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Autore: colfersmyprince    27/03/2013    5 recensioni
« “Non lo so, ma-” L'attenzione di Sebastian fu subito attirata da degli strani rumori. Volse il capo in direzione di un cespuglio, si stava... muovendo? Lentamente, puntò la pistola verso le foglie, avvicinandosi. Kurt, seppur confuso, lo seguì a ruota, e, man mano che si avvicinavano, erano sempre più preoccupati - in fondo se fosse stato uno zombie sarebbe uscito fin da subito, no? »
Kurt/Sebastian; Quinn/Puck; Nick/Jeff | Long Fic | TWD/Glee
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Nick/Jeff, Puck/Quinn
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Inizio col dire che sono in ansia, sì. Questa fan fiction era partita più come un gioco, un esperimento or something like that. Poi, però, ne ho parlato a una certa persona (♥) e mi ha convinta ad andare avanti, a svilupparla meglio.
Tutto ciò lo devo per l'appunto a @ therentgirl - che, detto fra noi, non ho la minima idea di come faccia a sopportarmi. Devo ringraziare anche @ _breakable per aver sopportato anche lei i miei scleri da non-ho-ispirazione e altro. Ho iniziato questa sottospecie di ff (perché non so se è degna di essere chiamata così, ma dettagli) tipo a febbraio e.. e boh, non so che altro dire. Cominciamo bene!
Buona lettura
~
 


PROLOGO


 

“And it's hard to dance with a devil on your back, 

so shake him off.

 

A Westerville, in Ohio, vi era un'antica casupola nella quale vi abitavano un fratello ed una sorella gemelli: Sebastian e Melanie Smythe, entrambi di 20 anni. Lui era alto, muscoloso, capelli corti di color biondo cenere, rialzati all'estremità, occhi verde smeraldo, bocca sottile e un volto con dei lineamenti molto francesi - difatti i suoi nonni provenivano dalla Francia. Caratterialmente è un tipo all'apparenza menefreghista e duro, ma in realtà in fondo era molto sensibile. Era anche omosessuale, ma i suoi genitori l'avevano sempre accettato, ed anche sua sorella. Amava stare con i suoi amici e con Mel, per loro avrebbe sacrificato tutto; non aveva un hobby preferito, infatti amava fare un po' di tutto. Sua sorella, invece, aveva dei lunghi capelli che portava sempre lisci, dello stesso colore di quelli di Sebastian, occhi marroni con delle sfumature verdognole, naso all'insù e bocca carnosa; aveva una corporatura snella e andava a correre ogni mattina ed ogni pomeriggio, perciò si poteva dire che era in forma. Era una ragazza timida e gentile con gli estranei, ma quando voleva sapeva essere severa e sapeva farsi rispettare. Adorava suonare il pianoforte, difatti da piccola lo suonava spesso accompagnata dalla voce di suo fratello.

La mattina del 23 febbraio 2013, Sebastian si alzò a fatica dal letto. Era andato a dormire molto tardi a causa del compleanno del suo migliore amico Noah Puckerman. Aveva anche un gran bel mal di testa post-sbronza - gli alcolici al party di Puck non potevano mai mancare, sin dalle superiori. O anche prima. Andò a sciacquarsi la faccia per svegliarsi meglio, per poi infilarsi dei pantaloni a caso presi dal suo armadio. Strascicò i piedi fino in cucina e quando ci arrivò notò che sua sorella era già in piedi.
“Buongiorno Mel, ” Disse Sebastian sbadigliando e stiracchiandosi.
“Salve dormiglione!” Rispose lei ridendo di gusto.
“Oh per favore non urlare, mi fa male la testa!” Affermò lui poco dopo mentre si massaggiava le tempie e si accomodava su di una sedia.
“Okay, scusa. Vuoi un po' di caffè?” Chiese dolcemente Mel, e il fratello annuì. Ella ne versò un po' in due tazze, naturalmente una per lei e una per Sebastian, e ne porse una al ragazzo che ringraziò con un cenno del capo. Melanie decise di accendere la televisione per sentire le notizie mattutine, quando una in particolare catturò l'attenzione dei due ragazzi.
“Alza il volume, Mel” disse cortesemente Sebastian tentando di comprendere cosa stessero dicendo al telegiornale.
Man mano che il volume aumentava, le immagini trasmesse in televisione divennero via via più shockanti. Si potevano intravedere cadaveri con mezza testa mangiata, resti di persone a terra, e via dicendo.

“Allarme mondiale: in tutti i continenti si sono verificati strani episodi di presenze fino ad oggi a noi sconosciute: i non-morti. La protezione civile non ha ancora trovato soluzione o cura contro questi esseri, pertanto hanno consigliano e pregano tutti di rimanere dentro le proprie case specialmente durante le ore notturne, è consigliato sbarrare finestre e qualsiasi altra entrata che non sia la porta principale. Si consiglia anche di uscire solo in compagnia di qualcuno. Per oggi è tutto.”

Sebastian sospirò e scostò il bordo della tazza dalle sue labbra.
La prendono molto alla leggera. Troppo. E sono anche dei gran bugiardi! Fino ad oggi a noi sconosciute, ma dai...” Melanie sapeva a cosa suo fratello si stava riferendo, tuttavia non proferì parola. Decise invece semplicemente di assecondarlo, annuendo.
“Non mi lascerò condizionare da loro.” Aggiunse dopo poco il ragazzo, alzandosi dalla sedia. Era in procinto di ritornare in camera sua, quando sua sorella strinse la propria mano attorno al suo braccio, fermandolo.
“Sebastian.” Lo richiamò con tono severo. Il giovane non volse nemmeno il capo e abbassò lo sguardo. “Devi promettermi che non farai mosse azzardate. Questa è una cosa seria, e io... non voglio perderti come è successo con papà, è chiaro?” Disse, una lacrima amara che le rigava la guancia.
Solo allora suo fratello si volse verso di lei, notando che lacrimava. Inizialmente boccheggiò, ma poi l'avvolse in un caloroso abbraccio, dandole un bacio sulla guancia. “Mel, io...”

“Papà...?” Gli occhi del piccolo Sebastian divennero due fessure. A terra c'era il corpo pallido e senza vita di Grégoire Smythe. Gli occhi, prima erano di un vivissimo azzurro, erano ora spenti. La bocca era rimasta semi-aperta, la testa leggermente girata a sinistra, il sangue aveva appena smesso di scorrere dal naso, lasciando comunque una striscia rossastra sulla pelle. Dagli occhi di Sebastian scendevano fiumi di lacrime mentre abbracciava il papà, tremando.

Il biondo stava fissando il vuoto, quando sua sorella lo riportò alla realtà. “Tu cosa?” Domandò guardandolo. Sebastian scosse il capo e volse lo sguardo su di lei.
“...Non farò gli stessi errori di papà. Te lo prometto.” Concluse lasciandole un altro bacio affettuoso, stavolta fra i capelli e l'orecchio. Melanie annuì, leggermente sollevata, e gli sorrise.
“Non voglio perderti.” Affermò ad un certo punto, arrossendo, poiché non aveva mai parlato così con suo fratello. Mai.
“Per quanto sia strano detto da me, dato che da piccoli litigavamo sempre per ogni minima cosa, ma è la verità. Io-”
“Ho capito, Mel. Non mi perderai, è una promessa.” La interruppe Sebastian. E lo pensava davvero, sua sorella era tutto ciò che gli rimaneva, non voleva che se ne andasse, e viceversa.
Ma il francesino sapeva essere tanto dolce con Melanie quanto bugiardo, il che la diceva lunga. Conclusa quella chiacchierata andò in camera sua, e aprì le ante del proprio armadio tirando fuori un antiquato baule color ocra. Lo appoggiò sul tappeto e si inginocchiò soffiando via la polvere dal coperchio - doveva essere davvero antico dato che c'era fin troppo pulviscolo. Lo aprì lentamente, e notò che all'interno vi erano due pistole argentate con l'impugnatura marrone e un fucile. Raccattò tutti e tre e sul fondo vide tre buste - con la marca delle rispettive armi - che all'interno contenevano dei proiettili.
È vero che aveva promesso a Melanie di non fare mosse azzardate, però lui sapeva cosa stava facendo, ne era pienamente cosciente. Non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa dai giornalisti che dicevano di rimanere nascosti in casa o dagli zombie stessi, lui non era quel tipo di persona. Dopo aver attentamente esaminato le armi, decise di andarsi a fare una doccia. Aprì l'acqua inizialmente molto, troppo fredda, così spostò la manipola sull'indicatore rosso. Si tolse i vestiti ed entrò nella doccia iniziando a lavarsi. In quel momento il tempo sembrò rallentare; le gocce d'acqua parvero scorrere molto più lentamente mentre Sebastian aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Gli occhi del biondino, a causa del pianto che sembrava non voler smettere, erano diventati gonfi, rossi e lucidi. Le guance erano totalmente rigate dalle lacrime che scendevano e scendevano, senza fermarsi. Strizzò gli occhi e poi li chiuse, sperando solo che fosse tutto un orribile incubo.
Una lacrima rigò il volto di Sebastian mentre singhiozzava, cercando invano di trattenersi. La goccia si confuse con l'acqua che scorreva dalla gronda, mentre il ragazzo stringeva i pugni. Finì in fretta di lavarsi e richiuse il rubinetto, e quando uscì dalla doccia si mise un asciugamano intorno alla vita. Andò in camera e aprì il guardaroba, tirando fuori una felpa blu scura con l'interno del cappuccio nero, un paio di jeans azzurrini ed una cintura con attaccata ad un lato una fondina per riporre la pistola. Si rivestì rapidamente, dopodiché prese una delle due armi e la ripose nella custodia della cinta.
Si avviò verso la porta principale della casa, stando ben attento che sua sorella non lo notasse. Si mise il giubbotto e aveva appena poggiato la mano sulla maniglia dell'uscio, quando, all'improvviso, giunse Melanie.
“Sebastian!” Esclamò confusa, notando che suo fratello cercava di nascondere la pistola. Il ragazzo abbassò lo sguardo senza proferire parola nè compiere alcuna azione.
“Dove- dove stai andando?” Chiese. Sebastian non si mosse di un millimetro, nè alzò gli occhi.
“A proteggerti.” Rispose semplicemente aprendo la porta e uscendo di casa. La sorella boccheggiò: era rimasta di sasso e si sentiva quasi impotente.
Melanie saltellava e canticchiava con il suo oraschiotto fra le mani, quando vide il suo fratellino di spalle.
“Ciao Sebbie!” Esclamò allegra, e andò vicino a lui, notando che stava piangendo.
“Ehi fratellino che hai? Ti senti male forse? Devo chiamare papà?-” Quando pronunciò l'ultima parola guardò difronte a lei e sbiancò. Le cadde il peluche dalle mani, tremava come una foglia e gli occhi le pizzicavano.


Sebastian percorse tutto il tragitto guardandosi spesso intorno. Le strade della città erano quasi deserte, solitamente si vedevano molti bambini giocare a campana o a nascondino, ma oggi non ce n'era nemmeno uno. Solo donne o uomini che camminavano nervosamente per tornare a casa o addirittura salivano in macchina con la propria famiglia per lasciare Westerville.
Il ragazzo arrivò di fronte ad una casa di medie dimensioni, muri esterni pitturati di bianco, tetto a triangolo, racchiusa in un recinto. Bussò alla porta, e pochi secondi dopo il suo amico Noah aprì. Era un ragazzo poco più basso di Sebastian, ai lati della testa era quasi totalmente rasato mentre al centro vi era una piccola cresta. Aveva una corporatura decisamente muscolosa, infatti da giovane si allenava molto spesso - e anche tutt'ora -, andava in palestra quasi ogni pomeriggio e faceva parte della squadra di football del liceo McKinley. Lui e Sebastian si conoscevano sin da piccoli.
“Seb! Entra pure, ” Lo accolse calorosamente in casa propria dopo averlo abbracciato.
Noah - detto anche Puck - era fidanzato con una bellissima ragazza di nome Quinn Fabray, la quale andava allo stesso liceo frequentato dal giovane fino a pochi anni prima - era una fra le più popolari, dato che faceva parte delle Cheerios. Aveva dei lunghi capelli che alla luce del sole parevano dorati, ma in realtà erano biondi - e ogni tanto li portava legati in una coda di cavallo -, occhi verdognoli con sfumature ambrate, e fisicamente era in forma. Sebastian si sedette sul divano di fronte ai due fidanzati.
“Quinn, ma...” La scrutò attentamente, dopodiché la fissò negli occhi quasi shockato. “Sei incinta!” Affermò entusiasta e sorridendo, mentre la ragazza annuiva e rideva piano.
“Sì, precisamente da cinque mesi.” Rispose contenta accarezzandosi il ventre, mentre Puck le lasciava un bacio fra i capelli.
“Mi fa molto piacere, davvero. Comunque...” La voce di Sebastian si incupì e il sorriso scomparve dal suo volto. “Sapete già di cosa sta accadendo in tutto il mondo, no?" Domandò guardando entrambi.
“Epidemia di zombie? Certo, ” Replicò Noah in tono quasi sarcastico, cercando di rendere la situazione quanto più leggera possibile, sebbene il suo proposito paresse inattuabile.
“E sapete anche che non possiamo restare qui, immagino, ” Aggiunse Sebastian sospirando. Probabilmente Noah e Quinn sapevano dove voleva arrivare, ma lo lasciarono parlare.
“Dobbiamo creare un gruppo, ma non troppo numeroso. Solo io, voi, mia sorella - se vorrà - e qualcun'altro. Ci state?” Domandò infine con fare interrogativo. I fidanzati si guardarono per un attimo, per poi annuire.
“Io so già chi chiamare.” Proferì Puck estraendo il proprio cellulare dalla tasca e componendo un numero.

Tre quarti d'ora più tardi, passati fra chiacchiere, scherzi, etc..., si sentì bussare alla porta di casa Puckerman-Fabray. Noah si diresse verso l'uscio e lo aprì, per poi sorridere.
“Ciao ragazzi! È un piacere rivedervi, ” Affermò facendo entrare due ragazzi ed una ragazza. Uno era Kurt Hummel, acerrimo nemico di Sebastian al liceo ma ottimo amico di sua sorella, capelli rialzati e di color biondo cenere con alcune sfumature più chiare, occhi azzurrini con una gradazione smeraldina che, naso a punta, orecchie che parevano quelle di un elfo, carnagione abbastanza chiara. Era alto, ma non tanto quanto il francesino, magro e con la pelle perfettamente curata. Era un tipo orgoglioso, amava le sfide e non gli piaceva essere sconfitto e non si faceva mettere facilmente i piedi in testa, e con le persone più care era sempre affettuoso. Sapeva fare amicizia facilmente, tantoché era molto estroverso e gli piaceva fare nuove conoscenze. A scuola era spesso preso di mira poiché anch'egli come Sebastian - quante cose che avevano in comune! - era omosessuale. L'altro ragazzo, invece, era Mike Chang, di origine asiatiche. Era più basso di Kurt, aveva una pelle olivastra e i capelli neri con un po' di gel al di sopra di essi, occhi a mandorla che andavano dal marrone scuro al nero. Come Noah anche lui fondamentalmente era muscoloso, un ottimo ballerino, ed al liceo anch'egli faceva parte della squadra di football. Solitamente era un ragazzo riservato con gli estranei, ma riusciva tranquillamente a parlare con i propri amici. Infine la ragazza era Santana Lopez, ispanica, capelli lunghi neri, solitamente legati in una coda, occhi color pece e carnagione olivastra. Snella, alta, faceva parte dei Cheerios insieme a Quinn a scuola. Difendeva sempre chi le stava più a cuore, avrebbe fatto di tutto per loro, nonostante all'apparenza potesse sembrare menefreghista o altro. Lei e Kurt hanno sempre avuto un ottimo rapporto di amicizia sin dal liceo.
Sebastian rimase con la bocca semi-aperta, sorpreso di vederli, o perlopiù gli pareva quasi strano non dover più fare una sfida-duetto con Santana, non dover buttare una granita addosso a Kurt o cercare di arrivare ai livelli di Mike nella danza.
“Oh cielo, cosa ci fa quella faccia da mangusta qui?” Chiese bruscamente Kurt facendo ridere di gusto il ragazzo in questione.
“Sono molto contento anche io di vederti, Hummel.” Replicò incrociando le gambe.
 “Guarda guarda chi c'è, Smythe!” Esclamò l'ispanica aggrottando le sopracciglia e curvando le labbra in un sorriso malizioso.
 “Santana, è un piacere avere di nuovo a che fare con te, ” Disse ironico, per poi guardare tutti e schiarirsi la gola. “Ora seriamente, sedetevi - o rimanete in piedi se volete -, devo parlarvi di una cosa importante.” Proferì infine facendo spazio a Noah e Quinn sul divano sul quale era seduto.
“Spero che voi abbiate visto il telegiornale stamattina, in caso contrario mi riferisco al fatto che c'è un epidemia di non-morti che ha preso piede in tutto il mondo.” Ci fu un attimo di riflessione per Sebastian, poi riprese a parlare.
“Detto questo, non possiamo rimanere a Westerville. Dobbiamo andarcene da qui, trovare rifugio nei boschi o in qualsiasi altro luogo, purché non sia la città. Ci troveranno più difficilmente se non rimarremo sempre nello stesso posto. Siete tutti d'accordo?” Chiese prima scrutando tutti, ma poi si concentrò su Kurt - il quale per fortuna non stava guardando Sebastian, bensì il pavimento.
“Non sarebbe come uhm, fuggire?” Domandò Santana incrociando le braccia e arcuando un sopracciglio. L'usignolo boccheggiò un momento, per poi scuotere il capo.
“No, cioè sì, ma ne va della nostra sopravvivenza. Insomma, preferisci rimanere qui a Westerville ed essere mangiata subito dagli zombie o salvarti andandotene da qui?” Replicò lui, lasciandola in un silenzio attonito.
“Bene. Ora, ricordatevi: dovete portare solo lo stretto necessario. E procuratevi almeno una pistola.” Affermò.
“Kurt, scordati di portarti dietro tutti i tuoi completi nuovi o le tue creme idratanti.” Aggiunse ad un certo punto, mentre Kurt spalancava gli occhi. Gli veniva da piangere al solo pensiero di doversi sporcare di fango, ferire e avere la pelle tutta rovinata. E i capelli!
“Quinn, tu sei incinta, perciò se avessi bisogno di qualcosa - qualsiasi cosa, non esitare a domandare. Anche semplicemente di una mano a camminare o altro.” La ragazza gli sorrise e mimò un grazie con le labbra.
“Ragazzi... niente ripensamenti, sia chiaro.” Concluse Sebastian, alzandosi dal divano. "Ora andiamo tutti nella propria casa, prendiamo le nostre cose e poi ci incontriamo di nuovo qui, a casa di Puck, va bene?” Tutti quanti dissero “sì” o semplicemente annuirono.

Il francesino ritornò alla sua abitazione e corse immediatamente in camera sua a preparare una borsa. Dentro ci mise l'altra pistola, una bottiglietta d'acqua, i proiettili, dell'intimo e dei vestiti di ricambio. Mel trovò la porta aperta, e, supponendo che Sebastian fosse tornato, entrò in camera.
“Dove stai andando?” Chiese, rompendo il silenzio e facendolo sobbalzare.
“Via da questa città. Vieni con me?” Chiese lui, attendendo una sua risposta. La sorella stette in silenzio e abbassò lo sguardo. "Melanie... ti prego. Non ti voglio lasciare qui da sola, e non voglio nemmeno che rimani a Westerville. Vieni con me, per favore." La supplicò Sebastian, alzandole leggermente il volto con una mano. Lei non rispose, lo guardò per un istante negli occhi e poi sospirò, voltandogli le spalle e uscendo dalla stanza. Il fratello rimase a bocca asciutta, perché voleva rimanere lì e mettersi in pericolo? Non si fidava di lui? Era troppo legata a quella casa per lasciarla? Tante domande nella mente di Sebastian che cercavano invano una risposta.
Il ragazzo si avviò verso l'uscio della casupola, intento ad uscire, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Melanie aveva i capelli legati e si era cambiata; portava un marsupio beige a tracolla ed in mano aveva il fucile che quella mattina suo fratello aveva trovato nel baule.
“Dove credevi di andare senza di me?” Domandò sarcastica lasciandolo allo stesso tempo sconvolto e contento.

Entrambi tornarono a casa di Puckerman, e quando arrivarono trovarono già tutti lì ad attenderli. Quando Melanie vide Kurt gli saltò letteralmente addosso: non lo incontrava da molto tempo e gli mancava tanto.
“Mel!”
“Kurt!” Esclamarono all'unisono i due amici, ridendo. Sebastian fece una smorfia, non ricordava che quei due avessero un legame così speciale. Si staccarono dopo un po', per poi ascoltare attentamente ciò che diceva Sebastian.
“Allora ragazzi, è arrivata l'ora di lasciare la città. Dobbiamo rimanere sempre uniti, qualsiasi cosa accada, se vedete uno zombie sparategli alla testa, solo così potete ucciderli. Se farete troppo rumore li attirerete, ricordatevelo.” Raccomandò ad ognuno di loro.
“Una domanda, Seb, ” Disse Mike, ricevendo il consenso del biondo. “Come mai sei così informato sugli zombie e su come si uccidono?” Quella curiosità lasciò fratello e sorella impietriti.

“Seb, Mel, nascondetevi dietro ai cespugli!” E così fecero i due bambini che rimasero ad osservare ciò che il padre faceva. Grégoire tirò fuori la pistola e sparò un colpo dritto nella testa del non-morto, che immediatamente cadde a terra.

“...Ho letto tanto.” Mentì Sebastian all'asiatico, il quale annuì scettico.
“Bene, ora... andiamo.” Proferì aprendo la porta della casa. Puck si avvicinò a lui e gli mise il braccio attorno alle spalle.
“Sei il leader ora, ” Gli sussurrò, e Sebastian arrossì lievemente, anche se doveva ammettere che quel nome lo faceva sentire decisamente orgoglioso.
“Non ti deluderò, papà, ” Pensò alzando per un attimo gli occhi al cielo.

Tutta quella situazione sarebbe stata la fine delle loro vite o l'inizio di una nuova esistenza?
  
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