A day in the life
A
Writer96, che si è persa nel suo mondo di
cuoricini e
tenerezze,
al
caro vecchio James, che ieri ha compiuto gli anni,
e
alla me non-virtuale, che aspetta soltanto il
momento giusto.
«Mary,
che giorno è oggi?»
«Uhm,
vediamo... è il... ventisei. Oggi
è il ventisei.»
«È
il ventisette, Mac.»
«ODDIO.»
L'intera
tavolata di Grifondoro si voltò di scatto verso la fonte di
quell'urlo belluino; nello stesso istante, la bionda Marlene
sputò
l'intero contenuto del suo bicchiere di succo di zucca dritto in
faccia ad una sconvolta Alice, la quale aveva rumorosamente
trattenuto il fiato e spalancato gli enormi occhioni castano scuro;
Emmeline squadrò severamente la rossa Caposcuola, le braccia
incrociate al petto.
Lily
Evans, spigliata diciassettenne dai capelli color rubino e due
sconvolgenti occhi verde prato, fece cozzare più e
più volte il
capo contro il duro tavolo di legno sopra il quale stava pranzando.
«Quell'idiota,
oggi...» biascicò confusamente, gli occhi
sgranati, la voce
flebile.
«Sai,
di solito non si parla del proprio fidanzato in
questi
termini», commentò angelicamente Mary, dopo
essersi ripresa dallo
spavento di poco prima; l'occhiataccia che Lily le riservò
la fece
ammutolire di botto.
«Non
siamo fidanzati», gracchiò la
rossa, le guance paonazze.
«Questa
mi è nuova», s'intromise una terza voce alle sue
spalle. «Uscire
insieme ogni settimana, imbarazzarsi al solo sentire il nome
dell'altro, negare testardamente qualsiasi cosa
potrebbe
riguardare il presunto amato... chiamasi comunemente fase
dell'innamoramento, cara la
mia Barbabietola.»
Sirius
Black, in tutto il suo splendore, si allentò distrattamente
il nodo
della cravatta rossa-oro della divisa, senza smettere un attimo di
squadrare furbescamente Lily, ormai più rossa di un
pomodoro.
Marlene ridacchiò e, alzatasi dalla panca e raggiunto Black,
intrecciò le mani dietro il collo di lui e gli
lasciò un leggero
bacio sulle labbra, a cui seguì uno scherzoso – e doloroso
– pizzicotto sulla guancia del ragazzo.
Remus,
dietro i due piccioncini, guardò timidamente Emmeline che,
in tutta
risposta, arrossì.
Lily,
invece, sbuffò alquanto sonoramente, sbattendo i pugni sul
tavolo.
«Anche
se siamo amici per chissà quale stupida congiunzione
astrale, Black,
nulla m'impedisce di reputarti un completo idiota»,
ringhiò
Lily cercando di auto convincersi delle proprie parole che,
purtroppo, anche alle sue stesse orecchie suonavano dannatamente
stupide ed insensate.
La
ragazza ripensò all'arioso sabato della settimana prima,
quando lei
e James erano usciti assieme a Hogsmeade per la prima volta. Il
fastidioso quanto gelido vento d'inizio primavera li aveva costretti
a cercar riparo in uno dei numerosi pub della cittadella; Lily e
James si erano rincorsi come bambini, entrambi stretti nei loro
cappotti adornati delle sciarpe di Grifondoro, in viso un sorrisetto
divertito.
Lily
avvampò al ricordo di come, ai Tre Manici di Scopa, lui
aveva
allungato la mano verso il suo viso per toglierle il piccolo sbafo
che la schiuma della Burrobirra le aveva lasciato sulle labbra.
Com'erano
calde, le mani
di James.
E
morbide, morbide come la mollica dei panini dolci che nonna Dianne
cuoceva alle sue nipotine quando erano piccole; le mani di James
profumavano di miele e di qualcos'altro, qualcosa che Lily non aveva
saputo riconoscere. Qualcosa che le aveva inebriato
i sensi.
Ma
non era innamorata di James come diceva Sirius, no.
Perché
dovrei esserlo, d'altronde?, pensò Lily
aggrottando le
sopracciglia.
A
Lily piacevano i suoi dolci e profondi occhi nocciola capaci di
leggerle dentro, i suoi arruffati capelli neri come la pece e setosi,
piacevoli al tatto; trovava divertente il suo strano tic nervoso che,
quando qualcosa lo angustiava, faceva comparire una precisa rughetta
verticale tra i suoi occhi, e nel mentre la piccola fossetta sulla
sua guancia sinistra scompariva del tutto; Lily si divertiva ad
ascoltare i suoi lunghi sproloqui sul Quiddich, i suoi maldestri
complimenti, vedere le sue guance rosse d'imbarazzo. E James Potter
non arrossiva, mai. Non davanti a qualcuno che non fosse Lily.
Quando,
quel sabato, i loro sguardi si erano incrociati, smeraldo contro
nocciole, Lily era certa di aver visto le sue guance imporporarsi
come mai era successo. E si era sentita in
imbarazzo pure lei,
chissà perché.
Lily
ricordava ancora il piacevole sfarfallio che aveva avvertito nello
stomaco, una sensazione che non aveva mai provato.
Tra
lei e James si era instaurata una strana amicizia, quello
sì;
avevano sotterrato l'ascia di guerra e si erano tuffati a capofitto
in quella relazione che mai avrebbe potuto
trasformarsi in
qualcosa di più… o sì?
«...sta
di fatto che ti sei scordata il suo compleanno, ed
oltretutto...»
stava intanto blaterando Black. Il tono saccente con cui le stava
rinfacciando quella piccola, insignificante dimenticanza
scaldò il
sangue nelle vene della rossa, che si ridestò
improvvisamente dalle
sue elucubrazioni mentali.
«Scommettiamo»,
Sirius le prestò di colpo attenzione, un'espressione
perplessa ed
insieme famelica in volto, «che riesco a dimostrarti che tra
me e
James non c'è assolutamente nulla di romantico?»
Lily
fissò truce l'amico, che si grattò il mento
soppesando quella
proposta. Poi, gli occhi color ghiaccio del moro brillarono di luce
propria, come presi da chissà quale illuminazione.
«Ci
sto.»
La
Caposcuola strinse con quanta forza aveva in corpo la mano che Black
le tendeva.
«Ad
una condizione», aggiunse Sirius con aria melodrammatica.
«Oggi è
il suo compleanno, non voglio che lo passi frignando come una
donnetta per colpa tua.»
Lily
annuì, decisa.
«A
stasera», replicò lei, beffarda, «in
sala comune.»
Sirius
ghignò di nuovo, facendo cenno a Remus e Peter di seguirlo e
scompigliando i capelli biondi di Marlene, che gli sorrise complice.
Quella
sera la torre di Grifondoro era stata grandemente addobbata a festa
con un esagerato quantitativo di ghirlande e festoni, senza contare
le dozzine di svolazzanti palloncini dorati dai quali si propagava la
play list musicale accuratamente scelta da Black e compari.
Lily,
fasciata nel suo semplice abito di cotone blu mare che le lasciava le
spalle scoperte, sospirò sconsolata, torcendosi
distrattamente un
ciuffetto di capelli tra le dita.
Alcuni
suoi compagni di casa davano già l'impressione di aver
alzato un po'
troppo il gomito; barcollando qui e là senza una precisa
meta,
ridacchiavano senza ritegno smozzicando pezzi di frasi insensate, tra
le mani degli enormi calici colmi di liquidi non meglio identificati.
«RAGAZZI»,
abbaiò d'un tratto Sirius Black dopo essersi arrampicato
sopra uno
dei tavolini ingombri di alcolici e stuzzichini. «Vedo che
qualcuno
di voi ha già potuto apprezzare la qualità delle
bevande che
Rosmerta ci ha gentilmente offerto... ma! Vi siete già
dimenticati
del vero protagonista di questa serata, eh? Preparatevi all'ingresso
dell'unico, dell'inimitabile... JAAAAAAAAAAAAAAAAMES
POTTER!»
Dopo
quell'annuncio spacca timpani degno di un Maride infuriato, James
fece capolino dalle scale a chiocciola dei dormitori trotterellando
su se stesso, negli occhi la felicità di un bimbo al suo
primo
compleanno. Quella visione raddolcì i pensieri di Lily che,
senza
accorgersene, rivolse al festeggiato un sorriso radioso. James lo
notò e, per la seconda volta, le sue guance si tinsero di
rosso.
Gli
altri invitati ruggirono i loro auguri a voce talmente alta che i
vecchi maghi ritratti nei vari quadri appesi in giro per la stanza
furono costretti a tapparsi le orecchie, taluni scappando verso il
ritratto gemello presente nel castello.
«Ramoso!
Auguri, auguri, auguri!»
squittì Peter Minus con la sua
vocetta adorante, tirando James per la manica della camicia a scacchi
rossa e blu. Remus si avvicinò alla ressa di festanti
studenti
impegnati nei loro convenevoli, rivolgendo all'amico di sempre un
sincero e sereno sorriso sghembo.
«James!»
trillò Marlene correndo a tutta velocità verso il
cugino dopo aver
abbandonato le sue amiche.
«Siete
pazzi? Strano che Evans non vi abbia mozzato la testa, per aver
organizzato tutto questo...» esclamò James ridendo
tra i capelli di
Marlene che, presa dall'euforia da festa clandestina, gli si era
abbarbicata addosso.
Lily,
sentendosi giustamente presa in causa, guardò il moro in
tralice
senza riuscire a trattenere una bassa risatina divertita, che fece
sbalordire la gran parte dei compagni di Casa.
«È
solo per questa volta, Potter. Solo per questa volta», gli
rispose
fingendosi arrabbiata, le mani sui fianchi ed un cipiglio degno della
McGranitt.
James
scoppiò a ridere sciogliendo l'abbraccio di Marlene e
guardando Lily
con insistenza, lasciando che il suo sguardo vagasse sull'esile corpo
della ragazza.
«Sei
bellissima, stasera», le sussurrò all'orecchio,
accarezzandole di
sfuggita la guancia.
Lily
avvampò, prima di ribattere con un imbarazzato grazie.
James
trotterellò fino al centro della stanza afferrando un
boccale di
Burrobirra, e ghignò tra sé per l'espressione di
puro sbalordimento
che aveva colto Lily dopo il suo sincero complimento.
«Ebbene,
miei prodi compagni», esordì, gli occhiali
squadrati un po'
sbilenchi sul naso, «che la vera festa
abbia inizio!»
I
Grifondoro esultarono giulivi, applaudendo allegramente al
festeggiato, che già s'era lanciato in pista a ballare con
chiunque
gli capitasse a tiro, prendendo con sé sia ragazze che
ragazzi.
«Lily»,
chiamò qualcuno, facendo trasalire la Caposcuola.
«Cos'è questo
rossore? Ti ricordo che abbiamo una scommessa in
corso.»
«Mmh»,
mugugnò lei, fissando il suo interlocutore con malcelato
astio.
Sirius
corse lestamente da Marlene, la quale aveva osservato attentamente la
scena avvenuta poco prima tra Lily e James, e che ora ridacchiava
maleficamente tra sé.
Lily
si diresse verso una delle poche poltrone ancora sgombre di coppiette
intente a risucchiarsi la faccia a vicenda, buttandocisi sopra di
peso e facendo attenzione alla sua gonna maledettamente troppo corta;
le arrivava appena sopra il ginocchio, e malgrado ciò aveva
combattuto per tre quarti d'ora con Mary perché gliela
allungasse.
Tobias
Smith, di Tassorosso, le lanciò un'occhiata di pura malizia
che
infastidì Lily – e James, che
era a pochi passi dai due –
oltre ogni dire.
La
rossa voltò il bel viso verso una delle grandi vetrate della
stanza
che davano sul parco della scuola, decisa ad ignorare
quell'insistente spasimante.
Doveva
smetterla di arrossire davanti agli sciocchi complimenti di Potter, o
avrebbe perso la scommessa e anche la faccia.
«Signorina,
mi concede questo ballo?» soffiò qualcuno
comparendo all'improvviso
davanti a Lily e distogliendola dai suoi pensieri.
Lily
sgranò i suoi occhi verdi davanti a quella scena
maledettamente
comica: James Potter, inginocchiato dirimpetto a lei, le tendeva una
mano, in impaziente attesa di un sì da parte sua.
Alcuni
dei ragazzi attorno a loro ridacchiarono divertiti, già
pronti alla
probabile sfuriata della Evans che, contro ogni più
ragionevole
pronostico, non avvenne.
«Potter...»
cominciò, titubante. «Oh, okay. Solo
perché è il tuo
compleanno!» precisò a gran
voce attirando l'attenzione di
Sirius, che scosse la testa.
James
sorrise sornione, stringendo la mano di Lily tra la sua e sentendo
piccoli brividi percorrergli la schiena.
«Quale
onore...» disse il moro, assumendo un tono da perfetto
aristocratico
che la fece ridere.
«Ma
smettila», ribatté lei, piantando scherzosamente
un'unghia sulla
mano dell'amico, che mugolò.
I
due raggiunsero la pista da ballo magicamente creata dai Malandrini
stessi per quell'occasione, lei fissando il pavimento e lui cercando
il suo sguardo.
Lily
si sentì circondare la vita da un James decisamente
esitante, che la
strinse dolcemente a sé afferrandole l'altra mano. Il
ragazzo
inspirò a fondo il profumo di fiori dei capelli della rossa,
sentendosi improvvisamente in pace con il mondo; la testa girava
vorticosamente, incapace di sostenere l'emozione che gli era
conflagrata in petto non appena aveva avvertito il caldo tocco della
pelle di Lily contro la sua.
I
palloncini musicali attaccarono con un lento di un cantante babbano
molto in voga in quegli anni, John
Pennon, o
qualcosa del
genere.
Lily
storse il naso lentigginoso fulminando un Sirius, la cui bacchetta
era ancora puntata contro i palloncini incantati, colto in flagrante.
«Che
succede?» le
chiese James, seguendo
il suo sguardo e scontrandosi con il ghigno malandrino del suo
migliore amico.
«Oh,
nulla»,
replicò Lily,
arrendendosi a quella situazione che, troppo velocemente, si stava
facendo sempre più imbarazzante.
Cominciarono
a muoversi goffamente sul posto, lei cercando di non stringersi
troppo al corpo di lui – mentre il cuore le ordinava di farlo
–,
James beandosi di quella vicinanza così intima.
“Imagine
all the people
livin'
life in peace”
«Sarebbe
bello», disse dopo un po' James, lo sguardo fisso su qualcosa
oltre
la spalla di Lily.
«Cosa?»
fece lei, incuriosita dallo sguardo stranamente serio del ragazzo.
«Che
tutto questo finisse. La guerra, intendo. Le sparizioni, le stragi di
babbani... che tornasse la pace», rispose lui, guardandola
negli
occhi.
Lily
rimase molto colpita da quella rivelazione, e si sentì d'un
tratto
il cuore più pesante; ripensò al Natale scorso,
quando aveva
rinvenuto i suoi genitori assassinati nella loro villetta
londinese...
«Be'»,
bisbigliò lei, faticando a trattenere le lacrime,
«se noi
sanguesporco non esistessimo, tutto questo non avrebbe mai avuto
inizio.»
James
prese ad accarezzarla su e giù lungo la schiena, il viso
contratto
in una smorfia di disapprovazione.
«Ti
sbagli», ribatté con forza, «Lord
Voldemort non si fa scrupoli ad
ammazzare anche i purosangue traditori del loro sangue. Non
è colpa
vostra, Ginger.»
Lily
sorrise, ridacchiando di quello stupido nomignolo che in passato
James le aveva affibbiato contro la sua approvazione e che l'aveva
mandata in bestia in innumerevoli occasioni.
«Mmh»,
mormorò lei contro il suo petto, lasciando cadere il
discorso.
James
pareva emanare protezione e calore; Lily, per qualche strano motivo,
si sentì terribilmente al sicuro tra quelle forti braccia
che
l'abbracciavano cautamente, come temendo di farle male.
«James?»
«Sì?»
«Mi
piace il tuo profumo.»
Lui
ridacchiò.
«Potrei
ricattarti, dopo questo complimento», sogghignò,
osservando
intenerito le gote di Lily tingersi di rosso.
«Rovini
sempre tutto», sbuffò Lily, colpendolo leggermente
al petto.
«Rovino
cosa?»
Lily,
resasi conto di ciò che aveva appena detto,
s'impietrì di botto.
«Oh,
i—», cominciò, combattuta tra il
desiderio di fuggire in un altro
pianeta e quello di restare ancora per un po' lì, a
crogiolarsi nel
calore di James. «Ho bisogno di... aria fresca.»
Si
separò controvoglia da James con un finto sorrisetto di
scuse,
raggiungendo velocemente l'unico terrazzo di cui la sala disponeva.
James
fissò a bocca aperta la figura di Lily scomparire dietro le
tende
della balconata, la mano tesa verso di lei e l'espressione
costernata.
«Ben
fatto, Ramoso», esclamò ironicamente qualcuno alle
sue spalle.
James si voltò al rallentatore, la mano corse ai ciuffi
sparati per
arruffarli ancora di più.
Marlene
lo guardò teneramente, facendogli cenno di avvicinarsi.
«Dove
ho sbagliato?» esalò amareggiato, lasciandosi
cadere su di una
sedia vagante.
«La
tua idiozia diventa un problema, alle volte», rispose
ridacchiando
Marlene, prendendo il viso del cugino tra le mani.
La
fresca brezza della sera ormai inoltrata colpì il volto di
Lily come
mille lame ghiacciate, facendole trattenere il fiato. Diede una
rapida occhiata all'interno della sala comune, notando Marlene e
James seduti vicini accanto al fuoco.
Uscendo,
non aveva nemmeno pensato di coprirsi con qualcosa; i denti presero a
battere, sulla pelle delle braccia le si formarono tanti piccoli
puntini.
Perché
aveva abbandonato James lì, tutto solo, al centro della
pista?
Sirius
le aveva fatto promettere di non ferirlo in alcun modo, almeno quel
giorno, il giorno dei suoi diciassette anni.
Ancora
una volta, il cervello aveva avuto la meglio sul cuore di Lily Evans.
Si
maledì per essersi sentita così bene,
stretta a James. Si
rammaricò per aver agito senza pensare, e ormai poco
importava
quella stupida scommessa.
Qualcosa
in lei era scattato, quando i loro visi si erano sfiorati, i loro
sguardi cercati.
Qualcosa
che, inutile dirlo, l'aveva infastidita.
Sentì
la porta a vetri schiudersi con un cigolio, lasciando passare dal
vano un'alta figura.
«Lily...»
Lei
abbassò la testa, sentendosi maledettamente in colpa.
«Lily»,
ripeté il nuovo arrivato. La rossa finalmente si
voltò verso la
fonte di quella voce dolce, profonda, un po' rammaricata.
James,
la mano ancora stretta attorno al pomello della porta, la osservava
cercando di captare i suoi pensieri, nello sguardo un barlume di
tristezza.
«James.»
Il
modo in cui Lily pronunciò il suo nome gli sciolse di botto
il
pesante masso che gli opprimeva il petto; James ritenne ormai sicuro
avanzare, fino ad affiancare la tremolante figura di Lily, appoggiata
al muretto del balcone.
«Fa
freddo, qui», sussurrò il moro, porgendole il
mantello che s'era
portato dietro.
«No,
io...» mormorò di rimando lei, senza evitare che
un lieve gemito di
piacere la cogliesse non appena il caldo mantello di James le si
posò
sulle spalle, regalandole un po' di tiepidezza.
«Scusa,
per prima.» La voce di Lily si ruppe alla fine della frase.
«Non so
cosa mi sia preso...»
«Sì
che lo sai», la interruppe James. «Tu hai paura,
Lily.»
Lei
sussultò impercettibilmente, cogliendo nelle parole di James
una
verità che mai avrebbe voluto sentire.
«Io...»
«No,
lasciami parlare», continuò James, serrando le
palpebre. «Hai
paura... hai paura
di ciò
che senti, Evans.»
Lily
lo guardò di sottecchi; tra gli occhi di James s'era formata
una
sottile ruga verticale. Malgrado il momento e ben sapendo quando poco
opportuna apparisse, Lily si ritrovò a sorridere.
«Sei
nervoso», dichiarò dolcemente, sfiorandogli la
fronte con il
pollice e facendolo rabbrividire.
«Cos—»
E
senza averlo premeditato, senza aver badato al fatto che avrebbe
potuto compromettere mesi di quell'amicizia così duramente
costruita, senza pensare a ciò che sarebbe accaduto dopo,
Lily lo
baciò.
Lo
baciò come se dovesse soddisfare un bisogno vitale, lo
baciò
aggrappandosi con tutte le sue forze alle carnose, morbide labbra
rosa di James, lo baciò intrecciando una mano tra i suoi
capelli
sconvolti, lo baciò alzandosi sulle punte per annullare
quella
manciata di centimetri che li separavano, lo baciò con il
sorriso
sulle labbra. Sentì anche quelle di James piegarsi
all'insù,
avvertì le sue braccia circondare, protettive, la sua vita,
percepì
una sua mano correre ai suoi lunghi capelli rosso scuro.
Lily
schiuse le labbra, permettendogli di approfondire quel contatto
così
a lungo desiderato; il profumo di miele e fiori si librò
nell'aria
attorno alle loro figure abbracciate.
Si
separarono soltanto quando il respirò cominciò a
mancare; un
semplice bisogno fisiologico che in quel momento apparì ad
entrambi
totalmente inopportuno.
James
si avventò nuovamente sulle labbra di Lily, regalando loro
un
ultimo, tenero bacio.
Smeraldo
e nocciole si scontrarono ancora, fondendosi in un'unica anima.
Lily
si morse il labbro inferiore, prima di lasciarsi tentare dalle avide
ed invitanti labbra di James per la terza volta.
Qualcosa
nel profondo del suo stomaco prese a sfarfallare ininterrottamente,
qualcosa che le diede alla testa e la portò per altre dieci,
cento,
mille volte dentro al dolce rifugio delle labbra di James.
NdA:
Ciao
a tutti! Beh, non ho molto da dire.
Da
tre giorni a questa parte una stupida espressione beota ha
conquistato il territorio della mia faccia, e pare che nemmeno un
film tipo Titanic riesca a schiodarla da lì.
Merlino,
mi infastidisco da sola.
Be',
ecco qui, in tutto il loro splendore, James e Lily alle prese con il
loro primo bacio.
Carini,
né?
Sirius
è il solito guastafeste... anche se alla fine si
è rivelato il
Cupido della situazione! ;)
Forse
sono caduta nel clichè più obbrobrioso, ma ho
ugualmente voluto
dedicare al mio Jam una storiella in occasione del suo compleanno.
-
con un giorno di ritardo, IDIOTA! -
Prometto
che troverò il tempo di rispondere ai meravigliosi messaggi
di
quegli angeli che hanno recensito Resistance. Non mi sono dimenticata
di voi <3
Bene,
me ne vo nel mio mondo di unicorni e arcobaleni.
Bisooooous,
Lilies