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Autore: Delirious Rose    25/03/2013    1 recensioni
[La Terza Via (Colombo & Comunale)]
[La Terza Via (Colombo & Comunale)] Natsuko aveva avuto la certezza che la sua primogenita non era figlia di suo marito il giorno in cui aveva notato una peluria dorata sul cranio della neonata. Ad un certo punto aveva temuto che suo marito la scoprisse e la ripudiasse, se non ché, un giorno sua suocera evocò un parente: in fondo gli occhi azzurri ed i capelli biondi non erano rari in quella zona. Eppure, la giovane madre non poteva fare a meno di sentirsi a disagio nei confronti della piccola Aiko, un timore che forse, si disse, andavano ben oltre il segreto della sua paternità.
A CieloAmaranto, ovviamente, perché cosa promessa è cosa dovuta.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza era di suo gusto.

I capelli neri erano arruffati, le lacrime avevano lasciato delle scie sul viso sporco di polvere e il kimono era scomposto, mostrando della pelle bianca come latte lì dove non era solitamente esposta al sole. Aveva una bellezza particolare, quasi selvaggia, e con una buona lavata e degli abiti decenti avrebbe fatto la sua figura alla corte imperiale. Ed era sporca di sangue, il proprio e dei nemici che era riuscita a ferire.

Sorrise appena, rievocando la scena a cui aveva assistito poco prima: una contadina che cercava di tener testa ad un gruppo di briganti, la falce con cui stava mietendo il riso come arma. Ma lei era sola e loro erano cinque: aveva dato loro del filo da torcere, certo, ma erano riusciti ad avere la meglio. Era stato quando l’avevano bloccata a terra per stuprarla che aveva deciso d’intervenire: non era sua abitudine interferire coi comuni mortali, ma la ragazza era di suo gusto.

E adesso troneggiava davanti a lei, splendido e terribile allo stesso tempo. Vittorioso.

Lei tendeva verso di lui un frammento di spada, solo un tremore leggero tradiva la sua paura: il suo sguardo era deciso. Premette la lama contro la propria gola quando lui fece un passo verso di lei.

«Non voglio farti del male,» disse, ma la voce del Dio della Guerra era priva d’emozioni, incapace di confortare. «È tutto finito, adesso,» aggiunse posandole una mano sul capo in un gesto che era supposto consolatorio.

Gongolò dentro di sé: non solo la ragazza era di suo gusto, ma era anche intonsa. Perché il Dio della Guerra aveva una predilezione per le vergini, con l‘unica eccezione delle spose (sempre che queste fossero di suo gusto) di quei rari valorosi che avevano suscitato la sua stima.

La ragazza s’afflosciò, sciogliendosi in un pianto liberatorio e, chissà sa dove, spuntarono fuori una donna ed una ragazzina: la presero fra le braccia e piansero assieme a lei. Queste erano la madre e la sorella minore della ragazza –che si chiamava Natsuko- e che lei aveva cercato di difendere dall’assalto dei briganti. Senza alcun dubbio, la ragazza era di suo gusto.

Una volta che ebbero sfogato l’eccesso d’emozioni, s’inchinarono davanti a lui tutte e tre, e la madre gli offrì la loro ospitalità: non erano ricche e di certo la loro dimora non era degna di un nobile signore, ma era loro intenzione sdebitarsi almeno in parte. Lui accettò, più per le prospettive che gli offriva tale ospitalità che per un reale bisogno.


Il pasto che le tre donne gli avevano offerto era stato gustoso, anche se non molto abbondante, e la ragazzina era stata perfino mandata da un vicino per chiedere una bottiglia di saké. Fu allora che lui fu informato di come Natsuko si sarebbe sposata di lì a pochi giorni: la madre esitò un poco nel dire che lui fosse arrivato appena in tempo per salvare la figlia, ma questo al Dio della Guerra importava poco o niente, almeno fino a quando non s’era ritrovato da solo in compagnia della ragazza.

Era stata Natsuko ad andare da lui, mentre sua madre e sua sorella dormivano profondamente nella stalla, con l’intenzione di mostrargli la sua riconoscenza in modo più concreto: quando le fu posta la domanda, Natsuko rispose che sua madre credeva che lui fosse arrivato un po’ troppo tardi e che quei briganti avessero approfittato di lei, e che comunque lei non amava il suo promesso sposo. Già, la ragazza era di suo gusto.

E mentre lei dormiva stesa accanto a lui, i pensieri del Dio della Guerra andarono alle donne che l’avevano preceduta, ai frutti di quei piaceri che, troppo spesso, lo avevano deluso: dei grandi guerrieri, certo, ma che erano tutti caduti vittima della vanità. L’unica eccezione –ma anche la delusione maggiore- era stato Shu: strinse i pugni al pensiero di sua madre Shiruka e al di lei padre, i fautori della caduta del più promettente dei suoi figli.

Ricordava bene quell’Omnyoji e di come, intuendo la paternità del bambino, lo avesse istruito alle pratiche magiche e di come, col passare degli anni, la sua vanità era cresciuta assieme alle capacità di Shu, fino al giorno in cui s’era vantato d’essere il suocero di una divinità. Il Dio della Guerra non lo aveva perdonato e solo il sangue del padre e della figlia erano stati capaci di placare la sua ira, ma Shu era perduto per sempre, intenzionato com’era a seguire le orme materne.

Ripensò a tutte queste cose e si disse che forse quella Natsuko avrebbe potuto dare alla sua progenie la possibilità di riscattarsi, nonostante i figli maschi lo avessero
sempre deluso. E perché non una figlia, un’indomita valchiria? Certo, le donne avevano il pessimo vizio d’avere la lingua lunga, ma era un difetto a cui la sua volontà poteva rimediare.

~*~

Natsuko aveva avuto la certezza che la sua primogenita non era figlia di suo marito il giorno in cui aveva notato una peluria dorata sul cranio della neonata. Ad un certo punto aveva temuto che suo marito la scoprisse e la ripudiasse, se non ché, un giorno sua suocera evocò un parente: in fondo gli occhi azzurri ed i capelli biondi non erano rari in quella zona. Eppure, la giovane madre non poteva fare a meno di sentirsi a disagio nei confronti della piccola Aiko, un timore che forse, si disse, andava ben oltre il segreto della sua paternità.

Era un sentimento che era rimasto indefinito fino all’anno della bambina, fino a quando non l’aveva scoperta a lottare e vincere i monelli del villaggio, oppure ad osservare con malcelato piacere il macellaio al lavoro: Aiko sembrava essere attirata dalla lotta, dalle lame, dall’effusione di sangue. Inoltre il suo sguardo azzurro sembrava capace di vedere oltre le apparenze, oltre le favole che gli adulti raccontavano ai bambini. Ed era bella nonostante fosse ancora una lattante, tanto che un giorno, una viaggiatrice –una nobil dama, una monaca o una geisha, Natsuko non lo sapeva- si propose di acquistarla, per poi tirare indietro la propria offerta non appena aveva saputo che la bimba era muta.

Era stato per vederci chiaro e per comprendere i suoi sentimenti verso la bambina, che un giorno Natsuko aveva deciso di recarsi dal saggio eremita che viveva nella vicina foresta di bambù: aveva preso una misura di riso, un pollo, del saké, aveva preso Aiko fra le braccia ed aveva affidato l’ultimo nato a sua sorella, dicendo che sarebbe rientrata più tardi in serata e di non attenderla per la cena.

L’eremita aveva osservato la bambina, poi aveva cantilenato ed aveva letto nelle interiora del volatile: aveva trattenuto un grido strozzato, e solo dopo essersi fatto lungamente pregare aveva mormorato:

«La sua è una strada lastricata di sangue.»

E Natsuko aveva avuto paura, e s’era detta che non voleva più avere a che fare con quella strana e silenziosa bambina, e che doveva sbarazzarsene.

Aveva deciso di abbandonarla quella notte stessa nella foresta, ma proprio quando stava riflettendo sul come e con quale scusa giustificare la scomparsa della bambina, era incappata in una viaggiatrice.

Era una donna splendida, riccamente vestita e, senza neanche sapere perché, Natsuko le aveva proposto di comprare la bambina: quella, dopo aver studiato Aiko per bene, aveva accettato, limitandosi a togliere un paio di piastre dal prezzo concordato quando aveva saputo del mutismo della piccola.

Natsuko aveva salutato Aiko in fretta ed in fretta se n’era andata: solo una volta s’era voltata verso la geisha e quella che non era più sua figlia. E se la strada di Aiko era lastricata di sangue, di certo non sarebbe stato il suo.
 
   
 
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