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Autore: Mary West    26/03/2013    9 recensioni
[Venezia!fic ~ (pre-)Tony/Pepper ~ pre-movies; extreme TSI and fluff]
“Potremmo andare a Liege! È così romantica...”
“Non sapevo fosse un tipo romantico.”
“... o a Bruxelles. Dicono che facciano degli ottimi cavoletti.”
“Credo che tra qualche istante comincerò ad urlarle addosso spropositi e turpiloqui.”
“Ci sono! A Venezia!” esclamò infine Tony, splendendo d’entusiasmo. “Non ci sono mai stato.”
“E non ci andrà adesso” replicò lei tagliente. “Tra meno di sette giorni avrà luogo la più importante delle riunioni della sua azienda a proposito dell’operato dell’intero anno e lei non rischierà di perdersela per andare a farsi quattro tuffi nel Canal Grande alle cinque del mattino mezzo ubriaco.”

{La prima volta che Tony ha guardato Pepper e l’ha vista per davvero ♥}
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Eternal sunshine of spotless minds'
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Avvertimenti preventivi: pre-movies, pre-Pepperony, TSI dilagante, lieve introspezione e H/C sul finale, battibecchi a gogò, falsamento di passaporto e finte identità, fantasia sfrenata sulla vita di Pepper. 
Conseguenze: one-shot chilometrica di quasi venti pagine. Lettore avvisato, mezzo salvato. 
Augurio: buona lettura. Pepperony forevaaaah. 


 


Journey in Venice ~
Storia di quel che successe nel Canal Grande alle cinque del mattino





L’areo sfrecciava sereno attraverso il vortice di nubi grigie sopra Manchester e un piacevole calore invadeva l’abitacolo di prima classe dove il miliardario proprietario del jet e la sua fidata e attraente assistente personale stavano dibattendo tranquillamente, com’erano soliti fare ogni volta in cui si ritrovavano nella stessa stanza per più di cinque minuti.
“Ero sicuro che tutto sarebbe andato alla perfezione” stava dicendo Tony, perso in un implicito elogio di se stesso, inizio promettente per approdarne ad uno più diretto. “Non avevo nessun dubbio.”
“Tecnicamente,” ribadì Pepper con prontezza, “perfezione è un termine un po’ azzardato da utilizzare in questo contesto, a mio parere...”
“Pepper, lei ha ragione, come sempre: è eufemistico” concordò Tony con voce solenne. “Purtroppo, tuttavia, il vocabolario è piuttosto manchevole da determinati punti di vista e nessun aggettivo riesce ad esprimere la mia immensa grandezza e la mia sconfinata genialità...”
“Erano trascorsi quasi venti minuti dal suo ultimo momento di sfrenata megalomania, mi stavo preoccupando.”
“La sua preoccupazione per me è un ulteriore motivo di autocelebrazione.”
“Buffo come lei sia sempre capace di trovare costantemente nuovi elementi per cui dare sfoggio al suo vanesio bisogno di deliri di onnipotenza.”
Tony sfoggiò il suo miglior sorriso smagliante e Pepper ricambiò lo sguardo sbattendo educatamente le palpebre sulle guance, appena incrinate in un’espressione tra l’esasperato e il divertito.
“Lei è meravigliosa, Pepper.”
Virginia scosse il capo, roteando platealmente gli occhi al cielo e riabbassando il volto sul plico di fogli che teneva sulle gambe accavallate, sperando ardentemente che quel vago rossore che le aveva appena imporporato le guance passasse inosservato. Non seppe se riuscì nel suo intento; se Tony lo notò, non glielo fece presente a voce alta, cosa di cui Pepper, in ogni caso, fu estremamente grata.
Dopo qualche altro minuto trascorso nel silenzio, durante i quali entrambi si dedicarono alle proprie attività che erano, rispettivamente, lavorare sulle carte appena firmate dal suo capo e da quello della Disbury Corporation e ciondolare senza motivo osservando distrattamente il paesaggio rarefatto oltre il finestrino, Tony parlò di nuovo.
“Dobbiamo proprio andare a casa?” chiese con aria innocente, gesticolando ampiamente con le mani. “È davvero necessario?”
Stupita da quell’insolita domanda e preoccupata da quello che poteva scaturirne, Pepper alzò il volto con aria perplessa e fissò il suo superiore interdetta.
“Di che sta parlando?” domandò dubbiosa. “Adesso non vuole tornare a casa? Ma se ha tentato carte false per non uscirci, tre giorni fa.”
Tony sospirò, scuotendo il capo con quell’aria afflitta che metteva su ogni qual volta Pepper diceva una cosa estremamente sensata e lui doveva spiegarle per quale motivo, dal suo straordinariamente geniale punto di vista, la sensatezza non aveva senso; era davvero una fortuna, in ogni caso, che Pepper avesse trovato lavoro come sua segretaria e non come quella di gente patetica come, per esempio, Justin Hammer o avrebbe trascorso la sua esistenza ad assistere un incapace demente, senza conoscere la bellezza dell’inconscio e dell’incoscienza. E di Tony, naturalmente.
“Pepper” esordì lui con tono profondo, sporgendosi con la schiena verso di lei per osservarla meglio negli occhi, “tre giorni fa, lei si è presentata con la sua solita, innata, invidiabile classe nel mio laboratorio annunciandomi che avevo due ore di tempo per preparare le valigie e prendere il mio aereo per presidiare ad una riunione importante a Manchester, di cui io non conoscevo neanche l’esistenza. La mia reazione è stata del tutto giustificata.”
“Lei sapeva benissimo di questa riunione” lo corresse prontamente Pepper, trattenendo a stento l’impulso di rivolgere di nuovo lo sguardo verso l’alto, “l’avevo informata una settimana prima e lei mi aveva detto che ci sarebbe andato Obadiah.”
“Appunto!” esclamò Tony con un sorriso vittorioso. “Doveva andarci Obadiah. Brava, l’ha detto lei... vede che sta migliorando?”
Pepper stavolta non resistette all’istinto e roteò gli occhi al cielo, spazientita, sporgendosi verso Tony per quanto le consentisse la cintura di sicurezza sulle spalle e la vita.
“Se all’ultimo momento ha preso l’influenza, non è colpa mia” replicò lei severa. “Lei in ogni caso dovrebbe sempre esser pronto, in situazioni simili. Sono cose che possono accadere.”
“Non dovrebbero.”
“Lei è il capo della sua azienda” gli fece notare Pepper sollevando un sopracciglio scettica. “Non è così assurdo il fatto che se ne occupi, ogni tanto.”
Tony annuì affranto.
“È il cavillo delle persone potenti” sussurrò con voce mistica. “Lo so.”
Pepper decise di ignorare quell’ennesima manifestazione di onnipotenza e riprese la sua parte.
Io, invece” sottolineò con cura, “non sarei dovuta venire.”
Lo sguardo di Tony si spalancò incredulo e la fissò come se avesse appena detto la più volgare delle blasfemie.
“Pepper” esclamò stupefatto, “ma che dice?”
Lei ricambiò lo sguardo, aggrottando la fronte con fare dubbioso, ma senza perdere il controllo della situazione.
“La verità” rispose scrollando le spalle. “La mia presenza non era richiesta.”
“Ma certo che lo era, Pepper. Da me.”
Virginia sospirò sonoramente, gonfiando le guance di nuovo colorate di cremisi. Tony sorrise trionfo.
“Adoro quando arrossisce” proclamò contento. Pepper lo ignorò.
“Non cambi argomento” lo riprese con voce ferma. “Io non sarei dovuta venire e lei lo sa. Obadiah non aveva richiesto che presidiassi a questa riunione.”
Tony strabuzzò gli occhi.
“Perché lei è la mia assistente, non la sua” giustificò la cosa, come se fosse la più naturale del mondo. “Assiste me. Non lui.”
Pepper emise un verso accondiscendente e riprese a studiare l’ultimo documento del plico. Tony non distolse lo sguardo da lei e aggrottò le sopracciglia.
“Non lo fa, vero?” insistette. Pepper continuò imperterrita a scrutare le righe finali. “Pepper?”
Ancora silenzio.
“Pepper!”
“Santo Cielo, signor Stark!” esclamò lei incredula. “No. Mi spiega per quale motivo le interessa tanto?”
Lui ghignò, contento di aver ricevuto la risposta che cercava, e si lasciò cadere di nuovo contro lo schienale della poltrona blu.
“Mi stavo solo assicurando che non si distraesse da me” cinguettò compiaciuto. Virginia glissò anche su quello e ripose i documenti in una cartellina al suo fianco. “Le è piaciuta Manchester?”
Pepper sospirò pensierosa, felice di aver finalmente concluso il suo lavoro con carte e imbarazzi.
“Non troppo” commentò esitante. Tony la fissò penetrante.
“Neanche a me è piaciuta molto” replicò. “Troppo fredda. E piovosa. Non siamo neanche riusciti a vedere l’Old Trafford o a farci un giro al Dry Bar. Che spreco.”
“Perché eravamo lì per lavoro, Tony” gli fece notare lei con un sorrisetto divertito. “Non in vacanza.”
“Pepper, lei deve assolutamente rivedere il suo concetto di vita” rispose lui scuotendo il capo. “Non può trascorrere la sua esistenza pensando solo al lavoro. È stato davvero il destino che ha voluto il nostro incontro.”
“Veramente, è stato l’ingegnere che ha ideato il marciapiedi sulla Quinta” ribatté lei pacata. “Troppo stretto perché due persone potessero passarci insieme.”
“Com’è precisa.”
“Lo prenderò come un complimento.”
“Deve. Qualsiasi frase esca dalla mia bocca per lei lo è.”
Pepper sospirò di nuovo e distolse l’attenzione dal volto del suo superiore, spostandola sul paesaggio oltre il finestrino. Di nuovo il silenzio cadde tra loro e di nuovo fu Tony a romperlo.
“Le piacerebbe fermarsi qualche giorno da qualche parte prima di tornare a casa?”
Lo sguardo celeste della ragazza si posò incredulo sul volto tranquillo del suo superiore e le sue labbra si dischiusero appena per la sorpresa.
“Fa sul serio?” domandò incapace di trattenere ulteriormente la meraviglia. Tony scrollò le spalle serafico.
“Certo” replicò sereno. “Perché non dovrei?”
“Perché è un’assurdità” ribadì Pepper sospirando profondamente. “La settimana prossima, avrà luogo l’incontro annuale con il Consiglio di Amministrazione ed è di vitale importanza che lei sia presente.”
“Sono certo che Obadiah...”
“... Obadiah non può assolutamente sostituirla, non ci provi neanche...”
“... sarà molto più adeguato di me... per quanto nessuno sia più perfetto di me, naturalmente...”
“... a scansare per l’ennesima volta dalle sue responsabilità e la smetta di autocelebrarsi...”
“... insomma, io sono un genio miliardario e un playboy filantropo e tutti mi vogliono e mi cercano...”
“Questo tentativo di sfuggire ancora ai suoi doveri di amministratore delegato della sua azienda è davvero ridicolo...”
“... e io sono troppo magnanimo per negarmi a tutti, quindi devo dividermi e adesso è il momento di dedicarmi a me stesso...”
“La smetta di dire sciocchezze, immediatamente...”
“... insomma, anche io avrò bisogno di me, altrimenti come si va avanti?”
“Tony, ha due secondi per interrompere il suo idillio, poi le lancerò un oggetto molto pesante dritto alla testa...”
“E me adesso vuole andare in vacanza, per qualche giorno, giusto per ritemprarsi...”
“L’unica cosa da ritemprare qui è il suo cervello. Anzi, è da creare... completamente.”
“Adoro quando mi insulta. È così passionale...”
Non sono passionale, sono arrabbiata. È completamente diverso...”
“No che non lo è. Anche se io l’adoro sempre, naturalmente...”
“... e non cerchi di cambiare argomento. L’unico motivo per cui vuole andare in vacanza è uno dei suoi soliti capricci...”
“Potremmo andare a Liege! È così romantica...”
“Non sapevo fosse un tipo romantico.”
“... o a Bruxelles. Dicono che facciano degli ottimi cavoletti.”
“Credo che tra qualche istante comincerò ad urlarle addosso spropositi e turpiloqui.”
“Ci sono! A Venezia!” esclamò infine Tony, splendendo d’entusiasmo. “Non ci sono mai stato.”
Pepper sospirò profondamente e si massaggiò le tempie con i polpastrelli.
“E non ci andrà adesso” replicò tagliente. “Tra meno di sette giorni avrà luogo la più importante delle riunioni della sua azienda a proposito dell’operato dell’intero anno e lei non rischierà di perdersela per andare a farsi quattro tuffi nel Canal Grande alle cinque del mattino mezzo ubriaco.”
“Perché dice così, Pepper?” insistette Tony, continuando a sorridere divertito. “Non le piace Venezia? Andiamo, c’è tutto: c’è il sole, c’è il mare, l’arte, la bella gente, l’aria di festa. Si respira calma, quiete, gioia e cultura... vuole sul serio farmi credere che non la vorrebbe visitare?”
“Partendo dal presupposto che le mete dei suoi viaggi di piacere non rientrano nel mio territorio di competenza” replicò lei con grande prontezza, “non la visiterei adesso.”
“Mi sta dicendo che mi seguirebbe dappertutto?” la provocò Tony con un sorriso malizioso, concentrandosi intenzionalmente solo sulla prima parte della risposta. Pepper ricambiò il suo sguardo fiera, ignorando quel vago rossore sulle guance, e rispose a sua volta:
“Sto dicendo che può andare in vacanza dove vuole e quando vuole, purché non sia in prossimità di eventi fondamentali come quello di cui parliamo adesso.”
“Ma se partiamo insieme...”
“Come, scusi?” chiese Pepper con voce stridula. “Insieme?” ripeté e involontariamente avvampò. “Io non vengo da nessuna parte.”
Tony la fissò perplesso.
“In quanto mia assistente, deve assistermi in ogni momento e luogo” aggiunse con voce solenne. “Anche nei viaggi di piacere. Che poi, che piacerebbe sarebbe senza di lei?”
Il volto di Pepper divenne definitivamente viola e calò sulle ginocchia della ragazza, appena scoperte dall’orlo del vestito blu.
“Lei è incorreggibile, Tony.”
Lui sfoggiò un sorriso felice.
“È un sì?” domandò entusiasta. “Mi accompagnerà a Venezia?”
Pepper sospirò profondamente e si alzò.
“Non ora” rispose infine, lisciandosi le pieghe della gonna, senza sollevare il volto per evitare di incontrare quel maledetto ghigno malizioso per la millesima volta. L’esser ceduta a quell’ennesima richiesta era già abbastanza umiliante per lei e per la sua autorità.
“Splendido” commentò Tony e se Pepper avesse sollevato lo sguardo avrebbe colto quel luccichio nei suoi occhi, quello che anticipava sempre l’attuazione di una delle sue pessime trovate. “Sapevo di poter sempre contare su di lei.”
Pepper emise un vago verso inarticolato, poi lasciò il sedile e si diresse a passo svelto verso la cabina infondo, nella sala bagno. Non vi rimase per troppo tempo, ma quel poco fu sufficiente a Tony e, quando Virginia uscì, il piano malefico era già stato messo in atto.
A primo impatto, Pepper non capì subito per quale motivo Tony fosse diventato, improvvisamente, tanto allegro. Pensò che dovesse essere per la concessione del viaggio, ma era una idea troppo astratta e a lungo termine perché il suo capo potesse esserne tanto felice, per quanto, naturalmente, Tony avesse un modo di ragionare tutto suo e tendesse a provare sensazioni contrastanti per cose che, in generale, le persone solevano ignorare o, comunque, reputare di poco conto, se non addirittura detestare. Tuttavia, Pepper conosceva Tony da parecchio tempo per non essere in grado di cogliere qualche preoccupante stranezza nel suo comportamento e la cosa divenne terribilmente lampante quando l’immagine fin troppo riconoscibile dell’isola dell’Irlanda, che avevano superato parecchie ore prima, riapparve dal finestrino accanto alla sua poltrona rivestita in elegante tessuto blu scuro. Allora Pepper ebbe chiara la visione delle cose, la direzione della situazione – la direzione dell’aereo – e rimase senza fiato.
“Tony” esclamò – anche se, più che altro, ringhiò –, “dove stiamo andando?”
Tony, che fino a quel momento era rimasto concentrato in qualche strano giochetto con il suo tecnologicissimo telefono, alzò lo sguardo perplesso, ma Pepper non si lasciò ingannare da quello scintillio vittorioso che illuminò i suoi occhi fintamente innocenti.
“Mi dica tutto, Pepper.”
“Inverta la rotta.”
Tony ghignò compiaciuto.
“Già fatto.”
“Non in quel senso!” esclamò Pepper spazientita. “Sa benissimo di cosa sto parlando: dobbiamo tornare a casa. Subito.”
“Non ne capisco il motivo, sul serio...”
“Tony, non ricominciamo. Ne abbiamo già discusso e abbiamo concluso...”
“Infatti, non capisco per quale motivo insiste per tornare sull’argomento se avevamo deciso di comune accordo...
“... di tornare a Malibu e occuparci dei suoi capricci in un altro momento...”
“... di andare insieme a Venezia...”
“... perché tra una settimana c’è la riunione con il Consiglio...”
“... per rilassarci e stemprarci un pochettino ed è naturale...”
 “...ed è assolutamente necessario...”
“... che lei stia con me.”
“... che lei sia presente.”
Pepper sospirò profondamente ancora una volta e scosse il capo.
“Avevamo detto di tornare a casa” ringhiò esasperata. Tony sfoggiò un sorriso seducente.
“Avevamo detto di andare insieme a Venezia” replicò divertito.
“Non adesso.”
“E infatti non arriveremo prima di un paio d’ore, tesoro.”
Virginia prese fiato e chiuse gli occhi, respirando a lungo prima di rivolgere a Tony un’espressione severa.
“Bene” esclamò sconfitta. “Va bene. Ha vinto.”
Tony sorrise accecante.
“Lo so.”
“Ma” aggiunse lei caparbia, “non così in fretta. Andremo a Venezia, ma a delle condizioni.”
Lo sguardo trionfo dipinto sul volto di Tony si fece appena più serio davanti a quell’affermazione, ma lui non la interruppe.
“Niente bagni di folla” riprese Pepper, fissandolo con espressione intransigente. “Niente feste amorali. E niente rivelazione d’identità.”
Tony rifletté per qualche istante, sfregando due dita sul pizzetto con aria pensierosa, poi annuì.
“Ci può stare” acconsentì accomodante. Il suo ghigno riprese vigore quando aggiunse: “Ma anche io ho delle condizioni.”
“Come, scusi?” chiese lei con le sopracciglia levate. “La sua condizione è il viaggio, fine della storia. Non può averne altre. Non ha alcun senso.”
“Come le ho già detto prima, le cose sensate sono per le persone comuni e banali. Di certo non per lei e ancor meno per me” replicò lui compiaciuto. “Dunque, niente formalità. Niente lavoro... il che significa niente telefoni, niente documenti e niente ansie... sette giorni di puro e dimenticato relax.”
Pepper lo guardò indignata.                                   
“Tre.”
“Sei.”
“Quattro.”
“Cinque.”
Virginia sospirò e roteò gli occhi al cielo.
“Andata.”
Il sorriso di Tony divenne ancor più accecante e Pepper decise di distogliere lo sguardo, cercando disperatamente qualcosa su cui concentrare la sua attenzione che non fosse l’individuo insopportabile e assolutamente prepotente che aveva davanti. Tuttavia, per quanto impegnasse gli occhi, non poté fare a meno di cogliere la sua voce traboccante di entusiasmo.
“Sarà una vacanza indimenticabile.”
E davvero lo fu.
Atterrarono all’aeroporto Marco Polo meno di due ore dopo, con poco anticipo rispetto alle previsioni di Tony, e la prima reazione di entrambi appena ebbero messo piede a terra fu di meraviglia assoluta.
Non che non avessero mai visto Venezia in tv o al computer o che non si fossero mai ritrovati a visitare città straniere straordinariamente belle, ma Venezia, Pepper lo capì subito, le superava tutte.
Davanti ai suoi occhi, si apriva uno spettacolo assolutamente impareggiabile: sotto il cielo indaco del secondo pomeriggio, dove i raggi ramati del sole serale ormai cominciavano a lasciar posto al candore flebile dello spicchio di luna in procinto d’illuminare quella notte, si apriva un susseguirsi di monumenti dalle tenui sfumature cremisi, cerulee e cineree; su tutte una cupola maestosa spiccava nel firmamento azzurro, imprimendo la propria forma solenne sopra la metropoli. Dai brevi stralci di strada pavimentata che sorgevano sulla città d’acqua, ai limiti dei canali quieti, spuntavano, a pochi metri l’uno dall’altro, tronchi spessi dai rami ricchi di fogliame smeraldino, intervallati da lampioni a lanterna romboidale, di quella forma particolare e romantica che Pepper aveva visto solamente nei film degli anni Quaranta e nei cartoni Disney ambientati nella Londra del diciannovesimo secolo. La linea sottile e quasi invalicabile dell’orizzonte segnava il punto d’incontro tra il cielo prima della notte, dove già alcune stelle brillavano timidamente, e l’estesa celestiale del mare che invadeva tutta la città. Sulla superficie calma della linfa, piccole increspature smuovevano leggiadre l’acqua cheta, nascendo laddove le gondole galleggiavano nei canali sinuosi tra palazzi e sentieri. Le prime luci della sera erano già state accese e si riflettevano sullo specchio trasparente ai piedi del capoluogo, creando una sorta di gemello onirico che risplendeva d’oro e d’argento. Tra quei riflessi, due risaltavano più degli altri, alle sponde opposte del cielo e del mare sotto di sé: il sole al tramonto e la luna nel suo sorgere.
Gli occhi di Pepper rimasero incanti a fissare quel paesaggio così simile ad un sogno e una luce di fascino rarefatto sembrò irradiare anche il suo volto ammaliato. Dietro di lei, Tony scostò lo sguardo dalla città su di lei e avanzò di qualche passo per osservarla, divertito e affascinato insieme.
“Ero sicuro che le sarebbe piaciuta.”
Pepper arrossì leggermente e abbassò il volto imbarazzata, afferrando per le maniglie la sua valigia. Solo in quel momento rifletté che con sé non aveva niente di adatto al clima italiano; Tony, naturalmente, risolse la questione scrollando le spalle e sventolando la sua Visa con un sorriso compiaciuto.
“Pepper, io sono pieno di risorse.”
Lei ricambiò lo sguardo con un sopracciglio levato.
“Temo di aver dimenticato la mia” gli fece notare, raggiungendo il bordo della strada, guardandosi attorno alla ricerca di una barca. Tony sbuffò.
“Andiamo, Pepper” esclamò incredulo. “Sul serio crede che la mia carta di credito non sosterrà il peso di due persone?”
Pepper arrossì ancora e scosse il capo.
“Non c’è bisogno che...”
“Pepper, da dove crede che venga il suo stipendio?” le chiese lui con un sorriso più sereno. “Se proprio ci tiene, glieli sottrarrò dalla paga del prossimo mese.”
Virginia scoppiò a ridere e lo guardò divertita.
“Lei sa sempre come risolvere tutto, non è vero?” domandò ironica. “Ha sempre una soluzione per ogni problema.”
“Non crederà che la mia fama da genio sia dovuta alla mia straordinaria bellezza, Pepper” replicò lui sfoggiando di nuovo il suo miglior sorriso seducente. Fece due passi verso di lei, ampliando ulteriormente il ghigno accecante sulle labbra, e Pepper arretrò istintivamente, avvampando con violenza. Il tacco di una delle Louboutin nere superò l’orlo della strada e lei barcollò, ma prima che scivolasse oltre il bordo del sentiero, Tony lasciò andare la sua valigia sull’asfalto e allungò un braccio per afferrarla per la vita prima che cadesse. Le mani di Virginia scattarono istintivamente sulle spalle del suo superiore, aggrappandosi a lui, facendo scontrare i loro corpi; impiegò qualche istante prima di rendersi conto di quanto fossero incredibilmente vicini e che la distanza tra il proprio volto e quello di Tony – tra le loro labbra – era un palmo quasi inesistente.
Le sue guance si accesero ancor di più mentre riprendeva possesso del proprio spazio vitale e il distacco tra lei e Tony tornava quello solito. Si schiarì la voce e portò una mano a scostarsi una ciocca di capelli perfettamente in ordine dalla fronte, ancora parecchio imbarazzata. Un lampo di palese delusione saettò nello sguardo di nocciola di Tony, ma Pepper fu abbastanza brava nell’evitare il suo sguardo ancora una volta.
Il viaggio fino all’albergo durò una mezz’ora e nessuno dei due disse più niente fino a quando la barca non attraccò sulla sponda su cui dava il Cipriani. Di fronte alla facciata maestosa dell’hotel, Pepper rimase nuovamente stupita; non che fosse una novità anche alloggiare negli alberghi più lussuosi, anzi, ogni volta che si trovavano a soggiornare per qualche giorno in città straniere, Tony faceva sempre in modo da avere a propria disposizione una stanza nell’albergo più sfarzoso del posto, ma il Cipriani, proprio come tutto in quella città incredibile, sembrava avvolto da un’aurea di rarefatta perdizione e sogno luminoso. Era tanto bello e magico da togliere tutto il fiato.
Tony scese per primo dalla barca e Pepper lo seguì fino all’entrata radiosa dell’hotel. Si fermò accanto a lui, davanti al bancone, e sorrise al giovane vestito di tutt’in punto alla reception.
“Buonasera signori” li salutò lui chinando brevemente il capo. “Avete una prenotazione?”
“In realtà, no” rispose con prontezza Tony, “ma vorremmo alloggiare qui per qualche giorno.”
Il ragazzo annuì di buon grado e aprì un grosso libro dalla copertina di velluto rosso sul bancone dorato.
“Per quanto giorni, signore?”
“Cinque.”
“Avete richieste particolari? Desiderate stanze con viste specifiche?”
Tony sorrise con fare seducente.
“Qual è la stanza più lussuosa che avete?”
Il giovane sollevò lo sguardo dal libro con un sorriso cordiale.
“Se sta cercando la migliore, signore, quella è senza dubbio la Palladio Suite” rispose con voce pacata. Afferrò un dépliant dalla colonna al suo fianco e lo aprì per mostrare la stanza in questione. Pepper si sporse oltre la spalla di Tony per vedere meglio. “Due bagni, terrazza con piscina riscaldata, balcone personale, sala da pranzo dove poter cenare in privato, maggiordomo personale su richiesta, camera da letto in stile principesco. Gli ospiti che vi alloggiano hanno la possibilità di usufruire di un attracco riservato, oltre che di un taxi acquatico, nei giorni di arrivo o partenza.”
Tony annuì compiaciuto e porse la Visa al giovane.
“Disponibile da subito?”
“Sì, signore.”
“Allora, per cinque giorni.”
Il ragazzo prese la tessera e la fece passare nell’apposita macchinetta.
“Paga l’intero soggiorno?” chiese porgendo a sua volta l’apparecchio a Tony. Lui digitò un codice e restituì il dispositivo al giovane.
“Sì, subito.”
“Bene” replicò prontamente il giovane. “Nomi?”
Pepper esitò agitata e vide lo sguardo di Tony guizzare nel suo con aria ironica. Come avevano potuto non pensarci prima? Agitata, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che potesse ispirarla: alle spalle del giovane receptionist, intravide una colonna di libri con le bandiere mondiali stampate sulla copertina; su quella dell’America, Pepper riconobbe l’immagine statunitense della seconda guerra mondiale. Prima che Tony potesse dire qualcosa di irreparabile o di irreparabilmente stupido, rispose:
“Rogers” soffiò con voce rauca. Tony la guardò e ghignò malizioso, poi la interruppe:
“Philip e Sylvia Rogers” aggiunse allusivo. Pepper si rese conto con un istante di ritardo di cosa stesse parlando. Lo guardò incredula e lui rispose con quel maledettamente insopportabile e insolente sorrisetto, incurvando le labbra verso l’alto con fare seducente e irresistibile.
“Potrebbe lasciarmi un documento, per favore?”
Pepper trattenne a stento l’impulso di uscire dall’albergo strillando. Al contrario, Tony mantenne la calma e prese in mano la situazione.
“Un documento?” ripeté perplesso. “Ma certo.”
Infilò una mano in tasca e Pepper lo fissò stupefatta, mentre lui estraeva il proprio passaporto dal giubbino. Il nome era stato strategicamente coperto da un’opportuna macchia di grasso che, Pepper ne era certa, all’aeroporto di Manchester, otto ore prima, non ci fosse affatto.
Il giovane afferrò il documento con un sorriso cordiale e recuperò alcuni dati, annotandoli sul grosso libro.
“Manca la residenza” fece notare dopo qualche minuto. Pepper decise che il sorriso allegro di Tony era davvero snervante; non riusciva a credere che inventare nomi e identità lo divertisse tanto.
“Maryland, Baltimora, Conway Street Garden. Il numero civico è 22.”
Il ragazzo annotò l’ultimo dato e riporse il passaporto a Tony.
“Grazie mille. Ecco le chiavi” disse il receptionist, porgendo loro una tessera bianca per poi suonare un campanello sul tavolo. “Maurizio?”
Tony distolse lo sguardo da Pepper e sorrise con aria affabile all’elegante maggiordomo che gli stava davanti.
“Grazie mille.”
Il giovane rispose al sorriso e afferrò le maniglie di entrambe le borse, camminando a passo spedito verso l’ascensore in fondo al corridoio. Condusse Tony e Pepper fino alla suite sull’attico e mostrò loro parecchie cose che Tony ascoltò con grande piacere; quando finalmente lasciò la stanza con una banconota da cinquanta dollari nella mano foderata da un guanto bianco, Pepper raggiunse il letto e vi si lasciò cadere con le braccia incrociate. L’espressione con cui si rivolse a Tony avrebbe spaventato chiunque, ma lui ricambiò l’attenzione con un sorriso intenso ed adulatore.
“Andiamo subito al sodo” commentò allusivo. Pepper sospirò, ignorando con decisione il colorito cremisi che le aveva tinto le guance, e roteò gli occhi al cielo.
“Non possiamo fare questo” esordì severa. “Sa benissimo che non è possibile.”
“Di cosa sta parlando?” domandò Tony con un sorriso allusivamente innocente che non la ingannò affatto.
“Sa benissimo di cosa sto parlando” replicò lei ostinata, allargando le braccia sulla stanza. “Non possiamo dormire nella stessa stanza.”
“Certo che possiamo” replicò prontamente Tony facendo due passi verso di lei. “Siamo il signore e la signora Rogers di Conway Street Garden, Baltimora, Maryland. Il numero civico è 22.”
Pepper lo fulminò con lo sguardo.
“Ha falsificato un documento.”
“Non l’ho falsificato” si difese subito lui compiaciuto. “Ho solo lasciato cadere un macchietta sul nome...”
“E ha dato un nome falso.”
“Tecnicamente, è stata lei a farlo... e tra l’altro usando il cognome di un ridicolo paladino degli oppressi in calzamaglia americana...”
“Per non parlare del fatto che ha ingannato un povero receptionist, un cameriere e me! Coinvolgendomi in quest’assurda vacanza” esclamò lei, ormai in preda ad una crisi isterica. “Come pensa di dormire cinque notti sul divano?” chiese incrociando le braccia e le gambe. Il ghigno sul volto di Tony scomparve all’istante.
“Divano?” ripeté con una smorfia disgustata. “Quale divano?”
Quel divano” sottolineò lei, indicando con un cenno del capo il mobile raffinato al lato del letto.
“E per quale motivo, di grazia, dovrei dormire sul divano?”
Pepper lo fissò incredula.
“Noi non dormiremo nello stesso letto, Tony” chiarì con voce ferma e benché le sue parole suonassero convinte e determinate non poté impedire ad un vago rossore di tingerle le gote. Il compiacimento di Tony, fortunatamente, stavolta fu breve.
“Per quale motivo no?” la canzonò malizioso. “Siamo sposati.”
“No” replicò lei distaccata. “Noi non siamo sposati. Ma come l’è saltato in mente di dire una cosa del genere?”
“Lei non voleva che sbandierassi la mia identità a destra e manca” disse Tony scrollando le spalle. “Se fossimo venuti qui, dicendo che volevamo due camere distinte, chi ci avrebbe creduto?”
“E per quale motivo nessuno avrebbe dovuto crederci?” ribadì Pepper, ormai completamente dimentica della tinta scarlatta che le aveva acceso il volto. “Non ci sarebbe stato niente di strano.”
“Oh, andiamo” esclamò Tony incredulo. “Due ragazzi che vengono insieme a Venezia...e dormono in stanze separate?”
“Glielo ripeto: forse non con le ragazze con cui lei è abituato a trattare, ma io non riesco a vederci nulla di così incredibile...”
“Non è obiettiva, non avrebbe avuto nessun senso...”
“Ma ovviamente lei deve sempre cambiare le cose come vuole...”
“Non che io ci tenga, naturalmente, ma lei lo nomina così spesso e allora ho pensato...”
“Ed è stato proprio questo l’errore: lei non dovrebbe mai pensare, soprattutto se le conseguenze sono queste...”
“Queste quali? Cinque giorni per ritemprarsi lontano da riunioni e lavoro stressante?”
“Come se lei si occupasse di riunioni e lavoro, ogni tanto...”
“Oggi l’ho fatto. Ed è per questo che siamo qui.”
“No, noi siamo qui per uno stupido capriccio. È assurdo che io mi sia lasciata convincere in questo modo, Santo Cielo...”
“Se solo mi lasciasse spiegare...”
“Spiegare cosa, esattamente?”
Prima che Pepper continuasse con quella predica, Tony fece un altro passo in avanti e le mise due dita sulle labbra. Lei si sentì leggermente rabbrividire, ma non si mosse.
“Mi ascolti” le disse lui guardandola intensamente negli occhi. “Adesso noi stiamo per trascorrere cinque giorni in questo posto. Cinque giorni durante i quali non ci saranno feste amorali, donne sconvenienti, bagni di folla né lavoro e formalità. Alle sue condizioni.”
“Io non ho parlato di donne.”
“Era sottinteso nelle feste amorali” rispose Tony tranquillo. “Adesso siamo qui e ci rimarremo per un po’: vedremo la città, mangeremo in posti tranquilli e ci rilasseremo completamente. E se proprio vuole, va bene, dormirò sul divano.”
Lei deglutì e scosse lievemente il capo. Tony si sollevò con un sorriso compiaciuto e raggiunse il proprio bagaglio, cominciando a disfarlo. Pepper lo imitò e, in poco tempo, stranamente, si ritrovarono a letto o, meglio, lei a letto e lui sul divano. Dal comodo materasso, Pepper poteva vederlo rigirarsi nello spazio esiguo con espressione sofferente, ma silenziosa. Sbuffò sonoramente e rivoltò gli occhi al cielo.
“Sta cercando di farmi sentire in colpa” disse spazientita. “La smetta immediatamente.”
Benché tutte le luci fossero ormai spente, poteva benissimo immaginare l’espressione di falsa innocenza che campeggiava sul volto del suo superiore.
“Sto solo cercando la posizione più comoda” le rispose dopo qualche istante. “Se lei crede che io stia cercando di farla sentire in colpa è perché evidentemente si sente in colpa e non è colpa mia” aggiunse compiaciuto. Pepper sbuffò di nuovo. Il silenzio cadde di nuovo tra loro finché non si addormentarono, ma quel divano, per quanto lussuoso, non era tanto comodo e, alla quinta volta che Pepper si svegliò per i sospiri di Tony, si arrese.
Si rigirò tra le lenzuola con uno sbuffo infastidito e parlò.
“E va bene” mormorò con la voce impastata di sonno contro il cuscino. “Va bene, ha vinto anche stavolta. Può venire.”
Come se stesse aspettando quelle parole da ore, Tony scattò sotto le coperte piacevolmente calde per il corpo di Pepper e affondò il capo tra le piume con un sospiro contento. Appena Pepper percepì la sua vicinanza, si affrettò ad aggiungere:
“A dormire, Tony” sussurrò perentoria. “Non mi scambi per una delle sue amichette. Non mi ha raccattato ad una festa ubriaca e mezza nuda.”
Tony sorrise compiaciuto e annuì.
“Lo so” mormorò a sua volta. “Buonanotte, Pepper.”
Lei sospirò di nuovo e richiuse gli occhi.
“Buonanotte, Tony.”
 

*


Venezia si rivelò davvero una città stupenda e le aspettative di Pepper nate dal primo sguardo non furono infrante. Nei tre giorni che seguirono, fu estremamente piacevole comportarsi da turisti normali: visitarono i luoghi più celebri, videro mostre, palazzi, musei, girarono per le strade, sulle gondole e, per una volta, Virginia fu costretta ad ammettere che Tony aveva avuto una buona idea perché quei pochi giorni per ritemprarsi si erano scoperti veramente opportuni.
Non che tutto fosse scorso nel modo più normale possibile, naturalmente: la prima volta che avevano attraversato piazza San Marco, si erano ritrovati immersi in una folla tale che avevano impiegato quasi l’intera mattinata a cercarsi; la mattina seguente, sul ponte di Rialto, un bambino aveva riconosciuto Tony e loro, per farlo tacere, gli avevano comprato un chilo di caramelle gommose da una bancarella di dolci nelle vicinanze (poi loro ne avevano discusso a lungo increduli: “ma cosa insegnano ai bambini di oggi?” aveva ripetuto Tony per ore); lo stesso pomeriggio, mentre andavano a fare spese, Pepper era rimasta chiusa in una cabina di prova e il commesso che l’aveva soccorsa aveva sfondato la debole porta dello spogliatoio, ignaro che Virginia stesse ancora a metà del collaudo del vestito, per cui, quando la soglia era stata liberata, lei si era ritrovata semi nuda sotto gli occhi sgranati dell’incredulo commesso. Tony, attirato da quel sospettoso silenzio, si era immobilizzato davanti a quella scena, senza degnare della benché minima attenzione le scuse impacciate del povero ragazzo, e anzi, replicando vivacemente che mai e poi mai si sarebbe dovuto permettere di fissare sua moglie in quello stato e con quello sguardo – Pepper nel frattempo era diventata più o meno dello stesso colore dei suoi capelli. A quel punto, dopo aver sfogato la propria rabbia, Tony, pardon, Philip aveva lasciato a Pepper, cioè a Sylvia, giusto il tempo necessario per rivestirsi prima di trascinarla fuori da quel luogo, imprecando violentemente contro la perversione della nuova generazione di commessi.
Nonostante la situazione suonasse terribilmente strana e anche piuttosto imbarazzante, Pepper si era stranamente abituata a sentir parlare Tony agli altri di lei come la sua giovane consorte e ogni volta che coglieva qualche brandello di conversazione in cui il suo superiore la menzionava in quel contesto le veniva da ridere senza motivo.
Tony, d’altro canto, si era comportato bene come aveva promesso, senza mai violare nessuna delle condizioni del loro patto e quella vacanza che ormai stava per concludersi le sembrava sempre più piacevole, nonostante gli accidentali incontri che aveva portato, uno in particolare.
Il pomeriggio del quarto giorno, Pepper era seduta ad uno dei tavolini esterni del Caffè Florian. Quella mattina, lei e Tony erano stati a visitare Murano e avevano pranzato al Da Fiore, poi erano tornati in hotel e avevano trascorso qualche ora in piscina. Pepper aveva lasciato l’albergo prima che Tony, caduto in un sonno profondo dopo il bagno, si svegliasse, e aveva deciso di andare a prendersi qualcosa da bere in un bar.
Quando Tony la trovò, lei stava ancora adagiata sulla sedia imbottita fuori dal caffè. Indossava un completo con gilet e pantaloncini cerulei e un paio di ballerine azzurre. I capelli le cascavano in morbide onde dietro la schiena e la schiena era china sul tavolo, dove, accanto al caffè ancora fumante, Pepper teneva tre le mani la sua copia di Madame Bovary, di Flaubert.  
Tony la individuò subito nella folla e la raggiunse, prendendo posto al suo fianco senza preavvisi; quando si sedette, Pepper sobbalzò violentemente.
“Santo Cielo, Tony!” esclamò sbuffando sonoramente. “Era proprio necessario arrivarmi alle spalle in questo modo?”
Tony le rivolse un sorriso divertito e bevve un sorso del suo caffè.
“Anch’io sono contento di vederti, tesoro.”
Pepper gli scoccò un’occhiata perplessa a cui lui replicò con un sorriso angelico.
“Non crede sia un marito credibile?” la canzonò ironico. Lei tirò un lungo sospiro e si riappropriò del suo caffè, bevendone a sua volta.
“Avevamo detto che, quando stavamo da soli, potevamo tranquillamente tornare alle antiche abitudini” sottolineò puntigliosa, poggiando il libro sul tavolo e osservando l’ora sul quadrante bianco del Vacheron Constantin. “Sono quasi le sei.”
“Lo so” aggiunse Tony, ignorando totalmente la parte del discorso precedente. “È per questo che la stavo cercando.”
Pepper sospirò tranquillizzata da tono nuovamente formale, per quanto naturalmente formale potesse essere Tony normalmente e rispose:
“Cioè?”
“Stasera, al Danieli.”
Lo fissò perplessa e sbatté le palpebre.
“Stasera al Danieli... cosa?”
Lui sfoggiò un sorriso smagliante e si chinò verso di lei con aria cospiratoria.
“La festa dell’anno!” esclamò eccitato. Pepper lo fulminò con lo sguardo.
“Festa?” ripeté disgustata. “No. Non se ne parla, ne avevamo già discusso: niente feste.”
“Ma questa non è una festa qualsiasi” replicò vivacemente Tony, “è l’evento del secolo.”
“Un altro? Ma quanti eventi ha questo secolo?” ribadì Pepper incredula. “Tony, no.”
“Andiamo, Pepper” insistette lui sbattendo le palpebre con aria adulatoria. “La prego: lei fa questo per me e io fingerò di non aver notato il biondino che lei evita da quattro giorni.”
Le labbra di Pepper, intente a bere il caffè, si spalancarono incredule e gocce di liquido scivolarono fuori dalla bocca, mentre lei tossiva violentemente. Tony la guardò stupefatto, poi allungò un braccio e le batté qualche colpetto gentile sulla schiena.
“Pepper, non vorrà lasciarmi, spero” scherzò divertito. “Si riprenda.”
Lei scosse il capo con decisione e si portò una mano sul petto, massaggiandolo lentamente.
“Sto bene” mormorò con voce appena più rauca, dopo qualche istante. “Sto bene.”
“Mi fa piacere” replicò Tony con un sorrisetto compiaciuto. Passò qualche altro minuto di silenzio, poi tornò all’attacco. “Allora?”
Pepper, che nel frattempo aveva ripreso la lettura del suo romanzo con grande interesse, emise un verso dubbioso, senza sollevare lo sguardo dalle pagine.
“Allora cosa?” domandò distrattamente.
“Allora, andiamo alla festa?”
“No.”
Tony sbuffò.
“Almeno mi dica per quale motivo evita a tutti i costi quel tale biondo. Lui l’ha quasi seguita negli ultimi giorni e lei ha fatto di tutto per sfuggirlo, compreso incollarsi a me” concluse con un sorriso soddisfatto.
Pepper tirò un lungo sospiro e ripoggiò il libro sul tavolino.
“Innanzitutto, io non mi sono incollata proprio a nessuno” esordì arrossendo violentemente, “e poi chi evito o chi non evito sono solo affari miei.”
“Allora andiamo alla festa? La prego, non sarà amorale: glielo prometto.”
La sua voce era suonata stranamente seria e Pepper lo fissò a lungo, prima di annuire.
“Purché sia un ricevimento tranquillo” insistette lei severa. Tony annuì solenne.
“Non si deve assolutamente preoccupare. Ha la mia parola d’onore.”
Così tornarono in albergo e si prepararono per la festa; il party avrebbe avuto luogo alle nove e mezza e loro si presentarono al Danieli alle undici in punto.
Appena varcarono la soglia della sala, Pepper capì subito che la previsione di Tony non era stata esatta: la stanza non troppo vasta era colma di persone che non aveva un’aria molto presente, odore e bevande di alcolici impregnavano ogni tavolo e l’aria tutt’intorno, gente si lasciava andare a pubbliche effusioni in ogni angolo e, cosa che terrorizzò Pepper più di ogni altra, quello che sembrava l’organizzatore della festa era tremendamente simile a...
“Trevor!” esclamò con voce stridula appena lui gli venne incontro sulla soglia. “Che sorpresa vederti qui.”
L’uomo non era molto alto, non più di Tony, e con un fisico molto meno palestrato, ma comunque ben messo. Aveva capelli di un castano chiaro con striature di biondo e due occhi di una vivace tonalità verde scuro; il volto era definito in tratti decisi e raffinati e indossava un elegante completo scuro che metteva in risalto la sua carnagione abbronzata. Sul bel viso da implacabile seduttore, sfoggiava un sorriso radioso.
“Virginia” esordì a sua volta e i suoi occhi scintillarono maliziosamente sulle sue curve deliziosamente fasciate nell’abito dorato, “sei splendida.”
Pepper sorrise debolmente in risposta e abbassò il capo, avvampando con violenza. Al suo fianco, Tony fece scivolare un braccio attorno alla sua vita in un gesto fin troppo confidenziale e rivolse un sorriso tranquillo al loro interlocutore.
“Salve” intervenne con voce ferma e sicura. “Lei dev’essere Trevor Kilbourne, l’organizzatore della festa.”
L’uomo distolse malvolentieri lo sguardo da Pepper e pose l’attenzione sul suo accompagnatore.
“E lei dev’essere Tony Stark, il capo di Virginia” replicò con aria affabile, “O forse dovrei chiamarla Philip?”
Tony sorrise pacato e annuì vigorosamente.
“Piccola bugia a fin di bene per evitare bagni di folla” spiegò con disinvoltura. “I viaggi di piacere perdono tutta la loro bellezza se si finisce tra gente troppo suscettibile alla celebrità.”
“Quindi non siete sposati?” domandò ancora. “Non fraintenda, non vorrei sembrare invadente, ma, insomma, la cosa mi incuriosisce, considerando che per il lavoro con lei Virginia ha lasciato casa, danza, famiglia... dimentico qualcosa? Ah, anche me.”
Di fronte a quel tono improvvisamente distaccato, Pepper si sentì ancor più imbarazzata, ma decise di non replicare in alcun modo. Cogliendo il notevole imbarazzo della sua assistente, Tony intervenne di nuovo:
“Bene, sarà il caso allora che non le faccia rimpiangere quest’ottima scelta” esclamò entusiasta. “Buona serata, Trevor.”
“Buona serata a lei” ribadì l’altro a denti stretti, osservando Tony trascinare Pepper verso il bancone del bar. Appena lo raggiunsero, Pepper tirò un lungo sospiro di sollievo; Tony continuava a tenere il braccio attorno ai suoi fianchi e lei non aveva ancora imprecato per quel gesto così intimo e disinvolto. Doveva essere davvero sconvolta.
“Vuole bere?”
“Molto.”
Tony rise divertito e fece un cenno al cameriere più vicino, porgendogli una banconota da cinquanta dollari.
“Be’, direi che possiamo anche salutare la nostra bella e falsa identità di coniugi” commentò prendendo i due bicchieri e porgendone uno a Pepper. “Peccato, mi piaceva essere suo marito.”
Pepper scosse la mano con aria di sufficienza e svuotò il proprio flûte in un sol sorso, allungando un braccio per afferrarne un altro.
“C’è qualcosa che dovrei sapere?” domandò Tony, leggermente perplesso quando Pepper arrivò al terzo bicchiere senza neanche respirare. “Pepper?”
Lei svuotò il quarto flûte e riprese fiato, riaprendo gli occhi lucidi e vagamente allegri.
“Nulla di importante” sentenziò convinta.
“Ma quell’uomo...”
“Quell’uomo” lo interruppe lei, “è il mio ex fidanzato.”
Tony, che si stava accingendo a bere il suo terzo bicchiere di champagne, riabbassò bruscamente il gomito fissando Pepper senza fiato per parecchi minuti. Quando finalmente la voce gli tornò in gola, ripeté:
“Fidanzato?” disse disgustato. “Fidanzato... suo?”
Lei annuì a labbra chiuse mentre buttava giù il quinto bicchiere. Tony serrò la mascella, sconvolto: Pepper non poteva aver avuto un fidanzato. Era assurdo, disgustoso e profondamente ingiusto.
“Siamo stati insieme per quattro anni e mezzo” precisò afferrando a tentoni un altro flûte dal primo vassoio che le fu capitato sotto mano. “Dal terzo anno di liceo fino al primo di college. Poi...”
“Poi io le ho offerto un lavoro” continuò Tony confuso, “e lei l’ha lasciato?”
Per quanto senza dubbio l’idea che Pepper avesse lasciato tutto, anche se indirettamente, per lui lo riempisse di compiacimento, non riusciva a comprendere per quale motivo la cosa fosse stata necessaria.
“Quando dissi del lavoro ai miei, non furono d’accordo” riprese lei fissando il fondo del suo bicchiere con aria vagamente distratta, persa in ricordi lontani, “perché volevano assolutamente che io continuassi con il college e la danza. Ma io non ero d’accordo: gli dissi che volevo accettare questo lavoro, che ci tenevo a mettermi alla prova. Discussi con mio padre e lui mi disse che se uscivo dalla porta di casa, potevo anche non rientrarci mai più. Naturalmente, anche mia madre, che già mi vedeva come prima ballerina alla Scala dalla seconda elementare, fu d’accordo con lui, e mio fratello, le mie due sorelle e Trevor.”
Quando ebbe concluso il discorso, afferrò il sesto bicchiere e svuotò anche quello. Tony rimase a fissarla a lungo, stupito, e aprì la bocca per dire qualcosa, ma Pepper scomparve nella folla prima che lui riuscisse a parlarle e fu costretto a trascinarsi in giro per la sala per molto tempo prima di riuscire a trovarla, seduta su un divanetto, circondata da un folto gruppo di individui di sesso maschile palesemente affetti da un grave caso di frustrazione sessuale. In quel caso, Tony rifletté che il vestito di Pepper, dorato, con l’ampia scollatura a V e la seta aderente sui fianchi meravigliosamente sporgenti, non fosse per niente di aiuto, quasi quanto il fatto che fosse se non ubriaca di certo molto brilla. La raggiunse senza indugi e, ignorando le lamentele degli uomini attorno a loro, la trascinò con sé. Lei si aggrappò al suo braccio e Tony percepì nettamente il suo respiro soffiargli in volto mentre la teneva stretta per non farla cadere.
“Sta bene?” le chiese incredulo. “Vuole che torniamo in albergo?”
“Posso tornarci anche da sola” mormorò lei aggrottando le sopracciglia piccata. “Non c’è bisogno che si preoccupi per me.”
Si liberò da lui con uno strattone ed uscì a gran passo dalla sala. Tony roteò gli occhi al cielo, sempre più sorpreso, e la seguì, ma, quando fece per oltrepassare la soglia, qualcuno gli afferrò il braccio e lui si ritrovò Trevor davanti a sé.
“Lasci che ci pensi io” le disse con aria affabile. Tony sorrise sarcastico e si riprese il braccio.
“Non ce n’è bisogno.”
Finalmente varcò la soglia dell’edificio ma, una volta che l’ebbe fatto, scoprì che Pepper era scomparsa. Diede inizio alla ricerca, nonostante la situazione stesse seriamente cominciando ad irritarlo, e aveva quasi deciso di abbandonare la missione quando la vide: Pepper era seduta sul cornicione esterno di Palazzo Grassi, un edificio che sorgeva sul Canale, e dondolava le gambe nel vuoto mentre la brezza notturna le scuoteva i capelli dietro la schiena. Il vestito dorato era raccolto al suo fianco, in un mucchio di onde dorate, e lei portava addosso solamente un corsetto nero che Tony, benché in quel momento fosse concentrato su altro, trovò estremamente attraente. Non aveva mai visto Pepper con così poco tessuto addosso e quella scoperta lo esaltò molto più di quanto avesse mai osato ammettere anche a se stesso. La raggiunse sulla cima del palazzo e si sedette accanto a lei, sfilandosi la giacca e porgendogliela; Pepper emise un verso buffo e la poggiò sopra al vestito. Il volto illuminato dalla luna era pallido, tranne che per le guance accese dall’alcol, e lo sguardo lucido era ricoperto da uno strato di opaca tristezza.
“Cosa succede, Pepper?” le chiese lui dopo qualche istante. “Perché non mi ha detto della sua famiglia?”
Lei sbuffò e scosse il capo.
“Non sarebbe servito a niente” rispose scrollando le spalle. “Quando io me ne sono andata, nessuno di loro ha dato segno di volermi perdonare, se non avessi compiuto io il primo passo tornando alla scuola di danza e a casa loro... non vogliono me, ma la futura Carolyn Smith. In tutti questi anni, nessuno di loro mi ha mai cercata... perché dovrei rinunciare a quello che sono solo per renderli felici? Renderei infelice me.”
Tony sospirò profondamente e annuì. Si sentiva terribilmente a disagio; di solito, era lui quello che si trovava in situazioni scomode e Pepper quella che lo consolava. Lui non sapeva mai che cosa dire. Così allungo un braccio e afferrò la mano di Pepper con la propria; sul momento, lei sobbalzò, ma poi si lasciò stringere il dorso e un piccolo sorriso le illuminò il volto.
“Mi dispiace averle rovinato la festa.”
Tony scosse il capo con sufficienza.
“Non era niente di importante” replicò tranquillo. “E poi l’organizzatore mi è antipatico.”
Pepper scoppiò in una risata piena e il suo viso si illuminò un po’ di più.
“Non posso darle torto” rincarò la dose. “Il fatto che abbia deciso di dare un party proprio qui, dopo averci visti, la dice lunga sul suo disinteresse.”
Tony sollevò le sopracciglia e sfoggiò il suo sorriso malizioso, avvicinandosi a Pepper più del consentito.
“Le ho mai detto che non mi piace quando le girano attorno?” sussurrò allusivo. Pepper fece per arretrare.
“Non ci provi, Tony” lo frenò alzando un palmo, ma lui teneva ancora la mano sulla sua e quando Pepper scivolò dal cornicione dritta nel canale, cadde con lei nel fiume gelido. Riemersero a pelo d’acqua entrambi con il fiato corto, Pepper tremando violentemente e Tony con aria divertita.
“Ho sempre pensato che una nuotatina notturna rinfrescasse le idee” commentò scettico. Pepper si circondò il corpo con le braccia e lo fissò incredula.
“Non mi sembra il momento di scherzare” ribadì subito. “Io sto per avere un’ipotermia.”
Tony rise divertito e nuotò verso di lei fino a ridurre ad un palmo la distanza tra loro. Senza esitare, fece scivolare le braccia attorno ai suoi fianchi e la strinse; Pepper arrossì fino alla radice dei capelli.
“Cosa sta facendo?” chiese con voce stridula. Lui la guardò stupito, uno scintillio malizioso nello sguardo.
“Evito che lei muoia di freddo” rispose con semplicità. La sua camicia bagnata aderiva al petto e metteva in risalto gli addominali sotto il tessuto bianco; le braccia erano legate attorno alla vita di Pepper e i suoi occhi la osservavano con curiosità crescente, timore reverenziale, meraviglia assoluta. Sul volto finalmente cremisi, a quella vicinanza, poteva scorgere le lentiggini colorarle le guance, le gocce d’acqua scivolarle sulla pelle, il luccichio familiare illuminarle le iridi di cielo, le ciglia tremare impercettibilmente ogni volta che un’increspatura li avvicinava di più. Non l’aveva mai guardata come in quel momento, non l’aveva mai vista prima di allora.
“Tony” sussurrò lei e deglutì, ma lui scosse appena il capo, poggiò due dita sulle sue labbra e chinò il proprio viso sul suo collo, sfiorandone la pelle tesa e bagnata con le labbra, percependo lievemente il sapore caldo e prezioso lambirgli la bocca, mentre risaliva dietro l’orecchio e su una guancia. Pepper si sentì tremare sempre di più, ma non si allontanò, anzi strinse le braccia attorno al suo collo e ricambiò il suo sguardo quando quello di Tony, serio e intenso come non mai, scivolò nel proprio.
“Tony” ripeté, ma Tony la fermò di nuovo si sporse con il volto, sfiorandole le labbra con le proprie, pronto a dischiuderle;  erano tanto vicini che sentiva già il suo profumo scivolargli in gola e nel petto...
“Ehy, voi due!”
Entrambi trasalirono con violenza quando quella voce risuonò nel canale. Sollevarono lo sguardo e videro un signore anziano fissarli dall’alto.
“Ma che state facendo lì dentro, a quest’ora del mattino?”
“Ehm... siamo caduti” rispose Tony senza batter ciglio. “E non sapevamo come tornare su.”
L’uomo scosse il capo deciso.
“Ah, questi giovani d’oggi!” esclamò scuotendo il capo interdetto. “Flirtano nel Canale di notte. Senza neanche concludere niente... che gioventù buttata via.”
Pepper si sentì avvampare e scoppiò a ridere senza freni; Tony la guardò incredulo e rise a sua volta, senza lasciare andare la presa sulla sua vita.
“Sarà meglio risalire” disse lei dopo qualche istante. “È molto tardi.”
“O molto presto.”
Risero ancora e nuotarono fino alla sponda del Canale, risalendo non con poca fatica sulla strada. Il ritorno in albergo fu piuttosto breve e quando si ritrovarono nella suite era passato fin troppo poco tempo dal momento in cui si erano ritrovati nel fiume. Caddero sul letto con i vestiti ancora bagnati e nessuno dei due si risvegliò prima del tre del pomeriggio successivo.
Quando la sveglia sul comodino segnò le quattro meno un quarto, Tony si rotolò tra le lenzuola con un verso inarticolato, prima di aprire lentamente gli occhi. Sbatté le palpebre confuso e impiegò vari minuti per rievocare tutto quello che era successo la notte – o meglio, la mattina – prima e un sospiro si levò dal suo naso quando l’immagine di lui e Pepper seminudi nel Canale alle cinque del mattino gli tornò vividamente alla memoria. Fissò il soffitto per qualche istante, poi riconobbe il rumore dell’acqua che scrosciava dal bagno e si mise seduto sul letto, liberandosi dei vestiti della sera prima e rimanendo solo in biancheria intima, mentre si dava alla ricerca di qualcosa di più asciutto da indossare. Era immerso in una fitta indagine nell’armadio quando Pepper, convintissima che lui stesse ancora dormendo, si presentò in camera con addosso solamente un asciugamano a fasciarle il corpo dal petto fino a poco – ma davvero poco – sotto la vita.
“Oh, mio Dio!” esclamò appena vide Tony sveglio, portandosi le mani sulla scollatura e avvampando velocemente. Prima di quel viaggio, Tony non aveva mai pensato quanto le donasse, quel suo arrossire continuo; era la cosa più meravigliosamente adorabile che avesse mai visto nella sua vita. “Cosa ci fa qui?”
“Be’, è anche la mia camera” rispose lui con un sorrisetto divertito, andandole incontro. “Eppure non ci sono i miei vestiti nell’armadio. È vuoto.”
“Ho fatto le valigie” spiegò lei arretrando di qualche passo. “Le ho lasciato fuori un cambio, sulla sedia.”
Tony spostò lo sguardo sulla poltrona accanto al letto e annuì compiaciuto.
“Sarà il caso che mi lavi prima, allora” commentò sbrigativo. Fece due passi verso il bagno, poi si voltò e scoccò alla ragazza un altro sorriso malizioso. “Mi piace in asciugamano.”
Pepper pensò di prendere fuoco. Appena la porta del bagno si fu richiusa, si vestì velocemente indossando il vestito che aveva lasciato fuori dal proprio bagaglio – un abito verde acqua, dalla gonna al ginocchio, svasata, e le bretelline decorate a fiori – e recuperando le ultime cose sparse per la stanza. Nonostante la lentezza di Tony, lasciarono la suite all’ora prevista e si presentarono alla reception dell’hotel giusto in tempo per poter prendere l’aereo all’orario stabilito.
Tony stava ancora sistemando le ultime faccende con il giovane che li aveva accolti quando Pepper, che lo aspettava seduta su un divano alle sue spalle, fu raggiunta da qualcuno.
“Trevor” esclamò stupita, con voce neutrale. “Non... non mi aspettavo di vederti.”
Lui le rivolse un breve sorriso di cortesia, poi lanciò un’occhiata a Tony e spostò di nuovo lo sguardo su di lei.
“Sai perché sono qui, Virginia” le disse pragmatico. Lei sollevò le sopracciglia perplessa.
“No, non lo so” replicò scrollando le spalle. “A meno che tu non mi segua da quasi otto anni.”
“Sono capitato per caso a Venezia, se è questo che intendi” ribadì lui gelido.
“Anche la festa è capitata a caso, suppongo” rispose lei con tono altrettanto glaciale. “Non è vero?”
“Volevo solo farti capire quale fosse il tuo posto” riprese lui fissandola furioso. “Pensi che sia questo? In mezzo a feste chic e immorali, tra auto sportive e vacanze sfrenate? Con lui?” sibilò disgustato. “È un individuo disgustoso privo di etica, disinteressato a qualsiasi cosa al mondo che non sia se stesso. Ti tiene accanto solamente perché gli fai da balia... aspetta che porti a letto anche te, poi vediamo se non ti butterà in mezzo ad una strada come tutte le sue amichette.”
Pepper serrò le labbra pallide e ricambiò lo sguardo, adirata.
“Tu non sai niente di lui” replicò con voce bassa. “E neanche di me.”
“Conoscevo Virginia” continuò lui ostinato. “E so che è ancora lì.”
“Sono sempre io. Solo più grande e finalmente libera di fare le mie scelte.”
“La mia Virginia era una ballerina straordinaria che mai e poi mai avrebbe lasciato la sua famiglia per quello là.”
Pepper scosse il capo scettica.
“Virginia era una ballerina per forza; non era una persona felice. Pepper sì.”
Trevor la fissò dall’alto, scuotendo impercettibilmente il capo, poi stese un braccio e l’afferrò.
“Vieni con me.”
“Lasciami.”
“No.”
Pepper soffiò piccata e tentò di strattonarlo.
“Lasciami” ripeté in un sussurro fermo. “Trevor. Lasciami.”
“Tutto bene?”
Tony venne loro incontro e i suoi occhi guizzarono sul braccio del biondo. Poi gli rivolse un sorrisetto finto.
“Trevor, giusto?” chiese con quell’espressione sorridente – troppo sorridente. “Non pensavo di incontrarla di nuovo.”
Pepper dovette fiutare qualche pericolo nell’aria perché si affrettò a frapporsi tra i due, rivolgendosi a Tony.
“Trevor se ne stava andando” disse convinta, prima di voltarsi verso il cosiddetto a sorridergli in modo nervoso. “Non è vero?”
“Sì, infatti” replicò lui, naturalmente sorridendo a sua volta. “Ce ne stavamo andando.”
Allungò di nuovo il braccio verso Pepper ma, prima che potesse afferrarla, Tony la spinse di lato e colpì Trevor sullo zigomo. Pepper si portò le mani alla bocca, incredula.
“Oh mio Dio!” esclamò e fece per mettersi ancora davanti a Tony, ma lui la fermò, fissando con un sorriso sarcastico Trevor, che teneva entrambi i palmi sul volto grondante di sangue.
“Adesso va meglio” rispose sbattendo le palpebre compiaciuto. “Andiamo, Pepper?”
Lei sospirò profondamente e lo seguì fuori dall’albergo, senza neanche degnare Trevor di un ultimo sguardo.
 

* 


“Non sapevo avesse un passato tanto burrascoso.”
“Il bue che dice cornuto all’asino.”
“La sua sconfinata saggezza deriva da questo, ne deduco.”
“Tony, sa bene che l’adulazione con me non funziona.”
“Stavo solamente dicendo la verità... non trova che la sincerità mi doni? Come tutto, d’altro canto.”
“Noto che il suo spirito di autocelebrazione non è affatto sfiorito in questi pochi giorni di solitudine e relax.”
Il jet privato firmato Stark Industries era in volo già da un paio di ore e Tony e Pepper, comodamente seduti ai propri posti nell’abitacolo privato, stavano amabilmente dedicandosi ad una delle loro attività preferite: discutere e contraddirsi l’un l’altra.
Dopo qualche istante trascorso in silenzio, Tony sollevò lo sguardo e fissò Pepper, concentrata nella contemplazione del paesaggio fuori dal finestrino; eppure, era certo che non era a quello a cui stava pensando. Trattenne a stento l’impulso di gonfiare le guance, impacciato; non era affatto la persona giusta con cui parlare di famiglie e sentimenti, ma Pepper era la persona più vicina a lui da sempre e lui voleva dirle qualcosa. Prese fiato e la guardò sottecchi.
“Se vuole, può prendersi qualche giorno” suggerì scrollando le spalle, riportando lo sguardo sul finestrino. Con la coda dell’occhio, vide Pepper fissarlo senza capire. “Per andare dalla sua famiglia.”
Un piccolo sorriso le incurvò le labbra e abbassò il capo.
“La ringrazio, ma non ce n’è bisogno” replicò scuotendo il capo. “Non adesso.”
“Sa, Pepper, io non sono un esperto in questo, ma non credo che lei voglia perderli per sempre.”
Lei sorrise con più dolcezza e annuì.
“Non adesso” ripeté tranquilla. Un altro silenzio, più imbarazzato del primo, cadde tra loro, poi Pepper scoppiò a ridere. “Immagino fosse necessario prendere a pugni Trevor.”
Tony sfoggiò un ghigno compiaciuto e finalmente ricambiò il suo sguardo di nuovo.
“Assolutamente sì” asserì soddisfatto. “Non sopporto gli stalker né la gente che non sa organizzare feste.”
“Ottima logica.”
“Le ha detto cose orribili. E le ha messo le mani addosso.”
“Avrei saputo disfarmene.”
“Volevo farlo io.”
Si guardarono per alcuni istanti, poi Pepper calò di nuovo il volto, tentando di nascondere le guance accese dall’imbarazzo dietro la chioma ramata.
“Grazie” mormorò dopo qualche istante.
“E per cosa?” domandò lui, celando in pessimo modo il compiacimento dietro un’espressione fintamente curiosa. Pepper roteò gli occhi al cielo, ma non smise di sorridere.
“Be’, è stata una bella vacanza” disse serafica, “ci siamo ritemprati. Pensando al passato, apprezzo ancor di più quello che ho adesso.”
“Anche quello che è successo nel Canale?” chiese Tony con lo sguardo scintillante. Pepper lo fissò, fingendosi smarrita.
“Perché?” domandò a sua volta. “Cos’è successo?”
Tony annuì compiaciuto.
“Va bene” concluse testardo. “Faccia pure finta di niente; tornerò all’attacco quando meno se l’aspetta.”
“Non so di che parla.”
“Certo.”
“E non mi assecondi.”
“Ma se si lamenta che non lo faccio mai?”
“Mi ricordi di non accettare mai più di accompagnarla in vacanza, Tony.”
“Ma se lei non sopporta l’idea di starmi lontano per troppo tempo; è ovvio. Come me, d’altro canto.”
Entrambi risero debolmente, poi lo sguardo di Tony saettò su qualcosa che aveva appena visto dal finestrino e sorrise a massima potenza.
“Pepper” disse e la guardò accecante, “è mai stata nel Principato di Monaco?”


















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Ben trovati a tutti voi, miei prodi. *-*
Onore a voi, se siete riusciti ad arrivare indenni fin quaggiù. LOL. Eh, lo so: è una lunga, lunghiiiiiiiissima storia, ma no, non l'ho voluta dividere in capitoli perché avrebbe perso tutto il suo senso e l'avevo progettata sin dall'inizio come una storia unica, senza spezzettamenti e cose varie, per cui questo è il risultato e spero che siate riusciti a leggerla come desideravo. 

Dunque, dunque, ho parecchie cosucce da dire. Comincio innanzitutto con un annuncio: questa storia è la seconda di una serie slice of life come genere principale su tutti i Vendicatori e Tony e Pepper in particolare. Come potete leggere, il titolo è ispirato al film tradotto nell'italiano Se mi lasci, ti cancello con Jim Carrey e Kate Winslet. La trama non ha naturalmente nulla a che vedere con il film, ma il titolo inglese ha un respiro di gran lunga più ampio e, dal primo momento che l'ho scoperto, l'ho trovato senza dubbio meraviglioso. *-*
In questa serie, lo dico soprattutto per 
Silvia_sic1995, sarà presente anche lo spin-off accennato nella mia precedente storia Il progetto viene per posta, anche se verrà tra un po'. ;) Il raiting delle serie cambierà, molto probabilmente, con l'aggiunta delle storie. ASD.
Non so quante saranno, ma vi assicuro, molte. XD. Mi spiace per voi, ma dovrete tenermi tra i piedi per ancora tanto tempo. :P
Qualche informazione su Venezia: 


[1]: naturalmente la storia nasce come mia versione personale di quel famoso missing moment citato da Tony in Iron Man 2. Sempre citato da lui è il Cipriani;
[2]: l’Old Trafford e il Dry Bar sono rispettivamente l’antico stadio di Manchester, celebre in tutto il mondo, e un locale famoso per la musica; 
[3]: il numero civico di Philip e Sylvia è un giochetto divertente della mia testa: nella smorfia napoletana, il 22 è il numero dei pazzi;
[4]: il Danieli, San Marco, Rialto, Murano sono alcuni dei posti più celebri di Venezia e dintorni;
[5]: l’anziano signore è un riferimento al film del 1946 La vita è meravigliosa;
[6]: l’allusione finale a Monaco è un riferimento al secondo film di Iron Man 2.
Non ho mai visto Venezia dal vivo; tutte le descrizioni fatte derivano da anni di fotografie, film e tanto amore e desiderio di vederla.  Ah, e io veramente quei lampioni li ho visti solo nei cartoni Disney. Prego chiunque ne abbia uno, di regalarmelo. L'indirizzo sarà inviato in messaggio privato ad avviso. *-*

Prima di chiudere, voglio fare un ringraziamento speciale ad Alley, senza la quale non ci sarebbe stata questa one-shot né questa serie né parecchie altre cose. 

Bien, penso di aver detto tutto. Un bacio immenso a tutti voi, ci si vede sotto Pasqua con il nuovo capitolo della long! ;)
Alla prossima!
Mary. 

   
 
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