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Autore: Isabel91    28/03/2013    0 recensioni
In un campo d'erba ci siamo io e lui.
Siamo cresciuti, ora siamo"grandi", "responsabili", "maturi".
Cazzate. Tutte cazzate.
Abbiamo insicurezze e fobie. Siamo pieni di dubbi e di piccole nostalgie. "Non sarei mai voluto crescere."
"Nemmeno io."
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nostalgia: e si strappano le nuvole
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In un campo d'erba ci siamo io e lui.
Siamo cresciuti, ora siamo"grandi", "responsabili", "maturi".
Cazzate. Tutte cazzate.
Abbiamo insicurezze e fobie. Siamo pieni di dubbi e di piccole nostalgie. "Non sarei mai voluto crescere."
"Nemmeno io."
Ci siamo incontrati durante la messa, nella chiesa del nostro paese. È una giornata primaverile, il Sole scalda l'aria e l'odore dei mandorli in fiore è più forte che mai.
Raccontiamo le nostre storie, quando, senza volerlo, i nostri piedi ci portarono in quel campo.
Veniamo investiti da una marea di ricordi, senza delicatezza, con violenza,.
Il mio cuore inizia a battere all’impazzata mentre una sensazione simile alla nostalgia inizia a far vibrare tutto il corpo.
Guardo quel ragazzo che all’epoca era un bambino che scherzare e rideva sempre.
Piano, piano riaffiorarono i ricordi.
“Auguri allora.”
In una visione un po’ sfocata e indefinita ci sono io, che corro dietro a tanti bambini scalmanati. Un pallone rotola lungo un campo d’erba e tanti piccoli piedi cercano di colpirlo.
“Sembra passato un secolo.” La mia voce trema appena.
“Già e invece sono passati solo dieci anni.” Risponde sorridendomi.
“Ricordi? Ricordi tutto quello che abbiamo passato?”
“Come potrei dimenticare? Sono stati gli anni più belli. Autentici. Non si fingeva, non ci si arrabbiava. E se accadeva, si faceva subito la pace.”
“Come tutte quelle volte che ti ho steso di pugni.”
“Nemmeno il solletico potevi farmi con quelle manine piccole.” Risi, una risata spontanea e liberatoria.
“Mi manca tutto questo. Mi mancano i pomeriggi passati fino a tardi fuori casa. Le ginocchia sbucciate e tutti i giochi scemi che ci inventavamo. Le partite a calcetto, i gavettoni d’estate e le cene giù all’oratorio.”
“Che fine abbiamo fatto?” Mi guarda intensamente, ma io non so rispondergli.
“Eccoci qua. Con i nostri 20 anni e le nostre vite di merda. Parlo e ricordo come cinquantenne. La vita per me inizia ora, ma io non ho voglia di prendere questo treno senza metà, pieno di gente ipocrita e senza sogni.”
“Siamo rimasti solo io e te. Il Simo fa lo spacciatore, Marco è all’università, il Michi è disoccupato e io sto per laurearmi senza una minima speranza.”
"Auguri allora!"
“È una merda, altro che auguri. È tutto un casino senza fine.”
“Non ti ricordavo cosi pessimista.”
“Alla fine ci si diventa. Si va avanti perché il mondo corre più veloce di te. E se rimani indietro nessuno torna indietro per raccoglierti.”
“La nostalgia fa male al cuore.” All’improvviso lo vedo sbottonarsi la camicia.
“Che diavolo stai facendo?”
“Una pazzia. Come ai vecchi tempi”. E lo vedo correre a dorso nudo lungo il campo.
“Vediamo se mi raggiungi!” Urla da lontano e mi sorride, un sorriso che mi spezza il cuore. “L’hai voluto tu!” E anche io inizio a corre. Sento scoppiare la gioia e un fuoco mi divora l’anima. Corro a perdifiato, i polmoni stanno per scoppiare e le mie gambe si stanno schiantano. L’afferro e cadiamo per terra, sfiniti.
Rimaniamo cosi, uno accanto all’altro a fissare le nuvole, mentre i nostri respiri si regolarizzano. Lui alza il braccio e io mi appoggio sul suo petto.
Sembra di stare sospesi nel vuoto.
Nel vuoto prima della fine.
“Guarda quelle nuvole. Non lavorarono, non si affannano, ma loro vivono lo stesso. Sono sempre in balia del vento, non lottano, non si oppongono. Si lasciano trascinare. Incostanti e capricciose.”
“ Vorrei strapparle. Buttarle giù. Le odio. Anche io vivo come loro, eppure ho mille bocche che criticano, ordinano, mi buttano a terra, mi legano e non mi permettono di sognare.”
“Non devi permetterglielo. Fregatene.”
Senza nemmeno rendermene conto lo bacio. Un bacio innocente, senza malizia. Lui ricambia con dolcezza accarezzandomi il viso, poi all’improvviso mi abbraccia. Quasi mi manca l’aria.
Non parliamo più di niente. Lo fisso in silenzio mentre lo sento accarezzarmi la schiena.
Profuma di acqua marina e di pini selvatici. Profuma di proibito.
Antichi sentimenti si dimenano come fiere impazzite, farfalle decomposte sbattono come bestie indemoniate sulle pareti del mio stomaco.
Il sangue è caldo sulle mie guance. Brividi fremono i miei tendini, tesa come una corda di violino.
La mente è annebbiata e la ragione ammaina la sua vela. Che codarda, mi abbandona alla follia.
Faccio per mettermi sopra di lui baciandolo con trasporto, ma poi sento la sua mano che mi blocca.
“Per oggi piantiamola con le pazzie.” La voce mi muore in gola, mentre mi allontana con delicatezza.
“Non spingiamoci oltre. Sai che non posso.” Il pensiero va alla sua ragazza.
“Sei rimasto fedele come un cagnolino.” Gli rispondo con voce un po’ roca. Lui accenna un sorriso bonario, e mi sposta una ciocca dal viso. “Sei carina, ma non posso darti quello che cerchi. Vorrei, ma non voglio ferirti.” E sigilla la mia bocca con un altro bacio. “Il passato è passato. Lasciamo ammuffire sugli scaffali, tra album di foto e giocattoli impolverati.” Si alza e mi porge la sua mano, l’afferro e mi rialzo anche io.
“Fa la brava, abbottonami la camicia.” Mi avvicino a lui e cominciò quell’operazione senza mai distogliere gli occhi dai suoi. Le labbra bruciano come carboni ardenti, ma non posso essere ricambiata.
Mi prende per mano e mi riporta alla realtà, alla vita di tutti giorni, alla solita routine.
E mentre ci abbracciamo per salutarci io non riesco a trattenere le lacrime. So che partirà, lontano da me. In un’altra città, in un’altra realtà.”
“Telefonami ogni tanto.”
“Promesso. E tu vedi di mettere la testa apposto.” Mi bacia la fronte e se ne va cosi, senza nemmeno voltarsi. Lo vedo entrare nella macchina e partire a tutta velocità.
E io ritorno in quel campo e mi butto come un sasso. La testa fa male, ma non importa.
Fisso quelle nuvole. Se prima le odiavo, ora le avrei volute strappare tutte per riempirle di botte.
Mondo non chiamarmi che non voglio tornare.

        
   
 
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