Soffice
Izaya prese dal contenitore di vetro
ciò che apparteneva
alla Dullahan - che in quel momento attraversava le strade di Ikebukuro
sulla
moto nera senza fari, né targa.
La testa era soffice al tatto: morbidi i capelli e le
guance.
Nonostante la sua immobilità, non la si poteva definire
fragile.
Era una forza viva: lei era la causa di tutto, ispirava
l’amore, l’odio, la follia; riempiva i cuori di
ogni tipo di sentimento,
portando chiunque a compiere azioni di qualsiasi tipo, come fosse il
Dio per il
quale si vive, si ama, si uccide quello inesistente
dell’altro.
Lei dimostrava l’esistenza di qualcosa di mostruoso e
sovrannaturale in un mondo composto da esseri umani.
Il bel capo dai lineamenti delicati divertiva l’informatore.
Questi poteva distruggerla in qualsiasi momento, ma, fin ad ora, non lo
aveva
mai fatto.
Anche quel giorno, vi giocò passandosela tra le mani.
Sentiva la vita scorrere sotto la pelle, attraverso le guance.
“Mia bella addormentata”, le disse ironico.
La baciò. Posò le labbra su quelle immobili e
morbide di
lei.
Ma non riuscì a svegliarla. Beh, non era certo la persona
più adatta per farlo.
Gli occhi rimasero chiusi, le ciglia abbassate accarezzavano
l’epidermide priva di occhiaie.
L’espressione della testa non cambiò nemmeno per
un
impercettibile secondo.
Izaya era abituato a tutto quello.
Quando era solo si divertiva a toccarla, tenerla tra le
mani, lanciarla in aria e riprenderla, metterla sottosopra, strofinare
le dita
contro le sue guance. Il tutto per farle avere una reazione, nonostante
non si
fosse svegliata neanche con ciò che le aveva appositamente
creato a Ikebukuro.
L’informatore passava molto tempo con lei, che non poteva
respingerlo, né mostrarsi infastidita dalla sua presenza o
‘cattiva’ compagnia.