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Autore: AngelWithoutWings    27/03/2013    17 recensioni
“Io non ho mai baciato un ragazzo, non ho mai tenuto in mano una sigaretta, non so che sapore abbia l’alcool, non ho mai avuto un rapporto… intimo con un ragazzo, non ho mai avuto un fidanzato… Ma che dico? Io non ho mai avuto niente a che fare con i ragazzi!”
“Sei lesbica?” esclamò, sorpreso.
“Che? No!” storse il naso, offesa.
“Scusa!” alzò le mani, in segno di resa.
“Posso aiutarti.”
Faith si voltò di scatto, aggrottando le sopracciglia e si ritrovò la figura di Johnny a sovrastarla, pochi centimetri da lei “C- come?”
“Posso aiutarti: con la lista di esperienze che non hai ancora fatto. Io posso aiutarti a spuntare quei punti. Allora, ci stai?”
“Affare fatto.” Gli allungò la mano.
“Bene.” Sorrise, annuendo e gliela prese, abbassando il viso per baciarla sul dorso. La guardò con quel sorrisetto divertito da sotto le sopracciglia scure, mentre le sue guance diventavano ancora più rosse.
“Ti farò sapere domani come intendo procedere.” Le disse.
Annuì, prima che Johnny le si avvicinasse di nuovo. Abbassò il viso e posò le labbra sulla sua guancia.
“Ci divertiremo, bambolina!” Le sussurrò all’orecchio.
In che guaio si era andata a cacciare?
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Prologue
 
“Non le mangi?”
Faith lasciò il riparo delle ginocchia e alzò la testa, portando l’estremità della manica del maglioncino blu a coprirle il polso, asciugandosi le lacrime.
Si voltò, tirando su con il naso “E’?”
Rimase sorpresa di ritrovarsi davanti Johnny Del Roy.
Johnny Del Roy, quello che frequentava la sua stessa classe all’asilo. E alle elementari. E alle medie. E al liceo.
Johnny Del Roy, quello solitario che portava sempre la stessa espressione indifferente su un viso neanche troppo male.
Johnny Del Roy, quello che fumava ad ogni ricreazione al solito angolo del cortile.
Johnny Del Roy, quello che le sue amiche definivano misterioso ma che lei trovava strano e basta.
Johnny Del Roy, quello che aveva la fama di essere un tipo poco raccomandabile.
Johnny Del Roy, quello con cui non aveva mai scambiato neanche mezza parola durante tutti quegli anni.
Johnny Del Roy, quello che adesso se ne stava in piedi davanti a lei; le mani nelle tasche dei jeans larghi strappati,  gli auricolari nascosti tra la massa incolta di capelli scuri e gli occhi di ghiaccio fissi su di lei.
“Non le mangi?” ripeté, indicandole con un gesto del capo il pacchetto di Haribo abbandonato sul prato affianco a lei.
Faith si limitò a scuotere la testa, mordicchiandosi le labbra per trattenere un singhiozzo.
Inaspettatamente, le si sedette affianco, sotto il suo sguardo confuso.
Lo guardò mentre poggiava la schiena al tronco dell’albero, tirandosi su le maniche della felpa grigia e sistemarsi ,non molto elegantemente, il cavallo dei pantaloni mentre si metteva a gambe incrociate.
Prese il pacchetto e lo aprì, tirando l’estremità, con un botto che la fece sussultare.
“Non ti dispiace, vero?” si accertò, infilando una mano all’interno.
Di nuovo, Faith scosse la testa “Fa pure.”
Sorrise, soddisfatto e lanciò in aria la mini liquirizia, catturandola con la bocca mentre ricadeva.
Sotto la quercia alla quale erano appoggiati entrambi con la schiena, seduti vicini senza toccarsi,non arrivava alcun suono se non quello prodotto da Johnny e dal suo mangiare a bocca aperta.
La infastidiva quel rumore, era segno di maleducazione e, visto che neanche l’aveva invitato a sedersi, avrebbe anche potuto masticare come si conviene.
Ma non glielo disse, preferendo rimanere in silenzio, nascondendogli il viso mentre si liberava delle ultime lacrime e degli ultimi singhiozzi, premendo le mani contro il viso.
La risata allegra di una bambina li riscosse, facendogli sollevare lo sguardo in un movimento sincronizzato.
La bambina in questione, saltellava lungo il viale tenendo la mano del padre, mentre canticchiavano entrambi la canzone di qualche cartone animato.
Rimasero entrambi a guardarli, seguendoli con lo sguardo finché non furono fuori dal loro campo visivo.
Sorprendentemente, fu lei a rompere il silenzio “Anche mio padre mi portava spesso qui.”
Lui annuì, facendole capire che la stava ascoltando e le allungò di nuovo il pacchetto di Haribo e, stavolta, Faith accettò l’offerta ed infilò la mano all’interno raccogliendo una ruota di liquirizia.
Masticando, tornarono in silenzio, finché, di nuovo, non fu lei a parlare.
“Mio padre ha un’altra.”
Johnny interruppe la sua esplorazione del pacchetto alla ricerca delle gommose, voltandosi di scatto a guardarla, sul volto una vera espressione di sorpresa al posto della solita indifferente.
Faith annuì, afferrando un ciuffo d’erba umida con la mano, strappandolo “Lo sospettavo da tempo.”
Ancora, il ragazzo rimase in silenzio, aspettando che fosse lei a parlare, se ne avesse avuto voglia.
Infondo, non gli doveva alcuna spiegazione. Si vedevano tutti i giorni da quasi 18 anni, ma erano due estranei. L’ultima persona alla quale avrebbe dovuto raccontare un qualcosa di così privato era esattamente lui.
Ma lei l’aveva fatto d’istinto, perché aveva bisogno di sfogarsi in quel momento, fregandosene del fatto che non si fossero neanche mai salutati in tutti quegli anni.
Così come lui si era avvicinato quando l’aveva vista piangere ai piedi dell’albero.
“Ho alzato la cornetta del telefono per chiamare una mia amica oggi pomeriggio e…” sospirò, passando una mano sulla testa a controllare che i capelli castani fossero ancora intrappolati dall’elastico rosso, in un gesto meccanico “Ho beccato una loro telefonata.”
“Stile hot line?” commentò, sorridendo sghembo.
Il suo umorismo si spense non appena lei lo guardò, un cipiglio in viso e gli occhi scuri socchiusi ad incenerirlo.
“Scusa…” alzò le spalle, ridacchiando.
Appallottolò il pacco di Haribo, occupando il silenzio con quell’unico rumore e poi, formata una palla, lo lanciò, lasciandolo cadere sul prato poco distante da loro.
Maleducato, pensò subito Faith.
Lui sorrise, soddisfatto dal lancio e piegò le braccia, posando il dorso delle mani sulla corteccia dietro di lui e la nuca sui palmi aperti.
“Io non ho mai conosciuto mio padre.” Parlò.
Subito si voltò verso di lui, sorpresa di sentirgli dire, in primis una frase sensata, ma soprattutto, qualcosa di così personale.
Tanto personale quanto il segreto che lei aveva condiviso con lui poco prima.
“A sentire mia madre, però, non ne vale la pena.” Continuò, lo sguardo perso nella contemplazione degli squarci di cielo grigio tra le fronde dell’imponente albero sotto al quale si trovavano.
Faith non sapeva che cosa dire, quella situazione le sembrava così surreale. Come aveva fatto a cacciarvisi?
“Come se io conoscessi lei, invece…” sorrise amaramente, pensando ad alta voce.
“Lavora al pronto soccorso dietro la nostra scuola.” La informò, voltando momentaneamente il viso per guardarla.
“E’ una dottoressa?” gli chiese, in imbarazzo, sapendo benissimo che fosse una domanda stupida.
Ma lui scosse la testa “No, pulisce i pavimenti, porta via le lenzuola sporche e cambia i cateteri ai vecchi.”
“E’ un’inserviente.” Constatò, inarcando le sopracciglia in un’espressione stizzita, come se dovesse essergli grato di aver imparato una nuova parola.
“Fa lo stesso.” Tagliò corto, alzando le spalle “Tanto non c’è mai a casa. Non c’è mai stata.”
“Mia madre è un architetto.” Disse lei, senza che lui gliel’avesse chiesto.
Infondo quel loro dialogo non era altro che un dare risposte e informazioni a domande sottointese, fatte di silenzi imbarazzanti.
“E sa tutto.” Aggiunse, strappando un altro ciuffo d’erba “Anche il re dei cretini se ne sarebbe accorto.”
“Oh, allora anch’io!” si indicò lui, con un’espressione buffa.
Faith rise, scuotendo la testa e lui continuò a sorridere, guardandola.
“Sa che suo marito ha un’altra ma non fa nulla.” Tornò seria, aggrottando le sopracciglia mentre se la prendeva con l’erba “Lei è come… di ghiaccio. E’ troppo occupata a costruirsi una vita perfetta intorno, in una casa esageratamente grande, con persone a modo, vestiti eleganti, una buona educazione, inviti a cena e per il thé.” Scosse la testa, disgustata “E fa sempre finta che tutto vada bene. Non respira mai troppo forte perché tutti i suoi castelli di carta crollerebbero.”
Johnny la guardava, ascoltando attento, gli occhi grigi puntati su di lei.
“Ma la cosa che mi fa più schifo…” sospirò, alzando lo sguardo per incontrare il suo “E’ che io sarò esattamente come lei.”
Johnny scosse la testa, aprendo la bocca per parlare, ma lei lo anticipò.
“Sì, sì, invece! Guardami, la mia vita è già una finzione.” Esclamò, battendo una mano sulla giacca per indicarsi “Ed è colpa sua! E’ solo colpa sua! Mi sembra di vivere in una casa delle bambole, è tutto così finto…”
Nella mente di Johnny passò l’immagine della villa in cui abitava la ragazza. Se confrontava le dimensioni dell’abitazione con il corpo esile della ragazza, gli appariva davvero come una bambola.
“Non diventerai come lei.” La riscosse, avvicinandosi, con il busto voltato verso di lei.
“Sto già diventando come lei.” Ribatté lei, inchiodandolo con gli occhi “Guardami! Sono diventata maggiorenne tre giorni fa e non ho fatto assolutamente nulla in diciotto anni di vita! Sono noiosa…”
“Perché io non sono stato invitato alla tua festa?” rifletté lui, totalmente inappropriato.
Lei lo ignorò, anche perché aveva ricominciato a singhiozzare.
Aspettò qualche secondo, finché non trovò una domanda sensata “Cos’è che avresti voluto fare in questi 18 anni?”
Faith sospirò, facendosi coraggio “Io non ho fatto… diciamo… le esperienze che… beh, che avrei dovuto fare.”
“Sono un povero cretino, ricordi?” Sorrise sghembo.
Sospirò di nuovo, ma stavolta perché era scocciata “Vuoi la lista completa?”
Johnny alzò le spalle “Visto che stasera siamo in vena di confidenze…”
“Io non ho mai baciato un ragazzo, non ho mai tenuto in mano una sigaretta, non so che sapore abbia l’alcool, non ho mai avuto un rapporto… intimo con un ragazzo, non ho mai avuto un fidanzato… Ma che dico? Io non ho mai avuto niente a che fare con i ragazzi!”
“Sei lesbica?” inarcò le sopracciglia, indicandola.
“Che? No!” storse il naso, offesa.
“Scusa!” alzò le mani, in segno di resa.
Per la terza volta, Faith sospirò, passando le dita sulla porzione di prato affianco a lei ormai priva di erba.
Dalla tasca dei jeans, il suo cellulare la riportò alla realtà. Era un messaggio di sua madre che la informava che la cena sarebbe stata servita tra dieci minuti. Con o senza di lei.
“Devo tornare a casa.” Disse, alzandosi.
Si ripulì velocemente con le mani i jeans dalla terra, mentre si alzava anche Johnny, alle sue spalle.
Le si avvicinò, accarezzandole la curva del sedere con la mano.
“Ma che fai!?!” esclamò lei, voltandosi di scatto, già con la mano alzata per dargli uno schiaffo.
Ma guarda questo! Gli confidi un segreto e subito ti mette le mani addosso!
“Calma! Eri sporca.” Rise, prendendole il polso per evitare che lo colpisse.
“Uno prova a essere gentile…” Lo sentì brontolare, sempre con quel fastidiosissimo ghigno ad increspargli le labbra piene.
Lo guardò scettica, sbuffando “Ok, allora…”
“Ti accompagno.” Propose, precedendola, con un tono che non ammetteva repliche.
 




Camminarono per le strade del centro in silenzio.
Faith stava cercando di cancellare i segni delle lacrime sul viso, mentre Johnny fumava la sua sigaretta.
“Sono arrivata.” Disse infine, davanti al cancello dell’enorme abitazione.
Johnny buttò la cicca per terra, schiacciandola con la punta delle Vans nere.
Mentre socchiudeva la bocca per lasciar uscire l’ultima boccata di fumo, la ragazza gli diede le spalle, con le chiavi in mano per aprire.
“Posso aiutarti.” Parlò.
Faith si voltò di scatto, aggrottando le sopracciglia e si ritrovò la figura di Johnny a sovrastarla, pochi centimetri da lei “C- come?”
“Posso aiutarti.” Ripeté, abbassando il viso per  poter sintonizzare i suoi occhi grigi in quelli scuri di Faith.
“Temo di non riuscire a seguirti.” Scosse la testa, facendo un passo indietro per sentirsi meno a disagio.
“La lista di esperienze che non hai ancora fatto.” Spiegò lui, sorridendo divertito dal rossore che era comparso sulle sue guance “Io posso aiutarti a spuntare quei punti.”
Faith boccheggiò, confusa “E tu, cosa ci guadagneresti?”
Johnny alzò le spalle, ghignando “Sarà divertente!”
Lei rimase in silenzio, mordicchiandosi il labbro, mentre rifletteva su quella proposta “Tra due mesi, c’è il ballo delle debuttanti…”
Scoppiò a ridere, interrompendola e lasciandola con un cipiglio in viso “Scusa, non credevo esistessero ancora stronzate come…” sigillò le labbra, reprimendo una risata e scosse la testa, calmandosi “Dicevi?”
Faith alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto “Credi di farcela in due mesi?”
“Hei, non hai idea di chi hai di fronte.” Ammiccò lui.
Già, e non era ancora molto sicura di volerlo scoprire…
“Allora, ci stai?” la riscosse.
“Affare fatto.” Gli allungò la mano.
“Bene.” Sorrise, annuendo e gliela prese, abbassando il viso per baciarla sul dorso. La guardò con quel sorrisetto divertito da sotto le sopracciglia scure, mentre le sue guance diventavano ancora più rosse.
Si avvicinò con un paio di passi, tornandole a pochi centimetri senza che lei potesse arretrare, a meno che non avesse voluto finire contro il cancello. Lasciò la mano fredda, piccola in confronto alla sua, che allungò  alle spalle della ragazza.
Quest’ultima sobbalzò, quando la infilò nella tasca posteriore dei suoi jeans, da cui estrasse il vecchio caro e sgangherato BlackBerry.
“Sì, devi decisamente migliorare il tuo atteggiamento davanti ad un uomo.” Commentò lui, mentre smanettava con il suo cellulare “Sei troppo tesa…”
“O forse dovresti smetterla di cercare ogni scusa per toccarmi il sedere.” Replicò lei stizzita.
“Smettila di darmene l’occasione, allora.” Ghignò, restituendole il cellulare.
Mentre lo riprendeva con stizza e lo rimetteva da sola al suo posto, sentì uno squillo provenire dai pantaloni del ragazzo.
Ora aveva il suo numero.
“Ti farò sapere domani a scuola come intendo procedere.” Le disse.
Annuì, prima che Johnny le si avvicinasse di nuovo. Abbassò il viso e posò le labbra sulla sua guancia, che prese fuoco all’istante.
“Ci divertiremo, bambolina!” Le sussurrò all’orecchio, solleticandole la pelle con la barba leggera.
Faith rimase immobile, rigida come una statua se non per il rossore che le imporporava il viso e il cuore che batteva forte nel petto.
Lo guardò tornare al suo posto e allontanarsi camminando a ritroso di qualche passo. Ammiccò, alzando la mano in un saluto accompagnato dall’immancabile sorrisetto strafottente e se ne andò.
Si accorse di aver trattenendo il respiro tutto quel tempo solo quando, accasciandosi contro il cancello alle sue spalle, si lasciò sfuggire un sospiro e vide comparire sotto al suo naso una nuvoletta di condensa.
In che guaio si era andata a cacciare?

  
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