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Autore: stillfreeit    27/03/2013    1 recensioni
Nella penisola Italica del 1458, in pieno Rinascimento, non è affatto comune che il Capitano della polizia locale sia una donna. D'altra parte, a quanto pare, esiste una piccola città sulla costa tirrenica della penisola che può vantare questo singolare prodigio. Viene da sé che Elena abbia sempre da dimostrare di essere all'altezza del suo ruolo. Il killer silenzioso piombato dal nulla in città è esattamente l'opportunità che Elena non avrebbe mai desiderato di dover cogliere per mostrare di che pasta è fatta.
Genere: Mistero, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CE 1

Note dell'autore:

1. Anche questa storia non è particolarmente attuale, è passato qualche anno da quando è stata scritta. Non sono l'unica autrice della storia, approfitto per ringraziare Lupa e Ldb, anche se probabilmente non leggeranno mai :D

2. Ancora sta storia del maschilismo, ma che sei fissata?? Eh, mi spiace, ma il contesto non poteva essere che questo! Chiedo scusa ai maschietti.

27 Marzo 1458

Lei era il Capitano della polizia locale.
Sì. Una donna.

Arrivata dov'era perché il vezzo femminile delle unghie lunghe non era solo un segno di femminilità, ma talvolta anche utili per farsi strada nella società, piantandole negli ostacoli per non cadere.
Li sentiva, alle spalle, i mugugnii degli uomini convinti che non fosse all'altezza, e delle donne, convinte che fosse un ruolo poco adatto ad una ragazza e per una moglie. Era compito dell'uomo portare la pagnotta, chi ci pensava poi alla casa, alla servitù, ai figli?
Conosceva a memoria questa litania, perché l'aveva sentita da più di una bocca. La prima era quella di sua madre.
Tuttavia, seppur qualche volta si era lasciata infastidire da quegli interminabili ronzii, col tempo aveva imparato a lasciarli dov'erano: alle spalle.

Era lì e finché portava a termine il suo lavoro nel modo corretto, lì sarebbe rimasta.
Non c'era una legge effettiva che glielo impedisse, e dell'opinione pubblica non sapeva che farsene.
Essere donna ed essere Capitano erano due realtà che facevano parte di Elena. Due realtà ben distinte, che convivevano, e non si escludevano a vicenda. Capitano e moglie.

A volte un po' più l'uno che l'altra, doveva ammetterlo... ma Francesco era un uomo paziente. Conosceva le sue responsabilità e rispettava i suoi desideri di carriera.
Aveva dovuto fare tanta gavetta per arrivare dov'era, partendo da giovane recluta a soli dodici anni, con estenuanti turni di guardia notturni, completamente gratuiti. Si conoscevano dai tempi dei giochi e delle battaglie con le spade di legno. Lo aveva sempre battuto, già da allora. Infatti, lui aveva scelto la carriera politica, molto più adatta. In sostanza, Francesco aveva sempre saputo ciò a cui sarebbe andato incontro scegliendola come moglie.

"Ah, Capitano... se ci fossero più donne come voi..." commentò allegro il Maresciallo, mentre prendeva la pergamena con sopra annotati i turni di difesa per i successivi due mesi che Elena stava organizzando da cinque interi giorni, comprese quattro notti insonni alla tenue luce della candela che avevano minato crudelmente al suo senso della vista.

Ci sarebbero, se non le soffocaste sotto il pugno... pensò Elena, ma si morse la lingua.
Sorrise fingendo di accettare il commento come un complimento. D'altra parte, conosceva il Maresciallo e non era un uomo cattivo. Per cui, sebbene di discutibile gusto, era da considerarsi pur sempre un commento in buona fede.

La mentalità di un'epoca è difficile da cambiare. Elena non aspirava a farlo, ma non sopportava di dover trascorrere le giornate a bere il tisane o a filare la lana solo perché le mancava una parte anatomica.

"Badate solo che vengano rispettati. Voglio essere avvisata di qualsiasi problema o trasgressione". Sapeva che non tutti i soldati apprezzavano di essere bacchettati da una donna, quando una volta tornati a casa erano loro a comandare, ma anche costoro non osavano mancare di rispetto al distintivo, alla divisa, e all'Istituzione.

Il Maresciallo scattò sull'attenti con il consueto saluto militare, sempre ligio all'etichetta. Elena rispose con un cenno, permettendogli di girare i tacchi ed uscire. Soprattutto di lasciarla sola.

Appena la porta del suo ufficio si richiuse, Elena si lasciò cadere sulla sedia in modo molto meno scomposto di quanto si addicesse ad un militare, o ad una donna.

Ma nessuno avrebbe giudicato. Era sola. Finalmente sola.

Decise di essersi meritata il diritto di godersi almeno mezzora di pace dopo l'ultima fatica portata a termine.

Sospirò, gettando via la stanchezza dai polmoni, mentre rigirava senza accorgersene la fede attorno all'anulare.
In effetti, stava pensando proprio a Francesco e al poco tempo che aveva passato a casa in quel periodo. Quella sera sarebbe stata praticamente la prima che avrebbe potuto trascorrere nel suo letto, dopo le quattro vissute allo scrittoio, eterne come mai era capitato nella sua vita. Sentiva proprio il bisogno di tornare ad un po' di coniugale normalità, ed era sicura di non sbagliare pensando che fosse lo stesso desiderio di Francesco.

Ancora un po' di pazienza e sarebbe tornata a casa...
A volte anche il vestito Capitano gli stava troppo stretto. Elena non era un muro di mattoni e faticava a mantenersi tale, per quanto fosse necessario per la sopravvivere in mezzo ad un mucchio di uomini. Solo fuori dalla Caserma poteva abbatterlo, e ormai aveva superato il numero di ore che la sua anima potesse sopportare.

Si tolse la fede e lesse l'incisione: canaglia. Poco romantico agli occhi dei profani, ma con un grande significato per loro. Era il soprannome con cui Francesco usava apostrofarla quando erano piccoli.

E aveva ragione... canaglia era e canaglia sarebbe rimasta.

"Capitano...".

Elena alzò in fretta lo sguardo scuro, cadendo dalle nuvole dei suoi mille pensieri. Ecco riedificarsi dal nulla il muro di mattoni, più imponente che mai.

Era il Maresciallo. Molto meno ilare di poco prima... pallido e sudato, come chi è scampato per un soffio ad una disgrazia.

Elena si alzò di scatto dalla sedia.

"Si usa bussare dalle mie parti, Maresciallo. E il vostro grado non vi esenta dall'educazione" rimproverò, con la durezza più adatta al suo ufficio.

Il Maresciallo abbassò lo sguardo mortificato, tuttavia era impossibile notare che ci fosse qualcosa che non andava nel suo atteggiamento.

"Mi rincresce, Capitano... ma..." balbettava trafelato, doveva essere giunto di corsa. "...c'è... c'è una cosa che dovete ass... assolutamente vedere...".
Solo allora Elena lasciò da parte la recita di donna di ghiaccio per guardarlo accigliata e perplessa.

Il Maresciallo le fece segno di seguirlo. Andò con lui.

L'aria mattutina era ancora fresca, ma il sole lentamente si alzava in cielo, pronta a riscaldarla. La vita in città era ancora abbastanza tranquilla, e solo poche botteghe avevano già aperto. Il panettiere, lui già sbadigliava di stanchezza.

Elena seguì in silenzio il Maresciallo, chiedendosi cosa fosse accaduto di tanto grave da scuotere un omone del genere, solitamente logorroico fino alle ossa, per lasciarlo senza parole.

Non camminarono molto, non giunsero neanche fino alla piazza.

Elena capì dove la stava conducendo ancor prima di arrivare, quando scorse da lontano una folla ammucchiata in uno stretto vicolo, e qualche guardia che tentava di mantenerla lontana. Alcuni parevano nelle stesse condizioni emotive del Maresciallo, pallidi come lenzuola.

La videro e si illuminarono.

"Lasciate passare il Capitano!" esclamarono alla folla spingendola indietro con la forza per fare in modo di aprirle un varco. La folla agitata e crepitante come un nugolo di vespe dovette obbedire, e tacque all'improvviso all'unisono quasi fosse un unico individuo, quando Elena diede uno sguardo a ciò che finora le era stato impossibile vedere.

Era stata la guerra vissuta tempo prima a temprarla di fronte alla morte, anche a quella cruenta, lenta e sofferente. Tuttavia, lo spettacolo fu senz'altro impressionante anche ai suoi occhi addestrati, fino a chiedersi come avesse fatto tutta quella gente a guardare senza svenire.

Il corpo di un uomo. Dire che fosse stato barbaramente assassinato era voler alleggerire la realtà.

Completamente nudo. Una coltellata in pieno ventre era stata di certo il colpo fatale, ma non fulminante. Ciò significava che la vittima aveva vissuto una morte lenta, lunga e chissà con quali sofferenze.
Non finiva lì... Il viso era sfregiato da un lungo taglio che partiva dal sopracciglio sinistro fino all'angolo destro del mento, ed era stato brutalmente e malamente castrato.

Negli occhi spettrali si leggevano paura e dolore, impressi nel vetro della morte.

Quando la nausea fece capolino, Elena decise che poteva bastare, e distolse lo sguardo.

Si voltò verso il Maresciallo, che evitava accuratamente di spendere ulteriori sguardi verso quel disastro.

"Chi era?" gli chiese. Si accorse di avere un filo di voce, e provvide immediatamente a schiarirsela.

"Non lo sappiamo, Capitano" rispose, da bianco si era colorato di un'inusuale ma comprensibile sfumatura di verde.

Elena era consapevole di quanto fosse necessaria la fermezza del Capitano davanti agli occhi dei suoi uomini. Doveva essere pronta, faceva parte del mestiere.
Avevano bisogno di ordini.
"Bene. Rimuovetelo da qui, e fatelo portare all'obitorio, in modo che qualcuno possa riconoscerlo. Informatevi quanto possibile e fatemi avere un foglio di appunti dettagliato. Dobbiamo capire chi è stato capace di compiere questo scempio" non che un promemoria fosse tanto necessario, avrebbe tenuto quell'immagine impressa nella sua mente e nei suoi incubi peggiori probabilmente per sempre. "E poi andate a vomitare dove potrete conservare la vostra dignità" disse infine, vedendolo più verde che mai.

"Grazie, Capitano"
.

"Ho l'immenso onore di avere mia moglie nel mio letto questa sera?".
Elena alzò lo sguardo dalla pergamena che stava leggendo verso suo marito, fermo sulla soglia della camera da letto.

Rivolse un debole sorriso all'uomo che era riuscito a cambiare così poco da quando erano ragazzini ad oggi.
Non aveva la forza di dire niente. Ritornò a guardare la pergamena, ripetendo mentalmente le parole che vi erano scritte che ormai conosceva a memoria. Le stava rileggendo da un'ora buona, seduta sul letto della loro stanza, alla ricerca di un nesso, di una logica, di un indizio.

"E no... abbiamo detto che non ti saresti mai portata il lavoro in camera..." protestò Francesco, la raggiunse e le tolse di forza la pergamena dalla mano. La sbatté sullo scrittoio sotto la finestra, senza neanche guardarla.

Ad essere sincera, quel gesto fu piuttosto liberatorio anche per Elena stessa. Gliene era grata.
"Hai ragione, scusami..." mormorò lasciandosi cadere sul materasso senza neanche tentare di opporsi.

Era stanca. E ciò che aveva visto quella mattina era stato un colpo di grazia che ancora non era riuscita a superare.

In guerra quella violenza la devi mettere in conto... ma per strada, tutta quella furia apparentemente non giustificata... Neanche un animale era capace di tanto.

E poi l'ultima cosa che voleva era far pesare maggiormente la sua vita su Francesco. Sapeva che essere il marito di un Capitano donna non era per nulla facile. Fuori era costretto a sopportare... ma almeno in casa, era giusto che Elena recuperasse il ruolo che in quel periodo aveva accantonato.

"Che cos'hai? Ti vedo turbata..." disse Francesco preoccupato, sdraiandosi accanto a lei. Doveva essere una sorpresa per lui vedere una canaglia così poco combattiva.

Elena gli sorrise mentre si avvicinava. A dire il vero, ora che il muro di mattoni non le era più necessario, sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno, e lui era di certo la sua prima scelta.
Gli raccontò che cosa era successo, che cosa aveva visto, mentre lui ascoltava in silenzio mentre le accarezzava distrattamente i capelli castani.

"È terribile! Chi può aver fatto una cosa del genere?" era abbastanza turbato anche lui, ma mai poteva esserlo come chi aveva visto tutto dal vivo.

"Quando trovi una risposta, ricordati di avvertirmi" gli disse con un sorriso. Poi sospirò stancamente e tornò seria "Nel frattempo aumenterò le ronde notturne per la città. Non è più sicuro girare di notte, a quanto pare...".

"Immagino starai chiusa in quell'ufficio per almeno un mese..." fu il commento di Francesco, amaro quanto bastava per essere distinguibile. Elena ebbe la conferma di tutti i pensieri che aveva fatto durante quelle notti trascorse lontano da lui.

"Non ci penso neanche" rispose, recuperando dalla sua riserva personale la caratteristica caparbietà. "Lo so, non sono stata la moglie che avrei voluto in questo periodo e mi dispiace tantissimo... ma non intendo sacrificarmi oltre ed abusare ancora della tua pazienza. Essere tua moglie è molto più importante che essere il Capitano, lo terrò e lo farò presente" lo guardò fisso negli occhi mentre parlava.
Era proprio quello sguardo tipico di Francesco a non essere cambiato nell'arco di anni. Sempre lo stesso di chi è stato colto con le mani nel barattolo della marmellata. Appariva anche più pallido del solito, doveva essere stanco anche lui. Sapeva di essere più o meno dello stesso colore.

"Non... non devi rimproverarti... io... capisco quanto sia importante il dovere per te, e lo condivido, lo sai..." mormorò, ma Elena non lo lasciò finire.

"Lo so, ma non voglio che tu sia costretto a sopportare oltre... Mi farò perdonare" lo abbracciò affondando la testa sulla sua spalla. Non poté così notare gli occhi rossi del marito.

Francesco la strinse e le baciò la testa.

"Ti amo tanto, Elena..."

   
 
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