggia nessuno.





***






Because aren’t we all unfinished?
Don't we all need editing?
Aren't we all waiting to be read by someone, praying they will tell us that we make sense?

(Rudy Francisco, A Lot Like You).

Bussa per un po' senza ottenere risposta. Nell'attesa, si pulisce le suole delle scarpe contro lo zerbino, si sistema il ciuffo di capelli che gli ricade sulla fronte, si rimette lo zaino sulla spalla denstra, si sbottona e riabbottona la giacca un totale di dieci volte contate. Alla fine prova a spingere la porta e quella si apre. Classico.





"Tu sei Liam?" chiede.
"No?".





Dai diciotto ai venticinque anni, occhi celesti e non azzurri, celesti, naso piccolo, occhiali da vista, t-shirt a righe orizzontali. Guarda Harry negli occhi per qualche secondo, evidentemente perplesso; poi gli sorride, senza nessuna malizia, come divertito, e "una camera costa dodici sterline a notte, prima colazione compresa. Un week-end trenta sterline, una settimana cinquanta. Tutti i pasti sono compresi" spiega, come recitando a memoria. "Singola, doppia, matrimoniale o tripla?".
Harry non sa cosa dire. Si gratta la testa, biascica un "ehm" tutt'altro che eloquente e "no" tenta, tossicchiandosi nel pugno stretto, "io sono Harry: ho parlato al telefono con Liam questa mattina".
Ma il ragazzo lo interrompe. "Senti, Harry" lo ammonisce, ponendo l'accento su quel vocativo, "non so cosa ti abbia detto Liam al telefono, ma per quanto mi riguarda fanno comunque dodici sterline, fossi anche il principe Harry".
Harry scuote la testa, abbozza un sorriso, tira fuori il proprio curriculum spiegazzato dalla tasca dei jeans, ma poi arriva un ragazzo alto, pallido, molto magro, con i capelli rasati e due occhi scuri ed espressivi. Lo fissa per un secondo, mentre Harry cerca di dare una parvenza di professionalità al pezzo di carta, prima di "Harry Styles?" chiedere, porgendogli una mano grossa e nodosa da stringere.
Il ragazzo alla reception guarda a turno Harry e poi l'altro ragazzo, l'altro ragazzo e di nuovo Harry. Poi si rivolge alla persona alla quale Harry sta ancora stringendo la mano, un attimino preso in contropiede, e "hai promesso un'altra volta vitto ed alloggio ad un senzatetto?" ipotizza, serissimo.
Harry, dal canto suo, non si definirebbe un senzatetto. Non nell'accezione standard dell'espressione, almeno: no, non ha una casa; sì, Liam gli ha offerto vitto e alloggio. E sta per spiegare al ragazzo dietro al bancone tutto questo, quando l'altro "non badare a Louis, Harry" gli consiglia, indicandogli qualcosa alla sua sinistra. "Seguimi" gli ordina, ma con cortesia.
Allora Harry lancia un'ultima occhiata al ragazzo dietro al bancone, lo osserva mentre si sfila gli occhiali e li segue, divertito, con lo sguardo, prima di tornare ad un libro che tiene sulle ginocchia. E poi, con un breve cenno del capo alle sue spalle, segue quello che deve essere Liam fino alla cucina.





Quando Paul e Clodagh erano ancora a Londra, i dipendenti dell'hotel avevano una divisa: polo rosa col logo dell'albergo, pantaloni blu, scarpette di tela. Da quando sono via, i ragazzi indossano quello che vogliono.
Per questo Zayn, appena sveglio, trova Louis in pigiama, alla sua postazione, con gli occhiali da vista a tenergli i capelli fermi sulla fronte ed un'espressione perplessa sul suo viso puntuto e grazioso come quello di una ragazza.
"Quanto ho dormito?" gli chiede, passandosi il palmo della mano sul mento coperto di barba nera ed ispida.
Louis solleva lo sguardo dal suo solito libro, controlla l'orologio alle sue spalle e "quindici ore" calcola.
Zayn annuisce. Sta per raggiungere Louis dall'altra parte del bancone, come avrebbe fatto quando Paul e Clodagh erano ancora i loro datori di lavoro, ma poi si blocca, come messo in pausa, e si ricorda che, se lo facesse, a Louis non piacerebbe. Cerca il pacchetto delle sue Marlboro nella tasca del proprio giubbotto di pelle, allora; se ne mette una spenta tra le labbra: prima a rovescio. Poi, con un'espressione disgustata, dal verso giusto. "Mi sono perso il nuovo cuoco?" chiede.
"Il nuovo che?" domanda Louis, sorpreso.
Zayn è tentato di fumare nella hall. Un tempo, Paul l'avrebbe prima ucciso, poi licenziato, poi riconsegnato in pezzettini microscopici a sua madre ed alle sue sorelle; oggi, se non lo fa, è solo perché a Louis non piacciono i cambiamenti. "A mezzogiorno" dice, controllando che il proprio accendino da cinquanta pence funzioni ancora: "ha contattato Liam la settimana scorsa". Si sistema la sigaretta dietro l'orecchio, incrocia le braccia sul bancone, guarda Louis ed il suo pigiama come per sfidarlo. "Dal Cheshire, pare: Liam non ci ha detto altro" spiega. Tutti lo sanno: Louis non dovrebbe fare questo lavoro; dovrebbe relazionarsi solo con cose senza data di scadenza, come i libri, le case, le promesse. Invece fa un mestiere che gli impone di dare chiavi a gente sempre nuova, ogni giorno, che lo tiene lontano dalla sua copia di Madame Bovary, che lo costringe a bere latte a scadenza prossima perché costa meno. Tutti sanno che Louis non dorme. Tutti, tranne Louis. "Ok" dice quindi Zayn, più a se stesso che altro. Poi saluta Louis con un cenno del mento, si allaccia gli stivali ed esce fuori a fumare.





Niall entra in cucina per recuperare qualche accappatoio dalla credenza segreta e ci trova Liam, un odore paradisiaco ed un ragazzo alto qualcosa come sei piedi, che Niall non sa quanti siano in centimetri, ma comunque molti, con una testa piena di ricci domati a stento da un frontino, con la faccia sporca di farina e che canta un pezzo di Stevie Wonder. Pure benino.
"Devo dirlo a Zayn" esclama, dando un'occhiata al pan di Spagna appena sfornato, alla panna montata, alla mousse al cioccolato ed alla teglia di muffin che riempiono la cucina che Paul e Clodagh hanno lasciato vuota per troppo tempo: "Dio esiste".
Il ragazzo coi ricci ridacchia, una specie di latrato in si bemolle, e "sono Harry" dice, porgendogli una mano sporca di farina, "ma anche Dio va bene".
Liam sembra soddisfatto, sereno come non lo si vedeva da mesi, quando porge un muffin fumante a Niall e "la mia laurea è carta straccia" dice, scuotendo la sua testa a pelo corto: "a che serve saper risolvere una disequazione, quando sei un talent scout?".
Niall non è molto convinto, ma prende comunque il muffin dalle sue mani. Se glielo domandi, Niall ti dice di amare solo due cose al mondo: la musica ed il cibo. Sul cibo, nella fattispecie, ha una teoria: mangiare comincia dal naso, non dalla bocca come dicono certi manuali di biologia. Annusi. Se l'odore è buono, la pietanza sarà buona; se l'odore non è piacevole, non puoi c'è da aspettarsi che il cibo lo sia. Ed, a quanto pare, l'odore del muffin di Dio - Harry, sol diesis - promette bene.
Il ragazzo lo guarda negli occhi, mentre Niall morde il muffin. E lo sta ancora guardando, mordendosi il labbro inferiore, quando Niall spalanca gli occhi, si lancia tra le braccia di quello sconosciuto dai ricci scomposti e "Dio" lo apostrofa ancora, "ti amo".
Liam batte le mani, esclamando un modestissimo "sono un genio!". Il ragazzo, una volta liberatosi dall'abbraccio di Niall, fa un mezzo inchino a mo' di ringraziamento e va ad occuparsi della torta di mele ancora dentro il forno.





Zayn non ha problemi.
Si sospetta che Liam abbia una fidanzata immaginaria; Niall potrebbe essere la reincarnazione di Mozart ed invece pulisce cessi; Louis non dorme, senza neanche ammetterlo, da poco dopo aver lasciato la villa dei suoi genitori. Zayn, dal canto suo, non ha problemi. A volte vorrebbe avercela, la sua dose di problemi. È stato con un bel po' di ragazze, canta quanto gli basta e, di tanto in tanto, sente persino sua madre e le sue sorelle. Ok, dorme molto. Ma non è il dormire in sé a piacergli: a Zayn, più di tutto, piacciono i letti.
Sta pensando a queste cose, quando la porta d'ingresso dell'albergo, quella su 1/D Marmion Road, di fronte alla libreria La Page, si spalanca. Rivela un Liam quasi radioso, con un sorriso completamente fuori dal personaggio dipinto in volto. Quella che gli porge, apparentemente, è una fetta di torta al cioccolato. Con panna?
"Pensavo che il cuoco ti avesse dato buca" dice Zayn, prendendone un boccone.
Liam scuote la testa. La torta è, ad occhio e croce, la cosa più buona che Zayn abbia messo sotto ai denti da quando Paul e Clodagh sono tornati in Irlanda. Di conseguenza, mentre comincia a piovere, Zayn si sta già chiedendo che problemi abbia il loro nuovo cuoco.
Perché, oggettivamente, per accettare un lavoro come il loro, non può non averne.





"Té con fruttosio, una spruzzata di latte scremato, torta di mele senza glutine, crema chantilly. Fanno otto sterline".
Louis solleva le sopracciglia. "Il nostro nuovo cuoco è un barbone del Cheshire, Liam".
"Ha talento".
Louis sbuffa. "Sarà scappato di casa. Quanti anni ha? Sedici?".
"Diciannove".
Louis prende la forchetta che Liam gli porge. Il té, ovviamente, è perfetto: Liam Payne, il maledetto, sa come comprarsi i suoi favori. "Però è scappato di casa".
"Tommo, Dio mio, non lo so". Un sospiro. "So solo che ha pressato cento hamburger per la cena, che abbiamo quattro dolci e che per domenica a cena ha promesso pudding".
Liam sa palesemente come comprarsi i favori di Louis. Un boccone. Un boccone solo della torta di mele. Mastica. Ingoia. Si toglie gli occhiali. "Ok" sentenzia alla fine Louis, con un secondo boccone già a mezz'aria: "può restare".
Liam, mentre torna in cucina, sta saltellando.





Harry ha capito solo che Liam non ha molti capelli, che Niall è un falso magro e che Louis ha gli occhi celesti.
Zayn gli sembra, ad occhio e croce, il più sano di mente. Gli stila velocemente un grafico riassuntivo con gli orari della cucina, gli chiede di preparare un menu della settimana che sarà lui stesso a stampare su carta ed a disegnare sulla lavagna a gesso e poi, con una sigaretta spenta tra le labbra, gli mostra il resto dell'albergo.
Vedono un sacco di corridoi tutti uguali, una serie di camere anonime, qualche estintore attaccato alle pareti e fanno le scale, perché a quanto pare l'ascensore fa un po' quello che gli va e non gli va quasi mai di portare su e giù la gente. Al terzo piano, in mansarda, c'è l'ufficio di Liam ed una camera con quattro letti.
Harry si sistema un ciuffo di capelli sulla fronte, posa il proprio zaino sul pavimento ed "ehm" abbozza: "dormirò sul pavimento?".
Zayn scuote la testa. "Hai due possibilità" gli anticipia, tenendo il conto sulle mani: "uno, prendi la cuccetta sotto a quella di Liam, quella piena di cianfrusaglie; due, prendi la camera matrimoniale dall'altra parte del pianerottolo". Poi si ferma, guarda Harry negli occhi, scuote la testa e, quasi affettuoso, "una vale l'altra, amico mio" gli spiega: "in entrambi i casi dovrai vedertela con Lou".
Lou, Harry dà per scontato, sta per Louis. Occhi celesti. "E perché?" chiede di conseguenza, curioso.
Zayn solleva le sue sopracciglia scure, poi l'indice e "ancora due cose" elenca, sempre tenendo il conto, questa volta ad appena un pollice dal naso di Harry: "uno, Louis non dorme; due, a Louis non piacciono i cambiamenti".
Quindi, riassumendo: Louis ha gli occhi celesti, soffre d'insonnia ed è affetto da una leggera forma di autismo. Fun fact about Harry: su cento persone, sarà sempre attratto dalla più sociopatica.
Allora Harry ci pensa su per un istante e "emh" balbetta: "dormo nudo?".
Zayn ride a denti stretti, gli allaccia un braccio intorno alle spalle e "fatti dare la chiave della camera di Paul e Clodagh" gli consiglia, persino con un occhiolino complice. Poi gli dà una pacca affettuosa su una spalla e "buona fortuna" gli augura. Decisamente il più sano di mente.





***






You have a choice in this world, I believe, about how to tell sad stories, and we made the funny choice.
(John Green, The Fault in Our Stars).

Harry lascia Zayn a Niall dietro al bar a tener compagnia ai clienti. Agli ospiti.
Si avvicina alla reception, posa entrambe le mani sul bancone, di spalle, fa leva sui palmi e si tira su, a sedere. Louis, occhi celesti, sociopatico, neanche solleva lo sguardo dal proprio libro. "Sì" dice, "puoi prendere la camera matrimoniale al terzo piano".
Harry, con le gambe penzoloni, gli fa segno di passargli la chiave. Louis gliela porge, ancora senza guardarlo negli occhi. Allora Harry si schiarisce la voce e "ragazzi o ragazze?" chiede.
Louis si sistema gli occhiali sul naso, fa scorrere un dito su una pagina e "libri" risponde.
Harry arriccia il naso, si scompiglia i capelli con un gesto e riflette. "Libri maschi o libri femmine?" chiede ancora. Se Louis vuole giocare, tanto vale stare alle sue regole.
E questo, a quanto pare, questo stare al gioco, attira finalmente la sua attenzione su Harry: gli concede un'occhiata vagamente stoica, poi chiude il libro, che si rivela essere nient'altro che un libretto di poesie con un uomo con una maschera da cervo in copertina, e "vuoi dire autori maschi o autrici femmine" lo corregge, serio.
Harry scuote la testa e, per tutta risposta, decide di cambiare argomento. "Zayn dice che non dormi". Louis lo sta ancota guardando, ma non accenna a controbattere. "Dice: mai" insiste quindi Harry. Louis scrolla le spalle, come se l'argomento non fosse di sua competenza. "Quindi ti occupi della reception anche di notte" tenta allora Harry, abbastanza perplesso.
Louis, a questo, solleva le sopracciglia: "giorno e notte, sì" conferma, quasi con un tono di sfida.
"Tutto solo?" incalza allora Harry.
Il fatto è questo: ad Harry, questo Louis piace. Per questo sorride, divertito, quando Louis "poeti" risponde, con qualche domanda di ritardo, "maschi", e poi, chiavi in mano e sorriso trionfante in volto, Harry scende con un balzo dal bancone, raggiunge l'ascensore con le chiavi in mano, prima di ricordare ciò che Zayn gli ha detto a proposito della fine del mese, delle scale, di quella volta che Liam e Niall sono rimasti bloccati in ascensore per sei ore e Niall ha chiesto a Liam di sacrificarsi per il bene della comunità in qualità di suo ultimo pasto.





Entra in cucina, recupera un fazzoletto di carta ed una penna e, senza dare troppa importanza alla cosa, scrive.
Luna
Poesie nella testa:
Fotto meglio di come scrivo.
Louis ha detto poeti maschi, giusto?




Prende il registro con le firme degli ospiti, segna due o tre nomi sulla propria agendina e poi "allora?" chiede.
Louis solleva gli occhi dai versi I stand obnoxious underneath it / Begging for the stars to shoot at me / Just so I can feel at home e "dorme da un'ora in camera di Pauly e Clodagh" riassume.
"Mi sembra un tipo ok".
A Louis non sembra per niente ok. "Dice un sacco di sciocchezze" sentenzia.
"Anche tu" lo offende, come al solito, Liam. Poi si mette l'agendina nella tasca dei pantaloni, si sporge verso Louis oltre il bancone, gli afferra le spalle, gli posa un bacio a stampo sulla fronte e "buona notte, Tommo" gli augura.





Harry, prima di addormentarsi, pensa a qualcosa che Zayn deve aver detto, perché, pur con tutta la fantasia della quale un uomo può disporre, nessuno potrebbe aver inventato una cosa simile.
"I dialoghi tra Liam e Louis" ad Harry sembra abbia detto "sono come le battute di un copione: conversazione pura, senza introspezione".





La sveglia suona alle sei, alle sei un quarto ed alle sei e mezzo.
Alle sei e quarantacinque, Liam esce dal bagno con uno spazzolino luminoso in mano e ci entra Niall. Zayn sta ancora dormendo alle sette in punto, quando tutti vanno al piano di sotto ed Harry può fare una doccia.
Louis è sempre al bancone: fa firmare il registro ad un ragazzo rosso ed in carne, con addosso una felpa arancio, poi lascia la reception a Liam per cinque minuti esatti per una doccia veloce e torna al suo posto. Harry nota per la prima volta che la t-shirt a righe, un'altra t-shirt a righe, che porta è corredata ai pantaloni di un pigiama a quadroni scozzesi. Che, ok, per uno che non dorme...
Niall aiuta Harry con la colazione: acqua per il té, latte caldo, muffin, la seconda torta di mele appena sfornata, venti muffin ancora tiepidi, marmellata, pane e yogurt. Mangia la maggior parte di ciò che gli capita sotto mano, ma sa quello che fa. Così, quando Niall va ad occuparsi delle stanze, Harry ha già cominciato a preparare il pranzo: spaghetti alla carbonara, specialità italiana, una di quelle veloci e semplici che agli inglesi, ad eccezione di Harry, vengono di un male pietoso.
A mezzogiorno, quando Niall ha finito di occuparsi delle camere ed è passato a sala da pranzo, hall e cucina, Zayn fa la sua comparsa. Harry gli versa del caffé, gli porge il menu della settimana e "solo che non c'è cibo a sufficienza" si lamenta, indicando le credenze vuote, eccetto quella in cui ha trovato asciugamani umidi, moquette sporca e qualcosa come dieci accappatoi maleodoranti.
"Tranquillo" lo rassicura Zayn: "stila una lista e si occuperà di tutto Eleanor". Harry neanche accenna ad indagare circa l'identità di Eleanor.
A mezzogiorno e trenta Niall e Zayn servono il pranzo ai sei ospiti dell'albergo: una coppia francese, un'altra coppia con un bimbo di quattro, cinque anni ed il tipo rosso e tondo che è arrivato stamattina. Harry serve la sua torta panna e cioccolato in prima persona, chiacchiera con entrambe le coppie, lascia che il bambino accarezzi con le dita paffute i suoi ricci e poi, soddisfatto, raggiunge Liam, che sta lavando i piatti in cucina.
Mentre Harry prepara la cena, un dolce per la merenda ed uno per la colazione di domani, arrivano due nuovi ospiti: una ragazza bionda, accento forzatamente americano ed un tizio con un ciuffo alto e riccio che chiede una camera matrimoniale, pur essendo solo. Harry nota subito il modo in cui Louis gli porge le chiavi quasi automaticamente, senza sollevare gli occhi dal libro di oggi, diverso da quello di ieri, e senza sorridere.
Niall e Liam servono la cena: cotolette di pollo o cotolette di soia, insalata, macedonia di frutta. Harry li vede scherzare col ragazzo col ciuffo alto e riccio ed assume, automaticamente, che sia un ospite abituale. Zayn lava i piatti e poi si sistema dietro al bar, con uno strofinaccio in spalla e la sua giacca di pelle anche al chiuso, col cliente abituale dal ciuffo alto sullo sgabello immediatamente al suo cospetto.
Alle unidici meno un quarto, con la crostata di marmellata nel forno spento per la colazione e la cucina perfettamente in ordine, Harry è pronto per andare a letto. Si slaccia il grembiule, saluta Zayn con un cenno del mento mentre Niall lo raggiunge al bar e, proprio in quel momento, l'ospite abituale lo indica, gli sorride e "hai talento, ragazzino" si complimenta, in qualche modo sincero. Harry abbozza un inchino e sta di nuovo per lasciare la sala, quando quello "hai l'età per bere?" gli chiede. "Offro io".
Così, alle due meno un quarto del mattino, Harry sa che l'ospite abituale si chiama Nick Grimshaw, che lavora in una radio indipendente londinese, che per un periodo è stato sì abituale e che adesso è lì perché gli stanno ritinteggiando casa.
Quando Zayn spegne le luci del bar e Niall passa una spugna umida sulla superfice orizzontale e sugli sgabelli, Harry è vagamente ubriaco.
Così, barcollando, alle due e cinque del mattino, raggiunge Louis alla reception.





Per tutto il giorno Louis non ha fatto che ripetersi una sola frase in mente, continuamente: ci mancava solo Nick.
Non bastava che fosse giovedì, che il nuovo cuoco sembrasse incarnato da una pennellata di Michelangelo nella Cappella Sistina, che l'emicrania si fosse aggravata e che tutto sembrasse star andando a rotoli, all'1/D di Marmion Road: proprio c'era necessità, a mo' di ciliegina imbibita di cianuro sulla torta, del maledetto Nick.
Così, quando il cuoco bello come un marmo greco si avvicina alla sua postazione e "Nick Grimshaw" dice, con le labbra arrossate e scintillanti nella penombra dell'albergo già tra veglia e sonno, Louis neanche si sforza di roteare gli occhi.
"Sì" risponde, "è gay". Poi ci ripensa, chiude la sua copia di una raccolta dei versi di Frank O'Hara e, prima che il ragazzo possa indagare oltre, "e sì, Harry, sì: lo so perché ci sono andato a letto".
Il ragazzo fa la stessa cosa odiosa che ha fatto ieri: si siede sul bancone, 'sta volta direttamente rivolto verso Louis. "Tratti male tutte le persone dalle quali sei attratto, quindi?" lo interroga, con un'espressione vagamente sensuale a modellare la forma delle sue labbra carnose.
Louis sospira e "già" acconsente, ironico: "mandare a quel paese la gente me lo fa venire duro, sì".
Il sorriso sulle labbra del ragazzo, all'ultima battuta di Louis, si fa addirittura più intenso, quando "dirty talking" canticchia, con gli occhi socchiusi in una smorfia estasiata: "ti adoro".
E Louis, suo malgrado, ridacchia. "Trai le tue conclusioni" lo sfida, perché domani è venerdì, perché Nick è nella camera 12, perché ha sonno e perché sì, Harry non è niente male: "sei seduto sul mio bancone e non ti ho ancora licenziato".
Il ragazzo ride di gusto: una risata giovane, quasi infantile, che sembra un abbaiare stanco. Poi accavalla le gambe e "preferisco dedurre dal modo in cui tenti di ignorarmi da quando sono arrivato" asserisce, quasi ammiccante. Per qualche istante, Louis non sa cosa dire. Harry ha occhi verdi, ricci color nocciola, pelle bianca e liscia. E Louis non ha mentito, quando ha detto che è attratto dai libri più che dalle persone, ma è evidente che, se qualcuno con un qualche talento in fatto di parole incontrasse questo ragazzo, vorrebbe indubbiamente scriverci su canzoni, poesie, romanzi, saghe. Così Louis sta per dire qualcosa, probabilmente qualcosa di ironico e sagace, quando il ragazzo lo indica con un cenno del mento e "come sei finito qui?" gli chiede.
E domani c'è Eleanor, ci mancava solo Nick, Louis ha sonno, Harry è bellissimo e, chissà perché, Louis ha voglia di raccontare la storia. Così, senza pensarci due volte, lo fa.
"Preparati, però" lo avverte: "non si tratta di una storia allegra".
Il ragazzo incrocia le gambe sul bancone laccato della reception, pianta i gomiti dentro le proprie ginocchia e "le storie tristi sono le mie preferite" informa Louis.





Niall gli ha detto, a colazione, che Louis parla in fa maggiore.




***






I no longer need you to fuck me as hard as I hated myself.
Make love to me
Like you know I am better than the worst thing I ever did.

(Buddy Wakefield, We Were Emergencies).

È il settembre del 2010. Louis ha diciott'anni appena. Si diploma, va in vacanza coi suoi genitori nel paesino belga dove sua madre è nata e cresciuta; vede la Francia, il versante italiano delle Alpi. Torna a Londra in settembre ed, anzicché iscriversi alla facoltà di legge come suo padre avrebbe desiderato, scappa e tenta l'Academy Of Music and Dramatic Art. Fallisce. A lui preferiscono un ragazzo irlandese di nome Niall Horan che "parlami" gli dice: "non sopporto il silenzio".
Nel 2010, di anni, Niall ne ha quasi diciassette. Compone da quando ne aveva cinque di meno. Suona pianoforte, violino, sassofono; la sua è una famiglia modesta: non ha mai studiato musica in vita sua, ma la teoria condivisa di chi l'ha ammesso all'Academy è che possa, potenzialmente, suonare qualsiasi strumento musicale del quale gli si spieghi la meccanica di base. "Da grande" dice "voglio dirigere orchestre".
Louis non ha più una casa; Niall, invece, alloggia in un piccolo albergo all'1/D di Marmion Road, di proprietà di un suo parente, Paul Higgins, e di sua moglie. Sta di fronte ad una piccola libreria che vende libri impolverati, vecchi ed in francese. Il piano di Niall è fattibile, semplice, quasi scontato: Louis lavorerà per suo zio Paul ed, in cambio, lo zio Paul gli metterà un piatto in tavola ed un tetto sopra la testa. È il dodici settembre del 2010, sta piovendo su Londra; i capelli di Louis sono lunghi, lisci, di un castano caramellato.
Paul Higgins lo abbraccia, gli posa una birra chiara sul bar, in sala da pranzo, e "benvenuto in famiglia, ragazzo" gli dice, nel suo accento irlandese.
All'albergo di Paul Higgins, ci lavora uno studente fuori sede, diciotto anni appena compiuti: il suo nome è Liam Payne. Non vive all'hotel: ogni sera, dopo cena, arriva col suo ombrello di quelli bassi, per bambini, e chiude la cassa per Paul e Clodagh. Si occupa di bollette, conti da pagare, tasse, bilanci; poi prende un taxi e se ne torna al suo appartamento da studente.
Così, nel febbraio del 2011, Louis smette di rifare i letti insieme a Niall ed accetta un lavoro da receptionist notturno: ogni sera dice a Liam che in settembre proverà ancora l'Academy, che tenterà di riconciliarsi con suo padre; intanto dà una chiave ad ogni ospite e tiene una copia nel quadro alle sue spalle.
Nella primavera del 2011 succedono due cose: Liam, prima di tutto, si laurea e trasferisce in albergo, tutto nel giro di quarantott'ore; la settimana dopo, Niall sta andando a lezione di composizione, quando sente un ragazzo suonare un bongo rudimentale, di quelli che puoi comprare a Camden per cinque sterline scarse, e cantare meravigliosamente Grenade di Bruno Mars nella tube, chiedendo l'elemosina. Niall scende alla sua stessa fermata di proposito, fa di tutto per dargli una spallata e, solo allora, il ragazzo gli chiede una sigaretta. Niall non ne ha. "Però posso offrirti un lavoro" gli propone. Il ragazzo ha diciotto anni, è ateo e promesso ad una vergine di tredici anni, musulmana come la sua famiglia, che non ha mai visto se non in foto. Si chiama Zayn Malik. Liam ci mette sei mesi, ad imparare l'ortografia esatta del dettaglio anagrafico da mettere sulla sua busta paga: scrive Zen Malick fino ad agosto.
A settembre, ad ogni modo, Louis non ritenta l'ammissione all'Academy Of Music and Dramatic Art. In compenso, in dicembre, Clodagh Higgins scopre di aspettare un bambino. Nel maggio del 2012, quando Louis ha vent'anni già da un po', il bambino si scopre essere una bambina ed in giugno Paul dice a suo nipote Niall, a Louis ed a Zayn che presto lui e la sua signora torneranno a Millingar, in Irlanda, per crescere lì la loro bambina.
Così, nel settembre del 2012, Louis smette di recitare: non legge più in latino, né in francese, né in nessun'altra lingua romanza. Per gestire l'hotel del quale si ritrova responsabile ad appena vent'anni, smette anche di dormire. Non chiama sua madre. Legge. Dice "non ho bisogno di essere curato perché l'insonnia non è una malattia". Zayn gli riempie una pinta della birra chiara che è diventata la sua preferita, Niall gli sorride e Liam, tutto d'un tratto, smette di tenergli compagnia picchiettando le dita contro i tasti della sua calcolatrice.





Go slow.
I'm new to this,
But I have seen nearly every city from a rooftop
without jumping.

(Buddy Wakefield, We Were Emergencies).

Harry Styles lascia Holmes Chapel, il piccolo villaggio cattolico in cui è nato, all'età di sedici anni. Non ha né soldi, né buoni motivi.
Ha solo uno zaino, dei jeans, una cintura, un paio di scarpette da ginnastica, uno di stivali ed un'inesprimibile, inesauribile, insaziabile bisogno di viaggiare.
Nel 2010, quando Louis vede Nick Grimshaw per la prima volta nell'ascensore dell'hotel, Harry è a Manchester.
Quando Liam lascia che Danielle parta per gli U.S.A. e si trasferisce in albergo, quando Zayn chiede a Niall, sottovoce, "hai mai baciato un ragazzo?", nel 2011, Harry è a Leeds: sta con Caroline, che ha trentadue anni; lavora in una panetteria per dare benzina alla Fiat Panda di terza, forse quarta mano che ha comprato per tremila sterline appena.
Nel settembre del 2012, quando Clodagh Higgins mette al mondo la sua primogenita, Harry e Caroline hanno girato in auto l'Inghilterra: da Nottingham a Cambridge, passando per Birmingham, Liverpool e York. Poi, semplicemente, le loro strade si sono separate.
Harry Styles arriva a Londra a diciannove anni, il primo marzo del 2013. Vive per qualche giorno sul divano di un ragazzo canadese di nome Justin; poi, una sera, appena una settimana dopo, raccoglie un volantino nella tube, alla stazione di Clapham North: lo hanno affisso un ragazzo biondo con una chitarra rotta in spalla ed un altro con la pelle scura, completamente ricoperta di tatuaggi.
È il tredici marzo del 2013, quando Harry arriva nell'albergo di Paul Higgins e sua moglie Clodagh, chiedendo di Liam. È il tredici marzo del 2013 che Niall gli chiede per la prima volta di provare a ridere in la minore, che gli capita di toccare la barba incolta sul mento di Zayn.
Che gli succede di vedere gli occhi celesti di Louis.
E di chiedergli, quando quello smette di raccontare la sua storia triste: "posso baciarti?".





***






Sometimes I think you want me to touch you
How can I when you build the great wall around you
In your eyes I saw the future
Together you just look away in the distance

(Tori Amos, China).

Louis fa "no" con la testa.





La sveglia suona sempre alle sei, alle sei e un quarto ed alle sei e mezzo, ma Harry non ha bisogno di esser svegliato: non ha dormito.
Usa il bagno per primo: resta sotto il getto caldo della doccia fino alle sei in punto, poi lascia che Liam prenda il suo posto. Si veste lentamente: un paio di jeans neri, una t-shirt bianca e sdrucita, il solito cerchietto tra i capelli umidi. Si guarda allo specchio per qualche secondo, restando seduto sul letto matrimoniale di Paul e Clodagh, ed aspetta che Niall si svegli.
"Ci aspetta una giornataccia" è la prima cosa che il ragazzo irlandese gli dice, con un accappatoio annodato intorno ai fianchi.
E poi, alle sue spalle, appare Zayn: boxer, t-shirt di una qualche band che Harry deve aver amato, un tempo, e poi dimenticato, occhiaie proncunciate e già una sigaretta spenta tra le dita nervose. Harry, annodandosi un paio di scarpette da ginnastica, storce la bocca. "Credevo dormissi più di quanto umanamente possibile" scherza, con un cenno di saluto.
Zayn lo spintona scherzosamente, ma senza sorridere. "Non di venerdì" gli spiega: "di venerdì c'è Eleanor".
Harry non ha dormito, per questo è di cattivo umore; non ha dormito, per questo non vede l'ora di scendere al piano di sotto; non ha dormito, per questo "ma si può sapere chi è questa Eleanor?" chiede, sbuffando, facendosi scivolare le braccia lungo i fianchi in segno di sconfitta.
Tutto questo non ha niente a che fare con Louis che scuote la testa, con un sorriso quasi triste, per dirgli di no.
Per questo Harry ridacchia, con una nota di amarezza leggera, quasi impalpabile, quando Niall "vedrai!" urla, chiudendo la porta del bagno sul naso di un Liam ancora in pigiama.





La hall è frenesia allo stato puro: ci sono scatoloni, casse d'acqua, vino, birra e superalcolici, buste della spesa piene di latte a lunga conservazione, barattoli di miele e marmellata, legumi, ortaggi, buste da congelatore. E tutto è sul pavimento, sul bancone, sulla poltrona ad angolo. Ovunque.
Harry si passa una mano tra i capelli e "chi ha svaligiato un discount?" chiede, incredulo.
Ed una ragazza in tallieur grigio, tacchi alti, chignon e calze velate "io" risponde. Poi passa una cassa piena di insalate ad Harry apparentemente senza nessuno sforzo e "mi aiuti, ricciolino?" gli chiede, ammiccante. Harry ha già visto quel sorriso.
Per questo Harry sorride e, mentre Zayn tira su tre buste in una volta ed "Eleanor" gli indica a gesti, la segue.





Louis non è al suo solito posto, quando Harry torna alla reception. Se ne sta in piedi, di fronte ad Eleanor, e sta ridendo. "Davvero? Ha detto proprio maledetti capitalisti?" sta chiedendo, esibendo delle deliziose rughe giovani ed elastiche intorno ai suoi occhi celesti.
La ragazza ride ancora e "sì! Dovevi vederla, Lou, sangue del tuo sangue!" conferma, allegra. Poi si avvicina ancora, avvolge le braccia intorno alle spalle di Louis, chinandosi sui suoi tacchi laccati per raggiungere la sua altezza, e "ti voglio bene, Lou" sussurra.
Per la prima volta, passando accanto al bancone per caricarsi una confezione di acqua minerale in spalla, Harry si accorge di due cose: la prima è che il sorriso di Louis e quello di Eleanor sono identici; la seconda è che, prima d'ora, non aveva mai visto Louis se non dietro al suo bancone.





Forse la sua immaginazione gli sta giocando brutti scherzi ma, per tutto il resto della mattina, tra una scatola di cereali, un fascio di carote e chili e chili di pasta, Harry non riesce a non pensare ad altro che non a quanto Louis, quando è lontano dal suo posto, sia minuscolo.





Ed, ecco, forse per un ragazzo normale sarebbe giusto e doveroso masturbarsi, pensando alla persona con la quale si vuole andare a letto.
Harry, tuttavia, si nasconde in cucina e scrive su una ricevuta fiscale spiegazzata.
Direzione unica
Insonnia.
Hai un bel culo, Louis
Dopotutto cos'è la normalità? E chi vuole prendere in giro? La verità è che comincia a prenderci gusto.





Liam sta ancora facendo l'inventario, quando Harry ha finito di riporre ogni singola scatola, ogni barattolo, ogni ingrediente nelle credenze.
Harry tossicchia, versa un bicchiere di vino rosso a Liam, prendendolo dal posto in cui è stato lui stesso a riporlo, ed "Eleanor è la sorella di Louis?" lo interroga, cercando di eludere la propria innegabile curiosità.
Liam, in un atteggiamento che deve aver ereditato da Louis in persona, neanche solleva lo sguardo dalle proprie liste. "Non bevo" risponde. In perfetto stile Louis.
Harry allora sospira, si rimbocca le maniche e si dedica alle stoviglie della colazione. Solo dopo qualche minuto di silenzio, quando la sala da pranzo è vuota e si sente solo un distinto brusio proveniente dalla hall, Harry ripone i piatti nel mobile in alto e "rispondi alla mia domanda, Liam" gli intima, questa volta serio.
Questo è il turno di Liam di sospirare. Si accarezza i capelli cortissimi sulla testa, la scuote e "la sua gemella" dice, lasciando vagamente di stucco Harry: "è il suo modo di reagire al dispotismo del loro papà" spiega, ponendo l'accento su quel papà. "Non vuole mantenere Louis? Non gli permette di vedere le loro sorelle minori? Eleanor una volta a settimana, da quando Paul e Clodagh ci hanno ceduto questo posto, prende tutte le sue carte di credito e ci sommerge nei rifornimenti". Qui Liam fa una pausa, annota qualcosa sulla sua agendina e "lei la chiama" spiega, con tanto di virgolette mimate in aria, "Missione Robin Hood".
Harry solleva un sopracciglio. Poi sorride ed "io la chiamerei più" lo corregge, imitando al dettaglio i suoi gesti: "truffa".
Liam ridacchia, a questo, come se ci avesse pensato così tante volte da non riuscire più a contarle, con una sorta di soddisfazione nell'aver finalmente trovato qualcuno disposto ad adottare la sua stessa posizione circa la questione. "Puoi chiamarla come ti pare" concede ad Harry, con un sorriso in qualche modo fraterno: "intanto le mensole della tua cucina sono piene e la coscienza di Eleanor è pulita". Poi si avvicina alle stoviglie che Harry sta riponendo, comincia ad allineare dei coltelli da secondo ed "e poi" conclude: "Eleanor Tomlinson è un avvocato: se non sa riconoscerla lei, una truffa, quando ne vede una...".





Al bancone ci sono quattro ragazze, ma Zayn ne vede solo una: quella che prende due mazzi di chiavi dalle mani di Louis e "grazie" dice, in un accento del sud. Ha i capelli di un biondo chiarissimo, pericolosamente tendente al grigio perla; occhi chiari, di un verde acquamarina; zigomi alti, labbra come disegnate, mento pronunciato; fianchi stretti, gambe lunghe, ciglia fitte e nere.
Louis sorride loro e "buona permanenza a voi, ragazze" sta per dire, ma Harry lo interrompe.
"Allora, signor Tomlinson, ti piace andare al cinema?" gli chiede, incrociando le braccia sul bancone e posandoci sopra la testa.
Louis, come suo solito, lo scaccia via con un gesto della mano: "sto lavorando" lo ignora.
Harry gli sorride e Zayn lo può vedere: sta flirtando. "Non dobbiamo andarci ora" dice, con un sorriso.
Louis sta controllando che le quattro ragazze abbiano firmato il registro degli ospiti; più tardi, Zayn andrà a scoprire il nome della ragazza che ha preso le chiavi. "In cucina" gli ordina, distrattamente, senza neanche il più piccolo accenno di autorità.
Harry, di conseguenza, non demorde. Si toglie il frontino, si accarezza i capelli che gli ricadono sulla sua fronte disseminata di piccoli brufoli arrosati, da adolescente, e "stai sempre lavorando" insiste: "ed intendo letteralmente sempre".
"Harry, baby" gli concede ad un certo punto Louis, prendendogli entrambi le mani nelle proprie, infinitamente più piccole, "è meglio che tu vada in cucina a fare il tuo, di lavoro, prima che decida di darti un cazzotto nei coglioni così forte che non potrai usare l'unico organo costantemente irrorato di sangue del tuo bel corpo sexy mai più".
Zayn fa giusto in tempo a sentire Harry "dirty talking e sadismo" sussurrare, carico di sottintesi, prima di accorgersi che le quattro ragazze sono già sulle scale, con i loro zaini rosa sulle spalle, e che non avrà, per adesso, modo di presentarsi alla sua biondina dalle gambe infinite.





Sulle scale, Harry fa in modo di restare in equilibrio e non rovesciare nulla. Primo piano, secondo, terzo. Bussa alla porta dell'ufficio una volta sola. Aspetta. Poi, visti i precedenti, entra.
Liam è alla scrivania, all'estremo del piccolo studio in penombra, col monitor del computer a proiettargli una luce azzurrognola addosso. Ha gli occhi vagamente lucidi. Harry gli posa il vassoio sulla scrivania, sollevando la tastiera e mettendola via, prima di "ho sentito dire che gli alcolici non ti fanno impazzire" dire e sedersi dall'altra parte della scrivania.
"Grazie, Hazza" dice. Harry ignora il nomignolo, per altro completamente inedito, ma non può fare a meno di accorgersi della voce spezzata con la quale Liam l'ha pronunciato, come se fosse sull'orlo delle lacrime o avesse appena smesso di piangere.
Allora Harry sorride, allunga un braccio fino alle mani di Liam ed "ehm" abbozza, sperando di non apparire in alcun modo invadente, "è successo qualcosa?".
Liam lascia che le proprie mani scivolino via dalla stretta di quelle di Harry, afferra la tazza, la solleva dal vassoio e prende solo un sorso del té fumante che Harry gli ha preparato per merenda. Sono le cinque in punto. Sorride, ma il suo è un sorriso amaro: un sorriso che tiene a freno le lacrime, probabilmente. Dice: "hai mai avuto una storia a distanza, Hazza?".
Harry ci pensa su per qualche istante. Poi solleva le spalle, le scrolla. "Non vedo mia madre e mia sorella da quando avevo sedici anni" accenna, cercando di tener basso il proprio tono di voce senza nessun motivo in particolare.
Liam, allora, morde uno dei biscotti di pasta frolla che Harry ha preparato. Non lo intinge nel té: lo tiene asciutto e lo morde; poi lo ripone sul piattino di ceramica e "Danielle ed io ci siamo laureati lo stesso anno" comincia, spegnendo il monitor del suo Windows 95. "Lei è andata a vivere a Palo Alto, in California. Io sono rimasto a Londra". Beve un altro sorso di té, con gli occhi socchiusi. Nella semioscurità di quel piccolo ufficio pieno di cassetti, Harry non può esserne del tutto sicuro, ma gli sembra che una lacrima gli righi il viso, quando "oggi" ammette, solenne, "dopo un anno e mezzo, mi sono finalmente deciso a lasciarla".
Harry, a questo, gli prende la tazza che teneva a mezz'aria. La posa sulla scrivania, apre la zuccheriera e mette nel té di Liam tre cucchiaini di zucchero. Poi gli porge la tazza con un sorriso e solo in quel momento, con quattro mani intorno alla stessa ceramica calda, Liam comincia a piangere sul serio.
Le sue lacrime salate finiscono nel té più dolce che Harry abbia mai preparato.





Dalla cucina, Harry ha una prospettiva ideale sulla sala da pranzo: vede Nick al tavolo col ragazzo in carne, sempre in felpa; vede le quattro ragazze scherzare con Zayn che serve loro i fagioli all'insalata che Harry ha preparato, da contorno alla migliore delle sue cotolette di carne di maiale; vede Niall chiacchierare con l'unica coppia rimasta, quella senza figli; vede anche la ragazza bionda, quella piena di valige e l'accento troppo americano, mangiare il suo menu vegetariano con aria rilassata, quasi rassegnata.
Non si ferma al bar stasera. Saluta Nick ed il ragazzo coi capelli rossi solo di sfuggita, fa un occhiolino complice a Niall e Zayn e, senza dare a se stesso il tempo di ripensarci, va da Louis.
Lo trova in un pigiama diverso, con un libro intitolato The Shadow of Sirius sul bancone laccato. Appena nota Harry, addirittura Louis gli sorride, con gli occhiali sul naso. "Sì, Eleanor è mia sorella" comincia, seguendo il suo solito filo logico completamente personale, "e no, non uscirò con te".
Come da tradizione, Harry si sistema a sedere sul bancone, a gambe penzoloni. Resta qualche minuto in silenzio, a pochi pollici dal viso di Louis, tanto che quello ricomincia a leggere. Sussurra, seguendo un verso con gli occhi attenti, "We are asleep with compasses in our hands". Allora Harry sorride, si morde le labbra senza neanche accorgersene e "dammi una possibilità" dice piano, sottovoce, come pregando.
E, quando Louis risponde, lo fa in modo altrettanto delicato, quasi come raccontando un segreto. "Le persone" pronuncia, con un filo di voce, "si fanno del male a vicenda". Poi si ferma ed Harry darebbe qualsiasi cosa, tutto ciò che non possiede e che ha sempre desiderato avere, per vederlo sorridere, ma Louis non lo fa. "Perché vuoi permettermi di farti del male?" gli chiede, piuttosto.
Harry non sa cosa dire. Louis è come dentro una gabbia della quale possiede le chiavi; sa come uscirne, ma non vuole. "Sarebbe un onore ed un piacere" dice allora Harry, sorridendo il doppio, anche per Louis, "lasciarti fare a pezzi il mio cuore".
Ma Louis scuote la testa. Si siede sulla piccola sedia che sta dietro al suo bancone, come per nascondersi. "Non posso" dice, come se ci stesse provando, provando davvero, come se ce la stesse mettendo tutta, senza successo: "non posso permettere che tu". Poi si blocca, strizza forte le palpebre contro gli occhi e "le persone se ne vanno" conclude, grattandosi una guancia con le unghie mangiucchiate delle sue mani piccole ed affusolate: "ho impiegato anni e forze per costruire questo muro intorno a me" dice, con un sospiro a far vibrare le sue corde vocali come quelle di uno strumento musicale, accarezzando la superficie orizzontale del bancone, "e non posso permettere che tu, che chiunque lo abbatta, per poi lasciarmi senza difese".
Ed Harry può vederlo quel muro: è un enorme simbolo, una raffinatissima metafora, un sistema di difesa inespugnabile. Il bancone della reception, il bancone di Louis, l'insonnia: Louis non fa altro che proteggersi. Non si nasconde, anzi: si mette in mostra, come su un palcoscenico, sotto ai riflettori; ma troppo in alto, per vedere tutto e lasciare allo stesso tempo che tutti lo vedano, senza mai lasciarsi toccare. Harry, per qualche secondo ancora, resta in silenzio. Poi si sporge in avanti col busto, posa entrambe le mani sugli zigomi pronunciati che delineano l'ovale del viso di Louis e "ti prego" dice, avvicinando il proprio respiro a quello di Louis appena appena, quasi impercettibilmente.
E sta per succedere, ecco, ecco, stanno per baciarsi, labbra contro labbra, quando Louis, ad occhi chiusi e labbra tumide, gonfie, "no" dice.
Harry è ancora seduto a gambe penzoloni su quella muraglia, ma si ferma. Lascia che Louis lo fermi.





I don't know the words to the song you were born to sing
But I know your fingers will bleed when you play the chords
And maybe you'll need me then like I need you now
When I say that I miss you I'll mean something more
I mean I've been biding my time till you kiss me again
I keep poems like secrets then tell them when I'm tired
Of hiding who I am
I am missing you most
And the silence between songs are my favorite records
Sometimes it takes so long for the music to start

(Andrea Gibson).

È sempre di venerdì. Non per tradizione, ci mancherebbe. È di venerdì perché, di venerdì, Louis è sempre occupato. Non dormendo, Louis è sempre all'erta, coi sensi tesi come quelli di un predatore; di venerdì, con Eleanor e la spesa e l'arrivo degli ospiti del week-end, la sua presa su tutto, il suo controllo forte e statico sull'albergo sembra allentarsi. Così, di venerdì.
Probabilmente l'arrivo di Harry ha in qualche modo giocato a loro favore, perché Louis sembra magneticamente attratto e quindi distratto dai suoi ricci costantemente sporchi, dal suo conversare lento e quasi timido, dal suo fisico delineato pur essendo quello di un ragazzino. Ma, comunque, Niall e Zayn non possono rischiare di essere scoperti. Quindi: venerdì.
Fanno in tempo ad aiutare Harry e Liam coi rifornimenti, ad occuparsi delle camere in due, a pulire hall e sala da pranzo in fretta e furia. Alle cinque in punto, quando Harry mette su il té e va a portarlo a Liam, Niall tira fuori la chitarra dal retro del bar e "tre piani a piedi per ingraziarsi Liam Payne" scherza, aprendo la porta che dalla cucina dà sul retro, dove Harry ha sistemato la spazzatura.
Zayn ridacchia, si cala uno dei berretti di Louis fin oltre le sopracciglia e "lo chiama Hazza" incalza, con un sorriso ironico. Si accende una sigaretta per non aggiungere altro finché non raggiungono la tube.
Prendono il treno a Clapham North, cambiano a Kennington; da Kennington a Camden Town sono otto fermate. Niall, mentre il treno li porta a destinazione, accorda la chitarra; Zayn conta le proprie sigarette, se ne sistema una dietro l'orecchio, canticchia qualcosa sotto voce.
Liam sa quello che fanno; il loro è un tacito accordo: Liam non dice niente del venerdì e Niall e Zayn non parlano di Danielle. Non che sappiano molto, ad ogni modo.
Quello che sanno è che non possono permettersi che Louis venga a sapere di quando arrivano a Camden, si sistemano sul ciglio della strada, accanto ad un negozio che vende cappelli, e cominciano a suonare. Oggi fanno Grenade, questa volta per tradizione sul serio, Light my fire dei The Doors, un pezzo di Amy Winehouse che fa The only time I hold your hand / Is to get the angle right di cui nessuno dei due ricorda il titolo, una rivisitazione originale di Niall di Smooth criminal, Yesterday e, per chiudere in bellezza, una ripresa di Grenade.
Non lo fanno per soldi, questo è sicuro. Niall lo fa per la musica; Zayn lo fa perché ha paura che, se il venerdì non esistesse, non uscirebbe mai dall'albergo se non per fumare.
Ad ogni modo, arrivano all'hotel in tempo per servire la cena. Quando appare in sala da pranzo, Liam ha gli occhi arrossati, ma sorride loro complice, come ha sempre fatto. Harry mette loro in mano i piatti, divisi per portata. Sorride loro come se sapesse.
Una delle cose che entrambi preferiscono, chissà perché, è la consapevolezza che saranno sempre così i loro venerdì. Sempre.





***






When he offers his lip, take them. Take his arms, his throat, take his toes, when he offers gorge. Swallow everything whole. Gag. Vomit. Swallow more. Do not hesitate. No time for polite or coy. Take.
(Jeanann Verlee).

Tira fuori un altro libro: uno di quelli che tiene sotto al bancone della reception, ma che non legge quasi mai. Un po' perché preferisce i poeti anglofoni, un po' perché diffida dalle traduzioni; ma, forse, soprattutto perché non ha mai completamente colto la poesia d'amore nella sua complessità, nella sua essenza, nella sua universalità. Forse, se ci pensa, Louis non ha mai capito l'amore. Ma apre comunque il libro ad una pagina a caso e legge, mimando le parole solo con le labbra: Y nunca te equivocaste, / más que una vez, una noche / que te encaprichó una sombra / -la única que te ha gustado-. / Una sombra parecía. / Y la quisiste abrazar. / Y era yo.
E poi, nel silenzio quasi assoluto dell'albergo di notte, appena appena disturbato dal ronzio perpetuo dei congelatori e quello metallico dei fili probabilmente in corto circuito dell'ascensore, squilla il telefono.





"Hotel di Marmion Road, qui Louis. Come posso esserle utile?".
Una risata. "Qui Louis?" chiede la voce di Harry attraverso il telefono cordless, "come posso esserle utile?".
Louis, da solo dietro il suo bancone, rotea gli occhi. "Gesù" impreca, ma sorridendo, nascosto dietro ad una spanna, coi gomiti contro il bancone e le guance vagamente arrossate.
Ma Harry sta ancora ridacchiando, una specie di rantolo assonnato e camuffato, probabilmente da lenzuola e coperte, quando "sai in che modo puoi essermi utile, Louis?" lo stuzzica, con un tono studiatamente ironico. "Non riesco a dormire" dice: "raccontami un'altra delle tue storie tristi".
Louis scuote la testa. "Spiacente, il mio repertorio finisce qui" si scusa, canzonatorio. Poi ci ripensa, mordendosi l'interno della guancia in un atteggiamento nervoso, e "ma puoi raccontarmi qualcosa tu" ritorce.
Harry, dall'altra parte, suona vagamente perplesso: "ma tu non ti addormenterai" indaga, "che senso avrebbe?".
Louis sospira, esagerando di proposito, ed "allora non posso esserle utile, sir" si congeda: "le auguro una buona notte".
Ma Harry "no, no!" lo interrompe, proprio mentre sta per riaggianciare: "ok, va bene, ti racconterò una storia".
Louis se lo immagina, Harry, di schiena sul letto di Paul e Clodagh, probabilmente nudo, come Zayn giura di averlo visto dormire dalla prima notte che ha trascorso in hotel: immagina la sua pelle alla luce dell'unica lampada funzionante della camera; immagina le pareti bianche, la luce del cellulare contro la guancia di Harry, i suoi ricci ad intrecciarsi gli uni agli altri contro il cotone dei cuscini che profumano più di ragazzo che di biancheria. "Prego" concede allora Louis e si siede sulla piccola sedia lì dietro, quasi nascosta, con le gambe incrociate e gli occhiali da vista ancora sugli occhi.
Harry fa "mmh", pensieroso, dando il via ad un brivido, maledetto, che pensa bene di percorrere la schiena di Louis dall'alto verso il basso. Poi Harry tossicchia e, dopo una breve risata completamente fuori contesto, "ti avverto che non sarà una storia triste" quasi si scusa, ma con un tono dolce.
"Sorprendimi" fa Louis, addirittura sollevando le braccia, come se Harry potesse vederlo. Sa già che si pentirà di tutto questo.
Ma non sa quanto, apparentemente, quando dall'altra parte Harry "la prima volta che è stato qualcun altro a masturbarmi" dice, assumendo il suo tono più casuale, normalissimo, assolutamente a proprio agio, "avevo quindici anni".
Louis sospira, rassegnato, e "sapevo che me ne sarei pentito" conferma a se stesso, scuotendo la testa.
"Per favore, non interrompere: sto rendendo un servizio, giovanotto" lo ammonisce Harry. Poi tossicchia ancora una volta, come per schiarirsi la voce e, lentamente, "lui si chiama Will, insieme ad altri due amici facevamo cover dei Red Hot Chili Peppers, dei Sex Pistols, cose così" comincia, ma Louis lo interrompe.
"Eri in una band?" gli chiede, spalancando un po' gli occhi per la sorpresa.
"Sì" conferma la voce di Harry, con una nota di orgoglio, "i White Eskimo".
Louis sorride, cercando di immaginare Harry a quindici anni, con le mani di uno dei suoi compagni di band, probabilmente sedicente eterosessuale, dentro i pantaloni. "Carini" commenta, sperando di sembrare ironico e non curioso, perfido e non intenerito.
Ma Harry ridacchia, probabilmente divertito, e "dicevo" riprende: "non credo che allora fossimo del tutto coscienti di ciò che stavamo facendo. A me piaceva, a lui piaceva: perché smettere?". Qui Harry fa una pausa, ridacchia e "poi Will si è messo insieme ad una nostra compagna di classe, Ashley" dice, definitivo.
Louis, nella penombra della reception, aggrotta la fronte. "E tu?" gli chiede.
"Io" risponde Harry "ho comprato un biglietto per Manchester e così sono cominciate le mie mirabolanti avventure in giro per il Regno". Louis lo immagina sorridere, a questo, di un sorriso triste: "ed i White Eskimo non hanno avuto mai più un vocalist".
Louis "Harry" lo rimprovera: "questa era una storia triste".
Poi Harry ride, ma questa volta la sua è una risata furba, quasi diabolica, quando "sai cosa proprio non mi andava giù di Will?" gli chiede, come se si aspettasse davvero che Louis tentasse di indovinare.
Louis scrolla le spalle. "No, non ne ho idea".
"Con lui erano solo seghe, seghe, un sacco di seghe" si lamenta Harry, quasi esasperato. Poi si fa serio, tutto d'un tratto, mentre il cuore di Louis batte così forte nel suo petto che pare voglia uscire o esplodere o fermarsi, e "tutto quello che vuoi, a quindici anni, quando stai con un ragazzo, è qualcosa su per il culo" asserisce, con un'onestà quasi disarmante, sboccata, che fa arrossire Louis fino alle punte dei capelli. Poi evidentemente Harry cambia posizione sul letto, perché Louis sente fruscii di pelle e lenzuola attraverso la cornetta, prima di "magari non ci sarei neanche andato fino in fondo" confessa ancora, "ma, cazzo, un dito".
Louis cerca di inghiottere saliva, ma si accorge di avere la bocca in fiamme, il respiro accelerato, una mano sul cavallo dei pantaloni. Si affretta a posarla sul proprio cuore, se non altro per assicurarsi che sia ancora lì, e "perché mi stai raccontando tutto questo?" chiede ad Harry, quasi senza fiato.
"Volevi una storia, baby" è la risposta di Harry, lenta e sensuale: "ti ho dato una storia". Poi Harry ridacchia e "no, davvero" si corregge, ancora una volta assumendo un cipiglio serio, "il messaggio era: non sono mai stato con un ragazzo". Qui Harry fa una pausa, sembra ridere ancora, seppur sommessamente, e "be', Caroline ed io sperimentavamo" concede. "Ed ho sperimentato anche da me" biascica, quasi riflessivo; poi "ma non sono mai stato con un ragazzo" conclude, questa volta più convinto.
Louis, morale della favola, non sa cosa dire. Lascia passare uno, due, tre secondi di totale imbarazzo e poi "ok?" riesce a sputare via, ma viene fuori come una domanda.
Alla quale Harry, per altro, risponde con un "ok" dall'intonazione più piana, seguito immediatamente dalla domanda che Louis si aspettava, che è per inciso anche quella che proprio non desiderava gli venisse posta: "com'è prendere un cazzo nel culo?".
Un sospiro. "Harry". Un altro sospiro. Le unghie cortissime di Louis che vogliono piantarsi nella superficie laccata del bancone. "Come vuoi che sia?".
Ed Harry è sciolto, nel suo elemento a tutti gli effetti, del tutto nel personaggio, quando "il porno te lo fa sembrare facile" spiega, come se Louis non lo sapesse, "ma se ci pensi è un cazzo su per il colon, capisci?". E, siccome Louis non ha intenzione di dare ad Harry la soddisfazione di una risposta competente o, piuttosto, non crede che la sua bocca possa fornire una risposta di senso compiuto che non includa ansiti e gemiti a profusione, Harry continua. "Ok" spiega, come ad un bambino ritardato, "primo: noi maschietti non siamo programmati per autolubrificarci e so per esperienza che il lubrificante a base oleosa è appiccicoso oltre che costoso; secondo: hai presente quanto è doppio un cazzo, Lou?". Poi si ferma per un istante, come per ripensare a qualcosa che ha detto o che sta per dire, e "terzo, non prendermi in giro: secondo me la prostata è solo una leggenda metropolitana". Così, Louis non ci può credere: "secondo me la prostata è solo una leggenda metropolitana".
Ed a questo, suo malgrado, Louis ride così forte che, probabilmente, sveglia tutto l'albergo. Ed Harry ride con lui, è questo il bello, tanto che, quando Louis si asciuga le lacrime e "no, Hazza" lo apostrofa, seguendo l'esempio di Liam in un atteggiamento fin troppo affettuoso, "credimi: la prostata esiste", Harry sta ancora ridendo.
E ride, ride, ride, finché non "dimmi com'è avere un cazzo duro su per il culo, Lou" lo prega, sottovoce, serio.
E Louis, prima di espellere il cuore, non si sa se dalla bocca o da, be', , riaggancia.





Il telefono squilla neanche due minuti dopo. Louis preme il pulsante verde sul cordless, ma non dice niente. Harry sta ridendo, ma "ok, ok, scusa" riesce a tirare fuori.
"Dormi bene, Harry" gli augura Louis, spazientito ed incantato allo stesso tempo, prima di riagganciare ancora una volta.
Poi torna, indisturbato, a La voz a ti debida.




Tutto va per il verso giusto fino a mezzogiorno: Zayn dorme, Liam posa il té di Louis sul bancone e torna in cucina per aiutare con la colazione, Niall pulisce addirittura le scale e Louis se ne sta al proprio posto, sorridendo ad ogni ospite. Tutto tranquillo, tutto sotto controllo, tutto in riga.
Si potrebbe menzionare il sorriso stanco che Harry gli rivolge, passando alla reception con un berretto a coprirgli i ricci, ed il suo "dirty talker" ammiccante, seguito immediatamente da un occhiolino, ma Louis finge di non dare alla cosa troppo peso, si distrae e lascia correre.
Tutto bene, quindi, fino a mezzogiorno.
Poi, a mezzogiorno, prima di tutto Zayn fa la sua comparsa al piano terra: si avvicina alla reception, beve un sorso del té ormai freddo di Louis e "cazzo" impreca, "dovrebbe gestire un'hot line".
Louis fa finta di non capire, di primo acchitto: passa la chiave ad Ed, il ragazzo della 16, e poi "chi?" chiede, giocandosela à la finto ingenuo.
Ma Zayn la sa lunga, il maledetto. "Harry Styles" miagola, sbattendo le ciglia sugli occhi come una signorina civettuola, "come se tu non lo sapessi". Poi esce a fumarsi una sigaretta, stretto dentro un giubbotto di jeans che Louis sa appartenere ad Harry, ma Louis è già di cattivo umore.
E poi, ovviamente, a mezzogiorno e qualche minuto, Nick compare nella hall. Ed esordisce, ovviamente, perché nessuno sa come far incazzare Louis bene quanto sua grazia serenissima sir Nick Grimshaw, con: "tostissimo il cuoco indie. Voglio mettergli il cazzo ovunque".
Louis non sa se vomitare, piangere o stringergli la mano. "Buongiorno, Nick" dice invece, semplice ed educato, sperando che, se non gli dà troppo spago, se ne vada in fretta e senza aggiungere altro.
"Ma no, tipo" continua invece Nick, come ignorandolo, troppo preso dalla questione per lasciar stare: "non vuoi solo spogliarlo coi denti, farlo inginocchiare, aprirgli la bocca e, che ne so, soffocarlo?".
Louis sta per annuire, quando si ricorda che è un filino, giusto un po' più conveniente scuotere la testa, fulminare Nick con lo sguardo e "posso fare qualcosa per te, Nicholas?" domandare, sperando che colga il segnale e se ne vada.
E Nick, ovviamente, lo prende alla lettera ed annuisce. "Sì, in realtà" specifica, addirittura: "dammi il suo numero".
Ed a questo, chissà perché, Louis si blocca. Potrebbe darglielo. Potrebbe improvvisarsi Cupido, premere affinché si vedano, magari organizzare lui stesso il primo appuntamento e sperare, un domani, che diano al loro primogenito il suo nome. Perché no? Risolverebbe due problemi col minimo sforzo: Harry smetterebbe di provarci spudoratamente con Louis e Nick si meriterebbe finalmente di essere odiato da Louis, cosa che per inciso Louis fa già, ma senza un motivo specifico. Ciò che si ritrova a dire, invece, è: "non credo proprio". Addirittura con un tono seccato. Territoriale. Geloso. Ottimo lavoro, Tommo, ottimo lavoro.
Nick, a questo, scuote la testa. "Lo sapevo" si rammarica, con una smorfia di dolore esasperata, troppo teatrale: "è etero". Come nel suo stile, la fa sembrare una cosa inconcepibile. Poi si stiracchia, sfoglia per qualche istante il volume di Pedro Salinas che Louis tiene ancora sul bancone da ieri notte e "avrei dovuto capirlo dal modo in cui ci prova con quella biondina americana" si lamenta, schiaffeggiando nervosamente il retro di copertina della raccolta.
E qui, ovviamente, Louis aggrotta la fronte. "Quale biondina?" chiede.
Così, da mezzogiorno in poi, la giornata di Louis è oggettivamente un inferno.





Quella che Nick chiama "la biondina americana" altri non è che Taylor, la ragazza della 17. Che, effettivamente, è sia bionda che americana. E che, sì, trascorre l'intero pomeriggio in cucina.
Ad Harry, tutto sommato, non dispiace. Taylor suona la chitarra, questa è la sua prima volta a Londra, dice soccer anziché football e si tocca i capelli mentre parla. Sembra assolutamente innocua e, mentre Louis lo guarda male dalla reception, Liam si lamenta perché Danielle tiene il cellulare spento da quasi ventiquattr'ore e Zayn e Niall stanno ufficialmente pulendo le loro camere, ma tutti sanno che si stanno giocando il servizio di sala a Fifa, è anche l'unica distrazione che Harry abbia a disposizione.
Alle cinque meno un quarto, quando Harry mette su l'acqua per il té, la cena di stasera è quasi pronta, il dessert per domani è a buon punto, torta e gelato sono già in frigo e la colazione classica all'inglese per domani è già pianificata, Taylor sta parlando di un suo ex. Apparentemente uno dei tanti.
"Non tornerò mai più con lui" sta dicendo, stringendo le labbra tinte di rosso fin quasi a formare un cuoricino, "e per mai intendo mai mai".
Ed Harry sta annuendo, perché neanche lui tornerebbe mai con Caroline, neanche per tutto l'oro del mondo, quando Zayn entra in cucina, tiene la porta spalancata e "scusaci" le dice, guardandola dritta negli occhi, con un incedere quasi minaccioso. Harry è terrorizzato. "Puoi lasciarci soli per qualche minuto?". Quando la ragazza abbozza un "certo" timido e grazioso, Zayn la sta già spingendo fuori dalla cucina. Poi sta chiudendo la porta, indicando Harry e "per l'amor di Allah" gli sta chiedendo, "cosa ti è saltato in mente?".
Harry solleva le braccia e "giuro che quell'erba non è mia" si sta già difendendo, accorgendosi troppo tardi di aver sollevato a mezz'aria un coltello da carne affilato.
Zayn spalanca la bocca, scandalizzato, si copre il cuore con una spanna e "hai dell'erba e non la condividi coi tuoi unici amici?" chiede, come se Harry l'avesse appena insultato. Poi si riprende dallo shock, punta di nuovo il dito verso Harry e "Louis" dice, serio.
Ed Harry, a questo, abbassa lo sguardo. Si morde le labbra, sconfitto e "non serve che tu venga a proteggere l'onore del tuo amico, Zayn" lo tranquillizza: "non mi vuole".
E Zayn sta scuotendo la testa come per svitarla dal proprio collo, sta gesticolando come un pazzo, quando Niall apre la porta della cucina, indica Harry a sua volta e "per l'amor di Glen Gould" domanda, quasi urlando, "si può sapere cos'hai nella testa?".
Harry, questa volta senza armi da taglio, solleva di nuovo le braccia e "ragazzi, non mi vuole" ripete, rassegnato: "ci ho provato, ho fallito, fine della storia". Poi si lascia ricadere le braccia intorno ai fianchi, solleva le spalle e "sopravviverò".
Ed è a quel punto che Zayn si avvicina e, dal nulla, gli dà uno schiaffo. "Cretino" lo apostrofa: "lui ti vuole".
Harry, accarezzandosi la guancia sulla quale sono impresse le dita di Zayn in rosso fragola, "cosa?" chiede, spiazzato.
Niall, a sua volta violento, gli mette entrambe le mani sulle spalle. E lo scuote. Forte. "Sai a quanta gente permette di sedersi sul suo maledetto bancone?" chiede. Poi lo guarda con gli occhi spalancati, senza battere le ciglia, immobile. Harry non riesce a proferir parola. "Sai con quante persone parla al telefono?" continua ancora Niall, guardando Harry negli occhi come per trasmettergli la risposta alle sue stesse domande via onde visive. "Sai quanti dipendenti ha lasciato restare prima del tuo arrivo?".
Zayn mette una mano sulla spalla di Niall, si unisce a quella gara improvvisata di Non rompere il contatto visivo con Harry e "nessuno" risponde.
Harry guarda prima Zayn, poi Niall, poi Zayn, poi Niall, poi si rassegna, perde di proposito, si lascia cadere su una sedia e "sono un cretino" conclude.
"Esatto" concordano Niall e Zayn in coro.
E, magari, quando Niall e Zayn lasciano la cucina, dopo avergli fatto promettere che non getterà la spugna con Louis e che divideranno la sua erba, la biondina americana torna in cucina, ma Harry è troppo impegnato a pensare a due occhi celesti ed una testa piena di storie tristi per prestarle attenzione.
Le versa del té senza neanche guardarla.





In compenso, come da tradizione ormai consolidata, scrive.
"Ho fame, Haz"
"Parli in si minore"
Niall Horan puzza
Harry Styles, diciannove anni, poeta maschio.





Louis, all'una del mattino, ancora aspetta che il telefono squilli. Non riesce neanche a leggere il suo Allen Ginsberg. Resta il silenzio, dietro al suo bancone, fissando il cordless come con profonda angoscia; quasi apprensione.
Il telefono non squilla.
Harry, in quella che era la camera da letto di Paul e Clodagh, si avvolge dentro un lenzuolo, si siede al centro del letto e resta in silenzio. Pensa di chiamare sua madre, forse sua sorella, perché non Caroline? Vorrebbe chiamare Louis. Non fa nessuna di queste cose.
In compenso indossa un paio di boxer, attraversa il pianerottolo ed apre la porta della stanza di Liam, Niall e Zayn. "Ciao" dice a nessuno in particolare. Poi sposta una pila di pigiami dal letto in basso a destra al pavimento e, col cellulare tra le mani, si addormenta.
Alle sei, quando la sveglia suona per la prima volta, Niall solleva lo sguardo, tira una molla della rete del letto di Zayn, fa diesis minore, e gli indica un Harry seminudo, rannicchiato sul materasso senza lenzuola sul quale stanno sempre i vestiti di Louis.
Zayn sbadiglia, allunga un braccio verso il basso per far scontrare il proprio pugno contro quello che Niall gli tende dalla cuccetta in basso e torna a dormire.
Liam, passando davanti alla reception, "dagli una possibilità" dice a Louis. Poi si sporge contro il bancone, lo afferra per un braccio per avvicinarselo quel po' che basta e poi, con un sorriso che spera venir fuori indulgente, amico e non stanco come se lo sente addosso, gli schiocca un bacio sulla guancia e raggiunge Harry in cucina.





The best thing about a picture is that it never changes, even when the people in it do.
(Andy Warhol).

Sabato mattina: Niall e Liam servono uova, té, pane bianco e bacon dalle sette a mezzogiorno. Poi Liam torna in reception, per assicurarsi che Zayn sia sveglio e che Louis abbia tutto sotto controllo.
Inciampa nelle infinite valige di Taylor, la ragazza americana della 17. Poi la saluta con un gesto, mentre quella indossa il suo cappotto rosso, e si accorge che, nella hall, qualcosa è cambiato.
Prima, spaesato, arriccia la fronte. Poi, sempre sorpreso ma non più disorientato, si avvicina a Louis ed alla bambina che tiene, reggendola per le cosce paffute e sorridendole teneramente, sul suo bancone.





"Posso scroccarti una sigaretta?" gli chiede. Ha i capelli come quelli di Andy Warhol. Zayn tira fuori il suo pacchetto di Marlboro, uno di quelli che gli ha portato Eleanor, dalla tasca del suo giubbotto di pelle sintetica e glielo porge. "Cheers" fa l'uomo, calandosi un paio di occhiali da sole sugli occhi.
"Lavoro o piacere?" chiede Zayn, osservando la t-shirt con Kurt Cobain e Courtney Love in stampa che l'uomo tiene addosso.
Quello solleva le spalle magre e "un po' entrambi" risponde, laconico. Poi prende una boccata di fumo, tiene il tempo di qualcosa che suona dentro la sua testa con la suola delle scarpe dentro una pozzanghera e "Lou è stata assunta da un grande salone di bellezza qui nella capitale" spiega, "ma non abbiamo ancora trovato un posto dove stare". Fuma ancora, ma distrattamente; il fumo della sua sigaretta sale, sale, sale fino a fondersi col grigio perla del cielo di Londra. "Non si può stare per le strade con una bambina di due anni a carico" aggiunge, guardando Zayn dritto negli occhi, "non credi?".
Poi spegne la sigaretta, ancora a metà, dentro la pozzanghera. Zayn, non sapendo bene cosa fare, lo imita. Dà uno sguardo di commiato alla libreria La Page, quella proprio di fronte all'albergo. E, quando tornano dentro, lo vedono: Louis sta cambiando il pannolino ad una bambina. Le tiene le gambe paffute in alto con una mano sola, mentre sistema un pannolino pulito sul suo bancone, coperto da un ascigamano. Harry, con un bieberon tra le mani, sta chiacchierando con quella che deve essere la mamma della bambina. Accanto a lui, con un fedora verde acqua tra i capelli, c'è Perrie: gambe lunghe come incubi, occhi freddi e grigi come magneti, capelli lisci e sottili, con una t-shirt informe addosso. Harry sta ridendo, abbaiando come suo solito, mentre "perché a lei sì ed a me no?" chiede, sbuffando come un ragazzino viziato.
La donna gli avvolge un braccio intorno alle spalle e "scommetto che i capelli lilla starebbero benissimo anche a te, love" cerca di consolarlo, in modo quasi materno, facendo ridere anche Perrie.
Ma è Louis, spargendo del talco sul culetto pallido e minuscolo della bambina sul suo bancone, che "perché Perrie è una femminuccia, Hazza" gli spiega, facendo smorfie alla babina. "E tu sei un maschietto". Poi la bambina ride e l'uomo accanto a Zayn si toglie gli occhiali da sole, tira fuori una macchina fotografica e scatta una foto a Louis che solleva sua figlia in braccio, la annusa e la cede di peso ad Harry.
Una volta che il flash si è diradato, abbassa la macchina, "io sono Tom" si presenta ed agita la fotografia quadrata che ha appena scattato. Zayn gli offre il sorriso più sincero che riesce a mettere insieme. Poi l'uomo si avvicina a Louis, gli porge la foto e, lasciandolo visibilmente stupito, "mi sento già a casa" quasi gli confessa, con una nota di serietà che lascia Zayn vagamente interdetto, ma affascinato.





Il commento di Niall sulla piccola Lux è: "è rosa, morbida e raggiunge certe note, mentre piange, che neanche un soprano". Poi prende un boccone della mela che è stato Harry a grattuggiare per lei, fa una smorfia a Liam e "la amo" conclude.
La bimba gli spalma la mela contro tutto il viso con le sue mani cicciottelle e ridacchia, soddisfatta. "Il sentimento è ovviamente reciproco, Nialler" nota Louis, dalla sua postazione al bancone.
Entrambi i gentitori della bambina e Liam Payne, improvvisato padre di Niall, concordano.





È il sedici marzo del 2013 e splende un sole timido su Londra.
Tom ha quasi trent'anni, i capelli biondi e spettinati, gli occhi assonnati coperti da lenti nere; Lou, di anni, ne ha ventisette. La bambina che Louis tiene sul bancone ha due anni e si chiama Lux. È nata d'estate.





È quasi l'ora di cena e Perrie della 11, la mamma della piccola Lux (Bea? Sam? Boo?) ed Harry hanno i capelli viola.
Harry si sporge contro il bancone, permette a Louis di toccare i suoi ricci e, furbo, sorride. Un flash esplode alle sue spalle.
Louis rotea gli occhi e "stasera hai promesso pudding" ricorda ad Harry, piantando un dito al centro del suo petto troppo muscoloso per essere quello di un adolesnte: "fa in modo che dentro non ci siano capelli".
E, mentre Harry cammina all'indietro verso la cucina, Louis sente solo i suoi occhi a guardare dritto dentro i propri e la sua voce che "signor sì, capitano!" urla, in qualche modo felice.





Niall e Zayn stanno già preparando il piccolo palco in sala, mettendo in corrente microfoni ed amplificatori e sistemando gli sgabelli, quando Liam si avvicina alla reception e "riassunto" comanda, come ogni sabato, aprendo il registro degli ospiti per copiare i dati di Tom, Lou e Lux.
Louis sospira, chiude la sua copia di Mind Breaths e, tenendo il conto sulle dita "questa settimana abbiamo dato via sette camere" elenca, "gli ospiti sono: Perrie e Jade nella 11, Nick nella 12, Jesy e Leigh-Anne nella 13, Ed Arancia nella 16, mamma papà e Lux nella 21; l'ascensore si è rotta lunedì e per ripararla abbiamo bisogno di duecento sterline che ovviamente non abbiamo; Zayn ha dormito, secondo i miei calcoli, appena cento ore: ha una cotta per Perrie".
Offre a Liam un sorriso soddisfatto. Quello chiude il registro, si rimette l'agendina in tasca e "c'è altro?" chiede, sollevando appena appena le sopracciglia, perplesso.
Louis si gratta una tempia e "no" risponde, addirittura con un'alzata di spalle, "la biondina americana della 17 ha tolto le tende questo pomeriggio".
Liam gli si avvicina, per niente convinto e "nient'altro?" preme, cominciando a spazientirsi.
"Mia sorella ha chiamato Simon capitalista?" tenta Louis, arrampicandosi sugli specchi in modo più che palese.
Liam, suo malgrado, ride. "Molto divertente" gli concede, con una pacca sulla spalla, "ma non hai neanche nominato Harry".
Louis sospira e "tu ed io non parliamo di questo tipo di cose" sentenzia, come dopo aver pronunciato la sua ultima frase circa la questione.
"Quindi" conclude Liam, facendo scrocchiare le ossa della propria mano sinistra contro il bancone, "ammetti che tra te ed Harry c'è questo tipo di cosa".
Louis riapre Mind Breaths, si rimette gli occhiali sul naso e "non ho mai detto niente del genere" si difende, smettendo definitivamente di guardare Liam negli occhi.
Allora Liam sospira e, più per ottenere una reazione da parte di Louis che per sua propria necessità, "ho lasciato Danielle, me ne sono pentito, l'ho richiamata ed ha il cellulare staccato, ho chiamato nel suo appartamento di Palo Alto e mi hanno detto che è partita due giorni fa. Non so dove si trovi, sono spaventato e non l'ho mai amata tanto quanto ora che l'ho persa" riassume, concludendo col fiatone e, stranamente, con gli occhi di Louis puntati addosso come riflettori. Allora Liam gli sorride e "cena in sala" quasi lo prega, con un sorriso triste.
E, quando si avvia verso la porta, stretto dentro il suo cardigan rosso e blu, Louis non può fare a meno di pensare che quella sia la prima vera conversazione che abbiano avuto da quando Paul e Clodagh sono via. Poi circumnaviga il bancone e, corricchiando per non correre il rischio di cambiare idea, raggiunge la sala già piena di gente.





Louis, in passato, ha amato Nick.
Gliel'ha detto, anche, "ti amo". Non c'era neanche bisogno, a conti fatti, di dirlo: Nick era in tutti i suoi giorni, una presenza solida e costante; era diventato la famiglia che Louis non aveva più, l'amico che aveva sempre cercato tra mille conoscenti senza volto, l'amante attento ed adorante che chiunque, senza neanche ammetterlo, cerca.
Nick era dentro l'hotel, parte dell'arredamento, quasi una sua caratteristica: parlava di politica con Pauly, lusingava Clodagh, prendeva in giro Liam, miagolava nelle orecchie di Niall per dargli fastidio, beveva con Zayn a tarda notte. Funzionava. La sua presenza non era indispensabile, ma piacevole.
Louis gli ha detto "ti amo" una delle ultime mattine che hanno trascorso insieme, stretti stretti dentro la cuccetta in basso a destra, prima che Louis tornasse a dormire e Nick andasse in radio, per il suo show del mattino. Non c'erano orgasmi di mezzo, né la giusta atmosfera: semplicemente, Louis voleva dirlo.
Poi Paul se n'è andato e con Paul anche il sonno. La priorità è diventata l'albergo, gli ospiti, le chiavi, i bilanci; il benessere dei ragazzi, l'igiene delle camere, la giusta temperatura sia d'estate che d'inverno. Nick è diventato poco più che un misero dettaglio.
L'hotel, da sfondo, è diventato protagonista assoluto della vita di Louis. I personaggi in scena si sono via via diradati, fin quasi a dissolversi, a scomparire.
Louis ha amato Nick. L'ha amato come si ama un fratello, un amico, un amante. Ma Nick non è mai stato la sua casa; l'hotel, invece, sì.
Per questo, dal nulla, le sue attenzioni sono diventate opprimenti, la sua presenza inopportuna, i suoi scherzi volgari e fuori luogo; il suo appetito sessuale si è trasformato in una minaccia, la sua poca considerazione per la poesia e l'arte in genere volgare, le sue passioni prive di stile, il suo interesse invadente.
E, dal nulla, Louis ha cominciato a pensare a Nick come ad un salvataggio di fortuna, un'occasione contingente, un dettaglio trascurabile: probabilmente Louis come chiunque, a diciannove anni, si sarebbe innamorato di chiunque si fosse mostrato suo amico, suo fratello, il suo amante; poi, semplicemente, queste cose hanno smesso di essere ciò di cui Louis aveva bisogno, perché ciò di cui Louis aveva bisogno era una casa.
L'albergo è diventato la sua casa. E, per occuparsi di lei, Louis ha smesso di dormire. E di amare Nick.
L'ultima volta che gli ha detto "ti amo" è stato quando l'ha lasciato. Gli ha sorriso, gli ha preso le mani sul bancone laccato, ma sempre impolverato e pieno di graffi della reception e "ti amo" gli ha detto, col sorriso amaro che presto sarebbe diventato l'unico sorriso di cui fosse capace, "ma non sei indispensabile: un po' come il sonno".





Louis affonda il cucchiaino dentro il dessert quando la voce di Zayn comincia ad accompagnare, in un sussurro, la chitarra di Niall.
Ed ovviamente, nel corso dei tre secondi che il cucchiaino ci mette, ad arrivare dalla coppa alta alla bocca di Louis, succedono tre cose: Ed Arancia, il ragazzo della 16, sale sul piccolo palcoscenico con una chitarra piena di adesivi e comincia ad accompagnare Niall nella sua cover di Girl from North Country; Nick prende una sedia, la volta con lo schienale verso il tavolo e si siede accanto a Louis; Harry esce dalla cucina e, come se fosse la cosa più logica da fare in una sala da pranzo, per di più sulle note di un pezzo di Bob Dylan e Johnny Cash, comincia a ballare.
Oggettivamente: una cosa del genere dovrebbe risultare, agli occhi di una persona sana di mente, ridicola. Harry è alto sei piedi e mezzo, tutto gambe e torso; ha capelli indomabili, color lavanda, ed un orrendo grembiule arancione da cucina sporco di cioccolata; i suoi piedi, per completare il quadro, sono ingombranti. Troppo grandi, sgraziati, goffi. Ma Harry balla con gli occhi chiusi, le braccia in alto e le mani intrecciate. Tiene il tempo con le scarpe contro pavimento, canticchia con un filo di voce e, Dio, sta sul serio roteando i fianchi? Una cosa del genere dovrebbe risultare, sì, agli occhi di una persona sana di mente, ridicola. Louis ha smesso di considerarsi una persona sana di mente da molto, molto a lungo.
Nick, perfettamente nel suo stile, dà le spalle sia al palco che ad Harry. In compenso prende un cucchiaio da minestra, lo affonda nel pudding che Louis sta cercando di mangiare e "ciao, baby" lo saluta, con un sorriso sporco di mousse. Poi evidentemente realizza l'ovvio, ossia che Louis non ha nessunissima intenzione di prestargli alcuna attenzione e, voltandosi appena per un istante a guardare nella direzione nella quale Louis sta guardando, che potrebbe o potrebbe non essere Harry e la sua coreografia da rave party, "è la prima volta che ti vedo lontano dalla reception da, be', sempre" commenta, divertito.
A questo, Louis storce la bocca. "Se questa è un'allusione" ammonisce Nick "a quella volta che l'abbiamo fatto contro il bancone della reception, non sei divertente". E potrebbe essere più velenoso, tentare di scoraggiare Nick ancora più seriamente, con più cattiveria, ma poi la bimba della 21 si avvicina, barcollando, alle gambe di Harry. E le abbraccia. Louis, semplicemente, smette di pensare. Lascia una pacca quasi affettuosa sulla spalla di Nick e "ciao, Nicholas" si congeda, raggiungendo Liam al tavolo dei genitori della bambina. Le coppe delle loro porzioni di pudding, ovviamente, sono pulite. Così Louis sorride loro, indica la macchina fotografica che il papà della bambina tiene in grembo e "posso?" chiede, mentre Zayn comincia a cantare, piano, con solo la chitarra del giovane Arancia ad accompagnarlo, un vecchio pezzo degli Incubus del quale Louis non ricorda il testo. E, mentre scatta la sua prima polaroid, sorride come se davanti all'obbiettivo ci fosse lui.





Come se davanti all'obbiettivo ci fosse un po' anche Louis: contro la pelle di Harry, come un tatuaggio. Magari annodato tra i suoi ricci, come un'idea. Magari nelle pieghe dei suoi gomiti e quelle dei suoi ginocchi, nell'incavo tra le sue clavicole, nell'angolo definito della sua mascella.





Il flash che esplode, un pezzo che fa If I was your boyfriend, I’d never let you go e Zayn che "ma non so ballare!" protesta. Ma poi balla.
Un'altra foto: Harry che solleva la bambina ed improvvisa un valtzer; Ed e Niall ridacchiano, ma senza imbarazzo, anche se nessuno dei due ricorda le parole esatte del pezzo degli U2 che stanno facendo.
Il flash successivo illumina Perrie che si solleva sui suoi sandali alti e stringati, prende le mani di due delle sue amiche e raggiunge quell'improvvisata pista da ballo. Arancia propone Helter skelter dei Beatles e Niall ride, poco convinto, ma mette insieme le prime note.
Nella foto successiva ci sono le braccia di Perrie intorno al collo di Zayn, Nick sul palcoscenico a cantare, stonando clamorosamente, un pezzo di The White Stripes.
In quella ancora successiva c'è il viso di Liam concentrato, in primo piano, mentre spiega nel dettaglio ai genitori di Lux, alle ragazze ed a Zayn i passi di un ballo di gruppo da villaggio turistico che non ha assolutamente alcun nesso logico, almeno nella modesta opinione di Louis, col pezzo dei Nirvana che Niall sta cantando.
Quando Niall suona i primi accordi di Stand by me e Ed Arancia comincia a cantare, nel suo tono basso ed armonico, Louis non può non fotografare Harry che lo accompagna sottovoce, muovendo le braccia come a peso morto, con un fiocco della piccola Lux, ora a sgambettare tra le gambe di suo padre, tra i capelli lilla.





Louis non balla. Ma sorride, proprio come se dovesse finire anche lui in quelle fotografie. Sei ci pensa, è come se non potesse farne a meno.





Harry balla anche Grenade. Nessuno sembra sorpreso.





Sta canticchiando, sottovoce, I just don't know what to do with myself / I don't know what to do with myself nella stessa chiave, ossia stonando, in cui l'ha fatta Nick, la sala comincia a svuotarsi ed ospiti e personale si dirigono verso le loro camere.
Lou, con la sua bambina in braccio, pizzica la guancia di Louis, che è costretto a sollevare lo sguardo dal libro che tiene sul bancone ma che non sta leggendo. "A te" dice la donna, come a seguito di una profonda riflessione e lunghe e complesse considerazioni, "starebbe bene un bel rosso".
Louis sorride, annuisce, ma "non credo" commenta. Poi porge la sua copia della chiave alla coppia e "dormi bene, Lux" dice alla bambina, riempiendosi il naso del suo profumo di zucchero filato ed omogenizzato. Poi, serio, Tom gli dice che può tenere la macchina fotografica, che ne ha tante; Louis, all'inizio, se non altro per educazione, rifiuta. Ma poi il papà di Lux gliela mette al collo ed "è tua" insiste. Louis scatta una foto alla loro piccola famiglia e la sistema alle sue spalle, nella casella in cui tiene il doppione della loro chiave, grato.
Liam passa davanti al bancone distrattamente, col suo Nokia 3310 tra le mani. Quando è già quasi alle scale "uh" sussulta, "ciao, Louis". Louis lo saluta con un gesto della mano, fischietta qualche altro verso di I just don't know what to do with myself e non nota neanche il suo passo nervoso, il modo in cui si stava sminuzzando le unghie con gli incisivi, la risata nervosa che fa risuonare tra le pareti della tromba delle scale.
Le ragazze della 11 e della 13 si fermano a chiacchierare con Louis per qualche minuto. "Be', Ed è bruttino" sussurra Leigh-Anne, coprendosi la bocca carnosa con un palmo della sua mano ingioiellata, "ma canta come Dio". Le altre ragazze e Louis sono perfettamente d'accordo.
"A me piace Zayn" la contraddice però Perrie, apparentemente dal nulla.
Ed è a quel punto che, in coro, Louis e Jade, una delle ragazze, "ma va?" intonano. E poi scoppiano a ridere, sempre all'unisono. Louis mostra loro le foto che ha scattato e dice loro che non si affeziona mai agli ospiti ma che, se potesse, si affezionerebbe a loro.
Niall e Zayn puliscono la cucina e la sala in men che non si dica: poco prima dell'una sono già in reception, evidentemente tramando qualcosa. Ed infatti, qualche secondo dopo, "quell'Harry Styles è il più grande" sta dicendo Niall, gesticolando come un matto.
"Ed è anche bello" sta aggiungendo immediatamente Zayn, annuendo, come se qualcuno gli avesse insegnato la sua battuta a memoria.
Niall, con un sorriso furbo, si volta per un attimo verso Louis. Poi si accorge di avere la sua attenzione e si rivolge immediatamente di nuovo a Zayn. "Non credo che definire un uomo bello sia lusinghiero, amico" lo corregge, ma con una vena di ironia.
Zayn, addirittura, gli fa l'occhiolino. Louis li colpirebbe volentieri in testa con la sua copia di You Get So Alone at Times That It Just Makes Sense: tutti e due. Poi Zayn "non lo so, amico, è che ho visto il suo pisello" dice, con un'alzata di spalle che Louis, prima o poi, gli farà pagare cara e amara: "come si dice in modo educato che uno ce l'ha grosso quanto un braccio?".
Louis non è una persona violenta. Una volta ha bloccato intenzionalmente Niall e Liam dentro l'ascensore ma, escludendo questo, non ha mai fatto del male a nessuno. Tuttavia solleva il suo volume di Bukowski, prende la mira e lo lancia. Ovviamente non coglie né Niall né Zayn, ma almeno quelli stanno ridendo come cretini, salutando Louis con bacini soffiati sui palmi delle mani e, finalmente, se ne stanno andando.
Nick ed Ed Arancia stanno facendo gossip, quando passano davanti alla postazione di Louis. Pensando di aver ricevuto una specie di premio dal destino e che quindi non sarà costretto a scambiarsi neanche una parola col suo ex ed il suo nuovo amico tondo ed arancione, Louis legge Lighting new cigarettes, / pouring more / drinks. / It has been a beautiful / fight. / Still / is, ma evidentemente si sbaglia: Nick posa i gomiti contro il bancone, sbatte le ciglia sugli occhi in modo teatrale e francamente odioso e "piccolo, carino Louis Tomlinson" lo prende in giro.
Louis dà a ciascuno la propria chiave. "Dormite bene, ragazzi" snocciola, con uno dei suoi sorrisi preconfezionati.
E sono già in prossimità delle scale, quando Ed si volta, si gratta la barba arancio che tiene sul mento e "dimenticavo" dice, rivolgendosi a Louis. "Tom, il tizio della 21, ed io stavamo pensando di tatuarci il nome di questo posto" dice, come se fosse una cosa normale da fare. Louis, che in tutta onestà non ha mai capito la logica che sta dietro ai tatuaggi, pur non disprezzandoli se sulla pelle degli altri, annuisce soltanto. Allora Ed sorride e, rimboccandosi le maniche della sua solita felpa su due braccia entrambe piene di disegni coloratissimi, "qual è il nome di questo posto?" chiede.
Louis, a questo, fa una smorfia. Poi apre la bocca, prende fiato, sta per dire "be', questo posto non ha un nome", che per inciso sarebbe pure la verità, quando Harry ed i suoi capelli lilla appaiono dalla cucina.
È la voce di Harry a "One Direction" dire, sicura di sé. Poi fa i tre passi che dividono la porta della cucina dal posto di Louis, si fa leva sulle braccia e, come suo insopportabile solito, si siede contro il bancone. Nick e Ed, soddisfatti, lasciano la reception.
Solo allora Louis si solleva sulle punte, schiaffeggia la nuca di Harry proprio dove i suoi ricci lilla fioriscono e "One Direction?" domanda, sollevando un sopracciglio come per ammonirlo.
Harry, che Louis nota avere ancora un piccolo fermaglio a forma di fiocco tra i capelli, annuisce. "Suona bene" aggiunge, persino. Poi si stiracchia, sollevando le braccia in alto, salta via dal bancone ed "i ragazzi ed io stavamo pensando di dare fondo alle mie scorte segrete" propone, con un'espressione che Louis non esiterebbe a definire come speranzosa.
Quindi Louis gli offre uno sguardo interrogativo. "Scorte di?" si informa. Sta pensando ancora a One Direction. Dio. Come gli viene in mente?
Harry si passa una mano tra i capelli lilla, sorride ed "indovina" lo sfida. Poi cammina all'indietro fino alle scale, "in camera mia" dice e, canticchiando I just don't know what to do with myself / I don't know what to do with myself, senza neanche stonare, sale le scale a due a due.
Louis non fa neanche caso al fatto che ha definito sua la camera da letto di Paul e Clodagh. E, dopotutto, nessuno arriva al One Direction, l'hotel all'1/D di Marmion Road, di sabato notte, no?





***






You've been around and you've seen the way that things work
But you need a compass to get around your house

(Benjamin Francis Leftwich, Pictures).

Sorge un'alba verde acqua su Londra. Domenica mattina.





Zayn dorme usando la chitarra di Niall come cuscino. Niall passa la piccola pipa di vetro colorato a Louis, indica Niall e "guarda" mima. Poi pungola Zayn con un gomito e "stai dormendo, amico?" gli chiede.
E Zayn, per un totale di cinque volte, "no no no" si affretta a contraddirlo: "sto solo riposando gli occhi". Ovviamente sta dormendo.





Liam, con le gambe a penzolare nel vuoto dalla ringhiera del balconcino, è stato silenzioso per la maggior parte della notte. Ha visto tutto, in compenso. Ha sentito tutto.





Ad un certo punto della notte, mentre Niall faceva il suo pezzo che chiama One Thing, quello che ha detto di aver scritto per Harry, Louis è finito seduto tra le gambe di Harry, sul pavimento, con la schiena contro il suo petto.
"Sei comodo" Liam l'ha sentito dire. Ed ha sentito Harry ridere sommessamente, niente a che vedere con la sua solita risata da cucciolo.
E poi l'ha visto, Harry, allacciare le braccia intorno al busto compatto di Louis, annusargli le tempie, socchiudere gli occhi. Ed ha visto Louis tremare, trattenere il fiato, sorridere tra sé e sé.
Ha visto tutto, mentre faceva giorno. Ha visto le dita di Louis intrecciarsi ai ricci di Harry, il suo sorriso farsi languido, i suoi occhi riempirsi di una tenerezza insieme giocosa e seria, da adulto; ha visto Harry trattenere gli sbadigli, sorridere nonostante il sonno a pesargli sulle palpebre, accarezzare Louis come fosse fatto di una sostanza antica e fragile.
È un privilegio, pensa Liam, vedere due persone mentre s'innamorano. Mentre sono lì e, senza neanche esserne coscienti, hanno tutta una serie di microscopiche prime volte: la prima carezza, la prima canzone sussurrata ciascuno per l'altro, la prima risata imbarazzata, la prima occhiata piena di sottintesi. È commovente, pensa Liam, in terza persona: i due protagonisti, tu ed io, non ne hanno idea; Liam sì. Liam riconosce sorrisi, carezze, sussurri, sguardi.
Ed è bellissimo, davvero; ancora più bello nell'alba che s'intona al colore assurdo dei ricci di Harry, quando quello avvicina le labbra all'orecchio di Louis e, provocando un brivido del quale probabilmente neanche si accorge, "mi piaci" confessa.
Ed è questo, pensa Liam, il fascino delle prime volte: quell'incertezza, quel non sapere cosa dire, cosa fare, come reagire. Puoi esserci passato tutte le volte che vuoi, pensa Liam, per l'amore: è sempre la prima volta.
E Liam, dondolando le gambe nel vuoto, sa che Louis non ha detto niente, è rimasto in silenzio; sa che alle sei in punto tornerà al suo bancone, ai libri di poesia che legge solo perché non riesce fisicamente a concedersi a trame ed intrecci, a personaggi, a storie; sa che Harry potrà ben bussare alla sua porta: se Louis non vorrà lasciarlo entrare, non lo farà.
Ma sa anche che Harry, a quella porta, neanche sta bussando: ha le spalle abbastanza robuste da sfondarla, se vuole. E, dopotutto, a giudicare dal sorriso che Louis porta in viso da quattro giorni e che cerca di tener nascosto anche a se stesso, è una porta aperta.





La storia di One Thing, se opportunamente riassunta, è banalotta. Niall, se glielo chiedi, ti risponde dicendoti che è stato ispirato da Harry. Senza aggiungere altro, così: "mi ha ispirato Harry".
Era lì, nella sua cuccetta, e stava strimpellando la sua chitarra. Gli accordi erano già lì, nella sua testa; allora aveva chiesto, innocentemente, solo per fare un po' di conversazione, cosa Zayn pensasse di Harry, il cuoco mandato all'albergo da Dio.
Zayn, già tra veglia e sonno, aveva sbadigliato rumorosamente e poi "sta provando a giocarsela facile" aveva detto, "ma, ogni volta che guarda Louis, non riesce neanche ad essere coraggioso, visto quanto gli batte il cuore".
E così, dal nulla, Niall stava già cantando la prima strofa. Era evidentemente in pieno delirio creativo. "Sono un genio" aveva concluso.
"Certo" aveva concesso Zayn.
E così, semplicemente, era nata One Thing. Banalotta, se ci pensi. Un po' pop, ma orecchiabile. Merito di Harry, il cuoco mandato da Dio perché permetta a Niall di raggiungere le trecento libbre di peso, che non è sicuro di quanti siano in chilogrammi. "Parecchi, comunque" è però pronto ad ammettere.





La ragazza entra in albergo alle dieci in punto. Domenica mattina, sole caldo su Londra.
Tutti gli ospiti, tranne Ed, sono ancora nelle loro camere, probabilmente addormentati dopo il sabato sera movimentato. Ed è, non si sa esattamente per quale osceno motivo, insieme a Niall.
Niall ha finito di riordinare le camere del primo ed è passato al secondo piano, Zayn dormirà ancora per due o tre ore piene, Harry si sta già occupando del pranzo. Louis non sa dove sia Liam e la cosa non lo preoccupa; lo preoccupa giusto un filino la consapevolezza di non essere preoccupato, ma dettagli.
Così, la ragazza arriva alle dieci in punto. Louis le sorride e "benvenuta al One Direction" pronuncia per la primissima volta, non senza una nota di fierezza nel tono di voce. "Una camera costa dodici sterline a notte, prima colazione compresa" recita a memoria. "Un week-end trenta sterline, una settimana cinquanta. Tutti i pasti sono compresi". Poi fa una pausa, offre un sorriso alla ragazza e "singola, doppia, matrimoniale o tripla?" le chiede, cortese.
Ma quella gli sorride soltanto. "Tu devi essere Louis" dice. Ha i capelli di un biondo ramato, riccissimi; la pelle olivastra, le labbra carnose, il seno piccolo. Parla lentamente.
Louis non ha idea di come faccia a conoscere il suo nome. Opta per un neutrale "in carne ed ossa". Poi forza un altro sorriso e "singola, doppia, matrimoniale o tripla?" ripete, cominciando ad innervosirsi.
E la ragazza "no" lo contraddice, "sono qui per Liam".
Ovviamente. Liam Payne. Louis detesta Liam Payne. Se non gli volesse bene, probabilmente lo odierebbe. Allora Louis sospira ed "un altro senzatetto" si lamenta, ma rassegnato. E sta già per dirle che sarà costretto a chiederle comunque le sue dodici sterline, che hanno già problemi economici senza fare beneficenza, che anzi sarebbe gradita un'offerta per l'ascensore più pigro del Regno, quando Liam scende gli ultimi scalini, si pietrifica sui propri passi e "Danielle" balbetta.
Sono le dieci passate da appena qualche secondo ed, in ordine, fanno capolino in reception Harry, Niall, Ed della 16 e persino Zayn, già con una sigaretta spenta tra le labbra. E tutti, Louis compreso, "Danielle?" ripetono, con tono interrogativo. Solo Louis, con la bocca spalancata in una smorfia di incredulità, "esiste?" aggiunge.
E così, il 17 marzo 2013, un giorno stranamente soleggiato, Danielle, la ragazza apparentemente non immaginaria di Liam, arriva all'albergo. Al One Direction.





Quando Harry bussa alla camera col 21 sulla porta, con tre tazze di té fumante, tre fette di torta gelato su un vassoio ed un biberon pieno di latte in mano, ha in programma di lasciare la merenda ai suoi ospiti e tornare a preparare la cena. O magari di andare a scovare Liam e la sua famigerata Danielle, finalmente riuniti dal destino. O, più propriamente, andare a tener compagnia a Louis.
Ma le cose non vanno esattamente come previsto, perché nella camera 21, al secondo piano, immersi in un ammontare di cianfrusaglie incommensurabile, c'è Tom piegato sul corpo di Zayn. Harry ci mette qualche secondo di totale confusione ed imbarazzo a capire che, be', gli sta facendo solo un tatuaggio.
Lou gli sorride, gli piazza Lux in braccio, lo fa sedere sulla piccola poltroncina ad angolo ed è solo dopo che Lou gli ha già spalmato una cremina per i brufoli e gli ha caritatevolmente attorcigliato dei fiorellini tra i ricci che Harry solleva lo sguardo su Tom, sulla pistola ad inchiostro che tiene tra le mani e poi si rivolge a Zayn. "Fa male?" chiede, curioso, facendo dondolare la piccola Lux su una delle sue ginocchia.
Zayn gli sorride, malizioso e "no" dice soltanto.
Quando Harry esce dalla camera 21, in ritardo sulla tabella di marcia per cena e colazione di domani, ha una stella, il verso di una canzone dei Temper Trap e l'iniziale del nome di sua mamma tatuati all'interno del braccio sinistro. E, per la cronaca, gli ha fatto un male cane.
Ma, in compenso, ha deliziose margheritine nei capelli e la sua pelle non è mai stata tanto liscia.





Louis solleva lo sguardo e vede l'ascella di Harry. Poi guarda un po' più in alto.
"Non bastavano i capelli lavanda" sbuffa, mettendocela tutta per non sorridere: "sentivamo proprio la necessità di una stella da pornostar e, uh, pop".
Harry, per tutta risposta, lo guarda come per sfidarlo. "Ti piaccio, Lou?" gli chiede. Non ti piacciono: ti piaccio. Signore e signori, Harry Styles.
Sarebbe troppo facile. Troppo facile. "A lavoro, Harry" lo ammonisce allora Louis. Ma non ha tirato fuori nessun libro. Quindi segue i passi di Harry fino alla cucina con lo sguardo e, senza neanche rendersene conto, sorride.





Nick Grimshaw lascia l'albergo poco prima di cena.
Mette le chiavi tra le mani di Louis, paga il conto e si carica lo zaino in spalla. Poi si volta, indica Louis con un dito e "non fai ridere nessuno, Tomlinson" decreta.
"Bene" commenta Louis, serio: "così finì la mia carriera di comico".
Nick solleva solo le sopracciglia. "Niente, non fai ridere" continua, serio. Poi posa le mani sul bancone laccato, ci lascia sopra le impronte. "Questa è casa tua, è dove hai messo le tue radici: l'hai mappata, le hai dato un nome, sai dove sono tutte le cose" sussurra. "Ma non puoi controllare tutto" aggiunge. Poi la sua voce si fa stanca, si rannicchia in un sibilo, mentre "non puoi controllare tutto" asserisce, quasi dolorosamente, "perché non puoi sapere tutto. Puoi ben startene lì dietro, con l'illusione di avere tutto a portata di mano, di monitorare tutto: ti sarai accorto anche tu che, pur non dandoti un attimo di tregua, non avevi idea delle cose più importanti".
Louis ha amato Nick. Per questo, probabilmente, resiste alla tentazione di dargli un ceffone. Però socchiude gli occhi, raccoglie più aria che può nei propri polmoni, come in procinto di entrare in apnea, e "non capisco" ammette.
"Lascia che ti spieghi, allora" continua quindi Nick, tracciando linee senza senso sul bancone dietro al quale Louis se ne sta sempre trinceato: "Liam sta con una donna che hai visto oggi per la prima volta, Niall e Zayn fanno concerti a Camden ogni venerdì a tua insaputa". Poi prende fiato Nick; guarda Louis dritto negli occhi. Poi "hai così poco sotto controllo che è bastato l'arrivo di un ragazzino del Cheshire per mettere in discussione tutto ciò su cui hai costruito le fondamenta della tua casa e, di conseguenza, di ciò che sei".
E Louis vorrebbe urlare. E probabilmente rompere la testa di Nick contro il bancone come un uovo. "Io" sta per dire, ma Nick lo interrompe.
"Ci sono cose che non puoi controllare, Louis" gli dice, "cose che puoi solo osservare o vivere". Poi gli dà una pacca sulla spalla, gli rivolge un sorriso sincero ed "il mio loft è pronto" annuncia. "E tu?" chiede.
Louis non ha idea di dove questa conversazione lo stia portando. "Pronto per cosa?" cerca di capire.
Ma Nick è già vicino alla porta d'ingresso, con il cappuccio tirato sulla sua pettinatura insensata. Le impronte delle sue mani, identiche, sono ancora contro la superficie laccata del bancone. Fa un passo fuori. Lascia la porta aperta.
Louis, per qualche minuto, non ha la più pallida idea di cosa Nick volesse dire.
Poi un tramonto arancio e rosa pallido cala su Londra e, come dal nulla, Louis capisce.
Non gli resta che chiamare Eleanor. Nessuno sta ridendo.





La porta d'ingresso dell'hotel è sempre stata anche una porta d'uscita?





Sono le due del mattino e Louis deve essere impazzito del tutto, perché lascia squillare il telefono una, due, tre volte. Poi preme il pulsante verde sul cordless. "Hotel One Direction, qui Jennifer. Come posso esserle utile?".
"Ciao, Jennifer" dice la voce di Harry, divertita. "Bel nome questo albergo, chi l'ha scelto?".
Louis si accarezza la mascella ricoperta appena appena di barba col palmo della mano. "Un cretino coi capelli viola" risponde, ma con affetto evidente nel tono di voce. "Che vuoi, Haz?".
Si sente, dall'altro lato, uno strano fruscio di scartoffie. Poi la voce di Harry "ho scritto un haiku" annuncia, evidentemente imbarazzato: "vuoi sentirlo?".
Louis non crede di aver ben capito. Quindi, per esser completamente certi, "tu scrivi?" chiede, inquisitorio.
A questo, Harry prima risponde con un "be'" perplesso; poi si ravvede, per sommo divertimento di Louis, e "tengo un blog" quasi confessa, ma in tutta serietà.
E Louis sta già pensando di salire su da Liam, accendere il suo maledetto Windows 95 ed accedere ad Internet Explorer, la tortura per eccellenza per ogni utente dell'internet, al solo scopo di vedere il blog di Harry Styles. Dal coso touch che Eleanor ha preso a tutti per Natale non sarebbe la stessa masochistica sorpresa. Quindi sorride, annuisce nella penombra della hall e "un blog di haiku" suggerisce, immaginando già scritte in fuxia, dodici pixel, Times New Roman.
Ma, purtroppo, Harry gli mette i bastoni tra le ruote. "No" lo contraddice: "un innocuo Tumblr sulle donne in strap-on".
Ufficialmente: Louis non sa se ridere o piangere. Per evitare un po' entrambe le opzioni, "ed hai scritto un haiku sulle donne in strap-on?" domanda, nascondendo il proprio sorriso dietro ad una spanna.
Ma, fortunatamente, Harry lo contraddice ancora. "No" dice. E poi "vuoi sentirlo?" propone ancora, questa volta con più entusiasmo e meno imbarazzo.
Allora Louis scrolla le spalle, socchiude gli occhi ed "ok" acconsente.
C'è qualche secondo di silenzio. Poi Harry tossicchia, probabilmente si passa una delle sue mani grosse e nodose tra i ricci lilla e poi legge.
Aurore uggiose (Ottimo inizio)
Letto vuoto: ("Gesù Cristo, sta parlando di me, di noi, aiuto, S.O.S.")
Trova la mia prostata (Terribile)
"Terribile" commenta quindi Louis, dando voce ai propri pensieri, fin ora opportunamente taciuti.
Quello che viene fuori dalla bocca di Harry, evidentemente, è un ibrido tra una risata ed un singhiozzo. "Hai detto poeti maschi!" protesta, sbuffando come un bambino viziato.
Louis si colpisce la fronte col palmo della mano che non regge il cordless, ma sorride. "Ho detto anche no" gli fa notare.
Ma Harry, chiaramente, non si arrende. Louis non ha mai, per sua innegabile fortuna, conosciuto qualcuno che fosse un decimo tanto testardo. Harry sospira, come per farsi coraggio, e "dammi una possibilità" sibila, dentro un altro fruscio di cartacce.
E Louis è felice, davvero, che stiano avendo questa conversazione al telefono: se fosse al suo bancone, adesso Harry potrebbe vedere Louis arrossire. Ed è una cosa che, ad occhio e croce, preferirebbe evitare come la peste, mentre "Harry" sussurra, a mo' di ammonimento.
Ma Harry non dà ascolto a nessuno. "Te l'ho detto, Lou" gli ricorda. Certo che gliel'ha detto. "Mi piaci". E Louis spera che Harry smetta, che gli risparmi tutto questo, ma è evidente che i suoi progetti sono altri, mentre "mi piacciono i tuoi occhi celesti" elenca: "non azzurri" specifica, "celesti". Poi prende fiato. "Mi piace il tuo odore. Mi piace il modo in cui ti prendi cura degli altri" continua, senza mai fermarsi, come se non riuscisse a smettere di pensarci. "Mi piace che tu sia un ragazzo: spalle, pomo d'Adamo, bacino, bicipiti" dice. Ed ancora: "mi piace il tuo accento, il tuo humor, il tuo passato". Poi ridacchia in uno modo quasi innocente e "mi piace aver imparato a contare le sillabe per fare colpo su di te" confessa. E Louis può sentire un sorriso proprio lì, alla fine di quell'ultima frase, nell'attimo prima che Harry "mi piace tutto di te" aggiunga. E Louis vorrebbe dire qualcosa, non sa cosa, ma qualcosa. Resta zitto. Lascia che Harry "mi piaci" ripeta, proprio come ieri notte, sul balcone, mentre erano fatti. Lascia che qualche secondo scorra e poi "io ti piaccio?" insiste, perché deve aver capito Louis meglio di quanto a Louis faccia piacere ammettere.
E forse, ad essere onesti, Louis avrebbe preferito avere questa conversazione faccia a faccia, guardando Harry negli occhi nella penombra dell'albergo di notte. Nella penombra del One Direction di notte. Per questo strofina pianissimo le labbra contro l'altoparlante del telefono, come in un minuscolo bacio segreto, e "dormi bene, Haz" dice piano.
Harry sospira, ride piano e "buona notte, Jennifer" gli augura. "E buon lavoro".





***






"Maybe... You'll fall in love with me all over again".
"Hell" I said, "I love you enough now. What do you want to do? Ruin me?".
"Yes. I want to ruin you".
"Good" I said. "That's what I want too".

(Ernest Hemingway, A Farewell to Arms).

Quando, a mezzogiorno in punto, Zayn arriva al piano terra, l'Apocalisse è evidentemente in atto. Tutto è sottosopra. Zayn non sa dove guardare, cosa fare, come reagire.
Prima di tutto, non essendo venerdì, cosa ci fa Eleanor in albergo?
Com'è che improvvisamente l'ascensore si è messo a funzionare?
Ma, soprattutto, dov'è Louis?
Liam gli dà una pacca sulla spalla e "ci stiamo facendo tutti le stesse domande, amico" prova a tranquillizzarlo, quasi paterno. E quasi ci riesce, a far star Zayn meglio, ma poi fa la cazzata: sorride, tira fuori un pacchetto dalla tasca dei propri jeans stretti, si tossicchia dentro un pugno, apre la confezione e dentro, guarda là, c'è un anello di diamanti. E per fortuna non è "mi vuoi sposare?" che chiede a Zayn, ma "le piacerà?".
Ciò non toglie che è molto probabile che Zayn si sia addormentato all'1/D di Marmion Road e si sia svegliato in un Alternate Universe in cui improvvisamente tutti sono sani di mente, l'Apocalisse, ma è già qualcosa.





Eleanor piange quando, con i piatti sporchi delle fettuccine alla bolognese che Harry ha preprato ancora su tutti i tavoli, Liam s'inginocchia davanti a Danielle e "mi vuoi sposare?" le chiede.
Niall si preme un pugno contro l'addome e "Boys, don't, cry" intona, sofferente. Zayn, che ha affari più urgenti da sbrigare, si avvolge una sciarpa intorno al collo e, visto che a nessuno sembra importare, va a controllare che Louis sia tornato al suo posto.
Harry, col sorbetto al limone ancora gelido di congelatore tra le braccia, si asciuga una lacrima all'angolo dell'occhio sinistro, abbraccia prima Danielle e poi Liam ed immediatamente dopo, mentre tutti gli ospiti dell'albergo applaudono e la piccola Lux rigurgita sul pavimento che Niall ha appena disinfettato, stringe forte anche Eleanor.
Ovviamente, Danielle dice di sì. E quindi può piangere anche Liam, per una volta non nascosto nel suo piccolo ufficio in mansarda.





Ciò che Zayn non si aspetta di trovare in reception, mentre si fa strada verso l'uscita, è una valanga di zaini rosa.
Si avvicina a Jade, quindi, le fa un cenno di saluto col capo e poi "che succede?" chiede, temendo già la risposta.
Jade ha i capelli neri, le labbra carnose, il sorriso malizioso; niente a che vedere con la carnagione lattea di Perrie, coi suoi occhi chiari, il suo mento affilato, le sue gambe lunghe. Ma gli sorride comunque con affetto, mentre "Louis non c'è" sbuffa. E poi "il nostro treno parte tra un'ora" aggiunge.
Zayn si sistema il colletto della giacca di jeans che porta. Poi inghiotte a vuoto, si schiarisce la voce ed "il vostro treno?" si informa, cauto.
È a quel punto che le porte dell'ascensore si aprono. Ed è Perrie, ovviamente, a "questo ascensore è una bomba" commentare, allegra.
Jade, per tutta risposta, le assesta una minatoria gomitata tra le costole. Poi "Edwards" la apostrofa, in una vocina giocosa, "stavo giusto dicendo al nostro amico Zayn, qui, che il nostro treno parte tra un'ora".
Perrie, a questo, assume un'espressione vagamente dispiaciuta: protrae il labbro inferiore, giunge le sue manine curate come in preghiera e "già" sussurra, quasi in un lamento: "il nostro week-end londinese finisce qui". Poi sorride, dondolandosi appena appena sulle sue scarpe alte ed eleganti, e "mi dispiace" aggiunge, senza nessun motivo in particolare.
Zayn, ovviamente, si finge disinvolto. Tira fuori una sigaretta dal proprio pacchetto quasi vuoto, si sistema i capelli con un solo gesto e poi "andrò a recuperare Louis, allora" annuncia, accendendo la sigaretta nonostante sia ancora dentro l'hotel, "così potrete andare".
Tanto sarebbe andato a cercare Louis comunque, no?





La verità è che Louis, la poesia, non l'ha mai capita. Non solo quella d'amore: tutta.
Fa sempre un gioco, quando legge versi: cerca di capire cosa c'è dietro. Non si tratta quasi mai di un esercizio di critica, di analisi o di, Dio lo perdoni, esegesi: è piuttosto un inventare, un ricreare, un capire un po' diverso, personale.
La verità è che ci ha provato, a scappare dalle storie. Ci ha provato lasciando il teatro, il latino, il francese; ci ha provato lasciando al terzo piano tutti i suoi romanzi, sistemando sotto al bancone solo infiniti volumi di poesia in lingua inglese. Ma, mentre gira le pagine ingiallite di una copia di Madame Bovary identica a quella che tiene nella sua camera al terzo piano, capisce di aver drammaticamente, clamorosamente, irrimediabilmente fallito.
Si è ingannato per tutto questo tempo, è questa la verità. I suoi occhi hanno letto infiniti versi, ma ciò che la sua memoria gli ha restituito per tutto il tempo sono storie, storie ed ancora storie.
Qualcuna, persino, d'amore.





Zayn lo trova seduto su una piccola poltrona, dentro un fascio di luce pieno di polvere, ancora col suo pigiama a quadri addosso ed un berretto di lana a nascondergli i capelli.
Gli si avvicina piano, come per non disturbarlo; poi però si siede al suo cospetto, contro il pavimento, e "Lou" dice piano, come dentro una chiesa.
"Je suis desolé, mon ami" è la prima cosa che Louis dice, nel suo accento francese più marcato, "mais je suis un peu occupé, comme tu peux le voir".
Zayn, che non capisce una parola di francese "ok" gli consente, divertito, annuendo. Poi però gli posa entrambe le mani sulle ginocchia e, con il più sincero dei suoi sorrisi, "sei fuori" tenta di fargli realizzare.
Louis rotea gli occhi. "La porte a toujours été ouverte, non?" sembra volerlo sfidare. Poi però ridacchia, chiude il libro che tiene in grembo ed "ho chiamato mia madre" racconta, con un sorriso così diverso dal suo solito, così sincero. "Le ho chiesto del danaro per riparare l'ascensore" aggiunge, calandosi il berretto sulle orecchie. Poi si morde piano il labbro inferiore e "non posso controllare tutto" conclude, con un'alzata di spalle, "ma posso prendermi cura di ciò che amo".
E Zayn non sa esattamente in che percentuale Harry Styles sia responsabile di tutto questo, ma non riesce a non essergliene grato. Per questo si solleva finché non è in ginocchio, tende le braccia e stringe Louis così forte che teme di spezzarlo in due. Boys don't cry, pensa. E poi gli torna in mente il motivo per cui è uscito a cercare Louis. Uscito a cercare Louis, Dio, sembra una contraddizione in termini. "Hanno bisogno di te alla reception, comunque" dice, tutto d'un fiato.
Louis si divincola dall'abbraccio, balza in piedi ed "ok!" esclama, entusiasta. Poi sembra pensarci su per un istante e "è arrivato qualcuno d'interessante?" chiede, rimettendo un piccolo libro ingiallito su uno scaffale pieno zeppo di suoi simili.
"No" risponde allora Zayn, "le camere 11 e 13 si svuotano".
Louis si blocca, preme una mano contro gli addominali di Zayn per fermare anche lui e "Perrie se ne va?" chiede, con la bocca a formare una piccola o di sorpresa.
Zayn sposta la spanna di Louis, gli sorride con gli incisivi bene in vista e "già" conferma, del tutto disinteressato.
E poi, dal nulla, succede. Louis socchiude gli occhi e "sai perché tu dormi ed io no, Zayn Malik?" chiede, per la prima volta faccia a faccia con se stesso e, di riflesso, con Zayn. Poi fa quello che fa sempre: rotea gli occhi. Tratta Zayn come se fosse un bambino, come se Louis fosse costretto a spiegargli tutto. "Perché hai deciso di evitare le responsabilità delle quali io mi sono fatto carico" dice, lentamente. E dovrebbe suonare come un rimprovero, come un'offesa: alle orecchie di Zayn, chissà perché, sembra più una dichiarazione d'amore. "Credo si tratti" dice, ridacchiando, "di due malattie complementari: disturbo ossessivo-compulsivo e sindrome depressiva". Poi afferra le spalle di Zayn saldamente e, per la prima volta da quando lo conosce, Zayn si accorge di quanto Louis sia piccolo. Minuscolo. Tascabile, come uno dei suoi libri in francese. Sussurra "nessuno di noi sapeva cosa fare, quando Pauly e Clodagh sono andati via" come fosse un segreto. Poi la presa sulle spalle di Zayn si fa più salda, quasi possessiva, quando Louis arriccia le labbra, si finge pensieroso e poi "lascerai andare anche lei, pur di non affrontare la cosa?".
C'è ancora un fascio di luce solare ad illuminare la poltrona sulla quale Louis era seduto poco fa. Zayn arriccia la fronte, lo guarda dritto negli occhi e "da quando sei così saggio?" gli chiede, come a prenderlo in giro.
Louis gli colpisce la nuca con un buffetto leggero, scuote la testa e "j'ai toujours été sage" lo corregge, sculettando fuori dalla libreria, "stupide".
Zayn lo segue, attraversa la strada, apre la porta, sulla quale qualcuno ha appeso un cartello con su scritto One Direction Hotel e "mi hai appena chiamato stupido?" domanda, oltraggiato.





Liam e Danielle, la quale esiste, vanno a cena fuori; Zayn passa la sera al telefono con Perrie, ufficialmente per darle la buonanotte; Niall e Ed stanno scrivendo una canzone che già, senza aver messo nero su bianco neanche una nota o una sillaba, chiamano Over again; Lou e Tom hanno messo a letto Lux da un pezzo. L'albergo è, per diretta conseguenza, quasi del tutto silenzioso.
Louis si mette a sedere sul suo bancone laccato, impolverato, pieno di impronte. Ha affisso delle polaroid al muro alle sue spalle.
Harry sistema il composto per la cheescake nel forno spento, si lava le mani e si toglie il grembiule. Sa cosa fare.





Comunque Zayn è ancora convinto di essere in un Alternate Universe in cui Liam è fidanzato ufficialmente su Facebook, Niall scrive musica pop, Zayn esce con una ragazza e Louis, be'. Louis esce.
Ci manca solo che salga in mansarda a fare una pennichella e Zayn sarà costretto a chiamare, tipo, un medium per rimettersi in contatto con la propria realtà.





Si siede accanto a Louis sul bancone. Si scompiglia i capelli che cominciano a perdere colore, sospira e "Lou" sta per dire, ma quello lo interrompe.
"No, lasciami parlare" dice, balzando giù dal bancone. Dal lato sbagliato. Poi batte le mani una, due, tre volte, socchiude gli occhi ed "ok, Harry Styles" annuncia, in qualche modo solenne: "hai vinto". Si avvicina appena appena, come facendo in modo che Harry non se ne accorga. Poi, però, gli posa entrambe le mani sulle cosce e, rassegnato, sorride. Socchiude gli occhi, sospira ed Harry sa, lo sa, che sta per succedere, quando "mi piaci" dice Louis.
Harry è ancora seduto sul bancone della reception. Da quell'altezza, deve abbassare quasi completamente il viso, se vuole guardare Louis negli occhi. Ci mette un po', ma alla fine realizza la poesia in tutto quello: è seduto su una specie di Muraglia Cinese improvvisata. Ma la trincea di Louis non è stata distrutta, né incendiata, né assediata: Louis, semplicemente, l'ha scavalcata ed, in qualche modo, l'ha raggiunto. C'è poesia in tutto questo, una poesia semplice.
C'era una volta un ragazzo con gli occhi celesti, un ragazzo che per notti e notti e notti non dorme, perché vuole costruire un muro affinché nessuno possa raggiungerlo; poi c'è un altro ragazzo, un ragazzo qualsiasi, che ha girato il mondo in cerca di qualcosa e questo qualcosa è il ragazzo dietro il muro. Ma il ragazzo con gli occhi celesti non è stupido: il muro che ha costriuto è solido ed alto e resistente; per questo il ragazzo qualsiasi non riesce né a scalarlo, né a distruggerlo o ad aggirarlo. Può solo aspettare che il ragazzo che ha sempre cercato costruisca una breccia nel muro per farlo passare. Ma la poesia è in questo, vedi? Il ragazzo semplice alla fine arriva in cima al muro, con fatica e sacrifici, e guarda dall'alto quegli occhi celesti, per scoprire che il muro era solo un'idea e che se vuole, adesso, può guardare ciò che ha sempre cercato faccia a faccia, da una prospettiva simile, per sempre.
Per questo, forse, Harry scende dal bancone. Posa le mani sugli zigomi pronunciati di Louis e "ripetilo" balbetta, a voce mozzata.
E Louis, occhi celesti, sociopatico, lo sta guardando negli occhi, mentre "mi piaci" ripete, come richiesto.
E poi, sollevandosi sulle punte dei piedi, lo bacia.





È la notte tra il 18 ed il 19 marzo 2013 e piovono baci su Londra.





Si baciano, indietreggiando fino all'ascensore.
Si baciano, mentre l'ascensore arriva al piano terra; poi si baciano mentre le porte si aprono ed, indietreggiando, continuano a baciarsi.
Ci sono labbra, lingue e denti, mentre l'ascensore raggiunge il primo piano dell'albergo; quando è al secondo piano, ci sono ancora baci, ma che sembrano sorrisi; le porte dell'ascensore si aprono ed i baci si interrompono per un istante, perché Harry possa "shhh" mimare piano. Poi ricominciano.
Si baciano, si baciano, si baciano, raggiungendo la porta della camera di Harry. Continuano a baciarsi, con le bocche aperte e poi solo con le labbra, coi denti e coi nasi e con le mani, con le ciglia ed ancora i nasi ed i cuori. Poi si baciano ancora ed ancora e poi ancora un po', mentre la porta della camera di Harry si chiude alle loro spalle, finché non raggiungono, indietreggiando, il letto matrimoniale nel quale dorme.
Si baciano, quindi, anche sul letto.
Si baciano, si baciano, si baciano e si baciano. Si baciano finché Louis non si addormenta.





Non è raro, infatti, che a Londra piova senza che tutto, poi, si risolva con un banale temporale.





Zayn arriva all'ovvia conclusione di aver bisogno di vedere un analista quando si sveglia in un Alternate Universe in cui non solo Liam si sposerà, Niall scrive canzoni su gente che viaggia ed una ragazza coi capelli lilla gli ha detto "sei così sexy" al telefono, ma nel quale, addirittura, alla domanda "dov'è Louis?", Liam, al bancone della reception, risponde: "sta dormendo".





La sveglia suona alle sei, alle sei e un quarto ed alle sei e mezzo.
Alle sette in punto la cheescake è pronta, il latte e l'acqua per il té sono caldi e gli ospiti possono fare colazione.
Niall comincia a pulire le camere del primo piano alle otto e mezzo. Alle dieci in punto passa al secondo piano, mette in funzione lavatrici ed asciugatrici e passa alla hall ed alla cucina.
Liam e Danielle, alla reception, accolgono un ragazzo che firma il registro con un semplice Greg scritto tutto in maiuscolo e, con mancanza di altro da fare, si occupano di tasse, bollette e fondi fiduciari. Trascorrono il resto del tempo parlando del loro imminente matrimonio.
Zayn è in piedi a mezzogiorno e, subito dopo aver superato una breve ma intensa crisi di nervi, serve il pranzo. Harry ha preparato una delle sue specialità: medaglioni di maiale, fagiolini, insalata russa. Per i vegetariani c'è un'ottima zuppa di piselli, eventualmente accompagnata da un'omelette che va opportunamente richiesta. Per dessert, prepara un caffé espresso e ci mette su della panna. Niall, a pranzo concluso, sparecchia e riordina la sala da pranzo.
Harry si occupa virtualmente della hall, visto che nessuno entra o esce dall'hotel, per tutto il pomeriggio.
Si allontana solo alle cinque in punto, per preparare la merenda: a Zayn che sta al telefono con Perrie un té senza zucchero, a Niall con tre cucchiaini ed una spruzzata di limone insieme ad un muffin, due fette di pane e burro di arachidi ed una fetta di cheescake avanzata ed a Liam e Danielle due cioccolate in tazza fumanti, che porta fino alla camera 10, quella che hanno adibito a loro nido d'amore, dove si stanno riposando in vista del turno di notte alla reception. Porta anche una tazza di té con fruttosio ed una spruzzata di latte scremato al terzo piano, ma poi apre la porta della sua stanza, sorride e la riporta in cucina.
Per cena Harry delizia gli ospiti con bistecche cotte ai ferri, cavolini di Bruxelles, crème brûlée e vino rosso caldo. A cena finita, Niall riordina sala da pranzo e cucina e, mentre Zayn intrattiene gli ospiti al bar, Harry prepara una crostata di lamponi per la colazione di domani.
Liam e Danielle prendono posto dietro al bancone impolverato e graffiato della reception a mezzanotte. Ospiti e dipendenti passano e li salutano.
Così, alla mezzanotte del 20 marzo 2013, l'hotel One Direction, quello all'1/D di Marmion Road, è completamente avvolto nel silenzio, tranquillo, mentre piove su Londra.





Louis si sveglia, che già di per sé è una novità.
Si sveglia, e questo è ancora più nuovo, nel letto di Harry.
Si sveglia ed, accanto al cuscino sul quale ha dormito, trova un biglietto.
Sul biglietto, ovviamente, c'è scribacchiato, in una grafia elementare ma elegante, un haiku.
Strade infinte
Primavera:
Non cercavo che te
Sotto, in una grafia lievemente più piccola, Harry Styles c'è scritto, poeta maschio.
Per conseguenza diretta, Louis ride finché non gli fanno male mascella ed addome, poi piange per un po' ed, alla fine, si riaddormenta.
Tutta una serie di strane, piacevoli novità.





Louis non sa cosa direbbe ad un lettore ignaro, di tutto quello, se proprio dovesse raccontarlo.
Sicuramente, al centro della sua storia, che altro non è che una banalotta storia d'amore, ci sarebbe Harry, che ha notoriamente la stoffa del protagonista.
Parlerebbe di quando, avvolti tra le lenzuola del loro letto, hanno telefonato a Liam in reception e ci è mancato poco che non si commuovessero, quando quello "Hotel One Direction, qui il dottor Payne. Come posso esserle utile?" ha risposto; forse racconterebbe dei suoi baci, delle sue mani dappertutto, dei suoi ricci prima lilla e poi nocciola ad intrecciarglisi tra le dita; probabilmente, se ci pensa bene, si soffermerebbe anche sui "russi da baritono" di Niall, sul segno Vietato Fumare che Liam ha fatto appendere dietro al bancone della reception perché Zayn si comporti bene, dell'ascensore che sale e scende senza mai stancarsi, volenteroso. Ad ogni modo, alla fine, tornerebbe alla voce di Harry che gli legge Madame Bovary, in un francese oltraggioso, per farlo addormentare.
Ad ogni modo, Louis non è uno scrittore. Ma resta a letto per due giorni e, quando torna al suo posto dietro al bancone, la mattina del 21 marzo 2013 alle sette in punto, la prima cosa che dice ad Harry, sollevandosi sulle punte dei piedi per dargli un bacio, è: "mi piaci, poeta maschio".
Della storia che sta dietro alla poesia, chi se ne frega, onestamente.





***






Al piano terra c'è la hall. Il bancone è lucido, laccato, ma sempre impolverato e pieno di graffi; sul bancone c'è una cassa ed un iMac nuovo di zecca. Dietro c'è una bacheca: venti caselle, quaranta chiavi ed una serie di polaroid messe a fuoco male, di colori pastello.
Alla reception, di giorno, c'è Louis, studente part-time di lingue classiche all'UCL di Londra; di notte, Liam e Danielle, promessi sposi.
Le sue notti, Louis le passa con Harry, cuoco appena diciannovenne donato all'hotel One Direction dal Cheschire. Gli sta insegnando il francese.





A destra della hall c'è la sala da pranzo: venti tavoli da quattro, un buffet sempre pieno di dolci, un bar fornitissimo e cinque sgabelli alti. Colazione, pranzo e cena sono compresi nel prezzo delle camere. Gli alcolici, dei quali si occupa Zayn, vanno pagati a parte.
Zayn serve ai tavoli a pranzo e sta dietro al bar dopo cena.
Ha un sacco di tatuaggi sul braccio destro, qualcuno sul petto, qualche altro sui fianchi. Tra questi, c'è una piccola P lilla. P, ovviamente, sta per Perrie: il nome della ragazza del sud col quale esce.





Al primo ed al secondo piano ci sono le camere da letto. Dieci su un piano e dieci su un secondo: cinque singole e cinque matrimoniali al primo; cinque triple e cinque doppie al secondo. L'ascensore è sempre perfettamente funzionante. In uno stanzino accanto all'ascensore, al primo piano, c'è la stanza della biancheria.
Della biancheria e delle camere si occupa Niall. Di sera, invece, serve la cena. Dice sempre che le forchette d'acciaio contro i piatti di ceramica suonano in mi bemolle.
Possiede due chitarre. Una che ha portato a Londra dalla sua terra d'origine, l'Irlanda; l'altra, gliel'ha regalata un ragazzo di nome Ed.
Suona le sue chitarra ogni sera, in sala, per ospiti e spettatori non paganti. Zayn canta; Harry balla; Louis fa foto che aggiunge alla piccola collezione che tiene dietro al bancone della reception.





Al terzo piano ci sono altre tre camere da letto, 'sta volta riservate al personale: due matrimoniali ed una doppia con letti a castello, piena zeppa di strumenti musicali.





Della cucina si occupa Harry. La sua specialità, a detta di molti, è capire come gli altri prendano il té. Lui preferisce definirsi poeta maschio.
  
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