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Autore: dreamlikeview    25/03/2013    33 recensioni
Louis tormenta Harry con i suoi migliori amici, Harry è distrutto da questo, ma un diario e un episodio terribile cambieranno la situazione.
[Larry, what else?]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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*Desclaimer: i personaggi non mi appartengono (purtroppo), le loro azioni non fanno parte del loro carattere reale, e non intendo offenderli in alcun modo. 


ATTENZIONE: Presenza di scene violente. 

 


Mentre il mondo cade a pezzi
io compongo nuovi spazi
e desideri che
appartengono anche a te.
Mentre il mondo cade a pezzi
mi allontano dagli eccessi
e dalle cattive abitudini,
tornerò all'origine,
torno a te che sei per me
l'essenziale.
(L’Essenziale – Marco Mengoni)

 
 

La porta della classe si spalancò violentemente quella mattina.
Harry Styles dal suo posto sobbalzò a causa di tanta irruenza, e alzò lo sguardo verso la porta. Deglutì diverse volte, il suo incubo era arrivato a tormentarlo. Il ragazzo più ribelle dell’istituto, caratterizzato da un ciuffo rosso e numerosi tatuaggi e piercing, sorrise diabolico guardando nella direzione di Harry.
“Buongiorno, prof! Non è che Harold Styles potrebbe uscire un attimo?” – chiese con finta cortesia, e un finto sorriso sul viso, che fece accapponare la pelle del ragazzo riccio dagli occhi verdi, Harry. La professoressa si girò verso di lui, sistemandosi gli occhiali sul naso, assumendo un’espressione burbera e contrariata, tipica di una professoressa di letteratura inglese.
“Tomlinson, di grazia, perché Styles dovrebbe uscire nel bel mezzo della spiegazione su Shakespeare?” – chiese stizzita dalla presenza del ragazzo durante la sua lezione.
“E’ una questione importante, prof. Per favore, non la disturberò più” – promise il mezzo castano e rosso. E se c’era una cosa in cui Louis Tomlinson eccelleva era proprio la persuasione, dopo un po’ di insistenza, otteneva sempre ciò che voleva, con le buone – nel caso dei professori – o con le cattive – nel caso di Harry.
“Oh e va bene, Styles, esci pure” – acconsentì la donna, fissandolo.
Harry deglutì. Da quando lo aveva visto sulla soglia della porta, il cervello si era spento, annullato. Non perché gli piacesse – sì, forse un po’ gli piaceva perché era dannatamente bello - ma per la paura di affrontarlo.
Se la professoressa avesse saputo cos’era Louis Tomlinson nella sua vita, non l’avrebbe mai lasciato andare tra le sue grinfie. Perché un altro punto di forza di Louis Tomlinson era riuscire a nascondere la realtà, dietro la facciata di bravo ragazzo educato, solamente un po’ sopra le righe per il suo abbigliamento.
In realtà, era il demonio in persona, a detta di Harry.
Era da un anno a quella parte che quel ragazzo lo tormentava, che era il suo peggiore incubo. Harry non avrebbe mai dimenticato la prima spallata e il primo pugno che aveva ricevuto da Louis e dai suoi scagnozzi.
“No, non ho niente da dirgli, preferisco seguire la lezione, professoressa.” – fece sicuro di sé Harry, alzando lo sguardo sulla donna di fronte a lui, ignorando che il ragazzo fuori dalla porta lo fissasse male. Sapeva anche che durante la ricreazione non avrebbe dovuto uscire dall’aula per evitarlo, e che qualsiasi suo tentativo di fuga, sarebbe stato vano, perché Louis e i suoi l’avrebbero trovato lo stesso.
“Bene, Tomlinson, puoi andare.” – sentenziò la professoressa, recuperando il suo libro di Shakespeare.
Lo sguardo che Louis lanciò ad Harry dopo quella frase, prima di uscire dal’aula fu tanto terrificante che Harry temette che quello sguardo potesse ucciderlo con delle saette da esso fuoriuscite.
Deglutì e restò al suo posto, iniziando a tremare come una foglia. Odiava dover affrontare sempre quel ragazzo.
Affrontare, però, era un parolone. Ogni volta, Harry soccombeva al più grande, senza mai reagire. Quella mattina era la prima volta che aveva il coraggio di dire un sonoro no al suo aguzzino personale che lo maltrattava ogni giorno, e l’avrebbe fatto sicuramente anche nelle ore successive, per fargli pagare le conseguenze di un simile affronto.
Perché Louis Tomlinson non era uno che perdonava. Non perdonava nulla, figurarsi l’affronto fattogli dalla sua vittima preferita, davanti a tutti quanti.
Fu quasi tentato di chiedere alla professoressa di andare via dall’aula, e scappare via, nascondersi fino a che il pericolo di Louis e la sua banda non fosse passato, o magari di tornare a casa e rifugiarsi in camera sua, lì dove nessuno avrebbe mai potuto toccarlo, ma non lo fece, spaventato dall’idea di trovarlo fuori dall’aula ad aspettarlo e credendo che in quel modo avesse avuto almeno due ore di tranquillità. Per la prima volta nella sua vita, ringraziava di avere due ore di letteratura di fila.
Con la testa appoggiata al palmo della mano sinistra, la destra che reggeva la penna e l’attenzione totalmente rivolta alla donna burbera che spiegava, iniziò a prendere appunti sull’autore della loro patria che stavano studiando quel giorno.
Quelle due ore passarono velocemente, troppo velocemente.
Harry non si rese nemmeno conto che fossero passate, e non se ne sarebbe accorto, se non fosse stato per la campanella, che trillò segnando la fine delle lezioni, e annunciando l’inizio della sua tortura giornaliera.
Raccattò veloce tutti i libri, stringendoli al petto, uscendo velocemente dalla classe e sperando che l’incubo non arrivasse ancora, che fosse in bagno a fumare, a drogarsi, o a scopare con qualcuno, come al solito. Sarebbe andata bene qualsiasi cosa, purché non fosse stato lì in quel momento a rendergli la vita un inferno, a fargli vivere il suo inferno.
Non appena mise piede fuori dalla classe, però, lo vide e rabbrividì.
Appoggiato contro gli armadietti, con il ginocchio piegato e il piede appoggiato contro la mobilia ferrata, una sigaretta tra le labbra ancora spenta, in attesa di essere accesa, l’espressione corrucciata e gli occhi rivolti a lui, era evidente, lo stava aspettando, e appena lo vide sul suo viso, coperto da un leggero accenno di barba, un sorriso tutt’altro che rassicurante comparve. Il riccio appena lo notò si pietrificò dalla paura e non si mosse restando immobile di fronte al ragazzo più ribelle della scuola. Louis si staccò dal muro e con una lentezza spropositata e si avvicinò al piccolo Harry, che aveva iniziato a tremare come una foglia.
Non era decisamente giornata per lui di affrontare quell’incubo ancora una volta, non poteva, non ne aveva la forza.
Era una giornata particolarmente pesante per lui, la sera prima i genitori avevano litigato pesantemente, suo padre era andato via sbattendo la porta e lui non aveva dormito per niente, perché rimasto sveglio a rimuginare sulla sua vita. Harry era distrutto da quella storia, non poteva avere una vita normale come tutti i ragazzi, non poteva avere una famiglia normale, nemmeno una giornata scolastica, no.
I genitori dovevano litigare tutto il tempo, Louis doveva dargli fastidio, e non doveva avere nessun amico con cui sfogarsi. E ora quel ragazzaccio era davanti a lui, che si avvicinava con quello sguardo infuocato per l’affronto subito due ore prima.
“Ma bene, bene, chi abbiamo qui? Mister non esco dalla classe, preferirei seguire la lezione.” – sorrise diabolicamente, avvicinandosi talmente tanto da farlo andare a sbattere contro il muro con una spallata. Harry sussultò e un gemito di dolore fuoriuscì dalle sue labbra.
“Ora vieni con me e non fai storie, altrimenti sai come va a finire.” – sussurrò crudelmente sul suo orecchio, per non farsi sentire da un professore che in quel momento giungeva. Perché un’altra delle abilità di Louis Tomlinson era fingere che tutto andasse bene, ingannare chi c’era intorno a lui con quei maledetti occhioni blu.
Era ribelle, ma non scemo. Non si faceva mai beccare quando trattava “nel modo in cui meritava d’essere trattato” quel ragazzino. Infatti, in quel momento, sembravano solo due innamorati che volevano scambiarsi effusioni durante l’ora libera. Harry, però, era tutt’altro che innamorato, era terrorizzato, e per questa paura che provava dentro, annuì.
Louis, non appena notò  che il professore si fosse dileguato, si allontanò da lui e lo spinse poco garbatamente davanti a sé, facendolo camminare quasi forzato verso il bagno, tenendogli una mano sulla spalla per vincolarlo a sé e non lasciarlo scappare, lo sorvegliò tutto il tempo, anche strattonandolo, per paura che Harry scappasse. Ma il riccio era talmente terrorizzato che non osava muovere un muscolo, se non su richiesta, o meglio ordine, dell’altro.
Louis lo portò fino ai bagni maschili, dove all’interno di essi c’erano Zayn Malik, Niall Horan e Liam Payne, i leccapiedi del ragazzo che lo “accompagnava”, gli altri tre aguzzini di Harry.
“Harry!” – sorrise in modo inquietante Niall Horan, occhi azzurrissimi, bassino, capelli tinti di biondo. Innocente e sensibile all’esterno, all’interno crudele e stronzo, angelo fuori, diavolo dentro. All’apparenza sembrava uno di quei ragazzi buoni, gentili, senza secondi fini, aveva le sembianze di un principe azzurro, e invece non lo era affatto.
“Ti aspettavamo” – rise Zayn Malik, alto, occhi neri come la pece, capelli neri sempre tirati un ciuffo altissimo adesso tinto per metà di biondo; bello e impossibile. Stronzo come pochi, dongiovanni come nessuno. Nessuno, nemmeno il suo amichetto deteneva il suo numero di troiette e ragazzi scopati a scuola.
“Già, ci mancavi.” – concluse Liam Payne, più alto di Malik, capelli color miele, occhi profondi e scuri. All’apparenza dolce e gentile, un ragazzo casa e chiesa, ma sotto era uno stronzo come pochi, fisicamente era il principe azzurro per eccellenza, nell’animo era cattivo e spietato.
“Aspettate, aspettate, ragazzi. Lo abbiamo fatto venire per un motivo ben preciso, vero?” – si intromise Louis, stringendo la spalla del riccio per trattenerlo accanto a sé.
“Ah già, vero.” – fece Zayn –“le nostre ricerche, stronzetto.”
“Oh!” – esclamò terrorizzato Harry –“s-sì, le ho-ho nell’armadiet-to.. pos-so andare a-a prenderle..?” – chiese tremante balbettando. Quei quattro ragazzi insieme per lui erano troppo da sopportare, da subire. 
“Credi che noi ci fidiamo di te?” – fece Liam, avvicinandosi minacciosamente a lui –“così stupidi da farti andare da solo?”- puntò un dito verso di lui con fare cattivo.
Harry impaurito indietreggiò, nascondendosi dietro di Louis che lo teneva ancora stretto. Proprio lui ridacchiò divertito.
“Su, su, lo accompagno io, ho voglia di terrorizzarlo un po’.”  - fece con nonchalance stringendosi nelle spalle, come se quella fosse una cosa normalissima, e gli altri tre risero, umiliando Harry ancora una volta, che tremante si avviò alla porta, seguito dal più grande. Era il peggiore tra i quattro, il più tremendo, con uno degli altri tre avrebbe potuto scamparla, perché erano stupidi, secondo Harry, ma con Louis no, Louis era il pezzo grosso. Quello che lo tormentava di più, quello che lo spaventava di più, colui che era stato il primo a dare il via a quell’inferno.
Ma forse, Harry quel giorno l’avrebbe scampata, almeno quel giorno, solo quel giorno sarebbe stato lasciato in pace e non tormentato come al solito.
“S-senti, L-Louis” – disse in un sussurro ad un certo punto del corridoio, mentre il castano era impegnato a rigirarsi una sigaretta tra le dita, sorridendo come un ebete.
“Mmh?” – fece senza prestare molta attenzione al riccio, che se non fosse stato troppo spaventato in quel momento, sarebbe scappato via a gambe levate da un momento all’altro.
“L-Le ricerche s-sono fatte bene, ci-ci ho messo tu-tutta la notte per f-farle, n-non è che-che potete.. solo per oggi.. lasciarmi in pace?” – chiese tremante –“s-solo oggi?”
Louis sembrò tornare alla realtà, come se un grosso cerotto gli fosse stato strappato dal viso.
“Scusami?”  sbottò girandosi verso il ragazzo.
“S-solo oggi, n-niente pu-” – Louis non gli diede il tempo di finire la frase, di rispondere, che lo fece sbattere contro il muro. Un braccio del ragazzo si piazzò accanto al viso del giovane, impedendogli di scappare da quella trappola.
Harry risalì lungo il braccio, e si ritrovò a fissargli prima il bicipite tatuato, poi la spalla ed infine il collo; riusciva a vedere le vene leggermente sporgenti del suo collo pulsare.
Era.. arrabbiato? Ma lui non aveva fatto nulla, nulla a parte l’affronto in classe poco prima, quando si era rifiutato di seguirlo.
Sobbalzò, lasciando cadere i libri a terra, che aveva ancora in mano, che non aveva ancora abbandonato. Risalì la sua mascella, e gli guardò il labbro leggermente spaccato, si soffermò sulla guancia che portava un segno violaceo, e risalì sugli occhi: il destro era contornato da un gran livido nero.
Aveva da poco fatto a botte con qualcuno, questo era evidente, forse era per questo che ora era arrabbiato con lui.
Sussultò e scattò ancora di più all’indietro, e sentendo il muro dietro di sé, ricordò con un gemito di dolore che fosse già in trappola.
“Mi prendi per scemo, Styles?” – soffiò al suo orecchio, con una voce roca da far spavento,  avvicinandosi pericolosamente al viso del riccio, che si lasciò scappare un gemito di dolore per la botta e uno per la paura che provava in quel momento. Non aveva mai visto Louis in quelle condizioni. Iniziò a tremare guardandolo.
Era maledettamente bello. E lui era decisamente impazzito.
Era così violento, crudele, sopra le righe.. strano, ma bello. Oh, poi c’erano i tatuaggi, che lo rendevano inquietante e sexy allo stesso tempo. Perché in quel momento pensava a quanto fosse bello e sexy lì ad un palmo da lui? Eppure aveva paura, dannatamente paura, ma non riusciva a pensare ad altro, se non alla bellezza del ragazzo.
Era impazzito, certo.
“N-no” – sussurrò tremando visibilmente forte.
Poteva sentire il suo respiro su di lui, ammirare da vicino quelle labbra perfette, sottili, rosee, da baciare.. invitanti.
Pazzo, come fai a pensare una cosa simile?
Tremò ancora di paura, quando il braccio del castano si spostò contro il suo collo, facendogli mozzare il respiro in gola, mentre il suo cervello, continuava a ripetergli quanto quel ragazzo fosse bello, quanto avesse voluto baciarlo a quella distanza ravvicinata. Era maledettamente bellissimo.
Sono impazzito, è ovvio.
“Ascoltami bene, ragazzino” – sibilò vicinissimo al suo orecchio, tenendogli il mento per evitare alla sua testa di girarsi e a lui di muoversi.
“D-Dimmi” – balbettò il riccio spaventato.
“Non ho intenzione di lasciarti in pace, né ora” – percorse la sua guancia con un dito –“né domani” – si soffermò ad accarezzargli il collo –“né questa settimana” – la sua mano che correva lungo il profilo del riccio, che tratteneva il fiato sentendo il tocco dell’altro –“né mai” – terminò con un sorrisetto malizioso sul volto.
Con il suo respiro sul viso, la sua voce così bella e penetrante, i suoi occhi azzurrissimi leggermente velati di rosso piantati nei suoi verde smeraldo, Louis sorrise ancora soddisfatto, per averlo terrorizzato ancora una volta.
Qualcosa, però, sotto i suoi occhi cambiò in quel momento.
Harry, appena Louis si fu allontanato di poco da lui, si lasciò scivolare contro il muro, cadendo sulle proprie ginocchia, trattenendo i singhiozzi. Louis davanti a lui non batté ciglio, però lo osservò mentre si portava le mani sul viso e contro di esse sopprimeva i singhiozzi che si stava sforzando di tenere dentro.
Harry era stanco.
Stanco di Louis, stanco degli amici di Louis, stanco dei genitori, stanco dei litigi, stanco di essere solo, stanco della sua vita.
Semplicemente e profondamente stanco.
Voleva che quell’inferno finisse, che Louis lo trattasse meglio e smettesse di picchiarlo, e magari, perché no? Gli fosse amico.. oppure altro?
Ma l’altro non era un cuore tenero, appena lo vide a terra lo rialzò strattonandolo per un braccio, e sbattendolo ancora contro il muro. Harry deglutì rumorosamente, sentendo una forte fitta al polso.
“Sai? Sono parecchio incazzato oggi” – percorse ancora con un dito la sua guancia facendolo rabbrividire di nuovo, si soffermò sul collo indugiando per un momento, proprio come aveva fatto prima, come se volesse sedurlo e terrorizzarlo contemporaneamente.
“E..e.. io che c’entro?” – riuscì a chiedere tra un brivido e l’altro.
La sua mano esperta vagò fino ad insinuarsi sul suo fianco, e lo avvicinò a sé, sorridendo malignamente.
“Semplice, mi servi come valvola di sfogo.” – disse fiero l’altro.
“S- Stai scherzando n-nemmeno tu s-sei così ca-cattivo, Tom-Tomlinson..”
“Sicuro, sicuro?” – lo derise.
“Non mi fai paura, Louis.” – una parte di lui, forse quella che ancora ricordava di avere una dignità tornò a galla, facendogli tirare fuori il coraggio che non aveva mai mostrato con Louis. Appoggiò le mani contro il suo petto, cercando di spingerlo via.
Mai mossa più sbagliata fu commessa dal giovane Styles.
Louis sorrise soddisfatto, afferrandogli il polso destro un po’ troppo forte e strattonandolo. Harry sentì di nuovo una fitta tremenda al polso, e quasi urlò per il dolore. Perché sempre quello? Non poteva prendere l’altro?
“T- ti prego, io-io oggi..” – cercò di dire tra i tremiti. Louis, però,  non si fermò e continuò a strattonare, facendogli male, e ad Harry scappò una prima lacrima di dolore, lungo le sue paffute guance.
“Ti prego.. Louis..” – sussurrò –“ti prego oggi non farmi nulla..” – era sull’orlo di una crisi di nervi, e sarebbe scoppiato a piangere da un momento all’altro.
“Domani.. domani puoi farmi quello che vuoi.. ma oggi..” – continuò.
Il respiro affaticato, i suoi polmoni non pompavano più aria.
Sentiva di morire. Voleva aria, e questa non arrivava.
Il riccio non resse. Scoppiò a piangere a singhiozzi, senza nemmeno accorgersene, davanti a lui.
“P-perché mi tratti così..? P-perché m-mi picchi?” – singhiozzò –“i-io non ti ho fatto n-niente.. t-ti faccio s-sempre i-i compiti, e-e non p-puoi pi-picchiarmi s-sempre” – le lacrime scorrevano veloci e copiose sul suo viso, andando ad infrangersi sul suo mento, contro il braccio di Louis, per terra, ovunque.
 Louis, osservandolo, per la prima volta, si sentì un mostro, un verme, una brutta persona. Aveva davvero fatto piangere in quel modo quel ragazzo? Ciò voleva dire che l’aveva portato all’esasperazione per davvero.
Dentro di lui, improvvisamente, nacque un profondo senso di protezione verso il ragazzino, mandando a quel paese tutti i suoi intenti cattivi nei suoi confronti.
“T-Tu sei bello..” – disse il riccio singhiozzando ancora, ma non sapeva nemmeno lui cosa stesse dicendo in quel momento tant’era preso dalla paura, sopraffatto dalle lacrime, vinto dal dolore. –“m-ma sei brutto, p-perché t-tratti male tu-tutti, g-gli altri, m-me..”
Louis sembrò colto sul vivo, come se quella dichiarazione gli avesse fatto aprire gli occhi, come se solo in quel momento si fosse reso conto del male che aveva fatto al più piccolo.
Lo lasciò libero, ed Harry si lasciò scivolare ancora contro il muro, rannicchiandosi su se stesso, e piangendo contro le sue mani, sperò che tutto quello smettesse, che Louis andasse via, e lo lasciasse in pace.
Louis lo osservò ancora, e deglutì diverse volte prima di mettere da parte l’orgoglio e inginocchiarsi accanto a lui, allungando una mano verso il viso dell’altro. Con due dita sotto il mento, gli alzò il viso e con l’altra mano gli accarezzò la guancia con dolcezza, una cosa che in vita sua non aveva mai fatto, asciugandogli la guancia. Sembrava combattere una battaglia contro se stesso, pur di toccare quella pelle così candida, così pura.
“Dammi le ricerche, le porto io agli altri, e poi corri in classe, va bene?” – sussurrò premuroso per rassicurarlo, vedendolo annuire ancora terrorizzato –“non piangere piccolo” – aggiunse in un sussurro, che a stento fu sentito da Harry, ma che gli fece palpitare il cuore come un cavallo al galoppo.
Il riccio non riusciva capire il perché dello strano cambiamento di Louis, ma volle approfittare del momento, e annuì  facendosi condurre agli armadietti, fino al suo, dal quale estrasse le quattro ricerche, perfettamente stampate e rilegate e le passò a Louis.
“In-in bocca al lupo..” – balbettò, scappando via e dimenticando persino l’armadietto aperto. Il ragazzo dal ciuffo rosso si lasciò scappare un risolino divertito, e diede una sbirciatina all’armadietto del ragazzino. Appoggiò le quattro ricerche sul ripiano vuoto per facilitarsi nell’osservare i dettagli dell’armadietto di Harry.
Curiosò un po’, osservando tutti i libri ordinati in un angolo, tutti i quaderni altrove e osservando le foto attaccate all’anta di ferro. Raffiguravano solo gattini. Louis sorrise per la tenerezza che provava in quel momento.
Non aveva mai provato tenerezza verso qualcuno, e quel ragazzino non solo gli aveva fatto provare un senso infinito di protezione, come se avesse dovuto proteggerlo da tutto, ma anche quel senso infinito di tenerezza e dolcezza che ora gli sconquassava le viscere. Osservò tutto, fino a che la sua attenzione non fu rapita da un libricino, o forse era un piccolo quaderno? Lo prese tra le mani e osservò la copertina. Era sbiadita, non si capiva se una volta fosse stato rosso o arancione, troppo consumata per capire di che colore fosse.
Aprì una pagina, e si rese conto che quello fosse una sorta di diario segreto. Sapeva di non dover approfittare del fatto che il riccio avesse lasciato l’armadietto aperto, sapeva che fosse sbagliato prenderlo, sapeva che fosse sbagliato leggerlo, ma la discrezione non era mai stato il suo forte. Lui era Louis Tomlinson non capiva mai quando era il momento di fare la cosa giusta o continuare a sbagliare. Forse, questa era una delle sue carenze. Il farsi gli affari suoi non rientrava tra le sue priorità. Prese il libricino mettendolo in tasca, riprendendo con l’altra mano le ricerche consegnategli dal riccio e chiuse l’armadietto del riccio, tornando dai suoi amici.
Quel giorno, l’avrebbe lasciato in pace, e forse, chissà anche i giorni seguenti.
 
 
Harry si sentiva sollevato.
Louis lo aveva lasciato in pace e poteva essere tranquillo, almeno per quella giornata. Se non altro, gli aveva fatto pena in quello stato.
Alla fine delle lezioni, raccolse i libri al petto, ed uscì dall’aula con un mezzo sorriso sulle labbra, avrebbe scritto anche quello sul suo diario.
Si sa, quando si è vittima di bullismo, si usano tutti i mezzi a disposizione per sfogare tutto ciò che si ha dentro, ed Harry aveva trovato il suo sfogo in un diario.
Ogni giorno, scriveva ciò che gli capitava da un anno a quella parte, quel diario si era consumato a causa delle sue lacrime che ogni giorno lo bagnavano, in quel diario, era impressa tutta la sua essenza. Quel diario era tutto ciò che era.
Appena fuori dalla classe, però, si sentì strattonato per un braccio. Il sorriso dalle sue labbra sparì, i libri gli caddero per terra e immediatamente prese a tremare come una foglia al vento.
No, non poteva essere Louis, gli aveva detto che l’avrebbe lasciato in pace, era sincero quando l’aveva detto, non poteva aver rimangiato già la parola data. Non aveva immaginato quelle carezze.
Non poteva aver mentito ancora.
“L-Louis?” – chiese con la voce tremante.
“No, Louis è andato via, aveva da fare. Ci siamo noi.” – fece la voce prepotente di Malik, che violentemente toccò le sue orecchie. Harry dovette deglutire diverse volte per non urlare, per non peggiorare in quel modo la situazione. Si sentì trascinato da braccia molto più forti di lui, lungo il corridoio. Ma perché nessuno si accorgeva mai di nulla? Perché doveva soccombere sempre? Perché non poteva restare tranquillo una sola giornata, quella che Louis gli aveva concesso? E soprattutto, perché Louis gli aveva mentito ancora?  
Fu trascinato fino ad un’aula buia e vuota. Immediatamente, la puzza di fumo gli invase le narici. Fu sbattuto in malo modo contro il pavimento, e sentì l a porta chiudersi alle sue spalle.
Si sentì in gabbia, e il terrore lo invase di nuovo.
“Sai, Styles?” – fece Liam minacciosamente avvicinandosi a lui -“hai sbagliato a metterti contro di noi.” – gli rivolse un ghigno terrificante e malefico.
“N-non ho-ho f-fatto niente!” – strillò spaventato il riccio, cercando di mettersi seduto per terra. Non sapeva perché quell’aula fosse così buia, puzzolente, inquietante, ma aveva paura, era terrorizzato. Era invaso dal terrore in quel momento.
Zayn si avvicinò a lui, e lo spinse all’indietro, facendogli sbattere la schiena contro il freddo pavimento, facendolo gemere di dolore. Si piegò su di lui, e avvicinò alla sua bocca un bicchiere, probabilmente già preparato dai suoi compari.
“Bevi” – ordinò mettendoglielo sotto al naso. La puzza di alcol e chissà che altra schifezza salì fino al naso di Harry, che serrò le labbra. Non voleva accettare niente da quei tre tali –“apri quella fottuta bocca, e bevi, stronzetto!” – insisté il moro, schiacciando il bicchiere contro il labbro inferiore di Harry, mentre il riccio chiudeva gli occhi, stringeva di più le labbra per non permettere a niente di entrare, e scuoteva la testa energicamente. Il ragazzo non si accorse nemmeno che Horan, davanti a lui, gli avesse dato un calcio contro un ginocchio, facendogli spalancare la bocca per il dolore e la sorpresa del colpo, che avvertì un liquido scorrere nella sua bocca e si affrettò a sputare tutto in faccia al moro davanti a lui, che fece un sorriso ancora più terribile di quello fatto poco prima da Liam.
“Mi sfidi ancora, sfigato?”- chiese nervosamente.
Harry rimase con la bocca chiusa e si limitò ad annuire. Non voleva darla vinta a quelli. Volevano picchialo? Non l’avrebbero fatto senza che lui si fosse ribellato a tutto quello.
Il moro serrò la mascella e sibilando un “bene” si alzò in posizione eretta.
“Liam, prepariamolo per la seconda fase della punizione.”
“Pu-punizione?” –strillò Harry –“non ho fatto niente, lasciami!” – urlò con quanto più fiato avesse in gola, ma le parole gli morirono in gola, quando fu colpito da un calcio. Boccheggiò diverse volte prima di riprendersi, ma un altro calcio lo colpì. Era riuscito a mettersi seduto quando Malik si era alzato, ma Horan era passato dietro di lui, e lo teneva fermo mentre Payne continuava a colpirlo.
“Basta, basta!” – urlava –“lasciami, lasciami!” – cercava di dimenarsi, ma l’altro o lo teneva fermo stringendolo forte, facendogli male o lo faceva ricadere per terra in malo modo, per poi riprenderlo per evitare che scappasse.
“Louis, Louis, ti prego fermali!” – urlò improvvisamente, facendo ridere gli altri tre presenti. Harry si sentì uno stupido. Come aveva potuto credere che Louis anche se fosse stato presente, lo avrebbe aiutato?
Sicuramente, lo aveva illuso la mattina che non gli avesse fatto niente, e poi aveva incaricato ai suoi compagni di fargli pagare l’affronto di quella mattina?
No, non poteva essere davvero così cattivo, così meschino..
Ma era Louis Tomlinson, poteva tutto.
“Oh, vuoi Louis, piccolino?” – rise Payne mollandogli un altro calcio –“non è qui, si è perso il divertimento. Aveva da fare.”
Harry come quella mattina iniziò a piangere. E i soliti pensieri tornarono.
Perché non poteva essere lasciato in pace? Perché ogni volta finiva sempre in quell’orribile modo?
E mentre gli altri continuavano a picchiarlo, divertendosi, lui piangeva, ancora una volta distrutto, umiliato.
“Basta, ragazzi. Spogliamolo, scopiamolo e andiamo via. Potrebbero scoprirci, sta urlando troppo.”  - fece Horan quasi serio, scoppiando a ridere sguaiatamente subito dopo –“magari poi  lo dice a Louis!” – lo derise ancora una volta.
Harry non capì bene cosa avesse detto il biondo, ma cercò di divincolarsi ugualmente prima di trovarsi totalmente senza vestiti, con le mani legate dietro la schiena, la testa premuta contro il muro e le ginocchia contro il pavimento.
Con violenza, per la prima volta, fu violato per tre volte, e nuove lacrime investirono il suo viso.
Lacrime di paura, lacrime di dolore, lacrime di umiliazione e rabbia repressa, lacrime che non voleva più contenere, lacrime che non avrebbe mai voluto versare a causa di quella nuova violenza sia fisica che psicologica, che stava vivendo in quel momento in quella scuola. Non ne aveva subite abbastanza?
No, doveva subire una nuova umiliazione da quei ragazzi, che stavolta abusavano del suo corpo, come se lui fosse stato una bambola gonfiabile, ed Harry non riusciva a trattenere le urla e le lacrime.
Svenne, improvvisamente, senza rendersene conto. Tutto all’improvviso prese a vorticare, e le sue palpebre furono troppo pesanti per riuscire a tenerle aperte, e tutto divenne buio, nero, spento.
I tre ragazzi soddisfatti se ne andarono, lasciandolo lì da solo.
 
 
Louis era tornato a casa, ignaro di ciò che i suoi crudeli compagni avessero intenzione di fare al piccolo Harry. Lui aveva intenzione di mettersi comodo e leggere le pagine di quel libricino sbiadito e scoprirne il contenuto.
“Mamma, sono tornato!” – esclamò una volta in casa.
La donna lo accolse con un sorriso e gli disse che il pranzo era pronto. Sapeva che suo figlio non seguiva le lezioni pomeridiane. Aveva accettato il comportamento strano e il bizzarro modo di vestire del figlio, insieme ai numerosi tatuaggi che aveva fatto, quei piercing che lei odiava con tutto il cuore e quell’assurdo ciuffo colorato, considerando quella fase, una fase di crescita del ragazzo, che prima o poi sarebbe passata, ma ignorava cosa accadesse ad un ragazzo della scuola proprio a causa di suo figlio, che l’aveva preso di mira un anno prima.
Louis non ricordava come era entrato in quel giro. Ma si sentiva figo da quando era un ribelle, da quando con gli altri ragazzi aveva un nome nella scuola, da quando chi passava accanto a lui e riconosceva “ciuffo rosso” si spaventava e cambiava aria, e poi adorava la vita brava che faceva, ogni sera in un locale diverso, persone diverse. Non avrebbe rinunciato a tutto quello nemmeno sotto tortura. Gli piaceva essere giovane e fare praticamente tutto quello che voleva. Ricordava perfettamente, per quanto potesse, la sua prima sbronza, la prima volta che era stato con un ragazzo, la bellissima sensazione del primo tatuaggio, e il primo piercing. Si sentiva bene con se stesso, anche se a lui non piacevano le etichette, e nemmeno le esagerazioni, quindi non si definiva né ragazzo normale, né altro. Semplicemente se stesso.
Con il sorriso sulle labbra, andò a sedersi a tavola, portandosi dietro il famoso libricino, che doveva leggere. Portando una forchettata di pasta alla bocca, aprì la prima pagina, osservando quella calligrafia così delicata e leggibile che tante volte gli aveva fatto i compiti.
 
“Caro Diario, mi chiamo Harry, Harry Styles, scrivo qui perché non ho ancora amici nella nuova scuola a cui raccontare tutto. Sono in una nuova scuola, ho visto un ragazzo bellissimo! Non so come si chiama, è un po’ buffo, ha i capelli metà rossi e metà castani e gli occhi azzurrissimi! Mai visti occhi più belli di quelli. Vorrei tanto che mi parlasse, sembra un bel tipo e simpatico! E sembra anche farsi rispettare, magari in questa scuola non ci sono i bulli come nella vecchia, e posso stare tranquillo, no?
Spero tanto di conoscerlo, oggi mi ha visto, e mi ha sorriso.. a me!!”
 
Louis si lasciò scappare un sorrisino divertito.
E così quelle erano le prime impressioni su di lui di Harry? Aveva ragione, quando quella mattina aveva pensato che il riccio trasmettesse tenerezza. Da quelle poche parole riusciva a percepire la sua tenerezza, era come se i suoi occhioni fossero spalancati proprio davanti a Louis, e gli sorridessero, chissà com’era davvero il sorriso di Harry. Louis non l’aveva mai visto davvero. Lasciò cadere la forchetta e si incupì quando lesse che anche nella sua vecchia scuola era stato vittima di bullismo, un po’ quello che lui, Zayn, Liam e Niall avevano fatto con il piccolo Harry, quello l’aveva già vissuto.
Doveva continuare a leggere. E si trovò davanti la seconda pagina del diario del riccio.
 
“So che a 17 anni non dovrei scrivere un diario, ma sono completamente solo. La mamma e il papà litigano sempre, e ieri sera è andato via sbattendo la porta. Come faccio a non rimanerci male? Come faccio ad essere forte? Non ho nessun amico, e.. non voglio che i miei genitori mi lascino solo, non voglio rimanere solo, ho così tanta paura..”
 
Louis sentì improvvisamente la necessità di andare da lui, abbracciarlo e dirgli che non fosse solo, che si stava pentendo. Il sorriso di un attimo prima, improvvisamente scomparve. Aveva solo bisogno di un amico, di qualcuno che si prendesse cura di lui. Si sentì sporco come non mai.
Strinse i pugni talmente forte, da far diventare bianche le nocche delle mani. E non poteva farci nulla, era anche colpa sua se quel ragazzino soffriva. Voleva correre a casa sua, sebbene non sapesse dove abitasse, abbracciarlo, rassicurarlo, proteggerlo.
Girò qualche pagina, sperando di trovare qualcosa che parlasse di lui e dei ragazzi, che spiegasse com’era in quel momento lo stato d’animo del piccoletto.
 
“Diario, oggi è stata una giornata bruttissima.
Il ragazzo bellissimo del primo giorno, si chiama Louis, Louis Tomlinson, ma è bellissimo solo fuori. E’ venuto da me, oggi, e mi ha chiesto di fargli i compiti. Io gli ho detto che se me l’avesse chiesto gentilmente, l’avrei fatto volentieri, ma mi ha spinto con una spallata contro l’armadietto. Ho avuto tanta paura.. sembrava così cattivo.. io pensavo che qui non ci fossero persone così cattive, e invece ci sono anche qui.. volevo solo che smettesse di guardarmi così male, come se gli avessi fatto qualcosa. Io non ho mai fatto niente di male, sorrido anche ai professori. E invece lui mi ha sbattuto i suoi libri in mano, e se n’è andato. Poi sono arrivati due suoi amici, un certo Payne e un altro Malik.. anche loro mi hanno dato i libri, volevano che facessi anche i loro compiti.. non è giusto..
Ma forse è meglio che ora vada a finire i loro compiti, se no domani mi picchiano..”
 
Louis deglutì. Ebbe l’istinto di prendersi a pugni da solo in quel momento.
Come aveva potuto essere così cieco? Come aveva potuto non accorgersi che stesse facendo del male al piccolo Styles? Avidamente, lesse una pagina dietro l’altra, cercando disperatamente qualcosa che lo discolpasse, che non lo facesse sentire così maledettamente in colpa.
In fondo, Styles era solo un cucciolo indifeso.
Più girava le pagine, più si sentiva un verme, un mostro per quello che aveva inflitto al giovane, e si mordeva il labbro, quasi volendolo spaccare per quanto era stato stronzo.
Decise di concedersi una sigaretta, per rilassare i nervi, altrimenti avrebbe rotto qualcosa, giusto per farsi male a causa della sua testa di cazzo, perché sì, non c’erano altre parole per descriverlo.
 
“Oggi Malik mi ha picchiato, così, per gusto di farlo. Mi ha dato un pugno nello stomaco. Credo che loro ce l’abbiano con me, ma non ne conosco il motivo, ah no scoperto che ce n’è un altro della loro band, un certo Horan, anche lui si diverte a picchiarmi, sai? Sono triste. Per colpa loro non ho nessun amico, nessuno vuole essere amico di quello che è preso di mira da Tomlinson e i suoi. Nessuno vuole essere mi amico..
Mi senti così solo, che mi viene voglia di tagliarmi e farmi del male.. ma forse non lo faccio, perché avrei troppa paura del sangue, so solo piangere..”
 
Voleva davvero tagliarsi?
Davvero farsi del male?  Per colpa sua? Colpa loro?
Dannazione. Non poteva davvero averlo ridotto in quello stato. Ancora una volta, la voglia di proteggerlo e stringerlo avvolse Louis, che non seppe cosa fare in quel momento. Era combattuto.
Un anno intero di sofferenza era raccolto in quel diario.
Harry aveva sofferto davvero troppo a causa sua, se n’era reso conto leggendo una dietro l’altra quelle infinite pagine.
Andare avanti, o smettere di leggere?
In ogni pagina, Harry esprimeva la sua sofferenza, e il fatto che fosse vicino all’autolesionismo, ma fino a quel momento, non l’aveva fatto, e Louis poteva sentirsi meno in colpa.
 
“L’ho fatto, diario, l’ho fatto. Il primo taglio è stato doloroso, ma poi il dolore è passato, mi sono sentito meno solo, mi sono sentito diverso, come se neanche Louis non potesse farmi male. Credo che la lametta mi voglia bene.. e quando ho pensato a Louis non ha fatto male come sempre, non so perché merito tutto questo, ma ora so come sfuggirvi. Forse ho fatto qualche errore, forse ho sbagliato qualcosa. Ma ora non ci penso, non ho tempo, devo fare quattro ricerche, una per Louis, una per Liam, una per Zayn e una per Niall, la vogliono perfetta, e io.. devo farlo, magari se lo faccio bene, mi danno meno pugni, ma cosa importa? Ora ho la mia lametta..”
 
Louis sgranò gli occhi.
La sigaretta gli cadde dalle mani, finendo sul pavimento.
Girò ancora per capire che fosse accaduto dopo quel giorno, ma trovò la pagina bianca, segno che quello che qualcosa che risaliva al giorno prima.
Deglutì diverse volte e si pentì d’aver fatto cadere per terra la sigaretta, ma nemmeno mille di quelle gli avrebbero fatto passare il senso di colpa che sentiva in quel momento. Come poteva?
Aveva spinto un ragazzo all’autolesionismo senza accorgersene.
Prima di diventare quel che era, c’era passato anche lui, alle medie. Non voleva che qualcun altro soffrisse quello che aveva sofferto lui, era difficile uscirne.
C’erano come minimo più di cento pagine in cui Harry si sfogava, parlava di ciò che era costretto a vivere, che parlavano di lui, e di quanto il riccio stesse male in quel periodo. Ed ecco perché Harry era scoppiato in lacrime, quando gli aveva stretto il polso quella mattina. Forse, facendolo andare via, aveva fatto il primo passo per cambiare tutto quello che aveva fatto vivere al giovane Styles.
“Cosa ho fatto..?” – mormorò tra sé e sé, rendendosi conto di quanto male avesse inflitto al ragazzino in quell’anno di torture fisiche e psicologiche.
Stava per richiudere il diario, quando un foglio accuratamente piegato gli cadde davanti e la tentazione di aprirlo e leggerlo fu tanta.
Così lo aprì, senza farsi troppi scrupoli – se n’era mai davvero fatti?-
Era una lettera, scritta sempre con la grafia perfetta di Harry.
 
“Cara mamma,
sono arrivato ad un punto di rottura, non posso più andare avanti così.
Tu e papà non fate altro che litigare, a scuola sono preso di mira dai ragazzi più grandi, uno di loro si chiama Louis, gli altri tre sono Horan, Payne e Malik. La cosa brutta è che Louis mi piace, ha gli occhi azzurri che sono così belli, così profondi.. mamma, li guarderei per ore, se non fosse che mi picchia sempre con gli altri tre, i suoi amici del cuore. E’ un ribelle, ti sarebbe piaciuto come mio amico, è un po’ sopra le righe, con il suo ciuffo rosso e i suoi tatuaggi. Quello più bello è la bussola, lui crede che io non l’abbia notato, invece l’ho fatto, ho notato tutto, anche l’uccellaccio orrendo, secondo me l’ha suggerito Malik, lui non ha buon gusto.
Ma perché parlo di Louis? Vedi? Non posso fare a meno di parlare di lui, anche se ti sto dicendo addio, mamma.
Mamma, so di essere una delusione di figlio, ma penso tu abbia capito che mi piacciono i ragazzi, sono gay, mamma.
Sto male, mamma. Non posso più andare avanti così.
Mi dispiace, mamma, mi dispiace.
Volevo essere forte, come sempre.
Non ce l’ho fatta.
Sono sempre il tuo Harry però, anche se sto male, non sono cambiato mamma, ricordalo, sono sempre il tuo bambino piccolo e dolce, che sorride sempre. Perché mamma io sorrido sempre, anche a Louis, solo che lui non se ne accorge, è troppo impegnato a picchiarmi.
Non posso andare avanti così, mamma.
Non posso.
Mi dispiace,
ti voglio bene, mamma,
addio.
Tuo, Harry.”

 
Leggendo quelle parole, il foglio cadde dalle mani di Louis, finendo per terra.
Il giovane dovette deglutire diverse volte, per realizzare cosa avesse letto, prima di rendersi conto che quello che Harry avesse sofferto talmente tanto, da decidere di morire, di suicidarsi.
La data risaliva ad una settimana prima, segno che non aveva avuto il coraggio di consegnare la lettera alla madre, ne tanto meno di suicidarsi davvero. Tirò un leggero sospiro di sollievo.
Louis sentì qualcosa di bagnato sul viso, e si tastò lo zigomo.
Era una dannata lacrima sfuggita al suo autocontrollo. Stava davvero piangendo per aver reso impossibile la vita di Styles?
Si era davvero reso conto delle sue azioni?
Non lo sapeva, sapeva solo che dentro al suo cuore, era una nato un senso di protezione verso il riccio.
Aveva voglia di salvarlo.
Doveva, voleva aiutare il piccolo.
Convinto di quello, raccolse la lettera da terra, la ripiegò accuratamente e la mise a posto nel diario.
Il giorno dopo, avrebbe posato il diario al suo posto ed avrebbe per la prima volta chiesto scusa a qualcuno per le azioni compiute in quel dannato anno, Styles meritava delle scuse, meritava di essere salvato, meritava un amico.
Convinto di quello, raccolse la lettera da terra, la ripiegò accuratamente e la mise a posto.
 
 
Harry si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno. Era in un luogo a lui sconosciuto.
Non era né a casa, né a scuola.
Dov’era?
E se i tre torturatori avessero deciso di portarlo via da lì mentre era svenuto, e continuare ad abusare di lui lontano da tutto e tutti? Senza che nessuno potesse sentire le sue urla?
Si sentiva la testa pesante, e non aveva intenzione di alzarsi dal letto, né tanto meno di muoversi da quella posizione.
Avvertiva dolore ovunque, in qualsiasi parte del corpo.
Improvvisamente, violentemente le immagini di Malik, Payne e Horan che lo pestavano, lo violentavano, tornarono veloci, prepotenti nella sua testa. Non era mai sentito più sporco, umiliato, di come si era sentito in quel momento.
Cercò di muoversi, per girarsi su un fianco, ma il dolore forte, gli mozzò il fiato in gola, bloccandolo prepotente.
Appena la porta della stanza si aprì, vide un ragazzo moro che non aveva mai visto in vita sua. Deglutì diverse volte, domandandosi chi fosse. Lo aveva rapito, per caso?
E cosa avrebbe guadagnato da uno come lui? Niente, assolutamente niente.
Lui era il niente, a confronto degli altri.
E se quello fosse stato un altro amico di Louis?
Non lo sapeva, le domande erano troppe. Si ritrovò a tremare ancora una volta come una foglia, in quel letto spoglio, sconosciuto, di fronte a quel ragazzo sconosciuto, nella stanza sconosciuta. Tutto per lui era sconosciuto in quel momento.
“Ehi ciao!” – esclamò il ragazzo appena entrato, guardandolo con un sorriso, al quale Harry non rispose, limitandosi a fargli un cenno del capo, tremando ancora senza ritegno, senza proferire parola. –“ti ho trovato svenuto in un aula a scuola, ed eri pieno di lividi, non me la sentivo di lasciarti lì, ti ho portato a casa mia, e medicato”- continuò, per rassicurarlo, vedendolo zitto e tremante, poi si rese conto che il riccio non lo conosceva per nulla, ed anche per quello era spaventato – “io sono Nick, Nick Grimshaw”- si presentò.
Harry si sentì leggermente sollevato, sentendo che l’avesse aiutato, e che non fosse della banda di Louis.
“S-sono Harry.. Styles..” – si presentò in un sussurro. Quel ragazzo lo aveva aiutato, lo aveva salvato, ma non se la sentiva di dirgli davvero cosa gli fosse capitato –“m-mi sono sentito male, gr-grazie..” – balbettò mentendo spudoratamente, e tentando di alzarsi dal letto. Notò che era davvero conciato male. Nick gli aveva fasciato diversi punti del torace e le braccia.
“Ah davvero? Ah certo, anche io quando non mi sento bene, vengo ritrovato in un aula, pieno di lividi, tagli, graffi, legato e seminudo, hai ragione.” – disse quello, guardandolo leggermente duro –“Harry, non voglio farti del male, davvero. A volte sfogarsi con uno sconosciuto fa bene.”
Harry annuì. Aveva ragione, era da tanto che non parlava con qualcuno che non fosse stato il suo diario. Elaborò ciò che il ragazzo gli aveva appena detto, e stette in silenzio per qualche istante.
Forse aveva trovato un amico?
Non lo sapeva, ma in quel momento voleva fidarsi, sapeva di potersi fidare, voleva in quel momento solo liberarsi, e svuotarsi di tutta quella sofferenza che provava dentro.
Non ce la faceva più, stava per esplodere, e chi meglio di uno sconosciuto che non poteva giudicarlo era indicato per ascoltarlo? Nessuno.
“M-mi hanno violentato..” – disse tremando –“mi hanno picchiato e-e v-violentato.. i-io ero s-solo, v-volevano d-drogarmi.. p-poi mi hanno picchiato.. e-e legato.. e-e v-violentato.. e-e n-non p-potevo m-muovermi.. a-avevo pa-paura, p-poi d-dolore, tanto dolore..e-e urlavo, m-ma non mi sentiva n-nessuno, e-e poi ne-nero.. tutto nero..” – raccontò tutto singhiozzando e tremando, le frasi erano sconnesse tra loro, non avevano senso logico. Ad ogni parola, scoppiava in lacrime sempre più forte, e Nick non sapeva come comportarsi, lo vedeva così fragile, debole, e piccolo lì davanti a lui, mentre gli confessava cos’aveva subito.
Non ci pensò due volte, e lo avvolse con le sue braccia, avvicinandolo al suo petto, e ad esso lo strinse forte, facendolo sentire improvvisamente protetto, e meno solo. Harry si strinse forte a lui, bisognoso di affetto e protezione. Si sentiva finalmente al sicuro con qualcuno.
“Va tutto bene, Harry” – sussurrò –“va tutto bene, ci sono io, non ti toccheranno più, non ti faranno più del male, te lo giuro, piccolo” – gli disse all’orecchio. Harry annuì, sollevato, quasi meno solo, continuò a sfogarsi contro il petto dell’altro, singhiozzando senza ritegno, senza paura di essere giudicato dall’altro.
 
 
Louis osservava Harry.
Era da un mese che lo osservava.
Dopo aver messo il diario al suo posto, lo aveva lasciato in pace, ma non si era riuscito ad avvicinare al riccio, perché si faceva vedere sempre accanto a quel moro di cui ignorava l’esistenza.
Chi diavolo era?
Che voleva dal suo Harry?
E perché Harry non si faceva vedere più da solo? Non poteva nemmeno rivolgergli la parola.
Eppure, lui non gli dava più fastidio, ed era sicuro che nemmeno gli altri lo facessero, quindi doveva prendere il diario e capire cosa fosse accaduto in quel mese che ai suoi occhi era sfuggito. Doveva scoprire cosa fosse successo a quel ragazzo. Ricordava la combinazione dell’armadietto di Harry, 2202. Facilissima, tipica di un sempliciotto come Styles.
Quando, la campanella suonò, e Louis fu sicuro che il ragazzo fosse in classe, decise di avvicinarsi all’armadietto, e inserita la combinazione, lo aprì e ne estrasse il piccolo libricino, tenendo tra le labbra una sigaretta, lo aprì per leggere avidamente quelle parole.
Superò tutte quelle che aveva già letto, cercando disperatamente le nuove, cercando qualcosa che gli dicesse cosa fosse successo. Ma ne trovò solo una scritta, agitata, furiosa, macchiata.
Louis si preoccupò, tutte le altre non erano state così irruente, così strane.
Che diavolo gli era successo?
 
“E’ da una settimana che non scrivo, ed anche ora sono agitato, la cosa anche se l’ho elaborata, non è passata, anzi sono ancora terrorizzato da tutto. Louis mi ha lasciato in pace, mi ha aiutato.. ha detto che dovevo andare via.. io l’ho ascoltato, gli ho creduto, ma.. quando sono uscito dalla classe, lui non c’era, ma c’erano Malik, Payne e Horan.. loro mi hanno preso e portato in aula, puzzava di fumo lì, era bruttissimo.. mi hanno spinto per terra, e Malik mi voleva obbligare a bere qualcosa, ma ho rifiutato, me poi mi hanno picchiato e.. oddio non so se riesco a scriverlo..
Mi hanno violentato.. non pensavo arrivassero a tanto, cosa gli ho fatto di male per arrivare a tanto?
E perché Louis l’ha permesso? Non aveva detto che mi avrebbe lasciato in pace? Non lo so, io non lo so..
Però, dopo quel pomeriggio infernale, mi ha trovato Nick.
Non lo conoscevo, non fino a quel giorno. Mi ha portato via, mi ha medicato i lividi, e siamo amici da quel giorno.
Nick è fantastico, non mi lascia mai da solo, mi abbraccia quando sono triste, mi asciuga le lacrime, ed è anche bello! Non potevo incontrare persona migliore, mi sta aiutando tantissimo nell’ultimo periodo ed io non so come ringraziarlo.
Ma Nick non è….”
 
“Louis!” – esclamò una voce alle sue spalle, impedendogli di leggere il continuo.
Alla lettura di quelle parole, Louis aveva spalancato la bocca, facendo cadere per terra la sigaretta che poco prima aveva tra le labbra. Si spicciò a rimettere il libricino dentro all’armadietto e a chiuderlo.
Sentiva la rabbia ribollire dentro di lui, al solo sentire la voce di Zayn alle sue spalle.
Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Montò la sua solita espressione dura e si voltò verso il punto in cui proveniva la voce.
“Zayn, sono qui” – disse duro, senza emozioni nella voce.
Odiava quando facevano qualcosa contro le sue direttive. Ma odiava soprattutto cosa avevano osato fare al piccolo Harry, non che lui non avesse mai pensato di farlo, ma ultimamente era protettivo nei confronti del più piccolo, voleva difenderlo, proteggerlo, magari stringerlo e dirgli che tutto andava bene, che nessuno l’avrebbe mai più toccato contro la sua volontà.
“Ehi amico, è un po’ che non diamo fastidio a Styles, vero? Ha un nuovo amichetto, l’hai notato?”- rise sguaiatamente, guardando Louis e guadagnandosi da lui un’occhiataccia.
“Cosa gli hai fatto?” – sibilò avvicinandosi violentemente a Zayn, facendolo sbattere contro gli armadietti dietro di lui –“tu e gli altri due stronzetti, cosa gli avete fatto?” – sbottò spintonandolo ancora contro gli armadietti, tenendo tra due pugni la maglietta dell’altro, vincolandolo così in quella posizione.
La vena sul collo era gonfia e pulsava, la mascella era contratta, l’espressione dura. Non conteneva mai la rabbia, esplodeva come una bomba ad orologeria.
“Che domande, ci siamo divertiti con lui, ovvio, sai? Ha proprio un bel culetto, era uno spreco-” – non finì la frase, che Louis gli diede un'altra spallata, facendogli mordere le labbra dal dolore.
“Non devi mai più toccarlo, mi hai capito?” – sbraitò piantandogli un pugno nello stomaco –“sono stato abbastanza chiaro?” – una ginocchiata volò tra i testicoli del moro che si piegò su se stesso, non appena Louis si fu allontanato da lui.
“C-Chiaro” – esalò Zayn, dolorante.
“Dove sono Niall e Liam?” – chiese duro.
“Io non-” – tentò Zayn.
“Dove sono, Zayn?” – urlò fuori di sé, colpendolo con una spallata, facendolo sbattere ancora contro l’armadietto.
Zayn si rese conto che non poteva ancora contraddirlo, e quindi cedette.
“In bagno, con Styles” – fece trattenendo un gemito di dolore.
Louis spalancò gli occhi, e si rese conto di ciò che sarebbe successo di lì a poco, se non fosse intervenuto proprio lui.
Doveva essere più attento. Eppure lui l’aveva visto andare nella direzione della classe.
Corse più velocemente possibile nella direzione del bagno, trovando i suoi due amici, che legavano nuovamente le mani di Harry. Doveva intervenire, subito. Lo sapeva di dover fare qualcosa.
Entrò nel bagno, facendo un colpo di tosse, immobilizzandosi, quando sentì i singhiozzi di Harry, che sussurrava “basta, vi prego, basta”. Quel ragazzino non doveva più soffrire, doveva intervenire, salvarlo, proteggerlo, aiutarlo.
“Ragazzi, vi divertite senza di me?” – chiese sprezzante entrando, fermando i due ragazzi che cercavano di immobilizzarlo contro la sua volontà. Notò il corpo di Harry, irrigidirsi al solo sentire la sua voce e iniziò a tremare ancora di più spaventato a morte di prima.
Non aver paura, piccolo, ti proteggo io.– pensò Louis, guardandolo.
“Louis, giusto in tempo!” – esclamò Liam –“vieni qui!”
“Certo” – fece, avvicinandosi lentamente. Stava studiando la situazione.
Vedeva il corpo di Harry scosso dai tremiti, seminudo e fu investito dal magone. Era anche colpa sua se era in quella situazione.
Non riuscì a reggere più la sua recita, la abbandonò quando vide Niall schiaffeggiare una natica di Harry, e sentì quest’ultimo urlare ancora per la paura.
La rabbia lo investì di nuovo, e con due potenti falcate si diresse verso Niall, spingendolo via da Harry, facendolo sbattere contro Liam, e parando con il suo corpo quello intimorito di Harry.
“Sparite, prima che vi riduca ad una poltiglia, stronzi.”  - sibilò con tutto lo sdegno che provava in quel momento verso i due ragazzi che erano stati suoi amici.
“Louis, amico, che ti prende?” – fece tremante Niall, guardandolo. Sapeva che quando Louis si arrabbiava non c’era scusa che tenesse.
“Mi prende, che non dovete più toccarlo, sfiorarlo, nemmeno con lo sguardo. Sparite, non mi ripeterò, ancora.” – fece acido e arrabbiato –“sparite!”
I due annuirono immediatamente, e si allontanarono spaventati dalla reazione spropositata di Louis che, appena li vide sparire, poté tirare un sospiro di sollievo e rilassare la sua espressione.
Il riccio era rimasto contro il muro, ancora piegato, legato, spaventato e mezzo nudo.
Il più grande si avvicinò a lui e gli slegò le mani, accarezzandogli la schiena per farlo tranquillizzare. Non sopportava più i suoi tremiti, le sue lacrime. Ne aveva abbastanza.
“Va tutto bene, Harry, è tutto finito, ci sono io” – sussurrò abbassandosi al suo orecchio, continuando ad accarezzargli la schiena con lentezza.
“T-ti prego, n-non fa-farmi m-male, t-ti prego, ti-ti prego..”- singhiozzò –“ti prego, non voglio di nuovo” – continuava tra i tremiti e i singhiozzi –“t-ti farò tu-tutto quello che v-vuoi, m-ma non qu-questo, t-ti prego..” – ripeteva quel ti prego come una nenia. Louis si sentiva totalmente impotente in quel momento.
Non capì cosa lo spinse a fare una cosa del genere, non ragionava più ultimamente, sentiva solo che doveva proteggere il più piccolo da tutto il male che gli aveva fatto, e gli avevano fatto.
L’istinto prevalse sulla ragione ancora una volta, un istinto che non aveva  mai provato verso nessuno, un istinto che lo spinse a cingere con le sue braccia i fianchi del minore, abbracciandolo da dietro piano, per non spaventarlo, fece combaciare la schiena del riccio al proprio petto.
“Calmati, piccolo, calmati” – sussurrò –“ci sono io, non ti farò del male, non più, lo prometto, calmati” – prese ad accarezzargli la pancia ancora scoperta, mentre il respiro del riccio si calmava e i suoi singhiozzi sciamavano lentamente, placandosi. Restarono così per un po’.
Harry aveva la testa appoggiata sulla spalla di Louis, e Louis gli teneva ancora le mani sulla pancia, accarezzandolo lentamente, per tranquillizzarlo, come aveva fatto fino a quel momento. Il riccio si sentiva stranamente al sicuro tra le braccia di Louis, che per la prima volta mostrava umanità.
“Posso rivestirti?” – chiese il maggiore in un sussurro spezzando il silenzio.
Harry avvampò rendendosi conto di essere ancora mezzo nudo, e vicinissimo a Louis. Deglutì diverse volte prima di annuire, rilassandosi. In quel momento si fidava di Louis, voleva fidarsi, perché lui l’aveva salvato.
Louis quasi avesse paura di spezzarlo, di fargli del male, gli rialzò i pantaloni abbottonandoli, e gli sistemò la maglietta. Non appena concluse, lo voltò verso di sé, guardandolo negli occhi.
Dannazione, quegli occhi erano peggio di una calamita.
L’attenzione di Louis, però, fu catturata dalle sue labbra, carnose, rosee, all’apparenza morbide. Anche Harry si era incantato a fissare Louis, era così bello davanti a lui, con l’espressione dolce, per nulla cattiva. Quella che non gli aveva mai visto, e di getto sorrise di rimando, riconoscente per quello che aveva fatto per lui.
“Mi mostri le braccia, Harry?” – chiese, facendolo sobbalzare, e risvegliare dal sogno “Louis” in cui era caduto. Harry non voleva, né poteva mostrarle a lui, non a lui che era la causa di quei segni sul suo avambraccio destro.
Abbassò lo sguardo, evitando quello dell’altro, che avrebbe visto in lui tutta la sofferenza, tutto il dolore, tutta la paura che provava dentro di sé, ignaro che Louis sapesse già tutto.
Louis gli alzò il mento, prendendolo delicatamente tra due dita. Harry scosse energicamente la testa, cercando di sfuggire a Louis, alla sua dannata bellezza e cattiveria.
Poteva ancora parlare di cattiveria in quel momento?
“Fidati di me” – sussurrò, cercando il suo sguardo –“prometto che non accadrà più niente di male” – sorrise, cercando lo sguardo dell’altro.
“P-promesso?” – chiese tremante il riccio, piantando le sue iridi smeraldine nei ghiacciai dell’altro, che vi si perse in breve tempo, in pochi istanti. Quegli occhi erano una calamita per i suoi occhi, erano caldi e i suoi occhi freddi si scioglievano non appena li incontravano. E non appena li incrociò ancora qualcosa dentro al suo petto si sciolse ancora di più dei suoi occhi, fu come se un sole si fosse scontrato con un ghiacciaio, e che l’avesse sciolto in quel preciso istante, sembrò che tutto il mondo si fosse fermato, e che tutto fosse a posto, che non ci fossero problemi di nessun genere. Dopo quell’intenso scambio di sguardi, Harry capì di potersi fidare di Louis, e si allontanò da lui, che sentì improvvisamente un senso di vuoto e nostalgia. Rivoleva quel ragazzo tra le sue braccia.
Il riccio alzò le mani che del maglione e mostro a Louis la sua debolezza, la sua sofferenza, ciò che si era procurato a causa del più che grande che ora lo fissava pentito di tutto.
Afferrò il polso segnato di Harry, e lo portò alle labbra, iniziando a lasciare una scia di tanti piccoli bacini lungo le cicatrici.
“Prometto che non ti succederà più nulla.” – con un dito percorse il viso di Harry, alzando lo sguardo su di lui, sfiorando con la mano un livido sullo zigomo che già era diventato violaceo –“niente di niente.”
Il riccio si ritrasse dai tocchi dell’altro, quasi scottato da quei tocchi, quei baci e andò a sbattere contro il muro, contro il quale era stato messo da quegli altri brutti tipi, quel muro freddo dal quale voleva scappare.
“Nick lo ha promesso prima di te. E i tuoi amici mi hanno portato qui. Non posso fidarmi di nessuno, sono destinato a soffrire” – fece in un sussurro carico di negatività. Louis si piazzò davanti a lui, bloccandolo contro il muro con le sue braccia, e mettendogli due dita sotto al viso, tenendogli con quelle il mento, per fargli alzare il viso verso di lui.
“Guardami, Harry” – fece sicuro Louis, cercando il suo sguardo, pronto a sciogliersi di nuovo –“io ti prometto che nessuno ti farà più del male. Né Zayn, né Liam, né Niall.” – piantò i suoi occhi in quelli di Harry –“né tantomeno io. Te lo prometto. Non lo faranno, non lo faremo.” – promise.
“V-Va bene, gr-grazie..” – balbettò allontanandosi, o almeno ci provò, perché le braccia di Louis contro il muro, gli impedivano di spostarsi. La paura prese di nuovo il sopravvento su Harry, che tremò di nuovo, sotto gli occhi di Louis, che se ne rese conto e lo liberò dalla sua presa, facendo due passi indietro, ma prima che Harry potesse uscire dal bagno, lo fermò trattenendolo per un polso, pentendosi due secondi dopo dell’azione che aveva appena commesso e lo lasciò immediatamente.
“Solo.. perdonami, se puoi” – disse, prima di andare via dal bagno, e lasciare il riccio solo, perplesso, confuso, ma con  un mezzo sorriso spontaneo sul viso.
 
 
Harry finalmente respirava.
Louis e i suoi non gli davano più alcun fastidio, il castano manteneva le promesse allora. Dopo un anno di sofferenza, di torture, finalmente era libero da tutto, era stato lasciato in pace, finalmente poteva camminare a testa alta, senza avere paura che qualcuno alle sue spalle comparisse e lo pestasse, senza compiti extra.
Era libero, finalmente.
Ma era da un po’ che vedeva Louis da solo, senza la sua combriccola al seguito. Chissà cosa stavano tramando.. tremò al solo pensiero di doversela vedere con quei tre senza cuore, peggio di Louis. Tremò al pensiero di trovarsi ancora davanti a loro, e che potessero picchiarlo ancora, o violentarlo, toccarlo, violarlo in qualunque modo, ma Louis aveva promesso che non l’avrebbero fatto, e che se l’avessero fatto, lui l’avrebbe protetto, e lui un po’ si fidava di Louis, perché lo aveva salvato da un secondo stupro da parte di quei tre.
E lui che aveva da sempre creduto che fosse Louis l’insensibile tra loro. Cosa doveva fare ora?
Forse ringraziarlo, sì, non l’aveva ancora fatto. Era giusto ringraziarlo. E per questo, quando suonò l’intervallo, uscì fuori sicuro di trovarlo. E infatti, lo trovò appoggiato contro un muro, assorto.
Era appoggiato contro di esso nella sua solita posizione “sono figo e so di esserlo”, con la solita sigaretta tra le labbra, e non si accorse minimamente di Harry tant’era preso dai suoi pensieri.
Chissà cosa stava pensando.
 
 
Louis odiava Nick Grimshaw.
Ma non era che lo odiava così, perché gli andava o altro, no, no.  Provava un verso senso di odio profondo verso quel ragazzo, un odio vero, puro, come non aveva mai odiato nessuno prima d’ora.
Odiava i suoi capelli di un unico colore, odiava il suo sorriso – perché, insomma, il suo era molto più bello di quello di Nick -, odiava i suoi occhi, odiava la sua risata, odiava il suo fisico, odiava le sue orecchie, odiava la sua voce. Odiava tutto di lui. Insomma, lo odiava, punto e basta.
Ma la cosa che più odiava di quel ragazzo, quella che più gli faceva saltare i nervi, che più lo infastidiva, era il fatto che quel figlio di buona donna ronzava sempre attorno a lui, al suo riccio, al suo Harry. Nessuno poteva avvicinarsi a quel ragazzo, nemmeno lui stesso.
Odiava non essere Nick Grimshaw.
Era geloso, maledettamente geloso del ragazzo che stava sempre con Harry, magari se si fosse accorto prima dei sentimenti che provava verso il riccio, non l’avrebbe mai trattato in quel modo, anzi. Non gli avrebbe reso la vita impossibile, e ora non odierebbe Nick Grimshaw.
Voleva allontanarlo da Harry, ma al piccolo aveva promesso che non avrebbe fatto niente di male verso di lui, né verso i suoi amici – non l’aveva specificato, ma era implicito- e non voleva infrangere quella promessa. Gli sembrava un buon modo per rimediare agli errori del passato.
Si era allontanato da Niall, Zayn e Liam, perché non avrebbero mai dovuto toccare il riccio, o almeno non avrebbero dovuto farlo senza il suo permesso. E poi le parole del diario di Harry si ripetevano nella sua testa come una nenia, tutta quella sofferenza gli era entrata dentro, e non accennava a lasciarlo. Era come una sorta di punizione per quello che aveva fatto al riccio. Si meritava di soffrire e star male, e anche di essere geloso. Meritava tutto quello, perché lui l’aveva ferito e l’aveva fatto soffrire. Era un po’ come la legge del contrappasso dantesca, solo che era rapportata alla vita: più il peccato commesso era grave, più la punizione era dura. Un po’ come i golosi che erano costretti a mangiare il fango, o come i lussuriosi erano travolti dalle bufere.
Il suo peccato era stato quello di aver fatto soffrire un ragazzo, e ora la sua punizione era soffrire ed essere geloso nel vederlo con un altro. Quanto gli sarebbe piaciuto essere lui.
Il riccio aveva anche una cotta per lui. Lo definiva bellissimo, e lui che aveva fatto? Gli aveva reso la vita impossibile.
In quel momento era talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorse di Harry di fronte a lui, che con le braccia dietro la schiena e un’espressione dolcissima impressa sul viso, si avvicinava a lui per parlargli.
E “Ciao Louis!” – esclamò il riccio allegro.
“Sì, che..?” – fece alzando la testa, ma dovette zittirsi quando i suoi occhi si inchiodarono in quelli del più piccolo di fronte a lui –“.. ciao Harry!”
Il riccio sorrise, forse per la prima volta davvero davanti a Louis, mostrando le sue adorabili fossette e lo guardò ancora negli occhi, incapace di disincantarsi da quel ragazzo meraviglioso che da sempre lo aveva colpito.
Louis ebbe l’istinto di infilare un dito dentro a quelle fossette così invitanti, e purtroppo l’autocontrollo non era per niente il suo forte, i suoi istinti non li tratteneva mai e, per questo, appoggiò un dito sulla guancia del riccio, che immediatamente arrossì, sentendo il contatto della sua pelle calda contro il dito freddo dell’altro, seguito dall’altro che si colorò del medesimo colore dei suoi capelli rendendosi conto dell’azione commessa, facendo allargare il sorriso del riccio ancora di più. Era così dannatamente carino davanti a lui in quel momento.
“Louis, io volevo, ecco, ring-”  iniziò.
Il mezzo rosso non lo fece continuare. Premette due dita contro le labbra del riccio, facendo un sorriso, un vero sorriso, non un ghigno o una smorfia spacciata per sorriso, o un’espressione derisoria, no, un vero sorriso, uno sincero e spontaneo, uno di quelli in grado di illuminare una stanza buia, uno di quelli che non faceva quasi mai, troppo orgoglioso anche per sorridere.
“Non devi, okay? Non devi ringraziarmi, era il minimo che potessi fare dopo tutto quello che ti ho fatto passare” – sorrise ancora e non gli sembrava vero ciò che stava dicendo, né sembrava vero ad Harry, che lo guardava con gli occhi spalancati ascoltandolo, restando in silenzio con il dito ancora premuto contro il suo labbro. –“potrai mai perdonarmi?”
Harry puntò di nuovo lo sguardo in quello di Louis, tutta la paura che provava, che aveva provato per lui, tornò a galla e prese ad indietreggiare, come per ritornare nell’edificio scolastico, ma Louis lo prese per un polso, non poteva lasciarlo andare ancora una volta, di farlo tornare da quel poco di buono di Grimshaw.
“Aspetta Harry” – fece titubante, quando si accorse che il riccio aveva iniziato a tremare, eppure lui quella volta non aveva fatto niente per intimorirlo, nemmeno un sorriso derisorio, com’era possibile che avesse così tanta paura di lui? –“non devi avere paura di me, non ti farò del male, Harry, non voglio fartene.” – si sentì in dovere di dire per tranquillizzarlo, non fargli avere paura di lui, non di nuovo, per farlo smettere di tremare come una foglia. Voleva abbracciarlo, ma non poteva, l’avrebbe terrorizzato ancora di più. Era terribilmente adorabile quando era spaventato, era un cucciolo indifeso, che meritava cure, ma Louis l’avrebbe visto e considerato adorabile in qualsiasi sfaccettatura.
Sorrise, proiettando i suoi occhi in quelli di Harry, che si rilassò immediatamente, notando che quelli fossero rilassati, tranquilli, per nulla cattivi come lo erano stati nei mesi precedenti.
“D-Dimmi” – balbettò Harry, tremando ancora, forse intimorito dal castano che lo fissava spaesato, ma sapeva dentro di sé di non dover tremare. Louis gli mollò il polso, accortosi che quella presa intimorisse il più piccolo e che se voleva trattenerlo, non doveva usare le maniere forti, ma puntare tutto sulla simpatia o.. dolcezza? Ne era capace?
Lo guardò per un attimo prima di parlare, restando in silenzio, creando così un inquietante silenzio decisamente troppo imbarazzante per i due.
“Davvero non ti piace il tatuaggio dell’uccello? Ma se è adorabile!” – spezzò il silenzio imbarazzante, scoprendosi il braccio e mostrando il tatuaggio che Harry trovava orribile, fingendo indignazione nella voce.
Harry restò un secondo zitto, domandandosi come facesse a sapere una cosa del genere, ma poi esplose in una risata sincera, cristallina, pura. Com’era lui, semplicemente puro.
E quel suono perforò le orecchie di Louis, rilassandolo, facendolo sentire bene e libero. Era quello, ciò che si provava da innamorati?
La risata di Harry era il suono più bello che Louis avesse mai udito in vita sua, si sentiva improvvisamente felice, pieno, appagato, rilassato. Come se quella risata fosse tutto ciò che gli occorreva per essere felice, come aveva fatto a sopravvivere senza, per tutto quel tempo? Tutto ciò che gli serviva era lì davanti a lui, ma non lo aveva mai capito.
Stupido, stupido Louis– si riproverò mentalmente.
Come se fosse stato rapito da quelle labbra, si avvicinò al riccio, non appena sentì la risata affievolire, e gli stampò un bacio sulle labbra ancora leggermente aperte. Harry si immobilizzò sentendo il bacio, e non si mosse intimorito.
Louis arrossì di botto e si allontanò da lui come se si fosse scottato a causa di quel contatto. Per la prima volta nella vita, Louis Tomlinson si era sentito strano a contatto con qualcuno. Sentiva nello stomaco qualcosa di strano, come tanti elefanti in corsa, qualcosa di più grande di lui lo aveva investito e lui non sapeva come comportarsi davanti a certe sensazioni che per lui erano come nuove. Con Harry stava riscoprendo cosa fossero i sentimenti, lasciati per troppo tempo chiusi in un cassetto del suo cuore.
“L-Louis, m-ma..” – balbettò il riccio. Il cuore gli batteva troppo forte, all’impazzata, come un tamburo, le mani gli tremavano per l’emozione, le gote erano arrossate, gli occhi spalancati e lo stomaco in subbuglio.
“N-no! Non puoi.. t-tu..” – iniziò agitato –“m-mi hai re-reso la vita impossibile, m-mi hai pi-picchiato.. i tu-oi ami-ci mi hanno vio-violentanto..! M-mi sono tagliato p-per col-pa tua!” – urlò scoprendosi il polso ormai segnato da ciò che si era procurato a causa di Louis, mentre l’altro chiudeva gli occhi e incassava tutte le parole, se le meritava. –“n-non puoi ba-ciarmi e-e fingere ch-che niente s-ia successo!” – urlò ancora con la voce che tremava –“non senza amore! Lo so che tu non provi niente per me, non sono stupido!” – sbraitò allontanandosi da lui, per non fargli vedere le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi, che già erano sopraggiunte. –“ci ho sperato, per mesi che mi notassi! Mesi, Louis! Volevo che tu mi notassi, che mi fossi amico!” – singhiozzò –“e invece ti divertivi a picchiarmi, a distruggermi!” – continuò ad urlare fuori di sé, Louis invece era immobile ed ascoltava lo sfogo del riccio, che chissà da quanto tempo si teneva tutte quelle parole dentro, parole che aveva letto nel suo diario, che ora prendevano forma davanti a lui, e dure gli arrivavano alle orecchie, colpendolo come forti schiaffi –“no, non accetto le tue scuse, non ti perdono,  volevo solo ringraziarti per avermi salvato, basta!” – urlò ancora, calmandosi leggermente, prima di ricordarsi il motivo di quella sfuriata, il bacio improvviso e privo d’amore –“tu non sai cos’è l’amore!” – concluse con un ultimo urlo, puntandogli il dito contro, con il respiro accelerato, le mani tremanti, e gli occhi spalancati.
“Io so cos’è l’amore.” – disse Louis, ad un tratto, quasi come risvegliatosi da uno stato di trance, di riflessione in cui era caduto in quegli istanti –“l’amore è quello che provo per te” – confessò mettendosi a nudo, lì davanti al riccio, rivelando la sua anima, ammettendo finalmente quello che provava per il suo riccio, suo e di nessun altro, né di Grimshaw, né di un altro, solo suo.
Harry strabuzzò gli occhi guardandolo esterrefatto.
Cosa aveva detto?
Louis innamorato di lui? Era uno scherzo, solo uno scherzo.
“Oh, oh! Dove sono Malik, Horan e Payne? E’ un altro dei vostri scherzi, vero?” – fece terrorizzato –“no, no, i-io non ci casco, non stavolta, non più.. vuoi illudermi e spezzarmi il cuore?” – domandò, con le lacrime che gli rigavano il viso. Ancora una volta Louis stava giocando con lui, e lui ci stava cascando con tutte le scarpe. Che stupido che era.
Louis si limitò a scuotere la testa, a proiettare di nuovo i suoi occhi in quelli di Harry, a guardarlo intensamente come qualche minuto prima negli occhi. Quegli occhi che scioglievano la sua freddezza, quegli occhi che lo avevano imbambolato, e conquistato in un battito di ciglia, quanto tutto per una volta, all’improvviso era iniziato.
Era così bello davanti a lui, con il suo dissidio interiore, con le sue paure, i suoi timori, con tutto quello che provava in quel momento, con gli occhi che cercavano di sfuggire da quelli di Louis, e cercavano di posarsi su altro.
Louis si avvicinò velocemente a lui, gli prese il mento tra due dita, e lo fissò negli occhi, o almeno ci provò, perché Harry subito fissò lo sguardo sul petto del ragazzo. La maglietta bianca aderente del ragazzo era molto più interessante, e sotto di essa riusciva quasi ad intravedere altri dei tatuaggi che il ragazzo aveva. Molto meglio che fissarlo negli occhi. Louis doveva fargli capire che era sincero, che non voleva affatto il suo male, non quella volta almeno, non quella volta in cui i suoi sentimenti stavano uscendo violentemente da dentro di lui, colpendolo in pieno, facendogli scoprire nuove cose, sempre più belle.
“Harry, non vedo i ragazzi da quando ti ho salvato nel bagno, non ti tocco da quando ti ho promesso che non t’avrei mai più fatto del male, ti prego, guardami negli occhi, sono sincero” – disse tutto d’un fiato con una sincerità che non aveva mai usato nel parlare con qualcuno. La sua vita era piena di menzogne, piena di “sto bene” detti quando dentro voleva morire, era stanco di mentire a se stesso e nascondersi dietro la facciata di ragazzaccio, tutto tatuaggi, sigarette e scopate. Stava mettendo a nudo il vero se stesso, quello sepolto chissà dove, davanti a quel ragazzo che gli aveva aperto il cuore, gli aveva fatto scoprire qualcosa che se non era amore, ci andava molto vicino.
Harry titubante fissò lo sguardo in quello di Louis, scoprendo che in quegli occhi di cui aveva tanta paura v’erano tanta insicurezza, tante parole non dette, tanta paura.
“Provo qualcosa per te, qualcosa che se non è amore, gli va molto vicino. Mi sento sporco, stupido e stronzo se ripenso a tutto quello che ti ho fatto. Mi dispiace, mi dispiace davvero, Harry, vorrei tornare indietro nel tempo e cancellare tutto, ma non posso, permettimi di rimediare, per favore” – fece, portando una mano sulla sua guancia, accarezzandogliela lentamente e dolcemente, rimuovendo le lacrime che il riccio aveva versato ancora per colpa sua.
Non  piangerai mai più, piccolo.
Harry chiuse gli occhi, beandosi di quel tocco delicato, che fino a poco tempo prima era stato violento, sulla sua pelle. Inconsciamente, fece un passo verso di lui, restando a debita distanza dal suo viso. Aveva voglia di baciarlo, dannatamente voglia di baciarlo, ma sapeva di non potere.
“Voglio ricucire tutte le tue ferite, non allontanarmi ancora, ti prego” – sussurrò Louis, appoggiandogli l’altra mano, quella che ancora teneva la sigaretta, sul fianco, per tentare di tenerlo stretto a te.
“Lo sta facendo Nick, lui mi vuole bene” – ribatté Harry, senza allontanarsi da lui, da quella posizione.
“Lui non è me.”
 
-Ma Nick non è Louis.-
 
Le parole del suo diario gli tornarono in mente.
Di scatto, Harry si mosse verso il viso di Louis, e prendendogli il viso tra le mani, congiunse le loro labbra in un bacio casto e delicato. Louis restò immobile, rilassandosi immediatamente, e senza accorgersene lasciò andare le braccia contro i fianchi, facendo cadere per terra la sigaretta che ancora nervosamente si rigirava tra le dita, si scottò ancora una volta, ma non voleva lasciarlo andare.
Posò entrambe le mani sui fianchi di Harry e lo avvicinò a sé, facendo combaciare i loro bacini. Leccò il labbro inferiore del riccio, che dischiuse le labbra, concedendo a Louis l’accesso alla sua bocca. I loro sapori si mischiarono, dando inizio ad un gioco, ad una gara, in cui non c’erano vinti, solo vincitori.
Purezza contro oscurità.
Bravo ragazzo contro ragazzaccio.
Insicurezza contro finta sicurezza.
Paura contro paura.
Sentimenti respinti contro sentimenti in passato nascosti.
Louis solleticò la nuca di Harry, infilandogli una mano tra quei ricci così morbidi e delicati, mentre il più piccolo, insicuro avvolgeva le braccia intorno al suo collo, stringendolo a sé, come se non volesse più farlo andare via.
Non andrò via, piccolo.
Ansanti e senza voglia, si staccarono restando persi nei loro sguardi, piombando di nuovo nel silenzio, che a differenza di prima era intervallato dai loro respiri spezzati. Le fronti erano appoggiate le une alle altre, ed entrambi sorridevano spontaneamente guardandosi negli occhi.
“Però non fumerai più” – disse il riccio, spezzando il silenzio, con un sorriso.
“Nah, facciamo che ci provi tu”- sentenziò il castano.
Harry gli diede un buffetto dietro al collo, senza muoversi dalla posizione post- bacio, gli morse il labbro inferiore, prendendo tanta sicurezza nelle azioni, che prima non aveva avuto. Da dove prendeva, ora?
“Nah, io dico che mi ascolterai” – sussurrò, spostando una mano dal collo dell’altro, fino al cavallo dei suoi pantaloni, facendogli trattenere un gemito.
“Allora, Lou?” – accarezzò piano, mentre il maggiore inclinava la testa, appoggiandola contro il collo del minore e contro di esso iniziava ad ansimare lentamente, sfiorando con le labbra il collo del ragazzo che lo stava provocando.
“Come vuoi” – emise in un gemito, e la mano di Harry si fermò, facendolo restare come un idiota.
Sorrise con quelle maledette fossette, divertito.
“Piccolo stronzetto!” – esclamò divertito e imbarazzato per quello che il riccio aveva provocato in lui. –“scappa, se ti prendo sei finito!”
Harry non colse l’ironia della frase e si allontanò da Louis. Scappò via e il ragazzo si maledisse per quello che aveva detto, dandosi dello stupido mentalmente. Lo seguì, raggiungendolo e prendendolo per i fianchi, avvicinandolo di nuovo a sé, in un abbraccio che non aveva secondi fini, tenendolo per i fianchi in una posizione che al più piccolo dava tanta sicurezza. Lo aveva tenuto così la prima volta che si era dimostrato dolce con lui.
“Scemo, dicevo che t’avrei ucciso di solletico” – ridacchiò, solleticandogli i fianchi, facendo finalmente ridere Harry, che però non riuscì a calmarsi, sentendo l’erezione del più grande contro di lui.
“Non sei arrabbiato?” – chiese girandosi e guardandolo terrorizzato negli occhi, temeva che volesse vendicarsi violentandolo, come era successo con gli altri tre.
Louis scosse la testa, stampandogli un bacio sul naso e poi uno sulle labbra.
Harry si rese conto che Louis non gli avrebbe fatto del male, nemmeno volendolo, non quella volta, e si rilassò ricordando la reazione del più grande alle sue provocazioni, scoppiò a ridere, seguito da Louis.
Il cortile della scuola si riempì delle risate dei due ragazzi, che probabilmente avevano trovato finalmente l’amore.
 
 
A month later.
 
“Lou, ho paura, e se farà male?” – chiese agitato Harry stringendo la mano del suo ragazzo.
Era strano da pensare in quel modo.
Louis era il suo ragazzo.
“Non farà male, fidati dell’esperto!” – esclamò il più grande, aiutandolo a stendersi sul lettino.
“O-okay, e-e se esce il sangue?” – chiese tremante.
“Non uscirà niente, tranquillo. Te lo prometto, fidati di me.”
“O-okay..”
Un rumore metallico perforò le orecchie di Harry, strinse gli occhi, stringendo l’altra mano a quella di Louis che non aveva intenzione di lasciarlo per nessuna ragione al mondo. Era la prima volta, era normale avere paura, no?
L’arnese toccò finalmente la sua pelle e una sensazione strana lo invase dal profondo. In pochi secondi, l’uomo terminò il suo lavoro soddisfatto.
“Abbiamo finito, puoi aprire gli occhi” – sorrise al riccio che dischiuse le palpebre e guardò il suo polso, prima segnato dai tagli, ora coperto da una scritta I can’t change.
Louis sorrise sporgendosi verso di lui e lo baciò delicatamente sulle labbra, mentre il tatuatore copriva con un cerotto il primo tatuaggio di Harry.
“Bravissimo, Haz” – sorrise Louis, conoscendo il significato di quel tatuaggio.
Harry  era stato preso di mira dai bulli, non era cambiato.
Era stato spinto all’autolesionismo, ma non aveva continuato, e non era cambiato.
Aveva pensato di suicidarsi, ma non l’aveva fatto, non era cambiato.
Era stato violentato, ma non era cambiato.
Aveva ottenuto l’amore di Louis, ma non era cambiato.
Era rimasto dentro di sé, il solito Harry. Timido, insicuro, sincero, dolce, e simpatico.
Harry era stato forte, la sua personalità era rimasta sempre la stessa e quel suo primo tatuaggio significava questo: la sua forza, tutta la sua forza.
Si girò verso colui che lo aveva prima ucciso, distrutto, picchiato, ma che poi lo aveva salvato, gli aveva donato amore, gli aveva concesso di rendere la sua vita migliore, grazie al quale ora non aveva più paura.
“Ti amo, Louis” – confessò per la prima volta.
“Anche io, Harry, ti amo anche io.”
Harry sorrise spontaneamente e Louis lo afferrò per le mani.
Era felice quando lo vedeva sorridere come un bambino, e, quando alla radio partì una canzone, l’impulso di ballare con Harry lo prese in pieno, e si sapeva, lui era Louis Tomlinson, non ignorava i suoi impulsi.
Tenendolo per le mani, improvvisando balletti strani lì davanti al tatuatore mentre il più piccolo si stringeva a lui imbarazzato, senza però lasciarlo, il maggiore faceva divertire il più piccolo, che rideva lasciandosi andare. Gli mise poi le braccia al collo, avvicinandolo di più, iniziò a sussurrargli qualcosa all’orecchio, ed Harry si allungò verso di lui baciandolo. Volevano solo qualcuno d’amare, così all’improvviso, in una volta lo avevano trovato. 





NO, JIMMY PROTESTED!

Quanto è... boh, questa OS?
L'ho scritta in un periodo non felicissimo.
E' stata scritta tipo una settimana fa, quasi subito dopo l'operazione, ma l'ho ricopiata solo ora.
L'avete voluta, ora tenetevela lol 
Non so, a me i punk non piacciono, ma vedere Louis con i capelli rossi, e alcuni commenti mi hanno ispirato. Non mi piacciono gli estremismi,quindi non è proprio proprio punk, ma uno pseudo punk, stronzo e bullo, che però scopre di amare Haz. E il nostro Haz è un tenerello scolaretto, che sta male :c
Haz, nella prossima os ti vendicherai, don't worry :D 
Non so tutta via se sia corretta la sua descrizione. Insomma, l'ho scritta dieci volte, contate. 
Sono in un periodo del cazzo, non mi aspetto che vi piaccia davvero. Insomma, sappiate solo che è al 50% autobiografica. Almeno al liceo era così.
Cooooomuque, spero vi sia piaciuta, e che non mi abbandonerete per questa... cosa.
Rigraziamo la mia, e dico mia, solo mia (okay, un po' di Niall) Lu, che mi sopporta, e mi fa i banner e mi suggerisce le cose. Sarei persa senza di lei, so thank you, Lu <3
Vi saluto, buona sera, love you all <3


P.s i miei Haz e Loueh ultimamente gayeggiano più del solito, e mi fanno morire quando si guardano, aw. <3
P.p.s i miei Jimmy non fanno più ridere.. sorreeeh!

   
 
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