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Autore: Party Poison    26/03/2013    1 recensioni
“Anche io ho fatto lo stesso, Frank. Forse anche in un modo peggiore del tuo, ma reputo inutile continuare a ricordare gli errori che entrambi abbiamo commesso, semplicemente perché non li possiamo cancellare e nemmeno riparare. È anche inutile riaprire quel capitolo della nostra vita, solo per arrivare di nuovo a farci male. Va bene così”
“E invece no che non va bene”.
Si avvicinò a me, colmando quella distanza che prima vi era, e mi baciò appassionatamente, per poi spostare a terra borsa e chitarra dalla panchina e sdraiarsi sulle mie ginocchia. Allungò una mano e la intrecciò alla mia. “Così va bene, Gee. Così va fottutamente bene”.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tutti sappiamo che fine hanno fatto I My Chemical Romance. Sì insomma, il 22 marzo hanno deciso di chiudere la baracca e di farla finita lì. Perciò in un momento di disperazione mi è venuta la bellissima (?) idea di scrivere un’altra fan fiction su di loro. Forse questa sarà l’ultima, o forse poi ne scriverò altre. Non lo so. Sicuramente aspetterò un tempo infinito per farne un’altra. Fatto sta che ho deciso di scrivere questa dal punto di vista di Gerard, quello più critico di tutti.
Giusto per soffrire ancora un po’, propongo a chi leggerà questa fanfic le ottantotto parole con cui loro ci hanno fatto sapere della loro fine.
“Being in this band for the past 12 years has been a true blessing. We've gotten to go places we never knew we would. We've been able to see and experience things we never imagined possible. We've shared the stage with people we admire, people we look up to, and best of all, our friends. And now, like all great things, it has come time for it to end. Thanks for all of your support, and for being part of the adventure.
My Chemical Romance”
 

And now, like all great things, it has come time for it to end.
Capitolo 1                                                                                              Don’t’ cry, babe.
 

“Dai ragazzi, cerchiamo di registrar questa dannata canzone in maniera decente. Frank, fai correre le dita sulla tua chitarra come al solito. Mikey, lascia perdere Sarah per un momento. Ray, gira lo spartito per il verso giusto!”

So long to all of my friends,
Everyone of them met tragic ends,
With every passing day,
I’d be lying if I didn’t say,
That I miss them all tonight…
And if they only knew what I would say..
 
“Gerard, scusa ma io non ce la faccio. Non so come ti sia venuto in mente di scrivere una canzone così, cazzo. So che non possiamo più andare avanti, ma le fans…le fans cazzo! Come ci resteranno?”
“Lo so, Frank. Finiamo di registrare questa, per favore, le altre sono già tutte pronte. Non pensare minimamente che io stia bene. Questa band per me è parte della mia vita ormai, voi siete parte della mia vita. Però Frank se piangi cavolo…”
Il moro stava piangendo a dirotto. Aveva abbandonato la chitarra sul pavimento e si stava allontanando correndo via dalla sala di registrazione.
“Questa situazione è una merda, Bro. Stiamo illudendo tutti quanti di un MCR 5, che non ci sarà. Non sarebbe meglio annunciare che dopo le Conventional Weapons chiudiamo la band?”, Mikey stranamente aveva parlato, anche in tono saggio. Voleva limitare il danno per tutti quanti, anche per noi stessi.
“Vado a vedere come sta Frank..” disse Ray, ma io lo bloccai.
“No, ci vado io.. ho bisogno di una boccata d’aria. Qui dentro manca ossigeno”
L’ossigeno in quella sala mancava a tutti quanti. Nessuno di noi voleva farla finita, ma ci sentivamo quasi in dovere. Insomma, tutte le cose, belle o brutte che siano, devono avere una fine. Eravamo in giro dal 2001, avevamo prodotto quasi dei capolavori. Siamo stati stimati, amati, odiati, cacciati. Abbiamo vissuto la nostra band. Il problema di fondo è che non possiamo trascurare ancora a lungo le nostre famiglie per occuparci della musica, anche se proprio lei ci ha permesso di farci una vita.

Trovai Frank nel bagno degli uomini, seduto accanto al lavandino che fissava il muro dall’altra parte. Quando entrai non mi degnò neanche di uno sguardo. Era distrutto seriamente. Oltretutto la depressione in questo periodo lo stava consumando e nessuno poteva farci niente. Abbiamo provato ad aiutarlo, a parlare con psicologi e anche con noi, ma nulla. “Non preoccupatevi, ragazzi, starò bene”, era sempre questa la sua risposta.
Mi avvicinai lentamente a lui fino ad arrivargli praticamente di fronte. Alzò lo sguardo e mi punse con uno spillo dritto al cuore. Vedevo solo degli occhi persi, riflettenti dolore, ma anche cattivi.
“Frank…Frankie..ti prego di non fare così. Per noi e per te stesso. Sai che è una decisione ponderata e condivisa da tutti quanti”
“IO. NON. L’HO. SCELTO. Avete deciso solo per voi. Io non sono nessuno senza di voi. Io non sono nessuno senza te, Gerard. Sei il mio migliore amico, mio fratello, sei stato il mio amante, il mio angelo. Sei sempre stato il mio tutto, dopo i bambini. Come puoi lasciarmi andare via così, con tanta leggerezza?”
“Non ti sto lasciando Frankie. Non capisco perché tu la veda in questo modo..”
“Come puoi non capirlo? Dopo il 22 marzo, ognuno di noi andrà per la sua strada. Faremo degli incontri ogni tanto per parlare dei bei vecchi tempi, sorseggeremo birra e fumeremo una sigaretta. Quanto durerà tutto questo, ah? Un anno, due forse? Ti sembra abbastanza per cancellare dodici anni di vita insieme? Dodici fottuti anni, Gerard. Non sono pochi. E poi pretendi che io non pianga..”
Giunsi ancora più vicino a lui e lo abbracciai. Lo strinsi tra le mie braccia, sapendo che lo avrei potuto fare ancora una volta o due prima di dire a tutti quanti addio. Lui con le mani si teneva il volto coperto, per non mostrarmi quanto fosse rosso per il pianto. Sciolsi l’abbraccio per poter togliergli le mani del viso e intrecciarle alle mie.  Lui restò per un momento infinito a guardare le nostre mani. Sembrava essersi calmato ma a volte l’apparenza inganna. Quando lo feci scendere dal ripiano, lui si ancorò di nuovo al mio petto, stringendo tra le mani la mia maglia, ormai inumidita dalle sue copiose lacrime. Vederlo in quello stato di dolore, causato in parte anche da me, faceva veramente male. Si allontanò di un centimetro per poter respirare e poi mi prese il volto fino ad avvicinarlo al suo.
“Promettimi che noi non finiremo mai, anche se siamo una cosa bellissima. Promettimelo Gee”
“È l’unica promessa che posso mantenere questa. Ti amo troppo per poterti lasciare andare da solo per una strada sconosciuta senza la mia difesa”
Frank si alzò sulle punte per potermi dare un lieve bacio. Era veramente moltissimo tempo che non avevamo un momento di intimità, solo noi due. Avevamo deciso che la Frerard doveva nascere e morire sul palco. Una decisione che non sempre venne rispettata. Da entrambi, si intende. Infatti finivamo sempre con il cercarci, anche per delle stupide cose come: cosa mangi a cena, come sta il tuo cane o il tuo gatto..
“Dobbiamo uscire di qui, ora. Frankie, sciacquati il viso per riprendere un colore naturale. Così sembra che qualcuno ti abbia tirato addosso un barattolo di vernice bordeaux. Te la senti di finire di registrare?”
“Eh? Ah si, si certo. Gerard? Non credo di averti mai detto che ti amo”
“L’hai fatto, Frank, e me lo hai dimostrato ogni giorno, più di quanto abbia fatto io.”. Cercai di nascondere le lacrime che scendevano dei miei occhi rimanendo girato verso il muro. Non ci riuscii molto bene perché lui si avvicinò e con un gesto affettuoso con il pollice le portò via, come se fossero semplici gocce di pioggia.

Ritornammo entrambi nella sala di registrazione. Mikey e Ray stavano discutendo su eventuali linee ritmiche da cambiare ma tutto di quella canzone era perfetto. Non si doveva cambiare nemmeno una virgola.
“Dove siete stati voi due tutto questo tempo?”, chiese mio fratello. Gli lanciai un’occhiata da cui avrebbe dovuto intuire tutto. Sottolineo l’ ‘avrebbe’.  “Beh?”. Dopo che anche Ray lo guardò di sbieco, allora capì di smetterla di fare domande e di riprendere in mano invece il basso.
“Ragazzi, vediamo di concluderla questa canzone perché più la rifacciamo più soffriamo tutti quanti”

Dopo quattro ore la canzone ‘The light behind your eyes’ era pronta da incidere su vinile.

Mio fratello e Ray se ne andarono alla svelta, il primo per andare da Sarah (ugh!) e l’altro da Christa, che era incinta di un piccolo fro. La nostra famiglia si stava decisamente allargando!
Frank invece prese lentamente la sua chitarra, la mise a tracolla, uscì, accese due sigarette (una per me e una per lui) e mi chiese se mi andava di andare al parco lì vicino per fare quattro passi e parlare un po’. Ovviamente accettai perché era evidente che avesse bisogno di parlare e di sfogarsi. Volevo farmi carico di tutto il suo dolore, perché una persona così giusta non ne poteva sostenere così tanto.
Ci sedemmo su una panchina e guardammo quei bambini che salivano sull’altalena e correvano qua e la cercando le loro mamme.
“Ti chiedi mai come sarebbe stato, se io e te saremmo stati ufficialmente un noi?”, chiesi quasi spontaneamente a Frank: io ci penso ogni giorno. Amo Lindsey, certamente, per un quarto del mio cuore. Il resto appartiene tutto a Bandit e a Frank.
“Gee, noi non avremmo mai potuto avere dei figli tutti nostri”, si girò verso di me per potermi guardare bene negli occhi.
“..ma avremmo potuto avere noi due. A me sarebbe bastato” distolsi lo sguardo perché non riuscivo più a reggerlo.
“Mi sento di aver sbagliato qualcosa con te, Gerard. Mi sembra di averti usato. Insomma guardaci! Siamo sposati con due donne, quando invece noi due ci amiamo come nessuno mai prima. Sono sempre corso da Jamia alla fine, lasciandoti lì in un angolo”
“Anche io ho fatto lo stesso, Frank. Forse anche in un modo peggiore del tuo, ma reputo inutile continuare a ricordare gli errori che entrambi abbiamo commesso, semplicemente perché non li possiamo cancellare e nemmeno riparare. È anche inutile riaprire quel capitolo della nostra vita, solo per arrivare di nuovo a farci male. Va bene così”
“E invece no che non va bene”.
Si avvicinò a me, colmando quella distanza che prima vi era, e mi baciò appassionatamente, per poi spostare a terra borsa e chitarra dalla panchina e sdraiarsi sulle mie ginocchia. Allungò una mano e la intrecciò alla mia. “Così va bene, Gee. Così va fottutamente bene”.
  
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